Litisconsorzio necessario nell’accertamento della legittimità del recesso del contratto con più parti

Il recesso è una forma di risoluzione extragiudiziale del contratto, accomunato alla risoluzione giudiziale per inadempimento dal presupposto, cioè l’inadempimento, e dalla conseguenza, cioè la caducazione ex tunc degli effetti del contratto. Presupponendo il recesso di cui all’art. 1385, comma 2, c.c. l’inadempimento dell’altra parte, esso è uno strumento speciale di risoluzione stragiudiziale del contratto, come tale da affiancare a quelli di cui agli artt. 1454, 1456 e 1457 c.c Ne consegue, che, ai fini della legittimità del detto strumento di risoluzione, rileva anche la verifica della non scarsa importanza di cui all’art. 1455 c.c

Se dunque l’accertamento della legittimità del recesso comporta l’accertamento dell’inefficacia del contratto, se tale accertamento coinvolge più parti, va affermata la necessità del litisconsorzio necessario prescritto dall’art. 102 c.p.c Ciò in coerenza con il principio secondo cui la domanda di risoluzione di inadempimento di un contratto avente più parti va proposta verso tutti. Tale in sintesi il contenuto della sentenza della Corte di Cassazione n. 2969/19, depositata il 31 gennaio, che ora andiamo ad analizzare più da vicino. I fatti di causa. La s.r.l. alfa attrice conviene in giudizio una s.r.l., beta ed i soci di un’altra s.r.l., gamma, deducendo di avere stipulato con le dette parti un accordo quadro con cui la prima si impegnava ad acquistare un centro commerciale in via di costruzione l’accordo prevedeva anche la cessione del 100% delle quote di partecipazione di gamma, quale titolare esclusivo delle licenze commerciali relative al detto centro la prima s’impegnava ad acquistare alla condizione che, in sintesi entro un dato termine il centro fosse realizzato a regola d’arte, fosse realizzata la viabilità e il viadotto collegante con la strada statale fosse fruibile e munito delle necessarie autorizzazioni fosse realizzato un certo numero di parcheggi, il centro fosse locato ad operatori di primario standing” in una determinata percentuale della superficie con una determinata redditività e che l’ipermercato fosse condotto in affitto di ramo di azienda da una determinata impresa, la società delta la promissaria acquirente aveva versato una caparra confirmatoria e, a parziale garanzia dei restituzione della detta, le altre parti evidentemente ad esclusione di delta, non convenuta in giudizio da alfa avevano consegnato una garanzia bancaria. Successivamente l’impresa delta, che avrebbe dovuto condurre in affitto l’ipermercato, aveva risolto il preliminare sottoscritto con beta per inadempimento attribuendo a questa la responsabilità del ritardo e della mancata realizzazione del centro, del viadotto etc. . Con il recesso della società delta, spiega la società attrice in primo grado, era venuta meno per impossibilità sopravvenuta una delle condizioni stabilite nel contratto quadro per l’acquisto del centro che altre condizioni erano venute meno mancata locazione del 95% della superficie e ritardo nei lavori che conseguentemente, constatato l’inadempimento, la promissaria acquirente aveva chiesto il versamento del doppio della caparra versata e poi escusso la garanzia bancaria i convenuti si erano opposti ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c., rigettato . L’attrice chiedeva così nel giudizio in commento il pagamento dell’importo pari al doppio della caparra confirmatoria, ed i convenuti spiegavano domanda riconvenzionale e si difendevano affermando, per quanto qui interessa, che l’attrice aveva esercitato il recesso prima del termine previsto per l’esecuzione della prestazione, divenendo così essa stessa inadempiente, nonchè, sostanzialmente, negando, da parte propria, l’inadempimento, e negando, in parte, la solidarietà tra beta e i soci di gamma in relazione al pagamento del doppio della caparra come richiesto dall’attrice, ma per una somma inferiore. La domanda attorea veniva accolta dal tribunale il quale condannava i convenuti in solido al pagamento di una cifra pari al doppio della caparra confirmatoria. In grado di appello veniva confermato il diritto di alfa ad ottenere il doppio della caparra ma, per quanto qui interessa, veniva negata la solidarietà tra beta ed i soci di gamma per l’intera somma, ma per i soci di gamma per un importo più