La tutela specifica del consumatore in caso di difetto originario di conformità

Secondo il disposto dell’art. 130 del codice del consumo, se al momento della consegna di un bene si riscontra un difetto di conformità, rispetto all’originale, il consumatore ha diritto a richiedere la sua riparazione o sostituzione ovvero, nel caso in cui queste soluzioni gli arrechino eccessivo disagio o si rivelino impossibili o troppo onerose per il venditore, la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto. In caso di riparazione o sostituzione del bene, il venditore ha l’obbligo di adoperarsi, affinché esse siano eseguite entro un termine congruo e senza arrecare notevoli inconvenienti al consumatore, tenuto conto della natura del bene e dello scopo per cui è stato acquistato.

Questa tutela specifica, tuttavia, si applica alle sole ipotesi di difetto originario di conformità, mentre, per tutte le altre ipotesi d’inadempimento, resta ferma la necessità che sia allegata e provata la responsabilità del professionista, sia essa di natura contrattuale o extracontrattuale. E’ il principio contenuto nella sentenza n. 14775/19, depositata il 30 maggio dalla Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile. Il fatto. La Corte di Cassazione è chiamata a pronunciarsi sul ricorso presentato da un acquirente di un autoveicolo, che aveva agito per ottenere l’accertamento del difetto originario di conformità dell’autovettura acquistata e la conseguente condanna della società venditrice alla riduzione del prezzo ed al risarcimento del danno. In primo grado le sue richieste avevano trovato parziale accoglimento, poiché gli era stato riconosciuto il diritto ad ottenere risarcimento delle somme sborsate per far riparare l’autovettura, ma era stata respinta la sua domanda di riduzione del prezzo, per insussistenza del presupposto del difetto originario. In sede di appello, tuttavia, era stato rilevato che la parte attrice, in primo grado, non aveva proposto appello incidentale avverso il provvedimento di rigetto della domanda di riduzione del prezzo e pertanto questa era passata in giudicato, con l’ovvia conseguenza che il difetto originario del bene doveva ritenersi processualmente escluso. Venuto meno questo presupposto, era parimenti da escludersi qualsivoglia responsabilità della venditrice, sia per la mancata restituzione delle maggiori somme pagate dall’acquirente per le riparazioni, che per il mancato rispetto del temine di cui all’art. 130, comma 5, codice del consumo e conseguentemente non vi era alcun presupposto idoneo a giustificare il risarcimento del danno, accordatogli in primo grado. Avverso detta pronuncia, l’acquirente proponeva ricorso. Il difetto originario di conformità e i diritti del consumatore. Il principio indicato dalla Suprema Corte, nella presente sentenza, ruota attorno alla tutela specifica prevista dall’art. 130 del codice del consumo, che attribuisce al venditore la responsabilità, nei confronti del consumatore, per qualsiasi difetto di conformità esistente, al momento della consegna del bene. La norma chiarisce quali sono gli obblighi del venditore ed i diritti del consumatore, ovvero la facoltà di chiedere riparazione o sostituzione del bene oppure, se queste soluzioni arrechino eccessivo disagio al consumatore o si rivelino impossibili o troppo onerose per il venditore, la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto. Il quinto comma del citato articolo, inoltre, impone al venditore di adoperarsi, affinché le riparazioni o sostituzioni siano eseguite entro un termine congruo e senza arrecare notevoli inconvenienti al consumatore, tenuto conto della natura del bene e dello scopo per cui è stato acquistato. La tutela specifica per il difetto originario di conformità. La Corte di Cassazione, tuttavia, ritiene opportuno precisare che questa tutela specifica si applica alle sole ipotesi di difetto originario di conformità del bene acquistato, mentre, per tutte le altre ipotesi d’inadempimento, resta ferma la necessità che sia allegata e provata la responsabilità del professionista, sia essa di natura contrattuale o extracontrattuale. Nel caso di specie, la sussistenza del difetto originario di conformità dell’autovettura era stato già escluso in primo grado, ma l’acquirente non aveva proposto appello incidentale avverso detta statuizione, passata così in giudicato. Da ciò era scaturita l’inapplicabilità, nei suoi confronti, della tutela specifica prevista dall’art. 130 del codice del consumo, che aveva inevitabilmente condotto al rigetto delle sue domande. D’altro canto, una volta sfumata questa via, la mancata allegazione di un differente titolo di responsabilità, contrattuale o extracontrattuale, in capo alla società venditrice e l’assenza di prove a supporto di ciò, aveva precluso al ricorrente ogni ulteriore possibilità di ottenere l’accoglimento di quanto da lui richiesto.