Il correntista ha diritto di ottenere le scritture contabili della banca in sede giudiziaria?

Il caso in rassegna pone al centro dell’attenzione il diritto del correntista di ottenere dalla Banca il rendiconto.

In particolare, si tratta di stabilire se, il cliente abbia, o meno, il diritto ad avere copia della documentazione, anche in sede giudiziaria, fornendo la sola prova dell’esistenza del rapporto contrattuale. E, i Giudici della Sesta Sezione Civile, con l’ordinanza n. 3875, depositata l’8 febbraio 2019, chiariscono che l’esibizione di documenti non può essere chiesta, ai sensi dell’art. 210 c.p.c. a fini meramente esplorativi. Tuttavia, nel caso in cui non sia contestata l’applicazione al rapporto di conto corrente di interessi ultralegali non pattuiti nelle forme di legge, nonché l’applicazione della capitalizzazione trimestrale, non può mettersi in dubbio l’esistenza di un conto corrente, non contestato dalla Banca e dunque l’esistenza della documentazione relativa alla sua gestione. In ragione dei contenuti propri della norma dell’art. 119, comma 4, T.U.B., il correntista ha diritto di ottenere dalla Banca il rendiconto, anche in sede giudiziaria, fornendo la sola prova dell’esistenza del rapporto contrattuale. Il fatto. Tizia ha convenuto avanti al Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Nardò, un istituto di credito, in relazione a un rapporto di conto corrente da tempo in essere con quest’ultima. In particolare l’attrice ha chiesto l’accertamento della nullità delle clausole di anatocismo trimestrale e di interessi c.d. usi piazza” l’eliminazione degli addebiti in conto dati dall’applicazione di una commissione di massimo scoperto mai pattuita il computo delle valute dal giorno di effettivo compimento dell’operazione nonché la conseguente rideterminazione del saldo di conto. Invero, il giudice di prime cure, con pronuncia del marzo 2011, ha rigettato in toto le predette domande attoree, rilevando che queste erano rimaste sfornite di prova, non avendo l’attrice prodotto alcuna documentazione a sostegno delle proprie richieste. Tizia ha quindi impugnato il provvedimento avanti alla Corte territoriale di Lecce che ha parzialmente accolto l’appello, dichiarando la nullità della clausola di anatocismo trimestrale e della clausola di interessi c.d. usi piazza” ed inoltre chiarendo che non è dovuta in relazione a detto conto corrente la commissione di massimo scoperto. Per il resto, invece, la Corte salentina ha confermato la decisione del giudice di primo grado. Sul punto, ha osservato che l’art. 119 T.U.B. riconosce il diritto del cliente a ottenere dalla banca copia delle operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, laddove non risulta che Tizia abbia esercitato tale diritto, facendo richiesta alla banca convenuta della documentazione che avrebbe poi potuto produrre in giudizio per concludere che solo nel caso in cui la Banca non avesse dato seguito alla richiesta si sarebbe giustificato il ricorso allo strumento processuale di cui all’art. 210 c.p.c., che non può essere utilizzato per sopperire all’inerzia della parte su cui grava l’onere probatorio. Avverso quest’ultima decisione Tizia ricorre in cassazione lamentando, nell’unico motivo di ricorso, l’erroneità del non accoglimento dell’istanza di esibizione delle scritture contabili della banca. E, gli Ermellini, accogliendo il gravame de quo, precisano che il correntista ha diritto di ottenere dalla Banca il rendiconto, anche in sede giudiziaria, fornendo la sola prova dell’esistenza del rapporto contrattuale. La sentenza impugnata viene quindi cassata e rinviata alla Corte di appello di Lecce in diversa composizione. Il diritto del cliente a ottenere dalla banca copia delle operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, ex art. 119 T.U.B Accanto all’obbligo di rendiconto posto dalla legge a carico della banca nel rapporto di conto corrente, vi è poi il diritto riconosciuto al cliente all’esibizione, o meglio consegna, dei documenti relativi ai rapporti bancari intrattenuti con gli istituti di credito. Il diritto è riconosciuto dall’art. 119 T.U.B. ai sensi del quale il cliente ha diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine, comunque non oltre novanta giorni, la documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. Trattasi di una norma introdotta dalla legislazione speciale al fine di tutelare il contraente più debole nell’ambito di un rapporto caratterizzato da evidente