Inadempimento e buona fede ai fini della risoluzione del contratto

In tema di risoluzione del contratto per inadempimento, il giudice deve valutare il comportamento dei contraenti secondo il principio generale della buona fede, anche in presenza di una clausola risolutiva espressa.

Sul tema la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 5401/19, depositata il 22 febbraio. Il caso. Un contratto preliminare di compravendita avente ad oggetto l’edificazione di un alloggio veniva dichiarato risolto da un arbitro. La Corte d’Appello accertava la nullità del lodo ed esaminando il merito della questione ha dichiarato la risoluzione del preliminare per inadempimento del promissario acquirente condannandolo al pagamento della penale. Il soccombente ricorre dunque in Cassazione dolendosi per non aver il giudice di merito correttamente valutato la sua buona fede nell’esecuzione del contratto. Inadempimento. Il Collegio ricorda che, al fine della risoluzione del contratto per inadempimento, il giudice deve valutare il comportamento dei contraenti secondo il principio generale della buona fede, anche in presenza di una clausola risolutiva espressa. Tale affermazione vale anche per il conseguente esercizio del potere unilaterale di risoluzione del contratto. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha accertato il palese inadempimento del ricorrente che ha interrotto il pagamento delle rate convenute senza nemmeno addurre un giustificato motivo e nonostante le diffide ricevute dalla controparte. Inoltre, lamenta il ricorrente l’omesso esame della asserita accettazione, da parte dell’altro contraente, dell’accollo del mutuo edilizio in luogo del pagamento del residuo presso. In merito a tale profilo, la Corte territoriale ha però accertato l’insussistenza di un accordo delle parti in tal senso. Rivelandosi dunque le doglianze prive di fondamento, la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 26 giugno 2018 – 22 febbraio 2019, n. 5401 Presidente D’Ascola – Relatore Falaschi Fatti di causa e ragioni della decisione L’Arbitro Unico, Avv. Capano Silvio, accogliendo la domanda proposta dall’Altaluce Due s.r.l., dichiarava la risoluzione per inadempimento del contratto preliminare di compravendita stipulato tra l’impresa Euro 2000 e S.M. , avente ad oggetto un alloggio che doveva essere edificato dall’Altaluce Due s.r.l., in qualità di cessionaria di un ramo dell’azienda Euro 2000, condannando S.M. al pagamento della penale, detratto quanto già corrisposto a titolo di acconto sul prezzo. A seguito di appello interposto da S.M. , la Corte d’appello di Bari, accertata la nullità del lodo, ha esaminato la controversia nel merito, dichiarando la risoluzione del contratto preliminare di compravendita per inadempimento del promissario acquirente, condannandolo al pagamento della penale, detratto quanto già corrisposto a titolo di acconto sul prezzo. Avverso la sentenza della Corte di appello di Bari, S.M. propone ricorso per cassazione, fondato su due motivi. Altaluce Due s.r.l. resiste con controricorso. Ritenuto che il ricorso potesse essere rigettato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5 , su proposta del relatore, regolarmente comunicata ai difensori delle parti, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. Atteso che - con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, degli artt. 1175, 1375, 1356, 1366, 1371, 1456 e 1457 c.c. nonché degli artt. 115, 116 e 132 c.p.c., per non aver la Corte di appello adeguatamente valutato la buona fede dello S. nell’esecuzione del contratto. In particolare, il giudice di merito avrebbe erroneamente dichiarato la risoluzione del contratto preliminare di compravendita per suo inadempimento all’obbligazione di pagare il prezzo nei termini stabiliti, omettendo di esaminare, in primo luogo, il fatto che l’Altaluce Due s.r.l. avrebbe accettato, in luogo del pagamento del residuo prezzo tramite bonifico bancario, l’accollo del mutuo edilizio necessario a finanziare la realizzazione dell’immobile oggetto del preliminare di vendita in secondo luogo, il fatto che mancava nel contratto l’indicazione delle scadenze di pagamento rispetto agli stati di avanzamento, limitandosi il preliminare a un generico rinvio all’art. 10 della Convenzione comunale, mai reso noto ai promissari acquirenti. Infine, la corte di merito avrebbe omesso di valutare la tacita rinuncia dell’Altaluce Due s.r.l. ai termini di pagamento stabili dall’art. 10 della Convenzione. Il motivo