La disponibilità del promissario venditore alla stipula del contratto definitivo impedisce la prescrizione

Nel caso in cui al contratto preliminare di compravendita non sia seguita la stipulazione del contratto definitivo, la ripetuta disponibilità manifestata dal venditore a stipulare il contratto definitivo costituisce comportamento oggettivamente idoneo ad interrompere il decorso della prescrizione.

Sul tema la Corte di legittimità con la sentenza n. 32224/19, depositata il 10 dicembre. Il caso. La pronuncia in commento origina dal contenzioso sorto tra le parti di un contratto preliminare avente ad oggetto l’acquisto di un immobile. A seguito della stipulazione del preliminare e dopo il pagamento dell’intero prezzo, la cessione non si era infatti formalizzata in atto pubblico nonostante il sollecito del promissario acquirente che aveva dunque agito per ottenere sentenza ai sensi dell’art. 2932 c.c Il promissario acquirente, costituitosi in giudizio, eccepiva la prescrizione del diritto azionato. Il Tribunale rigettava la domanda attorea, decisione confermata poi anche in appello. La questione è dunque giunta all’attenzione della Suprema Corte. Interruzione della prescrizione. Il ricorrente solleva diverse censure, tra le quali risulta decisiva quella relativa all’interruzione della prescrizione invocata dal ricorrente sulla base delle ripetute dichiarazioni di disponibilità del venditore alla stipula del contratto definitivo. La giurisprudenza afferma pacificamente che l’eccezione di interruzione di prescrizione, in quanto eccezione in senso lato, può essere rilevata d’ufficio dal giudice in qualunque stato e grado del processo sulla base degli elementi probatori acquisiti in atti. Nel caso di specie, il giudice di merito non ha correttamente valutato la circostanza della ripetuta manifestazione di disponibilità a stipulare il contratto definitivo quale comportamento oggettivamente idoneo ad interrompere il decorso della prescrizione. In tal senso, non è configurabile neppure la rinuncia alla prescrizione per la quale l’art. 2937, comma 3, c.p.c. richiede un fatto incompatibile con la volontà di avvalersi del diritto. In conclusione, la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello in diversa composizione per un nuovo esame della questione.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 17 aprile – 10 dicembre 2019, n. 32224 Presidente Campanile – Relatore Casadonte Fatti di causa 1. Il presente giudizio di legittimità trae origine dal ricorso notificato il 14 maggio 2015 da L.M. nei confronti di A.V. ed avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli emessa il 19 novembre 2014 con cui è stato respinto l’appello proposto dal medesimo odierno ricorrente. 1.1. Il contenzioso tra le parti riguarda un contratto preliminare stipulato il 9 dicembre 1985 con il quale L.M. si impegnava ad acquistare dall’A. un immobile sito in per l’importo di Lire 47.000.000. 1.2. Al momento della sottoscrizione del preliminare il promissario acquirente versava l’importo di Lire 5.000.000 con l’impegno di versare il residuo di Lire 42.000.000 alla stipula del definitivo da rogare entro il 15 marzo 1986. 1.3. Il successivo 4 marzo 1986 i contraenti davano atto che il promissario acquirente versava ulteriori 19.000.000 e a modifica del precedente accordo, pattuivano che il residuo prezzo pari a Lire 23.000.000 sarebbe stato corrisposto in 34 ratei di Lire 800.000 ciascuno, comprensivi dei relativi interessi con decorrenza dal 30 maggio 1986 ed a cadenza mensile con stipula del contratto definitivo di compravendita all’esito del pagamento dei suddetti ratei. 1.4. Tuttavia era accaduto che dopo il pagamento dell’intero prezzo, la cessione non era stata formalizzata in atto pubblico nonostante il sollecito inoltrato l’11 settembre 2007 dal promissario acquirente. 1.5. Sulla base di tale ricostruzione in fatto il L. agiva giudizialmente per ottenere la pronuncia della sentenza ai sensi dell’art. 2932 c.c 1.6. Costituitosi il convenuto A. eccepiva, in via preliminare, la prescrizione del diritto azionato e, in via riconvenzionale, domandava la restituzione dell’immobile occupato dall’attore ed il risarcimento del danno quantificato in Euro 126.200,00 per il mancato godimento dell’immobile. 2. Il tribunale adito in primo grado dopo aver rigettato le istanze istruttorie di parte attrice, rigettava sia la domanda di esecuzione specifica del preliminare di vendita sia quella di ripetizione del prezzo corrisposto condannava l’attore alla restituzione dell’immobile oggetto del preliminare e compensava le spese di lite. 2.1 In particolare, il giudice di prime cure argomentava ritenendo che gli atti di interruzione della prescrizione sono quelli tipizzati negli artt. 2943 e 2944 c.c., in mancanza dei quali nessuna efficacia interruttiva poteva essere riconosciuta alle ripetute dichiarazioni del proprietario del bene di essere disponibile alla stipula del contratto definitivo ovvero al suo disinteresse alle vicende condomini, sulle quali era stata articolata la prova orale. 2.2. Il tribunale aveva inoltre ritenuto che sebbene il L. avesse ottenuto il possesso anticipato del bene, la prescrizione non potesse ritenersi interrotta dall’inerzia del proprietario in ordine al recupero del possesso. 2.3. Il giudice di prime cure aveva ritenuto poi tardiva la domanda subordinata con la quale l’attore aveva chiesto la ripetizione del prezzo corrisposto essendo stata proposta solo con la memoria ex art. 183 c.p.c., comma 5. 2.4. Con riguardo alla domanda riconvenzionale del convenuto osservava il giudice che nessun inadempimento contrattuale fosse rinvenibile a carico del promissario acquirente e, pertanto, la rigettava. 