La Corte torna sul tema dell’interpretazione del contratto e degli atti unilaterali

Nell’interpretare il contratto, così come gli atti unilaterali, il Giudice deve utilizzare il criterio letterale, deve svolgere un’interpretazione funzionale ed applicare i criteri di correttezza e buona fede avendo riguardo dello scopo pratico perseguito dai contraenti.

Scrittura privata. La Corte d’Appello di Milano ha respinto il gravame proposto da C.A. in relazione alla pronuncia del Tribunale di Pavia che aveva accolto spiegata dal terzo intervenuto M.L. di pagamento di somma giusta scrittura privata contenente una ricognizione di debito ai sensi dell’art. 1988 cod. civ Proponeva ricorso in Cassazione C.A. lamentando che la Corte territoriale avesse erroneamente qualificato la scrittura privata quale ricognizione del debito piuttosto che come contratto per adesione, come era desumibile dal tenore letterale dell’atto poiché sulla scrittura compariva la dicitura dilazione di debito” e non ”ricognizione di debito”. I criteri di interpretazione contrattuale. La Corte ribadisce che l’interpretazione del contratto, così come degli atti unilaterali, è riservata al giudice di merito, le cui valutazioni possono essere oggetto di censura in sede di legittimità soltanto nel caso di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o per vizio di motivazione. I Giudici, poi, rilevano che, secondo consolidato orientamento, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, strumento primario è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate . Inoltre, il rilievo da attribuire alla formulazione letterale deve essere verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale , non potendosi considerare una parte soltanto e neppure una singola clausola di un contratto composto da più clausole. Oltre all’interpretazione letterale, il Giudice deve svolgere un’interpretazione funzionale art. 1369 e secondo bona fede e correttezza art. 1366 , avendo riguardo dello scopo pratico perseguito e degli interessi tutelati dalle parti con la stipulazione del contratto. Nel caso di specie, la Cassazione rileva che la Corte territoriale, ritenendo M.L. titolare del diritto di credito nei confronti del ricorrente, ha correttamente osservato che il documento prodotto regola una singola e specifica vicenda patrimoniale intercorrete tra le parti, sebbene il pagamento venga dilazionato in 12 mesi, e in aggiunta, la sottoscrizione, a seguito delle parole per ricevuta e accettazione”, fa presumere la piena conoscenza della parte firmataria del contenuto dell’atto . Svolte le sopradette considerazioni, la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 21 marzo 2018 – 12 febbraio 2019, n. 3964 Presidente Chiarini – Relatore Scarano Svolgimento del processo Con sentenza dell’11/9/2015 la Corte d’Appello di Milano ha respinto il gravame interposto dal sig. A.C. in relazione alla pronunzia Trib. Pavia 5/2/2013, di accoglimento della domanda rigettata quella in origine monitoriamente azionata della società Immobilandia s.r.l. spiegata dal terzo interventore sig. L.M. , di pagamento di somma giusta scrittura privata del 15/7/2006, contenente una ricognizione di debito ai sensi dell’art. 1988 c.c. . Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito l’A. propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo, illustrato da memoria. Resistono con separati controricorsi il L. , che ha presentato anche memoria, e la società Immobilandia s.r.l., che spiega altresì ricorso incidentale sulla base di unico motivo, illustrato da memoria. Con conclusioni scritte del 13/2/2018 il P.G. presso questa Corte ha chiesto il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento di quello incidentale. Motivi della decisione Con unico motivo il ricorrente in via principale denunzia violazione o falsa applicazione degli artt. 1988, 1341 c.c., in relazione all’art. 360, 1 co. n. 3, c.p.c Si duole che la corte di merito abbia erroneamente qualificato la scrittura privata in oggetto quale ricognizione di debito piuttosto che . contratto per adesione , come viceversa desumibile dal tenore letterale dell’atto , atteso che sulla citata scrittura compare la dicitura Dilazione di debito e non ricognizione di debito . Con unico motivo il ricorrente in via incidentale denunzia omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Si duole che la corte di merito abbia erroneamente confermato la sentenza di primo grado in ordine alla titolarità del credito azionato in capo al sig. L. , ritenendo assorbito ogni altro motivo di appello . e così anche la pretesa di Immobilandia di vedersi riconosciuta quale