è infondato. Occorre premettere che al fine di pronunciare la risoluzione del contratto per inadempimento l’agire dei contraenti va valutato, anche in presenza di una clausola risolutiva espressa, secondo il criterio generale della buona fede, sia quanto alla ricorrenza dell’inadempimento sia con riferimento al conseguente legittimo esercizio del potere unilaterale di risoluzione Cass. n. 23868/2015 . Orbene, la Corte d’appello ha accertato la sussistenza di un palese inadempimento da parte dello S. , il quale ha interrotto il pagamento del prezzo dopo aver versato unicamente tre rate su dieci, senza neanche addurre un giustificato motivo e nonostante le numerose diffide pervenutegli dall’Altaluce Due s.r.l In più, lo S. non ha adempiuto nemmeno a seguito della diffida del Comune a versare il saldo in favore dell’impresa. Il giudice di merito ha tratto da ciò il convincimento del suo inadempimento, ossia alla luce della condotta in concreto dallo stesso tenuta che si sostanziava nel mancato versamento di gran parte del prezzo. Quanto all’omesso esame della asserita accettazione da parte dell’Altaluce Due s.r.l. dell’accollo del mutuo edilizio in luogo del pagamento del residuo prezzo tramite bonifico bancario, la Corte d’appello ha specificatamente accertato l’insussistenza di un accordo in tal senso nonché la mancata esecuzione della prestazione dedotta da parte del promissario acquirente. Inoltre, il giudice di merito ha verificato che al momento dell’inadempimento da parte dello S. 21 maggio 2010 la Altaluce Due s.r.l. non aveva ancora ottenuto il mutuo bancario concesso alla società soltanto il 4 agosto 2010 in più il contratto prevedeva che il pagamento dovesse avvenire soltanto a mezzo di bonifico bancario. Del resto la missiva inviata dall’Altaluce Due s.r.l. allo S. , da quest’ultimo prodotta in giudizio come prova dall’autorizzazione ad ottenere un finanziamento edilizio dal quale potesse attingere per il pagamento degli acconti, è unicamente una dichiarazione unilaterale proveniente dal solo S. e dallo stesso sottoscritta v. pag. 10 ss. della sentenza impugnata . Quanto poi alla mancata conoscenza da parte dello S. delle scadenze di pagamento rispetto agli stati di avanzamento, indicate nell’art. 10 della Convenzione comunale, la Corte d’appello ha evidenziato come nel contratto preliminare vi sia l’espresso riferimento a detta convenzione e alle condizioni ivi previste v. pag. 17 della sentenza impugnata , essendo stato fra l’altro l’inadempimento regolarmente comunicato allo S. dall’Altaluce Due s.r.l. con nota del 21 maggio 2010 v. pag. 9 della sentenza impugnata . Con riguardo, infine, alla tacita rinuncia dell’Altaluce Due s.r.l. ai termini di pagamento stabili dall’art. 10 della Convenzione, la Corte d’appello ha accertato la persistente e inequivocabile volontà dell’impresa ad avvalersi del diritto di risoluzione alla luce delle missive inviate dall’Altaluce Due s.r.l. allo S. e al Comune v. pag. 10 e 18 della sentenza impugnata . In definitiva, la Corte ha chiaramente indicato gli elementi di prova che fondavano il giudizio di inadempimento contrattuale dello S. , con argomentazioni esenti da vizi - con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, dell’art. 345 c.p.c., comma 3, per aver il giudice di merito erroneamente ritenuto inammissibile, poiché tardiva, la produzione dell’elaborato peritale d’ufficio a firma del prof. A. nonché della missiva prot. del Comune di Molfetta. A detta del ricorrente, la data di formazione di tali documenti sarebbe successiva all’emissione del lodo arbitrale e, dunque, non si potrebbe imputare alla sua negligenza l’omessa produzione in fase arbitrale dei suddetti documenti. Il motivo è inammissibile. Pur ammettendo che i documenti in questione si siano formati successivamente all’atto introduttivo del giudizio di secondo grado, giustificando l’ammissibilità della produzione, il ricorrente non solo non precisa la finalità di detta produzione, ma non indica neanche il contenuto degli stessi onde poterne apprezzare la rilevanza decisoria. In conclusione il ricorso deve pertanto essere rigettato. Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013 , che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1-quater - della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della società controricorrente che liquida in complessivi Euro 4.000,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario e agli accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.