Bossi batte Fini 2 a 0. A margine della pensione di anzianità un'anomalia tutta italiana

di Paolo Rosa

di Paolo Rosa * L'aula della Camera dei Deputati offre poi una bella lezione di civiltà alle scolaresche sulle tribune! Fini a Ballarò attacca la moglie di Bossi, rea - quale insegnante - di fruire dall'età di 39 anni della pensione di anzianità, e Bossi lo manda a quel paese perché se uno va in pensione, ci va con le regole che ci sono . Vediamo di fare chiarezza. La pensione di anzianità, vera anomalia solo italiana. Introdotta nel nostro ordinamento con l'art. 22 della legge 30.04.1969, n. 153, trova la sua ratio nella presunzione che la cessazione dell'attività lavorativa pregiudiziale al beneficio dia luogo a una situazione di bisogno non in funzione dell'età o dello stato di disoccupazione, ma del lavoro prestato per un consistente numero di anni. Un artificio di quegli anni. I requisiti sono quelli indicati nella tabella tratta direttamente dal sito dell'INPS. La pensione di anzianità ha subito continue riforme nel tempo. La Corte Costituzionale è ripetutamente intervenuta sul problema del cumulo tra pensione e attività lavorativa perché il pensionato di anzianità voleva continuare a lavorare. Dopo una lunga evoluzione, iniziata con la sentenza n. 73/1992, la Consulta, con la sentenza n. 137/2006, ha affermato che pur percependo una pensione di anzianità si può continuare a lavorare con ciò superando la portata della legge istitutiva che aveva posto il divieto di cumulo con l'attività di lavoro subordinato, mentre era possibile quella con il lavoro autonomo. Le esigenze di restrizione della spesa pubblica hanno condotto negli anni '90 il Legislatore ad avere un atteggiamento molto rigido nei confronti della pensione di anzianità e della possibilità di continuazione dell'attività lavorativa attraverso interventi di netta chiusura che in chiave compressiva e dissuasiva distogliessero dall'andare in pensione. Dal 2000 però la tendenza si è invertita non sono venute meno le esigenze di contenimento della spesa pubblica, ma altre ragioni si sono imposte, quali l'andamento demografico e l'allungamento delle aspettative di vita. E, infatti, con l'art. 44 della legge n. 289/2002, intitolata espressamente abolizione del divieto di cumulo tra pensione di anzianità e redditi di lavoro, è stata diminuita l'anzianità contributiva ma introdotto un limite di età con il sistema delle quote a partire dal 2008. Oggi questo premio al lavoro non ce lo possiamo più permettere soprattutto in considerazione del fatto che i pensionati di anzianità, diversi da quelli che abbiano svolto attività usuranti, continuano a lavorare. La pensione di anzianità va quindi abolita ma chi oggi ne usufruisce non va né biasimato né additato al pubblico ludibrio perché ha conseguito una prestazione pensionistica esattamente prevista dalla legge al tempo del pensionamento. Se lo Stato imponesse, a far tempo dal 01.01.2012, l'adozione del sistema di calcolo contributivo per tutti i lavoratori, privati, pubblici, autonomi, professionisti con o senza Cassa, politici, non ci sarebbe più necessità di pensionamenti anticipati perché ogni lavoratore sarebbe libero di calcolare il proprio montante contributivo e quindi la rendita ottenibile e decidere così da solo quando andare in quiescenza, vera e non fittizia. * Avvocato