effettiva titolare del medesimo credito . I motivi di entrambi i ricorsi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati. Va anzitutto osservato che essi risultano formulati in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che i ricorrenti fanno rispettivamente riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito in particolare alla scrittura datata 15-7-2006 intitolata dilazione di pagamento, scritta dal sig. L. , all’ assegno datato 15-11-2006 , al proprio conto corrente, neppure cointestato ad A. , alla pretesa creditoria di Immobilandia , all’ opposto decreto ingiuntivo , alla CTU tecnica espletata nel 1^ grado di giudizio, al conto intestato ad L.R.A. , alle mosse eccezioni , alla sentenza del giudice di prime cure, all’atto di appello, il ricorrente principale all’ accordo docomma 1, fascicolo monitorio per definire diversi rapporti , agli assegni bancari con data 16.10.2006 e 30.10.2006 . tratti sul conto corrente . acceso presso il Credito Artigiano doccomma 3 e 4 - fascicolo monitorio , al conto corrente intestato a tale ignoto sig. L.R.A. , al ricorso 12.2.2007 , alla comparsa in data 13.9.2007 , alla perizia grafica in data 23.1.2009 , alle osservazioni alla consulenza , al proprio atto di intervento volontario, alla sentenza del giudice di prime cure, all’atto di appello, alla comparsa depositata in data 6.5.2014”, al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo avanti il Tribunale di Milano . conclusosi con la sentenza . in data 21.5.2010 , al conto corrente n. presso il Credito Artigiano , a sette 7 assegni bancari previsti dalla scrittura menzionata , alle dichiarazioni del teste Ar. R. , alla stipula dell’accordo de quo presso l’ufficio del sig. L. , in , alle dichiarazioni rese dall’A. durante le operazioni peritali , il ricorrente incidentale limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente per la parte strettamente d’interesse in questa sede riprodurli nei rispettivi ricorsi ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento dei processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220 , con precisazione anche dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti anche in sede di giudizio di legittimità v. Cass., 23/3/2010, n. 6937 Cass., 12/6/2008, n. 15808 Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157 , la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701 . A tale stregua non deducono le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura dei rispettivi ricorsi, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento v. Cass., 18/4/2006, n. 8932 Cass., 20/1/2006, n. 1108 Cass., 8/11/2005, n. 21659 Cass., 2/81/2005, n. 16132 Cass., 25/2/2004, n. 3803 Cass., 28/10/2002, n. 15177 Cass., 12/5/1998 n. 4777 sulla base delle deduzioni contenute nei medesimi v. Cass., 24/3/2003, n. 3158 Cass., 25/8/2003, n. 12444 Cass., 1/2/1995, n. 1161 . Non sono infatti sufficienti affermazioni - come nel caso - apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione v. Cass., 21/8/1997, n. 7851 . A tale stregua, l’accertamento in fatto e le relative valutazioni operate dalla corte di merito nell’impugnata sentenza rimangono invero non idoneamente censurate dagli odierni ricorrenti. I requisiti di formazione del ricorso rilevano infatti ai fini della relativa giuridica esistenza e conseguente ammissibilità, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane invero al giudice imprescindibilmente precluso cfr. Cass., 6/7/2015, n. 13827 Cass., 18/3/2015, n. 5424 Cass., 12/11/2014, n. 24135 Cass., 18/10/2014, n. 21519 Cass., 30/9/2014, n. 20594 Cass., 19/6/2014, n. 13984 Cass., 20/1/2014, n. 987 Cass., 28/5/2013, n. 13190 Cass., 20/3/2013, n. 6990 Cass., 20/7/2012, n. 12664 Cass., 23/7/2009, n. 17253 Cass., 19/4/2006, n. 9076 Cass., 23/1/2006, n. 1221 . Va per altro verso, quanto al merito, posto in rilievo che come questa Corte ha già avuto modo di affermare l’interpretazione del contratto e in base al combinato disposto di cui agli artt. 1324, 1362 c.comma e ss., all’interpretazione degli atti unilaterali v., da ultimo, Cass., 6/5/2015, n. 9006 è riservata al giudice del merito, le cui valutazioni sono censurabili in sede di legittimità solo per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o per vizio di motivazione v. Cass., 22/10/2014, n. 22343 Cass., 21/4/2005, n. 8296 . Diversamente da quanto prospettato dagli odierni ricorrenti, il sindacato di legittimità può avere invero ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti bensì solamente l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere i compiti a lui riservati, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto v. Cass., 22/10/2014, n. 22343 Cass., 29/7/2004, n. 14495 . Deve porsi altresì in rilievo che, pur non mancando qualche pronunzia di segno diverso v., Cass., 10/10/2003, n. 15100 Cass., 23/12/1993, n. 12758 , risponde ad orientamento consolidato che ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti il primo e principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate. Si è al riguardo peraltro precisato che il rilievo da assegnare alla formulazione letterale va invero verificato alla luce dell’intero contesto contrattuale, le singole clausole dovendo essere considerate in correlazione tra loro procedendosi al relativo coordinamento ai sensi dell’art. 1363 c.c., giacché per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già in una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di più clausole, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato v. Cass., 28/8/2007, n. 828 Cass., 22/12/2005, n. 28479 16/6/2003, n. 9626 . Va d’altro canto sottolineato che, pur assumendo l’elemento letterale funzione fondamentale nella ricerca della reale o effettiva volontà delle parti, il giudice deve invero a tal fine necessariamente riguardarlo alla stregua degli ulteriori criteri di interpretazione, e in particolare di quelli quali primari criteri d’interpretazione soggettiva, e non già oggettiva, del contratto v. Cass., 23/10/2014, n. 22513 Cass., 27/6/2011, n. 14079 Cass., 23/5/2011, n. 11295 Cass., 19/5/2011, n. 10998 con riferimento agli atti unilaterali v. Cass., 6/5/2015, n. 9006 dell’interpretazione funzionale ex art. 1369 c.c., e dell’interpretazione secondo buona fede o correttezza ex art. 1366 c.c., avendo riguardo allo scopo pratico perseguito dalle parti con la stipulazione del contratto e quindi alla relativa causa concreta cfr. Cass., 23/5/2011, n. 11295 . Il primo di tali criteri art. 1369 c. . consente di accertare il significato dell’accordo in coerenza appunto con la relativa ragione pratica o causa concreta. L’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza ex art. 1366 c.c., quale criterio d’interpretazione del contratto fondato sull’esigenza definita in dottrina di solidarietà contrattuale si specifica in particolare nel significato di lealtà, sostanziantesi nel non suscitare falsi affidamenti e non speculare su di essi, come pure nel non contestare ragionevoli affidamenti comunque ingenerati nella controparte v. Cass., 6/5/2015, n. 9006 Cass., 23/10/2014, n. 22513 Cass., 25/5/2007, n. 12235 Cass., 20/5/2004, n. 9628 . A tale stregua esso non consente di dare ingresso ad interpretazioni cavillose delle espressioni letterali contenute nelle clausole contrattuali, non rispondenti alle intese raggiunte v. Cass., 23/5/2011, n. 11295 e deponenti per un significato in contrasto con la ragione pratica o causa concreta dell’accordo negoziale cfr., con riferimento alla causa concreta del contratto autonomo di garanzia, Cass., Sez. Un., 18/2/2010, n. 3947 . Assume dunque fondamentale rilievo che il contratto venga interpretato avuto riguardo alla sua ratio, alla sua ragione pratica, in coerenza con gli interessi che le parti hanno specificamente inteso tutelare mediante la stipulazione contrattuale v. Cass., 22/11/2016, n. 23701 , con convenzionale determinazione della regola volta a disciplinare il rapporto contrattuale art. 1372 c.c. . Orbene, i suindicati principi risultano dalla corte di merito invero pienamente osservati nell’impugnata sentenza. In particolare là dove, dopo aver premesso che possono qualificarsi come contratti per adesione, rispetto ai quali sussiste l’esigenza della specifica approvazione scritta delle clausole vessatorie, soltanto quelle strutture negoziali destinate a regolare una serie indefinita di rapporti, mentre non possono ritenersi tali i contratti predisposti da uno dei due contraenti in previsione e con riferimento ad una singola, specifica vicenda negoziale ed a cui l’altro contraente possa, del tutto legittimamente, richiedere ed apportare le necessarie modifiche dopo averne liberamente apprezzato il contenuto, né, a maggior ragione, quelli in cui il negozio sia stato concluso a seguito e per effetto di trattative svoltesi tra le parti , ha osservato che nel caso di specie il documento prodotto regola una singola e specifica vicenda patrimoniale intercorrente tra le parti, sebbene il pagamento venga dilazionato nell’arco di 12 mesi, e in aggiunta, la sottoscrizione, a seguito delle parole per ricevuta ed accettazione , fa presumere la piena coscienza della parte firmataria del contenuto dell’atto . Ed è pervenuta a concludere di ritenere che titolare del diritto di