Pacchetto domestico per vedere Sky, ma la smart-card è utilizzata in un locale pubblico: abbonato condannato

Confermata la decisione con cui i Giudici del Tribunale hanno ritenuto legittima la pretesa avanzata dalla società, cioè vedere l’abbonato obbligato a versare oltre 4mila euro a titolo di penale.

Pessima idea, senza dubbio, utilizzare nel proprio locale pubblico il contratto con Sky relativo a un abbonamento televisivo destinato ad un uso esclusivamente domestico. Legittima, di conseguenza, la pretesa avanzata dalla società nei confronti del cliente quest’ultimo deve pagare una penale di 4mila e 120 euro. Cassazione, ordinanza n. 18277/20, sezione VI Civile, depositata oggi . Decisivo un controllo compiuto da un agente della società Sky. Così emerge l’abuso compiuto da un abbonato che ha in essere un contratto per la visione di programmi televisivi ad uso privato ma che impiega la propria smart-card nell’esercizio pubblico da lui gestito per consentire ai clienti la visione di una partita di calcio criptata . Pronta la reazione di Sky che agisce in giudizio per chiedere il pagamento della penale pattuita per l’uso della smart-card , uso non conforme al contratto e quantificata nella misura di 4mila e 120 euro . Inutile l’opposizione dell’abbonato prima il Giudice di Pace e poi i Giudici del Tribunale lo condannano a versare la cifra richiesta dalla società. A chiudere il caso provvede ora la Cassazione, ritenendo privo di ogni fondamento il ricorso proposto dall’ abbonato di Sky. Corretta la visione tracciata in Tribunale, laddove si è ritenuta fornita la prova dell’uso scorretto – contrattualmente non autorizzato – della smart-card , alla luce della prova testimoniale assunta , ossia il resoconto fornito dall’agente della società. Di conseguenza, è sacrosanto il ricorso da parte di Sky alla penale contrattuale che non è eccessiva e non è iniqua , rientrando nella misura imposta dai contrapposti interessi delle parti del contratto. Inutili le obiezioni mosse dall’abbonato, obiezioni secondo cui è stato ritenuto provato l’uso indebito della smart-card senza però prove sufficienti , essendo a disposizione dei giudici solo la testimonianza dell’agente di Sky . Impossibile, infine, secondo i Giudici, mettere in discussione il quantum della penale applicata all’abbonato, anche perché mancano elementi per ipotizzare l’iniquità della clausola .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 9 luglio – 3 settembre 2020, n. 18277 Presidente Scoditti – Relatore Cricenti Fatti di causa Il ricorrente, Lu. St., aveva in essere un contratto con Sky, per la visione di programmi televisivi ad uso privato. Nel corso di un controllo nell'esercizio pubblico gestito dal ricorrente, un agente della società Sky ha riscontrato che la smart card di costui era utilizzata in quel locale pubblico per la visione di una partita di calcio criptata. SKY ha dunque agito in giudizio per chiedere l'adempimento della penale pattuita per l'uso non conforme al contratto della smart card, nella misura di 4.120,00 Euro. Il ricorrente si è costituito in giudizio opponendosi a tale richiesta, che però è stata accolta dal giudice di pace, e confermata dal Tribunale in appello. Il ricorrente contesta ora questa decisione di secondo grado con quattro motivi. V'è costituzione di Sky Italia srl con controricorso. Ragioni della decisione 1.- La ratio della sentenza impugnata. Il Tribunale innanzitutto ritiene fornita la prova dell'uso scorretto, contrattualmente non autorizzato, della smart card, atteso l'esito della prova testimoniale assunta di conseguenza ritiene legittimo il ricorso, da parte di Sky, alla penale contrattuale, che lo stesso Tribunale considera non eccessiva e non iniqua, ma rientrante nella misura imposta dai contrapposti interessi delle parti. 2.-1.- Il ricorrente contesta questa ratio con quattro motivi. Con il primo motivo lamenta violazione degli articoli 1341 e 1342 c.c Ritiene che la clausola penale sia vessatoria e che il Tribunale avrebbe dovuto rilevarne la nullità per difetto di sottoscrizione, in quanto predisposta in un modulo per adesione. Il motivo è inammissibile. Lo stesso ricorrente riferisce che il Tribunale ha considerato tardiva l'eccezione di vessatorietà, e contrasta quest'affermazione semplicemente dicendo che invece l'eccezione era stata fatta in comparsa di costituzione. Egli tuttavia non allega di aver proposto l'eccezione, e, comunque dal testo della decisione di appello, la questione della nullità della clausola neanche risulta discussa. Non v'è, ossia, una pronuncia su tale questione da impugnare. 2.2.- Il secondo motivo denuncia violazione degli articoli 115 c.p.c. e 2697 c.c Secondo il ricorrente la corte avrebbe ritenuto provato l'uso indebito della smart card, senza che vi fossero in realtà prove sufficienti, basandosi solo sulla testimonianza dell'agente Sky. Il motivo è inammissibile in quanto, sotto l'apparente rubrica della violazione di legge, censura un apprezzamento di fatto quello relativo alla sufficienza della prova addotta a sostegno della domanda, giudizio rimesso al giudice di merito e censurabile solo per difetto assoluto di motivazione. 2.3. Il terzo motivo denuncia violazione dell'articolo 1384 c.c Il ricorrente ritiene ingiusta la decisione di non ridurre la penale ad equità, sostenendo di non avere mai richiesto misure alternative, come quella di contenere la penale in due anni di abbonamento o altro. Il motivo è inammissibile in quanto non censura di fatto la decisione impugnata, ossia non dice perché il rifiuto del Tribunale di ridurre la penale è errato, e non indica le ragioni che fonderebbero la riduzione, limitandosi a contestare di aver prospettato quantificazioni alternative del danno. Manca un qualche argomento a sostegno della manifesta inquità della clausola penale. 2.4.- L'ultimo motivo denuncia violazione dell'articolo 92 c.p.c. Il ricorrente suppone erronea applicazione della regola della soccombenza, in quanto il Tribunale avrebbe, quanto al difetto di motivazione del primo grado, ritenuto la fondatezza dell'appello. Il motivo è infondato. Il Tribunale in un obiter ritiene, si, succintamente motivato un capo di sentenza, e provvede ad integrare la motivazione, ma ritiene comunque corretta la decisione del giudice di pace, cosi che non può dirsi che ha accolto l'appello, o che almeno ha ritenuto fondata una doglianza. Non v'è in sostanza soccombenza reciproca, ma unilaterale del ricorrente. Il ricorso va rigettato. P.Q.M. La corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento di 1500,00 Euro di spese legali, oltre 200,00 di spese generali. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.