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 21 marzo – 30 maggio 2019, n. 14775 Presidente Armano – Relatore Di Florio Svolgimento del processo 1. O.R. ricorre, affidandosi a due motivi, per la cassazione della sentenza del Tribunale di Verbania che, in riforma della pronuncia del giudice di pace, aveva respinto la domanda da lui proposta per ottenere, previo accertamento della difformità per difetto originario dell’autovettura BMW acquistata presso la concessionaria ARG Srl, la condanna della società alla riduzione del prezzo ed al risarcimento del danno. 2. Per ciò che interessa in questa sede, il giudice d’appello ha rilevato che a la statuizione del giudice di pace che aveva respinto la domanda relativa alla riduzione del prezzo per insussistenza dei presupposti non era stata oggetto di appello incidentale ed era, dunque, coperta dal giudicato b il presupposto che ricorresse un difetto originario doveva, quindi, ritenersi processualmente escluso c conseguentemente nessuna responsabilità poteva essere accollata alla concessionaria per il mancato ristoro delle maggiori somme pagate per le riparazioni in officine non convenzionate al riguardo, il Tribunale ha escluso che potessero trarsi argomenti contrari dall’avvenuto pagamento del massimale da parte della compagnia di assicurazioni, perché la polizza aggiuntiva riguardava anche guasti non originari e che il mancato rispetto del congruo termine di cui all’art. 130 comma 5 del Codice del Consumo ricondotto alla tardiva risposta della concessionaria doveva riferirsi all’azione di riduzione del prezzo e non poteva quindi costituire un valido presupposto per il risarcimento riconosciuto in primo grado. 3. L’intimata si è difesa con controricorso. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che era stato oggetto di discussione fra le parti. 1.1. Lamenta che il Tribunale, nel riformare la pronuncia di primo grado, aveva omesso di valutare una circostanza fondamentale e cioè l’intervenuto riconoscimento del vizio originario del bene da parte della venditrice appellante a prescindere dalla qualificazione ad esso data nella domanda principale cfr. pag. 10 primo cpv del ricorso in particolare, l’O. assume che detto riconoscimento poteva desumersi dalla tesi difensiva prospettata con il primo motivo d’appello, con il quale la società, nel criticare la decisione impugnata, si doleva del fatto che il giudice di primo grado, da una parte, aveva ritenuto tardiva la dichiarazione di disponibilità a provvedere alla riparazione effettuata il 30.1.2014, preceduta da comunicazione telefonica del 29.1.2014 e, dall’altra, non provata l’offerta di riparazione tramite officina convenzionata che avrebbe consentito di contenere i costi entra il massimale assicurativo. 1.2. Assume che tale argomentazione difensiva, con la quale la ARG srl aveva sostanzialmente riconosciuto la sussistenza del vizio originario, non era stata affatto valutata dal giudice d’appello che aveva omesso anche di valorizzare che la società aveva offerto tardivamente il contatto con un’officina convenzionata, con ciò rendendosi responsabile del maggior esborso che egli aveva dovuto sostenere rispetto al massimale assicurativo pagato assume altresì che il riconoscimento del difetto implicava la nascita di una nuova obbligazione , dal cui inadempimento derivava il risarcimento del danno. 1.3. Il motivo è infondato. Il fatto storico al quale è riferita la censura, infatti, non è decisivo per la soluzione della controversia, ed inoltre è stato, comunque, preso in considerazione nella sentenza impugnata cfr. pag. 4 penultimo cpv nel quale è stato esaminato il contegno tenuto dalla ARG srl . 1.4. Al riguardo, si osserva che il giudice d’appello ha intrapreso un corretto percorso argomentativo, in quanto, partendo dal presupposto che la statuizione del giudice di pace - che escludeva la sussistenza dei presupposti per ritenere che il difetto fosse originario - era passata in giudicato visto non era stata oggetto di appello incidentale dalla parte a ciò interessata , ha tratto le corrette conseguenze in punto di risarcimento del danno. 