Contratto preliminare: l’inadempimento va valutato sulla base del complessivo rapporto contrattuale e del comportamento delle parti

Il recesso è consentito solo quando l’inadempimento della controparte è colpevole e di non scarsa importanza, in relazione all’interesse dell’altro contraente, non essendo sufficiente il semplice ritardo.

La seconda sezione civile della Suprema Corte, con l’ordinanza n. 13241/19, resa in data 16 maggio, ha espresso un importante principio di diritto in tema di recesso, ex art. 1385 c.c Invero, pronunciando su un contratto preliminare di compravendita, il Collegio ha chiarito che il contraente che vuole esercitare il diritto di recesso non deve essere, a propria volta, inadempiente l’indagine circa il suo inadempimento deve avvenire tenendo conto del valore della parte dell’obbligazione non adempiuta, rispetto al tutto, sulla base di un criterio di proporzionalità. Dunque, occorre verificare, a seguito di una valutazione complessiva e globale del comportamento delle parti, se, per effetto dell’inadempimento del recedente, si sia verificata ai danni della controparte una sensibile alterazione dell’equilibrio contrattuale o se, invece, tale alterazione non dipenda dall’inadempimento della controparte. I fatti. Il caso di specie risale al 2.12.2002, quando due cittadini di Bergamo, decidevano di acquistare da una società di costruzioni, un appezzamento di terreno sito in Albano Sant’Alessandro, destinato a civili abitazioni, con l’espressa pattuizione che detto immobile era compreso in un piano di lottizzazione già approvato, di consistenza di mq 3712,00 e sul quale potevano essere costruiti fabbricati residenziali con superficie, volumetria ed altezza prestabilite. Versato il prezzo di euro 87.797,67 a titolo di caparra confirmatoria ed elaborati i progetti edilizi, veniva comunicato ai promissari acquirenti che il terreno in oggetto non possedeva la capacità edificatoria promessa in conseguenza, essi adivano il Tribunale di Bergamo per l’accertamento dell’inadempimento dell’impresa edile, la declaratoria di legittimità del recesso nelle more esercitato, con condanna alla restituzione del doppio della caparra versata. Il Tribunale lombardo dichiarava le parti sciolte dal contratto preliminare, con condanna alla restituzione della caparra, di guisa che interponevano appello entrambe le parti in causa. La Corte di merito, sostanzialmente, confermava la sentenza di primo grado, accogliendo il solo motivo di gravame dell’appellante principale, volto ad ottenere la decorrenza del calcolo degli interessi dalla data dell’originaria domanda. Il ricorso in Cassazione. Avverso la pronuncia del giudice di seconde cure, hanno proposto ricorso in Cassazione i due promissari acquirenti mentre la società di costruzioni ha resistito con controricorso. Il gravame è stato affidato a tre motivi di diritto. Con il primo motivo è stato denunciato, in sintesi, che i ricorrenti non potevano essere ritenuti inadempienti all’obbligo di versare l’acconto, in quanto la mancanza delle qualità promesse rendeva legittimo l’omesso versamento, essendo irrilevante che essi avevano appreso il difetto delle qualità garantite dal promittente venditore, solo in epoca successiva allo scadere del termine di pagamento. Vieppiù, aggiungono i ricorrenti, si era trattato di un ritardo nel pagamento, non di un mancato versamento, ed aveva ad oggetto appena il 6% del prezzo pattuito, dunque, si trattava di evento irrilevante, ai fini del diritto di recesso. Con il secondo motivo è stato ritenuto erroneo il giudizio di comparazione dei rispettivi inadempimenti delle parti poiché, in tesi, la valutazione della colpa non aveva avuto carattere unitario. Con il terzo motivo è stata denunciata l’erronea pronuncia della carenza di interesse, rispetto al motivo di appello sull’illegittima declaratoria di risoluzione del contratto, per consensuale volontà delle parti. Inadempimento e recesso. I primi due motivi di diritto sono stati trattati congiuntamente, in quanto connessi, e ritenuti fondati, mentre i terzo è rimasto assorbito. La Corte, muovendo dal presupposto che non risultava agli atti la natura essenziale del termine previsto per il versamento dell’acconto, che era irrilevante la condizione soggettiva degli acquirenti al momento del mancato versamento dell’acconto e che, diversamente, era stato accertato l’inadempimento del venditore rispetto alle qualità promesse del bene, ha chiarito quanto segue. In ossequio al dettato dell’art 1385 c.c. il recesso è consentito solo quando l’inadempimento di controparte è colpevole e di non scarsa importanza, pertanto, nella relativa indagine, occorre una valutazione comparativa del comportamento di entrambi i contraenti in relazione al contratto, in modo da stabilire quale di essi abbia fatto venir meno, con la propria condotta, l’interesse dell’altro, al mantenimento del negozio. Nel caso di specie, le parti avevano pattuito un termine per il pagamento dell’acconto e, allo scadere, il promittente venditore non aveva manifestato la volontà di recedere, né aveva diffidato la parte ad adempiere il ritardo, tuttavia, non precludeva l’esercizio del recesso in presenza del successivo, accertato, inadempimento della controparte rispetto alla potestà edificatoria del terreno promesso in vendita. Ciò perché l’esame dell’inadempimento deve avvenire tenendo conto del valore della parte dell’obbligazione, rispetto al tutto, sulla base di un criterio di proporzionalità. La Corte, dunque, ha accolto i primi due motivi di ricorso, cassato la sentenza e rinviato ad altra sezione della Corte di Appello di Brescia, per il nuovo esame del merito.