Conto corrente bancario: da quando decorre la prescrizione della ripetizione dell’indebito?

In materia di contratto di conto corrente bancario, la decorrenza della prescrizione delle rimesse solutorie, operate cioè su di un conto in passivo, quando non sia stata concessa al cliente un’apertura di credito, oppure su di un conto scoperto, essendo i versamenti destinati a coprire quella parte del passivo eccedente il limite dell’accreditamento, matura sempre dalla data del pagamento .

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 29411/20, depositata il 23 dicembre, ha affermato un nuovo principio di diritto in materia di contratto di contro corrente bancario . In particolare, in accoglimento del ricorso incidentale proposto dalla banca in ordine al mancato riconoscimento da parte del giudice dell’appello della prescrizione della ripetizione dell’indebito , la Cassazione ha affermato che in materia di contratto di conto corrente bancario, la decorrenza della prescrizione delle rimesse solutorie, operate cioè su di un conto in passivo, quando non sia stata concessa al cliente un’apertura di credito, oppure su di un conto scoperto, essendo i versamenti destinati a coprire quella parte del passivo eccedente il limite dell’accreditamento, matura sempre dalla data del pagamento . Inoltre, prosegue la Corte, il deferimento del giuramento estimatorio non è ammesso nel caso in cui, trattandosi di stabilire l’ammontare della somma dovuta al creditore, il giudice abbia acquisito gli elementi di prova utili per tale accertamento .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 29 settembre – 23 dicembre, n. 29411 Presidente De Chiara – Relatore Falabella Fatti di causa 1. - Il Tribunale di Palermo, decidendo sulla domanda proposta da Cadigi Costruzioni s.r.l. nei confronti del Banco di Sicilia s.p.a., avente ad oggetto la ripetizione di somme indebitamente percepite dall’istituto di credito per interessi determinati con riferimento agli usi di piazza e per la capitalizzazione trimestrale dei medesimi, condannava la banca convenuta al pagamento, in favore dell’attrice, della somma di Euro 98.105,38. 2. - Proposto appello da parte del Banco di Sicilia, si costituiva Vass s.r.l., società incorporante l’originaria attrice. Nel corso del giudizio di gravame era disposto un supplemento della consulenza tecnica d’ufficio. Quindi la Corte di appello deferiva giuramento estimatorio al legale rappresentante della società appellata con riguardo all’ammontare del credito vantato dalla stessa nei confronti del Banco di Sicilia in dipendenza del rapporto di conto corrente. La Corte di appello di Palermo, dopo aver disatteso una eccezione di estinzione del processo già sollevata in primo grado e basata sulla asserita tardiva riassunzione del giudizio a seguito della sua interruzione per l’intervenuta fusione per incorporazione di Cadigi , decideva il gravame rilevando che l’eccezione di prescrizione andava respinta in quanto il relativo termine decennale decorreva dalla definitiva chiusura del conto che le somme indebitamente corrisposte dalla società correntista non costituivano oggetto di obbligazione naturale che non avevano fondamento le deduzioni dirette ad escludere l’illegittimità delle pattuizioni relative agli usi di piazza e all’anatocismo che le contestazioni sollevate da Vass avverso l’accertamento operato attraverso il supplemento di consulenza tecnica avevano giustificato il deferimento del giuramento di estimazione del credito alla stessa appellata che in ragione della prestazione del detto giuramento il credito poteva essere determinato in Euro 80.000,00, tenuto conto che il giudice di primo grado aveva accertato la spettanza di importo superiore e che la verifica posta in atto col supplemento di consulenza tecnica, avulso dai problemi di eventuale prescrizione sopra accennati , avrebbe portato il credito dell’appellata ad oltre 100.000,00 Euro . In riforma della sentenza impugnata, quindi, la Corte di appello rideterminava in tale misura la somma che la banca avrebbe dovuto restituire alla società appellata. 