Estratti conto consegnati in ritardo al cliente: niente risarcimento dalla banca

Accertata la condotta dell’istituto di credito, che ha provveduto con ritardo a rispondere alla richiesta del correntista. Ciò nonostante, è impossibile condannare la banca a risarcire il cliente.

La ritardata consegna al correntista di alcuni estratti conto non è sufficiente per sanzionare la banca. Il dato messo sul tavolo dal cliente – che comunque ha ottenuto successivamente la documentazione richiesta – non può portare da solo all’ottenimento di un ristoro economico ad opera dell’istituto di credito Cassazione, ordinanza numero 4516/20, sez. VI Civile, depositata oggi . Estratti. Scenario della vicenda è la Campania. Lì un uomo cita in giudizio la banca dove ha aperto un conto corrente, spiegando che “illegittimamente l’istituto di credito ha mancato di trasmettergli copia degli estratti conto” da lui “specificamente richiesti con lettera raccomandata”. Consequenziale è la sua richiesta di ottenere finalmente la documentazione e di vedere la banca condannata a “risarcire i danni” provocati, a suo dire, dalla mancata consegna degli estratti conto. A processo in corso l’istituto di credito provvede a recapitare i documenti richiesti al correntista. Così resta aperto solo il fronte dell’ipotetico risarcimento, ma a questo proposito i giudici di merito, prima in Tribunale e poi in Appello, reputano impossibile una condanna della banca, poiché è “non dimostrata la portata dannosa della condotta” tenuta nei confronti del cliente. Condotta. A chiudere il contenzioso provvede ora la Cassazione, liberando definitivamente la banca dallo spauracchio di un risarcimento – anche minimo – a favore del correntista. Inutili le osservazioni proposte dal titolare del conto, osservazioni centrate soprattutto sul fatto che “la condanna generica al risarcimento del danno presuppone il mero accertamento di potenziale idoneità lesiva dell’illecito, a prescindere dalla concreta esistenza di un danno”. Il cliente sostiene che la condanna della banca a provvedere a un ristoro economico può essere basata sul “mero accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di danni”, e aggiunge che, comunque, in questa vicenda “la mancanza degli estratti conto gli aveva impedito di dare avvio a un’azione giudiziale nei confronti dell’istituto di credito per la ripetizione di somme illegittimamente addebitate a titolo di interessi passivi e di commissione di massimo scoperto per il recupero di somme illegittimamente non accreditate per interessi attivi per una lesione patrimoniale patita sotto forma di perdita di chance”. I giudici di merito hanno ribattuto che “la condotta omissiva della banca non può ritenersi neppure potenzialmente lesiva nel senso sostenuto dal cliente, poiché egli, pur a fronte dell’omesso tempestivo invio della documentazione contabile, ben avrebbe potuto e dovuto prendere contatti con la banca per ottenere le opportune spiegazioni e, in ogni caso, ben avrebbe potuto attivare, ove necessario, un procedimento d’urgenza col fine di ottenere i documenti inoltre, egli avrebbe potuto instaurare la causa relativa alle ripetizioni, poiché avendo già inoltrato la raccomandata, e interrotto così il termine prescrizionale, i documenti si sarebbero potuti avere in quella sede mediante semplice istanza di acquisizione”. Questa prospettiva è condivisa ora dalla Cassazione. In particolare, i giudici del ‘Palazzaccio’ tengono a richiamare il principio secondo cui “ai fini della condanna generica al risarcimento dei danni non è sufficiente accertare l’illegittimità della condotta, ma occorre anche accertarne, sia pure con modalità sommaria e valutazione probabilistica, la portata dannosa, senza la quale il diritto al risarcimento, di cui si chiede anticipatamente la tutela, non può essere configurato”. In sostanza, “l’accertamento necessario ad accogliere una simile domanda comprende non solo la valutazione di esistenza di un comportamento illecito, ma anche la potenzialità dannosa”, cioè “I’idoneità a cagionare il danno patrimoniale o non patrimoniale prospettato dall’attore, onde potersi poi rinviare al separato giudizio l’accertamento in concreto di tale danno nella sua determinazione quantitativa”. Decisivo, quindi, “il giudizio sulla potenzialità dannosa della condotta” tenuta dalla banca e su questo fronte i giudici ritengono acclarata “l’inesistenza della potenzialità lesiva della omissione imputata all’istituto di credito”.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 20 novembre 2019 – 21 febbraio 2020, numero 4516 Presidente Scaldaferri – Relatore Terrusi Rilevato che Va. Ci. convenne la Banca Monte dei Paschi di Siena dinanzi al tribunale di Salerno per sentir accertare che illegittimamente la banca aveva mancato di trasmettergli copia degli estratti conto di periodo relativi al suo conto corrente, specificamente richiesti con lettera raccomandata, e per sentirla quindi condannare alla consegna dei medesimi e al risarcimento dei danni da ciò provocati, da liquidarsi in separato giudizio radicatosi il contraddittorio il tribunale dichiarava cessata la materia del contendere sulla domanda di consegna dei documenti, alla quale consegna la banca aveva provveduto, e rigettava la domanda di condanna generica ritenendo non dimostrata, seppure in valutazione sommaria e