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 27 febbraio – 16 maggio 2019, n. 13241 Presidente Lombardo – Relatore Varrone Fatti di causa 1. F.P. e B.R. convenivano dinanzi al Tribunale di Bergamo la società Cabital di I.C. & amp C. Sas, esponendo che il 2 dicembre 2002 era stato stipulato inter partes il contratto preliminare di compravendita di un appezzamento di terreno sito in omissis , destinato ad edificazione di civili abitazioni, con l’espressa pattuizione che detto immobile era compreso in un piano di lottizzazione già approvato, di consistenza di metri quadri 3712,00 e sul quale potevano essere costruiti fabbricati residenziali aventi superficie coperta complessiva di metri quadri 1130,12, volumetria complessiva massima di metri quadri 5015,25 ed altezza massima di metri 7,50 che dopo il versamento della somma di Euro 87.797,67, a titolo di caparra confirmatoria, l’elaborazione dei progetti edilizi da sottoporre all’approvazione dell’amministrazione comunale e l’attivazione di trattative per l’appalto delle opere edilizie per la vendita degli appartamenti da realizzare, essi attori avevano appreso che il terreno in oggetto non possedeva la capacità edificatoria promessa. Gli stessi chiedevano, pertanto, l’accertamento dell’inadempimento contrattuale in capo alla società Cabital, la legittimità del recesso comunicato alla controparte e la condanna di quest’ultima alla restituzione della somma pari al doppio della caparra versata, con interessi legali e rivalutazione monetaria. 2. Il Tribunale dichiarava le parti sciolte dal contratto preliminare e condannava la società Cabital a restituire agli attori la somma versata a titolo di caparra, con interessi legali dalla data della sentenza, compensando interamente le spese. 3. Avverso la suddetta sentenza proponevano appello gli originari attori, e la società Cabital appellata, a sua volta proponeva appello incidentale. 4. La Corte d’Appello sostanzialmente confermava la sentenza di primo grado, accogliendo solo il motivo di appello dell’appellante principale volto ad ottenere la decorrenza del calcolo degli interessi dalla data della originaria domanda. In particolare, il giudice del gravame rilevava che, quanto alle istanze istruttorie, la parte appellante vi aveva rinunciato con la propria richiesta di fissazione dell’udienza per la precisazione delle conclusioni, e quanto alle richieste della società appellata formulate nelle conclusioni, le stesse non erano motivate, non essendo annunciato alcun argomento di critica avverso la contraria decisione del primo giudice. La Corte d’Appello, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., rilevava la novità della domanda proposta dall’appellata, secondo la quale la Corte doveva decidere incidentalmente in merito alla possibilità di edificare secondo i parametri fissati nel piano di lottizzazione e dichiararne l’illegittimità in relazione al rifiuto del Comune di omissis di validare i parametri a vantaggio di quelli indicati nel piano regolatore generale, mentre la domanda subordinata degli appellanti di dichiarazione di risoluzione del contratto preliminare era stata pacificamente abbandonata nel corso del giudizio di primo grado in favore di quella di recesso. 4.1 Quanto ai restanti motivi di appello, riteneva il primo manifestamente infondato per carenza di interesse, in quanto avente ad oggetto una pronuncia volta a far venir meno il vincolo contrattuale. Riteneva infondate le doglianze relative alla statuizione che aveva negato la sussistenza del presupposto per il legittimo esercizio del recesso. La Corte d’Appello, in particolare, riteneva che mancasse nella specie il presupposto per il valido esercizio del diritto di recesso ovvero il possesso della qualità di parte non inadempiente. Infatti, dall’istruttoria era emerso che i commissari acquirenti avevano avuto conoscenza della sfavorevole modificazione dei parametri di edificabilità il 5 marzo 2003, dunque la decisione di non versare l’acconto in scadenza il 31 gennaio 2003, restava priva di una valida giustificazione. Non era provato che gli appellanti avessero avuto conoscenza delle modifiche sfavorevoli in data antecedente, in quanto tutti i documenti prodotti erano privi di attestazione di deposito presso gli uffici dell’ente locale e la prova non poteva essere testimoniale. 