1.5. Il dovere della concessionaria sancito dall’art. 130 comma 5 del Codice del Consumo e cioè provvedere alle riparazioni o alle sostituzioni entro un congruo termine dalla richiesta è, infatti, riferibile soltanto alle ipotesi di difetto originale di conformità, in ragione della necessaria sussistenza di un nesso causale fra il danno e la responsabilità che il concessionario assume nella vendita del bene difetto che nel caso in esame deve essere processualmente escluso, in ragione della definitiva statuizione sul punto. 1.6. Nè può essere presa in considerazione la tesi secondo la quale il riconoscimento del difetto implicava la nascita di una nuova obbligazione cfr. pag. 12 del ricorso , dal cui inadempimento derivava, comunque, il suo diritto ad essere risarcito si tratta, infatti, di una tesi difensiva del tutto nuova, prospettata in totale assenza di autosufficienza e come tale inammissibile. 2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la votazione e falsa applicazione di norme di diritto. Prospetta la stessa questione oggetto della precedente censura, sotto il profilo della violazione dell’art. 130 comma 5 e comma 9. CdC la critica continua a riferirsi al difetto di conformità del bene insistendo ad affermare che, comunque, le condizioni contrattuali della polizza assicurativa erano state sottoscritte anche dalla Concessionaria. 2.1. Il motivo è infondato. L’art. 130 del Codice del Consumo prevede, infatti, una specifica tutela per la non conformità della cosa, disponendo, in premessa art. 130, comma 1 che il venditore è responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difformità esistente al momento della consegna del bene e disciplinando, nelle successive disposizioni, le relative conseguenze in particolare, per ciò che qui rileva rispetto alla censura proposta si prevede che le riparazioni o le sostituzioni devono essere effettuate entro un congruo termine dalla richiesta e non devono arrecare notevoli inconvenienti al consumatore, tenendo conto della natura del bene e dello scopo per il quale il consumatore lo ha acquistato art. 130, comma 5 e che dopo la denuncia del difetto di conformità, il venditore può offrire al consumatore qualsiasi altro rimedio disponibile, con i seguenti effetti a qualora il consumatore abbia già richiesto uno specifico rimedio, il venditore resta obbligato ad attuarlo, con le necessarie conseguenze in ordine alla decorrenza del termine congruo di cui al comma 5, salvo accettazione da parte del consumatore del rimedio alternativo proposto b qualora il consumatore non abbia già richiesto uno specifico rimedio, il consumatore deve accettare la proposta o respingerla scegliendo un altro rimedio ai sensi del presente articolo. art. 130, comma 9 . 2.3.Tali disposizioni sono riferite esclusivamente all’ipotesi di cui in premessa ma in tutti gli altri casi di inadempimento, come previsto dall’art. 135 CdC, ricorrono le regole ordinarie, rispetto alle quali è necessaria una specifica allegazione circa la natura contrattuale o extracontrattuale della responsabilità e prova. 2.4. Il Tribunale ha fatto corretta applicazione di tali principi, mentre il ricorrente insiste sull’argomento concernente il difetto di conformità del bene, ritenendo che la polizza assicurativa integrativa avrebbe reso responsabile la società per qualunque danno ma in tal modo omette di considerare, in primis, che il difetto originario deve ritenersi - per ciò che è stato sinora argomentato - processualmente escluso secondariamente, che in relazione alle condizioni di polizza e cioè nei limiti del massimale, egli era stato comunque soddisfatto ed, infine, che esclusa la difformità del bene, nessun’altra responsabilità poteva essere ascritta alla concessionaria, in mancanza di specifica allegazione e prova del nesso etiologico fra una condotta illecita qualificata ed il danno verificatosi a distanza di tempo dal momento dell’acquisto. 3. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. 4. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2500,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi oltre ad accessori e rimborso spese generali nella misura di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.