probabilistica, la portata dannosa della avversa condotta la decisione, gravata da Ci., è stata confermata dalla corte d'appello di Salerno, e avverso la relativa sentenza il predetto ha proposto ricorso per cassazione la banca ha replicato con controricorso il ricorrente ha depositato una memoria. Considerato che con un unico sostanziale motivo il ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione ai principi di causalità materiale e giuridica articolo 278 cod. proc. civ., 1223 cod. civ. e 40 cod. penumero , sostenendo che la condanna generica al risarcimento del danno presuppone il mero accertamento di potenziale idoneità lesiva dell'illecito, a prescindere dalla concreta esistenza di un danno e dalla sua misura, semmai da stimare nella fase processuale successiva imputa alla corte d'appello di avere errato nel ritenere, invece, il giudizio di condanna generica non esaurito dal mero accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di danni deve osservarsi che, per quanto si evince dal ricorso pag. 4 , al fondo della domanda era stato addotto che la mancanza degli estratti conto aveva impedito all'attore di dare avvio a un'azione giudiziale nei confronti della banca i per la ripetizione di somme illegittimamente addebitate a titolo di interessi passivi e di commissione di massimo scoperto, ii per il recupero di somme illegittimamente non accreditate per interessi attivi e iii per una non meglio precisata lesione patrimoniale patita sotto forma di perdita di chance di contro il tribunale aveva osservato che la condotta omissiva della banca non poteva ritenersi neppure potenzialmente lesiva nel senso sostenuto dall'attore, poiché egli, pur a fronte dell'omesso tempestivo invio della documentazione contabile, ben avrebbe potuto e dovuto prendere contatti con la banca per ottenere le opportune spiegazioni e, in ogni caso, ben avrebbe potuto attivare, ove necessario, un procedimento d'urgenza col fine di ottenere i documenti inoltre, sempre secondo il tribunale, egli avrebbe potuto instaurare la causa relativa alle ripetizioni, poiché avendo già inoltrato la raccomandata ai sensi dell'articolo 119 del T.u.b., e interrotto così il termine prescrizionale, i documenti si sarebbero potuti avere in quella sede mediante semplice istanza di acquisizione ex articolo 210 cod. proc. civ. simile valutazione è stata condivisa e replicata dalla corte d'appello, e avverso la motivazione della stessa non risultano formulate censure sotto il profilo dell'omesso esame di distinte circostanze di fatto, nei limiti di cui all'attuale articolo 360, numero 5, cod. proc. civ. ciò stante il ricorso, predisposto in iure, è inammissibile ai sensi dell'articolo 360-bis cod. proc. civ. la corte d'appello di Salerno ha fatto applicazione del principio secondo cui ai fini della condanna generica al risarcimento dei danni ai sensi dell'articolo 278 c.p.c, non è sufficiente accertare l'illegittimità della condotta, ma occorre anche accertarne, sia pure con modalità sommaria e valutazione probabilistica, la portata dannosa, senza la quale il diritto al risarcimento, di cui si chiede anticipatamente la tutela, non può essere configurato nel caso di condanna generica, infatti, ciò che viene rinviato al separato giudizio è soltanto l'accertamento in concreto del danno nella sua determinazione quantitativa, mentre l'esistenza del fatto illecito e della sua potenzialità dannosa devono essere accertati nel giudizio relativo all'an debeatur e di essi va data la prova sia pure sommaria e generica, in quanto ne costituiscono il presupposto v. Cass. numero 21326-18, Cass. numero 6235-18, Cass. numero 1631-09 e molte altre in altre parole l'accertamento necessario ad accogliere una simile domanda comprende non solo la valutazione di esistenza di un comportamento illecito, ma anche la potenzialità dannosa id est, l’idoneità dello stesso a cagionare il danno patrimoniale o non patrimoniale prospettato dall'attore, onde potersi poi rinviare al separato giudizio l'accertamento in concreto di tale danno nella sua determinazione quantitativa il giudizio sulla potenzialità dannosa di una condotta è un giudizio di fatto, e solo in tale giudizio - oltre tutto pienamente confermativo di quello analogo svolto dal tribunale - è da individuare la ratio dell'impugnata sentenza in particolare non attiene alla ratio decidendi l'ulteriore inciso, che pur compare nella parte finale della motivazione, secondo cui nel giudizio di condanna generica l'attore avrebbe pure l'onere di indicare i mezzi di prova ai fini del quantum debeatur su detto inciso insiste la critica del ricorrente soprattutto in memoria , ma inutilmente poiché la surriferita considerazione della corte territoriale, per quanto inesatta e come tale da correggere ai sensi dell'articolo 384 cod. proc. civ., non risulta essenziale, visto che il rigetto è stato infine motivato sulla base della ritenuta inesistenza della potenzialità lesiva della condotta imputata alla banca questo apprezzamento di fatto, non sindacato sul versante della motivazione, è dunque intangibile in questa sede le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in 3.100,00 EUR, di cui 100,00 Euro per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, del D.P.R. numero 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello ove dovuto per il ricorso.