4.2 Veniva respinto anche l’appello incidentale relativamente alla negazione del promittente venditore del proprio inadempimento. Sussisteva, infatti, la riduzione della capacità edificatoria del bene venduto rispetto alla garanzia espressamente formulata nel contratto preliminare di edificabilità secondo i parametri di cui al piano di lottizzazione poi modificato dall’approvazione della variante al piano regolatore generale. Secondo la Corte d’Appello, in caso di inadempienze reciproche si doveva procedere al giudizio di comparazione in merito al comportamento complessivo delle parti, al fine di stabilire quale di esse, tenuto conto dei rispettivi interessi e dell’oggettiva entità degli inadempimenti, si fosse resa responsabile delle violazioni maggiormente rilevanti. Ciò premesso riteneva che dovesse ritenersi prevalente la rilevanza dell’inadempimento della società promittente venditrice, riguardo alla garanzia espressa in forma specifica concernente l’aspetto significativo del sinallagma contrattuale. 5. F.P. e B.R. hanno proposto ricorso per cassazione Avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi. 6. La Società Cabital di I.C. & amp C. Sas di B.A. and company Sas ha resistito con controricorso. 7. Con memoria depositata in prossimità dell’udienza F.P. e B.R. hanno insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato violazione degli artt. 1385, 1453, 1455, 1460 e 1497 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. I ricorrenti non potevano essere ritenuti inadempienti all’obbligo di versare l’acconto pattuito sul prezzo di vendita in quanto la mancanza delle qualità promesse sin dal momento della stipula del contratto preliminare rendeva legittimo l’omesso versamento dell’acconto, essendo invece irrilevante il momento in cui i promissari acquirenti avevano scoperto il difetto delle qualità garantite dal promittente venditore. Sicché, una volta accertato che oggettivamente il pagamento del prezzo non era esigibile, la condizione soggettiva degli acquirenti era irrilevante a nulla valendo la colpa in presenza dell’inadempimento della controparte. Peraltro, secondo i ricorrenti, l’inadempimento di cui all’art. 1385 c.c., comma 2, è quello definitivo e non il semplice ritardo nell’adempimento della prestazione, irrilevante ai fini del diritto di recesso. Nel caso concreto il ritardo nel pagamento dell’acconto era di durata temporale di ridotta e concerneva una somma pari ad appena il 6% del prezzo pattuito. 2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato violazione degli artt. 1385, 1453 e 1455 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Il ricorrente ritiene erroneo il giudizio di comparazione dei rispettivi inadempimenti formulati nella sentenza impugnata, evidenziando che, quando vengono in rilievo contrapposte domande di risoluzione, eccezione di inadempimento o dichiarazione di recesso, la valutazione della colpa nell’inadempimento deve comunque avere carattere unitario e l’inadempimento deve essere addebitato esclusivamente al contraente che, con il proprio comportamento colpevole prevalente, abbia alterato il nesso di reciprocità che lega le obbligazioni assunte con il contratto. Sicché, una volta valutato come prevalente l’inadempimento dei commissari venditori per la mancanza della qualità dovuta del bene la corte territoriale avrebbe dovuto accogliere l’appello principale, stante la dichiarazione di recesso e condannare la società venditrice al pagamento del doppio della caparra ricevuta. 2.1 I primo e il secondo motivo, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono fondati. Il punto controverso riguarda la possibilità per il promittente acquirente, che abbia omesso di versare un acconto previsto nel contratto preliminare in vista della stipula del definitivo, di esercitare legittimamente il diritto di recesso in presenza dell’inadempimento del promittente venditore circa le qualità promesse del bene. Secondo la Corte d’Appello, poiché il diritto di recesso può essere esercitato solo dalla parte non inadempiente, nella specie era precluso, in quanto il ricorrente - promissario acquirente - aveva avuto conoscenza della sfavorevole modificazione dei parametri di edificabilità il 5 marzo 2003, e la decisione di non versare l’acconto in scadenza il 31 gennaio 2003, era priva di una valida giustificazione. In primo luogo deve osservarsi che non risulta dagli atti la natura essenziale del termine previsto per il versamento dell’acconto e risulta, altresì, accertato definitivamente l’inadempimento del promittente venditore rispetto alle qualità promesse del bene, rappresentate dalla sua potenzialità edificatoria. Inoltre, deve affermarsi l’irrilevanza della condizione soggettiva degli acquirenti al momento del mancato versamento dell’acconto, dovendosi valutare l’inadempimento sulla base di una valutazione complessiva del rapporto contrattuale e del comportamento delle parti. La disciplina dettata dall’art. 1385 c.c., comma 2, in tema di recesso per