3. - La sentenza è impugnata per cassazione da Vass. s.r.l., che fa valere tre motivi di ricorso. Resiste con controricorso Unicredit s.p.a., nella quale si è fusa per incorporazione Banco di Sicilia, la quale ha spiegato, a sua volta, un’impugnazione incidentale su tre motivi. Entrambe le parti si sono avvalse della facoltà di depositare memoria. Ragioni della decisione 1. - Col primo motivo di ricorso principale è dedotta violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c Deduce la ricorrente che nell’atto d’appello del Banco di Sicilia non vi era traccia di una censura concernente l’erronea determinazione, da parte del CTU nominato in primo grado, dell’ammontare delle somme che la banca avrebbe dovuto restituire. Osserva che la sentenza di appello non aveva tenuto conto dei motivi di gravame formulati, ma solo delle contestazioni sollevate da essa istante in data 17 marzo 2014 con riguardo alla consulenza tecnica d’ufficio rilievi concernenti la risposta al secondo quesito posto all’ausiliario il quale aveva ad oggetto l’accertamento di importi da escludere dalla ripetizione degli interessi per maturata prescrizione decennale, e non la risposta al primo quesito, vertente sul ricalcolo del saldo di chiusura del conto corrente senza alcuna capitalizzazione . Ricorda, in proposito, che il supplemento di consulenza tecnica, in risposta al secondo quesito, aveva determinato in ragione di Euro 48.123,77 la somma dovuta alla società una volta applicata la prescrizione decennale, mentre in merito al primo quesito il consulente tecnico aveva stabilito che la somma dovuta alla correntista era pari a Euro 102.288,70 e ciò in quanto all’importo determinato in primo grado, pari a Euro 98.105,38, doveva essere aggiunto quanto illegittimamente addebitato dalla banca per capitalizzazione annuale degli interessi . Il secondo motivo del ricorso principale oppone la violazione o falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c Lamenta il ricorrente che la Corte di appello avrebbe erroneamente ritenuto che con l’impugnazione fosse stata pure censurata, in quanto erronea, la determinazione, da parte del consulente tecnico nominato in primo grado, dell’ammontare delle restituzioni dovute dalla banca rileva che per tale ragione aveva reputato l’esistenza di una difficoltà nella quantificazione del saldo, tanto grave da consigliargli il deferimento del giuramento estimatorio. Assume che, in mancanza di alcun motivo di appello vertente sulla contestazione degli esiti della consulenza tecnica di primo grado, questa non avrebbe potuto essere disattesa dal giudice di appello. Col terzo motivo di ricorso principale è denunciato l’omesso esame da parte della Corte di merito di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti. Sostiene l’istante che il giudice del gravame avrebbe mancato di considerare che il saldo di chiusura del conto corrente per cui è causa era stato rideterminato dal c.t.u., escludendo ogni capitalizzazione, in Euro 102.288,70 e che il giuramento di estimazione non consentiva di escludere la spettanza di tale somma, giacché essa non era inferiore a quella di Euro 80.000,00, indicata nella formula del giuramento. Viene rilevato, in altri termini, che la Corte di merito avrebbe mancato di spiegare per quale ragione la somma non inferiore ad Euro 80.000,00, di cui al giuramento, non potesse coincidere con quella di Euro 102.288,70, accertata dal consulente tecnico. Osserva, infine, che il giudice distrettuale aveva ignorato che l’accertamento del c.t.u. riferito alla spettanza di detta somma, calcolata senza considerare la prescrizione la cui eccezione era stata respinta , non era stata contestata da alcuno. Il primo motivo di ricorso incidentale lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 2934, 2935 e 2946 c.c., per non avere il giudice di appello riconosciuto la prescrizione della ripetizione dell’indebito riguardo al periodo ulteriore rispetto ai dieci anni prima dell’atto interruttivo. Assume la ricorrente incidentale che la Corte di merito avrebbe dovuto riformare la sentenza impugnata riducendo l’importo della condanna a Euro 48.123,77 somma, questa, che era stata determinata dal consulente tecnico d’ufficio nella relazione depositata il 22 gennaio 2013 in fase di gravame. La banca imputa al giudice distrettuale di non aver tenuto conto che la prescrizione delle rimesse solutorie decorre dal momento in cui le stesse sono attuate e che, quindi, in un conto corrente scoperto, qual era quello oggetto della controversia, andassero esclusi, per il periodo oltre i dieci anni dalla domanda, gli addebiti illegittimi di interessi pagati con le rimesse aventi detta natura. Col secondo motivo di ricorso incidentale è prospettata la violazione o falsa applicazione dell’art. 2736 c.c., n. 2, artt. 116 e 241 c.p.c., con riferimento al deferimento del giuramento estimatorio e alla rilevanza che a tale giuramento era stata attribuita nella decisione impugnata. Viene osservato che la causa d’appello poteva essere sicuramente decisa con la riduzione dell’indebito, non esistendo l’impossibilità dell’accertamento, cui fanno riferimento l’art. 2736 c.c., n. 2 e art. 241 c.p.c. infatti, la Corte di merito aveva declassato l’impossibilità dell’accertamento a una sua mera grave difficoltà, a fronte della considerevole differenza degli accertamenti contabili esperiti nei due gradi di giudizio. Inoltre, ad