asimmetria contrattuale, in cui il legislatore ha voluto potenziare gli obblighi informativi non solo in fase precontrattuale e contrattuale, ma anche nella fase successiva, prevedendo uno specifico obbligo di conservazione della documentazione a carico dell’operatore bancario professionale. Il diritto del cliente ad ottenere dall’istituto la consegna di tale documentazione si configura come un diritto sostanziale, ius ad exhibendum , la cui tutela riconosciuta come situazione giuridica non necessariamente è funzionale all’esercizio dei diritti inerenti al rapporto contrattuale corrente con l’istituto di credito. Tale norma ha un raggio d’azione più ampio, poiché trova applicazione con riferimento a tutte le operazioni poste in essere nell’ambito di un qualunque rapporto bancario, quindi anche, ad esempio, singole operazioni regolate in conto corrente. La giurisprudenza, peraltro, ha ravvisato il fondamento di quest’obbligo nel principio di buona fede e nel dovere di reciproca solidarietà tra contraenti da cui discende l’obbligo di ciascuna parte di favorire la realizzazione dell’utilità che l’altra parte possa trovare nel contratto. Il diritto del cliente ad avere copia della documentazione ha natura sostanziale e non meramente processuale . Non trovano pertanto applicazione, nella fattispecie, i principi elaborati dalla giurisprudenza in ordine di esibizione dei documenti, ex art. 210 c.p.c. e non può pertanto negarsi il diritto del cliente di ottenere copia della documentazione richiesta, adducendo a ragione e in linea di principio la natura meramente esplorativa dell’istanza in tal senso presentata. L’art. 119 T.U.B. non contempla, o dispone, nessuna limitazione attinente alla fase di eventuale svolgimento giudiziale dei rapporti tra correntista e istituto di credito. L’art. 119 T.U.B. viene a porsi tra i più importanti strumenti di tutela che la normativa di trasparenza, quale attualmente stabilità nel testo unico bancario vigente, riconosca ai soggetti che si trovino a intrattenere rapporti con gli intermediari bancari. Appare così chiaro come non possa risultare corretta una soluzione che limiti l’esercizio di questo potere alla fase anteriore all’avvio del giudizio eventualmente intentato dal correntista nei confronti della banca presso la quale è stato intrattenuto il conto. Difatti, una simile ricostruzione risulta in netto contrasto con il tenore del testo di legge, che peraltro si manifesta inequivoco. La stessa tende, in realtà, a trasformare uno strumento di protezione del cliente, quale si è visto essere quello in esame, in uno strumento di penalizzazione del medesimo in via indebita facendo transitare la richiesta di documentazione del cliente dalla figura della libera facoltà a quella, decisamente diversa, del vincolo dell’onere. D’altra parte, neppure è da ritenere che l’esercizio del potere in questione sia in qualche modo subordinato al rispetto di determinate formalità espressive o di date vesti documentali né, tantomeno, che la formulazione della richiesta, quale atto di effettivo esercizio di tale facoltà, debba rimanere affare riservato delle parti del relativo contratto o, comunque, essere non conoscibile dal giudice o non transitabile per lo stesso. Invero, simili eventualità si tradurrebbero, in ogni caso, in appesantimenti dell’esercizio del potere del cliente appesantimenti e intralci non previsti dalla legge e frontalmente contrari, altresì, alla funzione propria dell’istituto. In conclusione, pertanto, come ribadito dal decisum in rassegna, il correntista ha diritto di ottenere dalla banca il rendiconto, anche in sede giudiziaria, fornendo la sola prova dell’esistenza del rapporto contrattuale.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 18 dicembre 2018 – 8 febbraio 2019, n. 3875 Presidente Di Virgilio – Relatore Dolmetta Fatto e diritto 1.