basso. Il ricorso in Cassazione è proposto dalla società beta, la quale, per quanto qui ancora interessa, con il primo motivo impugna la sentenza di grado di appello per violazione degli artt. 102 e 354 c.p.c. e cioè per non avere ritenuto sussistere il difetto di contraddittorio nei confronti di delta. Ricordiamo che l’art. 102 c.p.c. disciplina il litisconsorzio necessario e, quando il contraddittorio non è rispettato, prevede l’integrazione dello stesso per ordine del giudice l’art. 354 c.p.c., a sua volta, per quanto qui rileva, prevede la rimessione della causa al primo giudice da parte del giudice dell’appello quando questi riconosca che doveva essere integrato il contraddittorio. La sentenza di grado di appello motiva la decisione sul punto con il fatto che le domande delle parti non coinvolgevano in alcun modo delta, nei cui confronti, dunque, non vi sarebbe stata alcuna richiesta né nei suoi confronti sarebbero potuti derivare vantaggi o pregiudizi etc., non rilevando che anche detta società avesse sottoscritto l’accordo ne derivava, secondo la Corte territoriale, che non vi era ragione per cui fosse coinvolta nel giudizio anche delta. Il motivo viene accolto dalla Corte di Cassazione con assorbimento del secondo motivo, del quale quindi qui omettiamo. Unitarietà dell’operazione contrattuale. La Corte premette, che trattandosi della rilevazione di un error in procedendo - che, per la giurisprudenza può comportare la nullità della sentenza impugnata menziona tra tante Cass. nn. 5971/18 e 10272/17 -, essa decide anche in quanto giudice del fatto. Pertanto la Corte parte evidenziando come dal testo del contratto rileva con chiarezza che le parti avevano inteso sottoscrivere un’unica operazione, concordando che tutte le operazioni e gli adempimenti ivi previsti dovevano ritenersi quali adempimenti unitari e inscindibili tra di loro. Recesso e risoluzione per inadempimento in comune, inadempimento e caducazione degli effetti del contratto. La Corte rileva poi che la domanda diretta all’accertamento della legittimità del recesso e alla condanna del pagamento del doppio della caparra, oggetto della lite de qua, per quanto diversa dalla domanda di risoluzione per inadempimento, comporta lo stesso effetto l’estinzione del contratto per inefficacia ex tunc . La Corte riprende, condividendolo, un principio già affermato in dottrina nonché dalla giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite Cass. n. 553/2009 , secondo cui il recesso è dunque una forma di risoluzione extragiudiziale del contratto, accomunato alla risoluzione giudiziale per inadempimento dal presupposto, cioè l’inadempimento, e dalla conseguenza, cioè la caducazione ex tunc degli effetti del contratto. Presupponendo, il recesso di cui all’art. 1385, comma 2, c.c. secondo cui, testualmente Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l'altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra se inadempiente è invece la parte che l'ha ricevuta, l'altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra , l’inadempimento dell’altra parte con i medesimi caratteri dell’inadempimento richiesto per la risoluzione , esso è uno strumento speciale di risoluzione stragiudiziale del contratto, come tale da affiancare a quelli di cui agli artt. 1454, 1456 e 1457 c.c. e collegato ad una caparra confirmataria, con cui si determina convenzionalmente il danno da risarcire. Ne consegue, che, ai fini della legittimità del detto strumento di risoluzione, rileva anche la verifica della non scarsa importanza di cui all’art. 1455 c.c. deve infatti sempre trattarsi di inadempimento tale da incidere sul sinallagma contrattuale e tale da escludere l’utilità del contratto per l’altra parte nell’ambito dell’economia complessiva del detto contratto ciò è stato affermato da altra giurisprudenza di legittimità è citata Cass. n. 409/2012 . Litisconsorzio e domanda di accertamento del recesso di inadempimento di un contratto con più parti. Se dunque l’accertamento della legittimità del recesso comporta l’accertamento dell’inefficacia del contratto, se tale accertamento coinvolge più parti, va affermata la necessità del litisconsorzio necessario prescritto dall’art. 102 c.p.c Ciò, in coerenza con il principio, già affermato, per cui la domanda di risoluzione di inadempimento di un contratto avente più parti va proposta verso tutti un contratto unico non può infatti venire meno nei confronti di alcuni e permanere in esistenza per altri sono citate Cass. nn. 9042/16 e 27302/05 .