avviso dell’istante, la pronuncia impugnata era censurabile in quanto basata su di un giuramento la cui formula risultava essere errata. Difatti il giuramento era stato deferito e prestato avendo riguardo al fatto che la somma sarebbe risultata non inferiore a un determinato importo, mentre avrebbe dovuto basarsi sul fatto che quanto dovuto sarebbe stato non superiore alla somma indicata. Il terzo motivo di ricorso incidentale censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 92 c.p.c., in ordine alla compensazione delle spese di giudizio di primo grado. Viene dedotto che a fronte del contenimento della condanna in una somma inferiore rispetto a quella riconosciuta dal Tribunale, la Corte di appello avrebbe dovuto procedere alla compensazione, anche parziale, delle spese del giudizio di primo grado. 2. - Deve premettersi che, contrariamente a quanto opinato dalla ricorrente principale, il secondo motivo del ricorso incidentale non presenta i profili di inammissibilità dedotti esso è difatti pienamente intellegibile e, del resto, il fatto che un singolo motivo sia articolato in più profili di doglianza, ciascuno dei quali avrebbe potuto essere prospettato come un autonomo motivo, non costituisce, di per sé, ragione d’inammissibilità dell’impugnazione, dovendosi ritenere sufficiente, ai fini dell’ammissibilità del ricorso, che la sua formulazione permetta di cogliere con chiarezza le doglianze prospettate onde consentirne, se necessario, l’esame separato esattamente negli stessi termini in cui lo si sarebbe potuto fare se esse fossero state articolate in motivi diversi, singolarmente numerati Cass. Sez. U. 6 maggio 2015, n. 9100 cfr. pure Cass. 17 marzo 2017, n. 7009 Cass. 23 ottobre 2018, n. 26790 . Ciò detto, le riassunte censure sollecitano le considerazioni che seguono. 3. - La Corte di appello ha respinto l’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca assumendo che, in ragione di quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 78/2012, l’azione di ripetizione del correntista si prescrive in dieci anni decorrenti dalla chiusura del conto pag. 5 della sentenza impugnata . Nel prendere in considerazione le risultanze del supplemento di consulenza tecnica fatto eseguire nel giudizio di appello, la stessa Corte, a pag. 6 della pronuncia, ha però contraddittoriamente assunto, come dato rilevante, quello di Euro 48.123,77 importo, questo, pacificamente corrispondente all’indebito percepito dalla banca, in danno di Vass, al netto di quanto risulterebbe essersi prescritto nel corso del rapporto cfr. ricorso, pagg. 37 s. controricorso, pag. 30 . Dopo di che, il giudice del gravame ha dato atto di contestazioni quanto all’esistenza di un’apertura di credito, in favore di Vass, fino alla concorrenza di Lire 200.000.000 e alla natura, ripristinatoria o solutoria, dei versamenti effettuati dalla correntista sul conto oltre che all’esistenza di una pattuizione che legittimasse l’esazione della commissione di massimo scoperto profilo, questo, di cui però le impugnazioni qui esaminate non si occupano specificamente . Ha spiegato la sentenza che, a fronte di tali contestazioni e della differenza che presentavano gli esiti degli accertamenti contabili espletati nei due diversi gradi del giudizio, si era ritenuto di deferire al legale rappresentante di Vass un giuramento estimatorio nella cui formula era indicato un credito dell’odierna ricorrente non inferiore comunque ad Euro 80.000,00 . Per giustificare tale taxatio la Corte distrettuale ha nuovamente valorizzato il tema della possibile incidenza della prescrizione sul calcolo del dovuto ha difatti osservato come il consulente avesse precisato, nel nominato elaborato integrativo, che il credito di Vass sarebbe asceso a Euro 102,288,70 se, per l’appunto, non si fossero posti i problemi di prescrizione di alcune rimesse sentenza, pag. 7 il risultato di un credito superiore rispetto a quello accertato dal giudice di primo grado dipendeva, in concreto, dalla eliminazione, ad opera del consulente che aveva elaborato questo secondo conteggio, della capitalizzazione annuale degli interessi debitori, che il Tribunale aveva invece applicato . 