Per la riduzione dell'orario di lavoro settimanale serve la copertura finanziaria

di Luigi Giuseppe Papaleo

di Luigi Giuseppe Papaleo * Il fatto. Alcuni lavoratori, dipendenti comunali, convenivano innanzi al Giudice del lavoro il medesimo ente pubblico territoriale, lamentando la mancata corresponsione di differenze retributive calcolate sul monte-orario di lavoro, di fatto da essi lavoratori espletato nel periodo ottobre 2000 - dicembre 2001, superiore rispetto a quello stabilito dalla contrattazione collettiva del comparto regioni ed autonomie locali, sia in sede nazionale che in sede decentrata integrativa CCNL '1999 . Il giudice di prime cure rigettava le domanda azionate dai predetti lavoratori, mentre successivamente in appello la Corte territoriale riformava la sentenza di primo grado e riconosceva ai lavoratori pubblici-ricorrenti, per il periodo sopra riportato, il diritto alla retribuzione per la trentaseiesima ora lavorata settimanalmente. Il Comune-datore di lavoro ricorreva in Cassazione avverso la sentenza di merito, sollevando quattro censure, di cui in particolare la prima, vertente sull'asserita violazione e/o falsa applicazione di norme della contrattazione nazionale collettiva di categoria, è stata ritenuta meritevole di accoglimento dalla Suprema Corte di Cassazione in assorbimento delle restanti censure. La questione di diritto come fronteggiare le conseguenze della riduzione di orario. La disposizione contrattuale collettiva erroneamente applicata dalla Corte di Appello è l'articolo 22 del C.C.N.L. Comparto Regioni ed Autonomie Locali del 1999, ove al secondo comma così testualmente recita Al personale adibito a regimi di orario articolato in più turni o secondo una programmazione plurisettimanale, ai sensi dell'articolo 17, comma 4, lett.b e c , del CCNL del 6.7.1995, finalizzati al miglioramento dell'efficienza e dell'efficacia delle attività istituzionali ed in particolare all'ampliamento dei servizi all'utenza, è applicata, a decorrere dalla data di entrata in vigore del contratto collettivo decentrato integrativo, una riduzione di orario fino a raggiungere le 35 ore medie settimanali. I maggiori oneri derivanti dall'applicazione del presente articolo devono essere fronteggiati con proporzionali riduzioni del lavoro straordinario, oppure con stabili modifiche degli assetti organizzativi . Il medesimo CCNL all'articolo 4 co.2 lett.i demanda alla contrattazione collettiva decentrata integrativa, di stabilire le modalità e le verifiche circa l'attuazione della riduzione dell'orario di lavoro settimanale, prospettato dalla citata norma ex articolo 22 CCNL. La Cassazione ha chiarito come sia inequivoco il dettato letterale dell'ultimo periodo dell'anzidetta disposizione contrattuale articolo 22 cit. laddove individua, quali meccanismi compensativi della misura riduttiva dell'orario di lavoro ordinario prospettata in sede collettiva, la riduzione proporzionale del lavoro straordinario oppure una ridefinizione stabile degli assetti organizzativi dell'Ente Pubblico, in assenza dei quali la predetta misura è inattuabile per mancanza della copertura finanziaria. Inoltre, è stato spiegato dal Supremo Consesso che, mentre l'intervento diretto alla contrazione del lavoro straordinario rientra nei poteri negoziali della contrattazione collettiva, ossia delle parti sociali, la modifica degli assetti organizzativi ovvero l'organizzazione degli uffici della Pubblica Amministrazione è potestà riservata dalla legge alla discrezionalità della P.A. medesima. Pertanto, considerato che la norma contrattuale in commento articolo 22 CCNL 1999 va letta come costitutiva di una facoltà e non di un obbligo per l'ente pubblico-datore di lavoro di operare una riduzione dell'orario di lavoro ordinario, appare corretto il comportamento tenuto dal Comune di applicare tale misura con decorrenza dalla data del 1/1/2002, giusta anche l'inerzia della contrattazione collettiva decentrata integrativa, sul fronte delle iniziative ad essa spettanti in materia di riduzione proporzionale dell'orario di lavoro straordinario. Differenza tra condizione meramente potestativa e tempo dell'adempimento. L'operato del Comune, che nel contesto del rapporto di lavoro assume il ruolo di debitore dell'obbligazione retributiva il cui parametro di commisurazione economica tiene conto anche dell'orario di lavoro , è immune anche dalla critica di essersi avvalso di una condizione meramente potestativa fatto e/o circostanza futura ed incerta che sospende o risolve gli effetti di un contratto e/o di una sola clausola, il cui avveramento può dipendere dalla volontà esclusiva di uno dei contraenti , al fine di differire gli effetti dell'attuazione della riduzione dell'orario di lavoro ordinario, in quanto, come già detto, l'attuazione della predetta contrazione oraria non sarebbe stata finanziariamente ammissibile e possibile se non in presenza di una riduzione proporzionale del lavoro straordinario, iniziativa spettante alla contrattazione collettiva decentrata integrativa, che nulla ha fatto in tal senso, oppure attraverso una ridefinizione degli assetti organizzativi dell'Ente Comunale, che per legge sono riservati all'attività discrezionale dello stesso. Clausole contrattuali cum voluerit o cum potuerit per il debitore e tutela del creditore. Pertanto, più che parlare di condizione meramente potestativa che si sostanzia nella negazione di ogni vincolo obbligatorio, arbitrariamente adottata unilateralmente da uno dei contraenti del rapporto negoziale, nel caso di specie, la Cassazione si riporta ad un suo precedente orientamento che ammette la legittimità di una clausola negoziale cum voluerit o cum potuerit cui è applicabile la disciplina ex articolo 1183 c.c. Invero, in tema di tempo dell'adempimento ex articolo 1183 c.c. quando nel contratto sono contemplate le cc.dd. clausole cum voluerit e cum potuerit il termine dell'adempimento non è previsto ma è rimesso alla discrezionalità del debitore da ciò consegue che in caso dell'indiscriminato protrarsi dell'inerzia del debitore medesimo, il creditore ovvero nel contesto del rapporto di lavoro e con riferimento all'obbligazione retributiva, il lavoratore può attivarsi in via giudiziale facendo fissare un termine e solamente decorso il quale, la prestazione retributiva diventa esigibile e quindi legittimamente azionabile in giudizio. * Avvocato del Foro di Napoli