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 2 ottobre 2018 – 31 gennaio 2019, n. 2969 Presidente Gorjan – Relatore Bellini Fatti di causa Con atto di citazione regolarmente notificato, AEDILIA QUATTRO s.r.l. in liquidazione, oggi AEDES s.p.a., conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Milano, F.M. s.r.l. e SA.AN. , T.S. , SA.CA. , L.A. , N.M.C.C. , TE.AN. , P.R. , P.S. E S.S. , tutti soci della STUDIO TOP SERVICE s.r.l. esponendo a che in data 27.9.2007 era stato concluso tra essa e i convenuti un Accordo Quadro avente ad oggetto la compravendita di un costruendo centro commerciale, denominato omissis - una volta che lo stesso fosse stato realizzato, commercializzato e aperto al pubblico - e la cessione del 100% delle quote di partecipazione di Studio Top Service s.r.l., quale soggetto titolare esclusivo delle licenze commerciali afferenti il detto centro commerciale b che con tale accordo Aedilia Quattro si impegnava all’acquisto del centro commerciale a condizione che entro il termine del 31.10.2008 il predetto centro fosse realizzato a regola d’arte, in conformità a quanto previsto dall’art. 7 fosse costruita la viabilità e il viadotto di collegamento tra la Statale e Via fosse usufruibile e munito delle necessarie autorizzazioni fossero realizzati i parcheggi in numero non inferiore a 740 il centro commerciale fosse locato a operatori di primario standing per almeno il 95% della superficie con una redditività pari almeno ad Euro 919.600 l’Ipermercato fosse condotto in affitto di ramo di azienda da Ipa Sud c che Aedilia Quattro, contestualmente alla sottoscrizione dell’accordo, aveva versato ai convenuti l’importo complessivo di Euro 4.290.000,00 a titolo di caparra confirmatoria e, a parziale garanzia della restituzione di detta caparra, i convenuti avevano consegnato ad Aedilia una garanzia bancaria dell’importo massimo escutibile di Euro 4.290.000,00 d che, successivamente alla sottoscrizione dell’Accordo Quadro, Ipa Sud aveva risolto il contratto preliminare di affitto di ramo d’azienda, che aveva stipulato con F.M., imputando a quest’ultima la responsabilità per l’estremo ritardo nell’esecuzione dei lavori per la realizzazione del centro commerciale, la mancata realizzazione del viadotto di collegamento, il comportamento fuorviante di F.M. e che il recesso di Ipa Sud aveva comportato l’impossibilità sopravvenuta dell’avveramento di una delle condizioni generali per il closing previste dal contratto quadro gli spazi commerciali all’interno del centro e oggetto di locazione erano inferiori alla percentuale del 95% si erano verificati notevoli ritardi nello stato di avanzamento dei lavori f che Aedilia Quattro aveva constatato l’inadempimento e aveva chiesto il versamento del doppio della caparra confirmatoria versata stante l’inottemperanza dei convenuti a tale richiesta, Aedilia aveva escusso la garanzia bancaria e i convenuti avevano tentato di impedirlo presentando un ricorso ex art. 700 c.p.c., che era stato rigettato. Aedilia Quattro, sulla base di tali circostanze, domandava la condanna dei convenuti al pagamento dell’importo di Euro 8.580.000,00, pari al doppio della caparra confirmatoria versata. Si costituivano i convenuti sostenendo l’infondatezza delle pretese avversarie, di cui domandavano il rigetto e formulando domanda riconvenzionale finalizzata a ritenere la caparra, previa restituzione dell’importo di Euro 4.290,000,00 versato all’attrice. In particolare, i convenuti asserivano che le ragioni indicate da Aedilia Quattro a fondamento del recesso erano del tutto pretestuose e strumentali ad ottenere in tempi brevissimi risorse finanziarie per far fronte alla situazione di crisi economica in cui versava la propria controllante Aedes s.p.a. che l’attrice aveva esercitato il diritto di recesso prima della scadenza del termine previsto per la prestazione della controparte, divenendo in tal modo essa stessa inadempiente ai patti contrattuali che le inadempienze poste a fondamento del recesso non sussistevano. I convenuti rilevavano che non sussisteva alcun vincolo di solidarietà tra F.M. e i soci dello Studio Top Service per la quota di Euro 4.200.000,00 ma solo con riguardo alla eventuale restituzione del doppio della caparra di Euro 