- M.M.A. ha convenuto avanti al Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Nardò, la Banca Monte dei Pachi di Siena, in relazione a un rapporto di conto corrente da tempo in essere con quest’ultima. In particolare ha chiesto l’accertamento della nullità delle clausole di anatocismo trimestrale e di interessi c.d. usi piazza l’eliminazione degli addebiti in conto dati dall’applicazione di una commissione di massimo scoperto mai pattuita il computo delle valute dal giorno di effettivo compimento dell’operazione la conseguente rideterminazione del saldo di conto. Con pronuncia del marzo 2011, il Tribunale ha rigettato tutte le domande attoree, rilevando che queste erano rimaste sfornite di prova, non avendo l’attrice prodotto documentazione a sostegno delle proprie richieste . Non erano stati esibiti gli estratti conto , né poteva essere accolta la richiesta, formulata ex art. 210 c.p.c. di ordinare alla banca convenuta l’esibizione di detta documentazione nel caso di specie, l’attrice avrebbe potuto richiedere alla banca la documentazione relativa all’andamento del rapporto di conto corrente ai sensi dell’art. 119 T.U.B., richiesta che non risultava essere stata formulata . M.A. ha impugnato il provvedimento avanti alla Corte di Appello Lecce. Tra le altre cose, ha lamentato l’errore in cui sarebbe incorso Il Tribunale nel rigettare le domande sul presupposto che l’attrice, limitandosi a richiedere l’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c., della documentazione inerente il rapporto di conto corrente, avrebbe mancato di provare i fatti a fondamento della propria domanda . Ha assunto in proposito che, in realtà, la richiesta dell’ordine di esibizione avrebbe dovuto essere accolta in quanto legittimo esercizio del diritto riconosciuto al cliente di ottenere dalla banca tutti i documenti inerenti i rapporti con la stessa intrattenuti . 2.- Con sentenza depositata l’8 febbraio 2016 n. 123 come poi corretta degli errori materiali, che presentava, con ordinanza collegiale 11/12 febbraio 2016 , la Corte territoriale ha parzialmente accolto l’appello così presentato. Ha rilevato, a questo riguardo, che ai fini della verifica della esistenza di cui si deduce la nullità è sufficiente l’esame dei documenti prodotti dalla banca e cioè la copia del contratto di apertura di credito , così dichiarando la nullità della clausola di anatocismo trimestrale e della clausola di interessi c.d. usi piazza e altresì dichiarando non dovuta in relazione a detto conto corrente la commissione di massimo scoperto . Per il resto, invece, la Corte salentina ha confermato la decisione del giudice di primo grado. In proposito, ha osservato che l’art. 119 T.U.B., riconosce il diritto del cliente a ottenere dalla banca copia delle operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni , laddove non risulta che la M. abbia esercitato tale diritto, facendo richiesta alla banca convenuta della documentazione che avrebbe poi potuto produrre in giudizio per concludere che solo nel caso in cui la banca non avesse dato seguito alla richiesta si sarebbe giustificato il ricorso allo strumento processuale di cui all’art. 210 c.p.c., che non può essere utilizzato per sopperire all’inerzia della parte su cui grava l’onere probatorio . 3.- Avverso questa pronuncia, e precisamente in relazione alla parte in cui ha confermato la decisione del Tribunale, ricorre M.A. , che si affida a un motivo per la cassazione di tale statuizione. Resiste con controricorso la Banca Monte dei Paschi. 4.- Il motivo di ricorso risulta intestato nella violazione degli art. 2697 c.c., art. 111 Cost. e art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 . Nei suoi contenuti, il motivo si concentra sostanzialmente sull’affermazione della Corte di Appello di ritenere illegittima la richiesta - formulata nei confronti del giudice di primo grado - dell’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c., di tali estratto conto e ciò in quanto tali documenti sarebbero stati direttamente accessibili ex art. 119 T.U.B. . Tale affermazione è scorretta ed errata - rileva la ricorrente -, come pure lo è la conseguente rilevazione per cui essa non avrebbe adempiuto all’onere della prova con riferimento alla parte della domanda non oggetto di accoglimento . Sulla base delle prove prodotte, nonché delle richieste complessivamente formulate - così si continua - tale onere risultava rispettato toccava piuttosto alla banca fornire le copie di tutti gli estratti conto oggetto del rapporto di conto corrente contestato . 5.