Sì alla pensione di inabilità ai marocchini se hanno il permesso di soggiorno

di Antimo Di Geronimo

di Antimo Di Geronimo Il lavoratore marocchino ha diritto alla pensione di inabilità, se ne matura i requisiti lavorando in Italia, a nulla rilevando che nel periodo utile fosse in possesso del mero permesso di soggiorno. Il Marocco, infatti, ha stipulato con l'Unione europea un accordo che consente ai lavoratori marocchini che prestano servizio nei paesi aderenti all'UE, di fruire degli stessi diritti sociali dei lavoratori comunitari. Pertanto, qualora la norma di diritto interno precluda la possibilità di giovarsi dello stesso trattamento previsto per i lavoratori comunitari, il giudice interno è tenuto a disapplicarla in favore della norma pattizia di diritto internazionale recante il trattamento di maggior favore. A maggior ragione se la norma di diritto interno abbia subito censure da parte della Corte costituzionale e la Corte di giustizia europea si sia già pronunciata in favore dell'applicabilità diretta dell'accordo. E' quanto si evince dalla sentenza n. 17966 della Sezione lavoro della Suprema Corte di Cassazione, depositata il 1° settembre scorso. Il fatto. Un cittadino marocchino, che aveva maturato i requisiti per la pensione di inabilità lavorando in Italia, aveva impugnato un provvedimento dell'Inps con il quale era stata rigettata la sua domanda di pensione. Il provvedimento era stato motivato dall'Inps sulla base dell'articolo 80, comma 19, della legge 388/2000, il quale dispone che il beneficio può essere attribuito solo agli stranieri titolari di carta di soggiorno e cioè solo agli extracomunitari che dispongano di una specifica autorizzazione a rimanere nel nostro Paese a tempo indeterminato . E siccome il richiedente all'epoca dei fatti risultava in possesso del mero permesso di soggiorno, che è un'autorizzazione temporanea, ciò gli aveva precluso il diritto di accesso alla pensione di invalidità, pur essendo in possesso degli altri requisiti ordinariamente previsti ai fini del beneficio. Il lavoratore extracomunitario, dunque, si era risolto ad esperire l'azione giudiziale e aveva ottenuto pronunce favorevoli sia in I grado che in II grado. Di qui il ricorso per cassazione dell'Inps, che però si è concluso con la vittoria definitiva del cittadino extracomunitario e la condanna dell'ente previdenziale anche al pagamento delle spese. La Consulta aveva già cancellato la preclusione. I giudici di legittimità hanno motivato la decisione facendo presente che l'articolo 80, comma 19, della legge 388/2000 ha subito una serie di interventi additivi da parte della Corte costituzionale, dai quali si evince che l'interpretazione in senso conforme a Costituzione di tale norma, debba essere intesa nel senso che non può sussistere la possibilità di negare la pensione di inabilità a un lavoratore extracomunitario soltanto perché non risulti in possesso della carta di soggiorno. I cittadini del Marocco che lavorano in Italia hanno gli stessi diritti degli italiani. La Cassazione, inoltre, ha fatto rilevare che il Marocco ha stipulato con l'Unione europea un accordo nel quale viene stabilito che i lavoratori di cittadinanza marocchina ed i loro familiari conviventi godono, in materia di sicurezza sociale, di un regime caratterizzato dall'assenza di qualsiasi discriminazione basata sulla cittadinanza rispetto a cittadini degli Stati membri nei quali sono occupati. Lo ha detto anche la Corte di giustizia europea. Tale pattuizione, peraltro, è stata ritenuta immediatamente applicabile dalla Corte di Giustizia con la sentenza Kziber, del 31 gennaio 1991, nella quale si afferma che essa opera proprio nel settore della sicurezza sociale. Le conclusioni della Cassazione. Il Collegio, dunque, ha concluso confermando la validità della sentenza della Corte d'Appello, affermando che i giudici di II grado avevano fatto corretta applicazione del principio di diritto secondo il quale il giudice nazionale deve disapplicare la norma dell'ordinamento interno, per incompatibilità con il diritto comunitario, sia nel caso in cui il conflitto insorga con una disciplina prodotta dagli organi della CE mediante regolamento, sia nel caso in cui il contrasto sia determinato da regole generali dell'ordinamento comunitario, ricavate in sede di interpretazione dell' ordinamento stesso, da parte della Corte di Giustizia delle Comunità europee, nell'esercizio dei compiti ad essa attribuiti dagli artt. 169 e 177 del Trattato del 25 marzo 1957, reso esecutivo con legge 14 ottobre 1957, n. 1203.