90.000,00. Ammesse ed espletate prove orali, con sentenza n. 1133/2011 il Tribunale di Milano accoglieva la domanda di Aedilia Quattro - accertando l’inadempimento dei convenuti alle obbligazioni assunte con l’Accordo Quadro - e condannava i convenuti, in via solidale, a corrispondere all’attrice l’importo di Euro 8.580.000,00, pari al doppio della caparra confirmatoria, al netto di quanto già corrisposto da UniCrediti Corporate Banking s.p.a. e al pagamento delle spese di lite. Avverso tale sentenza proponevano appello F.M. s.r.l. e gli altri convenuti chiedendo che, in riforma della sentenza impugnata e previa sospensione dell’esecutività della stessa, fossero accolte le domande formulate in primo grado. Resisteva Aedilia Quattro s.r.l. in liquidazione domandando il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata. Con sentenza n. 703/2015 depositata il 13.2.2015, la Corte d’Appello di Milano confermava il diritto di Aedilia Quattro s.r.l. a ottenere il pagamento del doppio della caparra confirmatoria accertava e dichiarava la natura non solidale dell’obbligazione di pagamento e conseguentemente dichiarava tenuta e condannava F.M. s.r.l. a corrispondere ad Aedilia l’importo di Euro 8.400.000,00 dichiarava tenuti e condannava tutti gli altri convenuti, in via solidale tra loro, al pagamento dell’importo di Euro 180.000.00, confermando nel resto l’impugnata sentenza. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione la F.M. s.r.l. sulla base di due motivi, illustrati da memoria resiste AEDES s.p.a. già Aedilia Quattro s.r.l. con controricorso, anch’esso illustrato da memoria gli intimati non hanno svolto difese. A seguito di proposta di definizione della causa ex art. 380 bis c.p.c., la Sesta sezione civile-2, con ordinanza interlocutoria n. 4487/2018, ha rimesso la causa alla pubblica udienza, ritenendo insussistenti i requisiti dell’evidenza decisoria. Ragioni della decisione 1.1. - Con il primo motivo, la ricorrente eccepisce la Nullità della sentenza e del procedimento, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 per violazione degli artt. 102 e 354 c.p.c. , nella parte in cui la Corte di merito ha ritenuto che non sussiste l’eccepito difetto di contraddittorio, in ragione del fatto che le domande delle parti non coinvolgerebbero in alcun modo Studio Top Service, verso cui non sarebbe indirizzata alcuna richiesta e che non avrebbe assunto alcun impegno , né che avrebbero potuto ad essa derivare obbligazioni vantaggio o pregiudizi, non rilevando il fatto che anche tale società abbia sottoscritto l’accordo sicché la sua partecipazione al giudizio non risulterebbe necessaria, non sussistendo quindi il rilevato difetto di contraddittorio. 1.2. - Con il secondo motivo, proposto in subordine al precedente, la ricorrente deduce la Violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, degli artt. 1218, 1362, 1372, 1373 e 1375 c.c. e omesso esame di fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 , giacché la Corte di merito avrebbe motivato nel senso che per la risoluzione dell’Accordo Quadro fosse sufficiente il mancato avveramento anche di una soltanto delle condizioni e, dunque, con il venir meno del contratto di affitto Ipa Sud, per comportamento negligente di F.M., la Aedilia sarebbe stata già legittimata alla risoluzione dell’Accordo. Infine, il fatto che Aedilia, in difficoltà finanziarie, abbia proposto la risoluzione consensuale e sia receduta dopo il rifiuto di F.M., e prima della scadenza del termine per l’ultimazione dei lavori, avrebbe dovuto indurre la Corte d’appello a dubitare della legittimità del recesso e ad escludere la gravità dell’inadempimento della F.M 2. -Il primo motivo è fondato. 2.1. - Va, preliminarmente, rilevato che ai sensi dell’art. 16.2. del contratto inter partes del 27 settembre 2007 - cui questo Collegio può accedere, essendo anche giudice del fatto ed avendo il potere di esaminare direttamente gli atti di causa peraltro, su impulso della stessa F.M. che ne ha trascritto il contenuto in partibus quibus , giacché con il motivo in esame è stato denunciato un error in procedendo per dedotto difetto dell’attività valutativa del giudice a quo, che può comportare, se del caso, la nullità della sentenza impugnata ex plurimis Cass. n. 5971 del 2018 Cass. n. 10272 del 2017 - viene specificato che gli adempimenti sopra previsti formeranno un’unica operazione