2.5. Il tribunale accoglieva, invece, quella volta ad ottenere la restituzione dell’immobile ritenendo l’inefficacia sopraggiunta del contratto preliminare di vendita e della conseguente detenzione senza titolo del relativo immobile. 3. Proposto gravame da parte dell’attore, la Corte d’appello di Napoli ha respinto l’impugnazione, ribadendo la correttezza della decisione sotto tutti i profili contestati e sopra richiamati. 4. La Cassazione della pronuncia è chiesta dal L. sulla base di sei motivi, mentre non ha svolto attività difensiva l’intimato A. . Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5, la violazione della L. n. 47 del 1985, art. 17, nel combinato disposto degli artt. 99, 100, 101, 112, 156 c.p.c., nonché la nullità della sentenza per errore di diritto in relazione agli artt. 1183, 2934, 2944 c.c., in combinato disposto con l’art. 1418 c.c., per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto non costituire condizione per la proponibilità dell’azione la mancanza in atti degli estremi della licenza o della concessione ad edificare. 2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, la violazione e falsa applicazione degli artt. 6, 1476 n. 3, 1372, 2934, 2944, 2946, 1183, 1140, 1141, 1141, 1143, 1165 c.c., laddove la corte napoletana non ha correttamente qualificato la domanda alla luce delle complessive circostanze di fatto mai contestate e riguardanti l’avvenuta consegna del bene con al conseguenza che doveva rinvenirsi l’effetto traslativo della proprietà intervenuto a seguito del trasferimento del possesso. 3. Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, n. 4 e n. 5 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dei principi di diritto ricavabili dal combinato disposto degli artt. 2934 e 2944 c.c., per avere la sentenza gravata escluso la sussistenza di fatti interruttivi della prescrizione attraverso una errata qualificazione dei fatti ammessi e delle prove raccolte in ordine alla consegna del bene 4. Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2934, 2944, 2967, 100, 112, 114, 115 e 116 c.p.c., per avere la corte territoriale rigettato l’appello ritenendo irrilevante la mancata contestazione da parte dell’appellato dell’animus uti dominus che ha accompagnato il possesso del bene immobile oggetto del preliminare da parte del promissario acquirente. 5. Con il quinto motivo, si censura, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 100, 101, 115, 116, 156, 159, 245, 228, 230, 231 e 232 c.p.c., per avere la corte d’appello ritenuto, allo stesso modo del giudice di prime cure, irrilevanti ai fini dell’efficacia interruttiva della prescrizione, le ripetute dichiarazioni del proprietario del bene di essere disponibile alla stipula del contratto definitivo o al suo disinteresse alle vicende condominiali ed in ragione di ciò ritenuto irrilevante la prova testimoniale richiesta sul dette circostanze. 6. Con il sesto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 180 e 183 c.p.c., in combinato disposto con gli artt. 112, 156 c.p.c., nonché la nullità della sentenza laddove ha rigettato perché prescritta la domanda subordinata del L. di condanna alla restituzione dell’importo corrisposto per l’adempimento degli obblighi risultanti dal contratto preliminare. 7. Appare logicamente prioritario l’esame del quinto motivo riguardante la valutazione fatta dalla corte territoriale delle ripetute dichiarazioni di disponibilità del promittente venditore alla stipula del definitivo. 7.1. La censura merita accoglimento. 7.2. Come è stato ripetutamente riconosciuto dalla giurisprudenza, l’eccezione di interruzione della prescrizione, in quanto eccezione in senso lato, può essere rilevata d’ufficio dal giudice in qualunque stato e grado del processo sulla base di elementi probatori ritualmente acquisiti in atti, onde, a tal fine, per decidere sulla questione di prescrizione introdotta dalla parte convenuta, il giudice deve tener conto del fatto, anche dedotto in giudizio prima della suddetta eccezione, idoneo a produrre l’interruzione, qualora l’attore abbia affermato il proprio diritto ritualmente e rettamente provandone la sussistenza e la persistenza cfr. Cass. 9053/2007 13966/2007 Sez. Un. 15661/2005 . 7.3. Nel caso di specie il giudice d’appello non pare aver correttamente valutato l’allegata circostanza della ripetuta disponibilità manifestata dal convenuto a stipulare il contratto definitivo si tratta, cioè, di un comportamento che appare oggettivamente idoneo ad interrompere il decorso della prescrizione e che, al contrario, non risulta correttamente sussunto dalla corte territoriale nell’ambito dei principi di diritto che disciplinano la materia della prescrizione, in particolare, nell’art. 2937 c.p.c., comma 3, che prevede la rinuncia alla prescrizione risultante da un fatto incompatibile con la volontà di avvalersene. 7.4. L’eccezione di rinuncia alla prescrizione configura, peraltro, un’eccezione in senso lato e può essere presa in esame d’ufficio dal giudice purché i fatti sui quali si fonda anche se non allegati dalle parti, siano stati ritualmente acquisiti al processo cfr. Cass. 963/1996 7411/2003 4804/2007 24113/2015 . 7.5. In definitiva la sentenza va cassata con rinvio alla Corte d’appello di Napoli per nuovo esame della questione dedotta con il ricorso alla luce dei principi di diritto richiamati nella disamina del motivo di censura. 8. L’accoglimento del motivo, assorbe l’esame delle altre doglianze. 9. Il giudice del rinvio deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il quinto motivo, cassa la sentenza e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, altra sezione, anche per le spese del giudizio di legittimità.