Lei continua a vivere lontano dalla madre: assistenza inesistente e addio alla proprietà dei beni

Revocato l’accordo con cui l’anziana donna aveva ceduto la nuda proprietà alla figlia, chiedendo in cambio di avere da lei assistenza morale e materiale. Quell’intesa però è rimasta solo sulla carta, poiché le due donne hanno continuato a vivere a distanza di centinaia di chilometri.

Rotto il legame e, soprattutto, il contratto tra la madre, bisognosa di assistenza, e la figlia, dimostratasi poco propensa a starle vicina. Così l’anziana donna può legittimamente, sanciscono i Giudici, ritenere revocato l’accordo con cui aveva originariamente ceduto alla familiare tutti i propri beni Cassazione, ordinanza n. 6759/19, sez. V Civile – 2, depositata l’8 marzo . Assistenza. Tutto ha origine con l’accordo, datato fine dicembre 2004, tra le due donne, che vivono in città distanti centinaia di chilometri la madre cede alla figlia la nuda proprietà di numerosi beni, a patto che la giovane donna le presti per tutta la vita assistenza morale e materiale . Dal patto scritto alla concreta realtà, però, il passaggio non è automatico Difatti, l’anziana donna si lamenta ripetutamente perché la figlia è lontana, continua a vivere in un’altra città e non le dà sostegno morale e materiale. E così ella decide di adire le vie legali per ottenere la risoluzione per inadempimento del contratto atipico di vitalizio oneroso . Richiesta da accogliere, sanciscono i Giudici, prima in Tribunale e poi in Appello, osservando che la figlia non ha adempiuto alla propria obbligazione di assistenza morale e materiale verso la madre, e neanche mediante l’assunzione di terze persone , come una badante, ad esempio. Questa valutazione è condivisa anche dalla Cassazione, che respinge il ricorso proposto dalla figlia e sancisce la vittoria dell’anziana madre. Nessun dubbio, in sostanza, sulle necessità di assistenza della donna, identificate, peraltro, con clausole contrattuali ad hoc che prevedevano, tra l’altro, servizi e cure, specie in caso di malattia, pulizia della casa, del vestiario e della biancheria . Altrettanto evidente, poi, il fatto che la figlia non sia stata vicina alla madre a questo proposito, osservano i Giudici, i biglietti aerei messi sul tavolo e relativi ad alcuni viaggi non provano che ella si sia davvero recata a casa della madre . Tardiva, infine, e quindi non rilevante, la lettera – datata 2012 – con cui la giovane donna ha offerto alla madre assistenza, tramite terze persone, nello svolgimento delle faccende domestiche .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 27 settembre 2018 – 8 marzo 2019, n. 6759 Presidente D’Ascola - Relatore Falaschi Fatti di causa e ragioni della decisione Il Tribunale di Trapani, con sentenza n. 945/2011, rigettava la domanda, proposta da S.A. , di risoluzione per inadempimento del contratto atipico di vitalizio oneroso stipulato, in data 27 dicembre 2004, con la figlia R.L. , con il quale, dietro il corrispettivo della cessione della nuda proprietà di tutti i beni di cui era proprietaria, quest’ultima si era obbligata a prestarle per tutta la vita assistenza morale e materiale. A seguito di impugnazione interposta dalla S. , la Corte d’appello di Palermo, riformando la sentenza di primo grado, dichiarava la risoluzione del contratto atipico di vitalizio oneroso per inadempimento della R. all’obbligazione di assistenza morale e materiale, non avendola mai prestata alla madre, neanche mediante l’assunzione di terzi. Avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo, la R. propone ricorso per cassazione, fondato su un motivo. È rimasta intimata la S. . Ritenuto che il ricorso potesse essere rigettato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5 , su proposta del relatore, regolarmente comunicata al difensore della parte ricorrente, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. Atteso che con l’unico motivo la ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, l’omesso esame da parte della Corte di appello di talune circostanze, quali la necessità di assistenza da parte della S. , le dichiarazioni rese dalla teste P.A. , i biglietti aerei prodotti ed, infine, la documentazione relativa all’intervento al tunnel carpale subito dalla