4. - Ora, con i primi due motivi del ricorso principale Vass addebita alla Corte di appello di aver proceduto a una nuova quantificazione del saldo del conto corrente nonostante la banca non avesse fatto questione della erronea entità degli importi, determinati dal giudice di primo grado, che avrebbero dovuto essere restituiti ad essa istante. È da osservare, però, che l’odierna controricorrente, nel proporre l’appello, aveva fatto valere la prescrizione del diritto di controparte questione che era stata sollevata in primo grado e che il Tribunale, come in precedenza accennato, aveva disatteso. In tal senso, la Corte di merito, proprio perché investita, con l’appello, della questione circa la prescrizione di una parte del credito, ben avrebbe potuto quantificare in una diversa misura l’importo oggetto del diritto di ripetizione un tale esito si sarebbe anzi imposto ove il giudice del gravame, diversamente da quello di primo grado, avesse ritenuto fondata l’eccezione di prescrizione. Al contrario - e con ciò si viene al terzo motivo del ricorso principale - alla Corte di appello era precluso di rideterminare la somma spettante a Vass in ragione della espunzione della capitalizzazione annuale ciò che, secondo il c.t.u., avrebbe fatto ascendere il credito della correntista a Euro 102,288,70 in difetto di appello incidentale, sul tema della spettanza degli interessi anatocistici annuali, si era difatti formato il giudicato interno. 5. - Per quel che concerne la prescrizione, l’enunciato della Corte di appello secondo cui la prescrizione del diritto alla ripetizione decorrerebbe dalla chiusura del conto non è corretto il giudice distrettuale richiama la pronuncia di Corte Cost. n. 78 del 2012, con cui è stata dichiarata l’incostituzionalità del D.L. n. 225 del 2010, art. 2, comma 61, convertito in L. n. 10 del 2011, secondo cui in ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l’art. 2935 c.c., si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall’annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell’annotazione stessa. Ma il rinvio a tale decisione - che risulta basata sul divieto di retroattività della legge in assenza di motivi che la possano giustificare in base al canone generale della ragionevolezza delle norme, o in base a imperative ragioni di interesse generale, tali da escludere l’ingerenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia, al fine di influenzare l’esito giudiziario di una controversia -non appare pertinente. Assume rilievo, invece, che le Sezioni Unite abbiano distinto, ai fini della prescrizione dell’indebito del correntista, le rimesse solutorie da quelle ripristinatorie della provvista. Spiega Cass. Sez. U. 2 dicembre 2010, n. 24418 che l’azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nell’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati ciò in quanto il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell’esecuzione di una prestazione da parte del solvens, con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell’accipiens. La pronuncia muove dal rilievo per cui non può ipotizzarsi il decorso del termine di prescrizione del diritto alla ripetizione se non da quando sia intervenuto un atto giuridico, definibile come pagamento, che l’attore pretende essere indebito, perché prima di quel momento non è configurabile alcun diritto di ripetizione. In conseguenza, se il correntista, nel corso del rapporto, abbia effettuato non solo prelevamenti ma anche versamenti, in tanto questi ultimi potranno essere considerati alla stregua di pagamenti, tali da formare oggetto di ripetizione ove risultino indebiti , in quanto abbiano avuto lo scopo e l’effetto di uno spostamento patrimoniale in favore della banca. E questo accadrà ove si tratti di versamenti eseguiti su un conto in passivo cui non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista, o quando i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell’affidamento non così in tutti i casi nei quali i versamenti in conto, non avendo il passivo superato il limite dell’affidamento concesso al cliente, fungano unicamente da atti ripristinatori della provvista della quale il correntista può ancora continuare a godere sent. cit., in motivazione . È dunque dirimente la distinzione tra rimesse solutorie e rimesse ripristinatorie della provvista solo le prime possono considerarsi pagamenti nel quadro della fattispecie di cui all’art. 2033 c.c. con la conseguenza che la prescrizione del diritto alla ripetizione dell’indebito decorre, per esse, dal momento in cui abbiano avuto luogo. I versamenti ripristinatori, invece - come precisato dalle Sezioni Unite - non soddisfano il creditore ma ampliano o ripristinano la facoltà d’indebitamento del correntista sicché, con riferimento ad essi, di pagamento potrà parlarsi soltanto dopo che, conclusosi il rapporto di apertura di credito in conto corrente, la banca abbia percepito dal correntista il saldo finale, in cui siano compresi interessi non dovuti. 