- Il motivo merita di essere accolto. Della tematica prospettata dalla fattispecie qui concretamente in esame - come facente sostanziale riferimento, cioè, all’eventualità che il giudice del merito non accolga l’istanza di esibizione delle scritture contabili della banca, adducendo che il cliente avrebbe potuto richiedere la documentazione sulla base dell’art. 119 T.U.B. - la giurisprudenza di questa Corte si è, invero, occupata più volte. Così venendo a sviluppare un orientamento di segno univoco cfr., di recente, Cass., 11 maggio 2017, n. 11554 Cass., 15 settembre 2017, n. 21472 Cass., 28 maggio 2018, n. 13277 ma v. altresì, più indietro nel tempo e con riguardo all’impianto di base della citata norma del testo unico, Cass., 12 giugno 2006, n. 11004, nonché, e prima ancora, Cass., 22 maggio n. 4598 e Cass., 19 ottobre 1999, n. 11733 come pure in radice divergente da quanto ritenuto dalla sentenza della Corte di Lecce nella controversia in esame. In materia va ricordato, prima di tutto, che il diritto del cliente ad avere copia della documentazione ha natura sostanziale e non meramente processuale e la sua tutela si configura come situazione giuridica finale , carattere non strumentale . Non trovano pertanto applicazione, nella fattispecie, i principi elaborati dalla giurisprudenza in ordine di esibizione dei documenti ex art. 210 c.p.c., e non può pertanto negarsi il diritto del cliente di ottenere copia della documentazione richiesta, adducendo a ragione e in linea di principio la natura meramente esplorativa dell’istanza in tal senso presentata Cass. n. 11004/2006 . Da rilevare è, inoltre, che la norma del T.U.B., art. 119, comma 4, non contempla, o dispone, nessuna limitazione che risulti in un qualche modo attinente alla fase di eventuale svolgimento giudiziale dei rapporti tra correntista e istituto di credito. D’altra parte, non risulta ipotizzabile ragione che, per un verso o per altro, possa giustificare, o anche solo comportare, un simile risultato. Da rimarcare, più ancora, è che la richiamata disposizione dell’art. 119, viene a porsi tra i più importanti strumenti di tutela che la normativa di trasparenza - quale attualmente stabilita nel testo unico bancario vigente - riconosca ai soggetti che si trovino a intrattenere rapporti con gli intermediari bancari . Appare così chiaro come non possa risultare corretta una soluzione che limiti l’esercizio di questo potere alla fase anteriore all’avvio del giudizio eventualmente intentato dal correntista nei confronti della banca presso la quale è stato intrattenuto il conto. Ché una simile ricostruzione non risulta solo in netto contrasto con il tenore del testo di legge, che peraltro si manifesta inequivoco. La stessa tende, in realtà, a trasformare uno strumento di protezione del cliente - quale si è visto essere quello in esame - in uno strumento di penalizzazione del medesimo in via indebita facendo transitare la richiesta di documentazione del cliente dalla figura della libera facoltà a quella, decisamente diversa, del vincolo dell’onere. D’altra parte, neppure è da ritenere che l’esercizio del potere in questione sia in qualche modo subordinato al rispetto di determinare formalità espressive o di date vesti documentali né, tantomeno, che la formulazione della richiesta, quale atto di effettivo esercizio di tale facoltà, debba rimanere affare riservato delle parti del relativo contratto o, comunque, essere non conoscibile dal giudice o non transitabile per lo stesso. Ché simili eventualità si tradurrebbero, in ogni caso, in appesantimenti dell’esercizio del potere del cliente appesantimenti e intralci non previsti dalla legge e frontalmente contrari, altresì, alla funzione propria dell’istituto . Pure è da segnalare che è vero che l’esibizione di documenti non può essere chiesta, ai sensi dell’art. 210 cod. proc. civ. a fini meramente esplorativi . Tuttavia, nel caso in cui non sia contestata l’applicazione al rapporto di conto corrente di interessi ultralegali non pattuiti nelle forme di legge, nonché l’applicazione della capitalizzazione trimestrale , non può mettersi in dubbio l’esistenza di un conto corrente, non contestato dalla Banca e dunque l’esistenza della documentazione relativa alla sua gestione . In ragione dei contenuti propri della norma dell’art. 119 comma 4 T.U.B., il correntista ha diritto di ottenere dalla Banca il rendiconto, anche in sede giudiziaria, fornendo la sola prova dell’esistenza del rapporto contrattuale Cass., n. 21472/2017 . 6.- In conclusione, va accolto il ricorso e cassata, per la relativa parte pertinente, la sentenza impugnata. Di conseguenza, la controversia va rinviata, per quanto di ragione, alla Corte di Appello di Lecce, che, in diversa composizione, provvederà anche a liquidare le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso. Cassa, nei termini di cui in motivazione, la sentenza impugnata e rinvia la controversia alla Corte di Appello di Lecce, che, in diversa composizione, deciderà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.