R. in concomitanza a quello alla cataratta subito dalla S. . A detta della ricorrente, dall’esame di tali fatti risulterebbe che la R. abbia fornito alla madre assistenza, in proprio ovvero tramite altra persona da lei pagata, dando così piena attuazione al contratto di vitalizio. Il motivo è inammissibile prima che infondato. Occorre premettere che la ricorrente non indica nè nell’intestazione, nè nel corpo delle argomentazioni illustrative, le norme di diritto asseritamente violate dal giudice di merito, così disattendendo il criterio per cui le censure, pur scevre da rigidità formali, devono comunque essere strutturate in modo tale da consentire, senza il sussidio di altre fonti, la immediata e pronta individuazione delle questioni giuridiche da risolvere. In ogni caso, si rileva che la questione investe il concetto di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio nel testo - applicabile ratione temporis nel caso di specie - novellato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b , convertito in L. n. 134 del 2012. L’intervenuta modifica dell’art. 360 c.p.c., n. 5, come recentemente interpretato dalle Sezioni Unite sentenza n. 8053/2014 , determina una sensibile restrizione dell’ambito di controllo della motivazione di fatto in sede di legittimità. Invero, occorre interpretare la norma, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. Conseguentemente, è denunciabile in cassazione unicamente l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si rinviene nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico , nella motivazione apparente , nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile , esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione. Orbene, la Corte d’appello ha espressamente motivato in ordine alla necessità di assistenza morale e materiale della S. , richiamando le clausole contrattuali che prevedevano, tra l’altro, servizi e cure, specie in caso di malattia, pulizia della casa, del vestiario e della biancheria. Quanto alla produzione dei biglietti aerei da Bologna a Palermo la Corte di merito ha ritenuto che tali titoli non provassero che la R. si era recata nelle occasioni all’abitazione della madre la quale, peraltro, risiedeva a Favignana , ricavandone conferma dell’inadempimento da parte della R. dell’obbligazione di assistenza morale e materiale assunta. In relazione alle dichiarazioni testimoniali rese da dalla P.A. , occorre rilevare che l’onere di adeguatezza della motivazione non comporta che il giudice del merito debba occuparsi di tutte le allegazioni delle parti, nè che egli debba prendere in esame, al fine di confutarle o condividerle, tutte le argomentazioni da queste svolte. È, infatti, sufficiente che il giudice esponga, anche in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito tra le tante v. Cass. 2011-2009 n. 24542 Cass. 12-1-2006 n. 407 Cass. 2-8- 2001 n. 10569 . Del resto che vi sia stata una tardiva offerta di assistenza e i termini della stessa sono chiariti a pag. 6 della sentenza impugnata laddove si afferma che soltanto con una lettera datata 27.2.2012 successiva alla sentenza di primo grado del 22 dicembre 2011 e, dunque, quando ormai l’inadempimento era avvenuto, la R. ha offerto alla S. assistenza, tramite terzi, nello svolgimento delle faccende domestiche. Per quanto riguarda, infine, la documentazione relativa all’intervento al tunnel carpale subito dalla R. la Corte ne ha sottolineato la non contestualità e, come tale integra un errore di fatto, ex art. 395 c.p.c., n. 4, per cui potrà essere fatto valere davanti allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza. In definitiva, le censure mosse dalla ricorrente si risolvono in una inammissibile istanza di revisione degli elementi probatori e, perciò, in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione. In conclusione il ricorso deve pertanto essere rigettato. Nessuna pronuncia sulle spese processuali in mancanza di difese da parte della intimata. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013 , che ha aggiunto al T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, all’art. 13, comma 1-quater - della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso. sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.