inadempimento, nell’ipotesi in cui sia stata prestata una caparra confirmatoria, non deroga affatto alla disciplina generale della risoluzione per inadempimento, consentendo il recesso quando l’inadempimento della controparte sia colpevole e di non scarsa importanza in relazione all’interesse dell’altro contraente. Pertanto, nell’indagine sull’inadempienza contrattuale da compiersi al fine di stabilire se, ed a chi, spetti il diritto di recesso, i criteri da adottarsi sono gli stessi che si debbono seguire nel caso di controversia su reciproche istanze di risoluzione, nel senso che occorre in ogni caso una valutazione comparativa del comportamento di entrambi i contraenti in relazione al contratto, in modo da stabilire quale di essi abbia fatto venir meno, con la propria condotta, l’interesse dell’altro al mantenimento del negozio Sez. 2, Sent. n. 398 del 1989 . Se da un lato, infatti, ai fini della legittimità del recesso di cui all’art. 1385 c.c., come in materia di risoluzione contrattuale, non è sufficiente il semplice ritardo o l’inadempimento di scarsa importanza ed occorre una verifica circa tali presupposti, dovendo il giudice tenere conto dell’effettiva incidenza dell’inadempimento sul sinallagma contrattuale e verificare se, in considerazione della mancata o ritardata esecuzione della prestazione, sia da escludere per la controparte l’utilità del contratto alla stregua dell’economia complessiva del medesimo Sez. 6-2, Ord. n. 409 del 2012 , lo stesso deve avvenire rispetto alla posizione contrattuale del recedente che non può considerarsi inadempiente se non a seguito di una valutazione complessiva e globale del comportamento delle parti. Nello stesso senso deve richiamarsi il consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale Nei contratti con prestazioni corrispettive, in caso di denuncia di inadempienze reciproche, è necessario comparare il comportamento di ambo le parti per stabilire quale di esse, con riferimento ai rispettivi interessi ed alla oggettiva entità degli inadempimenti, si sia resa responsabile delle trasgressioni maggiormente rilevanti ed abbia causato il comportamento della controparte, nonché della conseguente alterazione del sinallagma Sez. 2, Sent. n. 13627 del 2017 . Nel caso in esame, le parti avevano pattuito un termine per il versamento di un acconto sul prezzo di vendita e, tuttavia, allo scadere del termine, pur in mancanza del pagamento dell’acconto da parte del promittente acquirente, il promittente venditore non aveva manifestato alcuna volontà di recedere dal contratto nè aveva diffidato ad adempiere la controparte, e il ritardo rispetto al termine previsto per l’acconto, se pure poteva essere apprezzato come inadempimento parziale, non precludeva l’esercizio del diritto di recesso in presenza del successivo e accertato inadempimento della controparte rispetto alla potestà edificatoria del terreno promesso in vendita. Peraltro, la sentenza impugnata è anche contraddittoria laddove nega la legittimazione al recesso al ricorrente e contestualmente afferma che doveva ritenersi prevalente l’inadempimento della società promittente venditrice, riguardo alla garanzia espressa in forma specifica concernente l’aspetto significativo del sinallagma contrattuale. In conclusione deve affermarsi il seguente principio di diritto il contraente che vuole esercitare il diritto di recesso ex art. 1385 c.c. non deve essere a sua volta inadempiente l’indagine circa il suo inadempimento deve avvenire tenendo conto del valore della parte dell’obbligazione non adempiuta rispetto al tutto, sulla base di un criterio di proporzionalità e, dunque, occorre verificare, a seguito di una valutazione complessiva e globale del comportamento delle parti se, per effetto dell’inadempimento del recedente, si sia verificata ai danni della controparte una sensibile alterazione dell’equilibrio contrattuale o se, invece, tale alterazione non dipenda dall’inadempimento della controparte . 3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato violazione degli artt. 100 e 112 c.p.c., nonché degli artt. 1385 e 1453 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. I ricorrenti ritengono erronea la pronuncia impugnata nella parte in cui afferma la loro carenza di interesse rispetto al motivo di appello relativo all’erronea pronuncia di risoluzione del contratto per consensuale volontà delle parti. L’interesse, invece, sussisterebbe in quanto, rigettata l’azione ex art. 1385 c.c., comma 2, lo scioglimento del contratto precluderebbe la possibilità di chiedere la risoluzione ex art. 1453 e, dunque, la possibilità di ottenere oltre alla restituzione della caparra anche il risarcimento del danno. 3.1 Il terzo motivo è assorbito dall’accoglimento dei primi due. 4. La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Brescia che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte, accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Brescia che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.