credito azionato sia il sig. L.M. e che, in ragione di quanto documentalmente provato, egli vanti un credito nei confronti dell’appellante, essendo stato accertato in atti l’avvenuto riconoscimento di debito da parte di quest’ultimo . È d’altro canto appena il caso di sottolineare come giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità in tema di interpretazione del contratto, quella data dal giudice non deve invero essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma solo una delle possibili e plausibili interpretazioni sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni plausibili , non è consentito alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra v. Cass., 2/5/2006, n. 10131 Cass., 25/10/2006, n. 22899 . Quanto al ricorso incidentale, atteso che la figura dell’assorbimento in senso proprio ricorre quando la decisione sula domanda assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte, la quale con la pronuncia sulla domanda assorbente ha conseguito la tutela richiesta nel modo più pieno, mentre è in senso improprio quando la decisione assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande, con la conseguenza che l’assorbimento non comporta un’omissione di pronunzia se non in senso formale in quanto, in realtà, la decisione assorbente permette di ravvisare la decisione implicita di rigetto oppure di accoglimento anche sulle questioni assorbite, la cui motivazione è proprio quella dell’assorbimento, per cui, ove si escluda, rispetto ad una certa questione proposta, la correttezza della valutazione di assorbimento, avendo questa costituito l’unica motivazione della decisione assunta, ne risulta il vizio di motivazione del tutto omessa v. Cass., 12/11/2018, n. 28995 Cass., 27/12/2013, n. 28663 , va osservato che nella specie non ricorre invero né l’omessa pronunzia su questione nell’impugnata sentenza espressamente dichiarata assorbita né l’omessa motivazione in argomento, avendo la corte di merito ampiamente motivato in ordine alle ragioni che l’hanno condotta a qualificare la scrittura privata del 15/7/2006 in argomento non già come un contratto per adesione bensì in termini di ricognizione di debito ex art. 1988 c.c Vale per altro verso porre in rilievo che, al di là della formale intestazione del motivo, gli odierni ricorrenti in via incidentale in realtà si dolgono dell’asseritamente erronea valutazione delle emergenze probatorie, e in particolare della formulazione della suindicata scrittura privata, nonché di insufficiente od omessa motivazione al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053 , nel caso ratione temporis applicabile cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312 . Senza sottacersi che già anteriormente alla modifica di tale articolo giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità il vizio di motivazione si è ravvisato non potersi piegare a far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte, non valendo esso a proporre in particolare un pretesamente migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti attengono al libero convincimento del giudice v. Cass., 9/5/2003, n. 7058 . A riguardo si è altresì precisato non potersi al giudice di merito imputare di avere omesso l’esplicita confutazione delle tesi non accolte o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi, giacché né l’una né l’altra gli sono richieste, mentre soddisfa l’esigenza di adeguata motivazione che il raggiunto convincimento come nella specie risulti da un esame logico e coerente, non di tutte le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, bensì di quelle ritenute di per sé sole idonee e sufficienti a giustificarlo, non richiedendosi al giudice del merito di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata dell’adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse v. Cass., 9/3/2011, n. 5586 . Il motivo di ricorso per cassazione viene altrimenti a risolversi in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice del merito, id est di nuova pronunzia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di legittimità, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento del medesimo. Stante la reciproca soccombenza, va disposta la compensazione tra i ricorrenti, principale ed incidentale, delle spese dei giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta i ricorsi. Compensa tra i ricorrenti, in via principale e in via incidentale, le spese del giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti, principale ed incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per i rispettivi ricorsi, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.