6. - In conseguenza, la Corte di appello, in presenza dell’eccezione di prescrizione della banca, avrebbe dovuto appurare, sulla scorta delle risultanze di causa, se e quando fosse stato concluso un contratto di apertura di credito e se e in che misura alle rimesse della società correntista eseguite più di dieci anni prima dall’atto interruttivo della prescrizione potesse attribuirsi natura solutoria in quanto fosse accertato che erano state operate in assenza di un’apertura di credito o che, in costanza di questa, erano risultate nondimeno dirette a ripianare l’esposizione debitoria oltre il limite dell’affidamento concesso una volta individuate le rimesse solutorie poste in essere nel periodo indicato, la Corte di appello avrebbe poi dovuto dichiararle prescritte. Nè la ricorrente può opporre che una indagine circa la prescrizione delle rimesse solutorie fosse inibita dal modo con cui era stata prospettata l’eccezione secondo quanto precisato a pag. 10 nel controricorso al ricorso incidentale, la banca aveva infatti dedotto che dalla scadenza di ciascun trimestre del rapporto si sarebbe prodotta un’autonoma decorrenza del periodo prescrizionale . Sul punto mette conto di rilevare che la Corte di Palermo ha ritenuto validamente proposta l’eccezione di prescrizione, dal momento che l’ha esaminata nel merito, e sul punto Vass non ha proposto ricorso incidentale condizionato. Peraltro, una questione di ammissibilità dell’eccezione sotto il profilo indicato, non potrebbe nemmeno porsi. Come di recente ricordato dalle Sezioni Unite, l’onere di allegazione gravante sull’istituto di credito che, convenuto in giudizio, voglia opporre l’eccezione di prescrizione al correntista che abbia esperito l’azione di ripetizione di somme indebitamente pagate nel corso del rapporto di conto corrente assistito da un’apertura di credito, è soddisfatto con l’affermazione dell’inerzia del titolare del diritto, e la dichiarazione di volerne profittare Cass. Sez. U. 13 giugno 2019, n. 15895 . In tal senso, una volta constatato che l’eccezione di prescrizione era stata proposta, la Corte sicula avrebbe dovuto comunque verificare, sulla base della documentazione acquisita, se il diritto di ripetizione, per essere riferito a rimesse solutorie poste in essere nel periodo anteriore al decennio, si fosse in parte prescritto. 7. - La stessa Corte non poteva poi esimersi da una indagine in tal senso - da compiersi attraverso una ragionata ricognizione del materiale probatorio portato al suo esame - deferendo giuramento di estimazione. Se pure questa S.C. ha ammesso che il giuramento estimatorio possa avere ad oggetto anche una somma di danaro allo scopo di stabilire il suo esatto ammontare Cass. 20 agosto 1984, n. 4659 , è difatti escluso che tale mezzo di prova possa essere utilizzato per supplire a un esame del materiale probatorio acquisito al processo è anzi da ricordare come, in base a una giurisprudenza risalente, il giuramento di estimazione non potrebbe essere fatto valere nemmeno nel caso in cui della affermazione creditoria e della domanda giudiziale dell’attore sia stata data prova, ancorché insufficiente, e perciò da integrare Cass. 27 novembre 1962, n. 3210 . E infatti, l’art. 241 c.p.c., consente il giuramento in questione nella sola ipotesi in cui non sia possibile accertare altrimenti il valore della cosa e, all’evidenza, tale condizione difetta in tutte le ipotesi in cui una prova di tale valore sia stata offerta e si tratti solo di apprezzarne la portata. Mette conto di aggiungere, al riguardo, che l’eccezione di inammissibilità del secondo motivo del ricorso incidentale, sollevata da Vass, deve essere disattesa, non ricorrendo la denunciata prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili . 8. - In conclusione, vanno accolti, per quanto di ragione, il primo e il secondo motivo del ricorso incidentale, mentre devono essere respinti i tre motivi di quello principale. Il terzo motivo del ricorso incidentale resta invece assorbito. 9. - La sentenza è cassata e la causa viene rinviata alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. Il giudice del rinvio dovrà conformarsi ai seguenti principi di diritto In materia di contratto di conto corrente bancario, la decorrenza della prescrizione delle rimesse solutorie, operate cioè su di un conto in passivo, quando non sia stata concessa al cliente un’apertura di credito, oppure su di un conto scoperto, essendo i versamenti destinati a coprire quella parte del passivo eccedente il limite dell’accreditamento, matura sempre dalla data del pagamento Il deferimento del giuramento estimatorio non è ammesso nel caso in cui, trattandosi di stabilire l’ammontare della somma dovuta al creditore, il giudice abbia acquisito gli elementi di prova utili per tale accertamento . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso incidentale e dichiara assorbito il terzo cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso incidentale e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di appello di Palermo ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.