e pertanto le Parti non saranno tenute a compiere quanto previsto nel presente Contratto qualora l’altra parte sia inadempiente, dovendosi intendere tutte le operazioni e gli adempimenti previsti nel presente contratto unitari ed inscindibili tra loro . Sottolineata, in termini generali, tale consacrata unitarietà ed inscindibilità, dal contenuto delle singole clausole contrattuali emerge, altresì come la Studio Top Service, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di merito, abbia soggettivamente assunto specifici diritti ed obbligazioni ritenuti dai contraenti essenziali alla realizzazione del programma contrattuale in oggetto quali la commercializzazione del centro commerciale, la stipula del contratto di locazione del centro medesimo, la scrittura integrativa/modificativa del preliminare Ipa sud, la richiesta di licenza commerciale supplementare, v. artt. 9.1. e segg. ovvero quali il diritto al conguaglio in caso di mancato incasso del rendimento garantito, la cessione a FM dei crediti per morosità vantati nei confronti di conduttori/affittuari del centro commerciale, v. artt. 14.3. e 14.4. . 2.2. - Sotto diverso profilo, va altresì rilevato che la domanda diretta all’accertamento della legittimità del recesso ed alla condanna al pagamento del doppio della caparra che costituisce l’oggetto della controversia , sebbene sia diversa dalla domanda di risoluzione per inadempimento, implica il medesimo effetto della estinzione per inefficacia ex tunc del contratto. Questa Corte ha, infatti, affermato che va senz’altro condivisa la ricostruzione dottrinaria secondo la quale il diritto di recesso è una evidente forma di risoluzione stragiudiziale del contratto, che presuppone pur sempre l’inadempimento della controparte avente i medesimi caratteri dell’inadempimento che giustifica la risoluzione giudiziale esso costituisce null’altro che uno speciale strumento di risoluzione negoziale per giusta causa, alla quale lo accumunano tanto i presupposti l’inadempimento della controparte quanto le consegenze la caducazione ex tunc degli effetti del contratto . Cass. sez. un. n. 553 del 2009 secondo la quale, peraltro, se il recesso non è altro che una forma di risoluzione stragiudiziale del contratto che presuppone l’inadempimento della controparte, le interazioni rilevanti da esaminare sul piano normativo non sono tanto quelle tra il recesso stesso e le varie forme di risoluzione, quanto quella, pur collegata, tra azione di risarcimento ordinaria e domanda di ritenzione della caparra cfr. anche Cass. n. 28204 del 2013 Cass. n. 10953 del 2012 . In piena conformità con le sezioni unite, questa Corte ha ribadito il principio per cui il recesso previsto dall’art. 1385 c.c., comma 2, presupponendo l’inadempimento della controparte avente i medesimi caratteri dell’inadempimento che giustifica la risoluzione giudiziale, configura uno strumento speciale di risoluzione di diritto del contratto, da affiancare a quelle di cui agli artt. 1454, 1456 e 1457 cod. civ., collegato alla pattuizione di una caparra confirmatoria, intesa come determinazione convenzionale del danno risarcibile. Al fenomeno risolutivo, infatti, lo collegano sia i presupposti, rappresentati dall’inadempimento dell’altro contraente, che deve essere gravemente colpevole e di non scarsa importanza, sia le conseguenze, ravvisabili nella caducazione ex tunc degli effetti del contratto Cass. n. 18266 del 2011 cfr. Cass. n. 2999 del 2012 . Per cui, ai fini della legittimità del recesso di cui all’art. 1385 cod. civ., come in materia di risoluzione contrattuale, non è sufficiente l’inadempimento, ma occorre anche la verifica circa la non scarsa importanza prevista dall’art. 1455 cod. civ., dovendo il giudice tenere conto dell’effettiva incidenza dell’inadempimento sul sinallagma contrattuale e verificare se, in considerazione della mancata o ritardata esecuzione della prestazione, sia da escludere per la controparte l’utilità del contratto alla stregua dell’economia complessiva del medesimo Cass. n. 409 del 2012 . 2.3. - Se dunque l’azione diretta all’accertamento della legittimità del recesso implica l’accertamento della inefficacia del contratto, producendo un effetto analogo alla risoluzione per inadempimento ossia, come detto la sopravvenuta inefficacia del contratto e la conseguente integrale eliminazione del rapporto giuridico de quo , ove tale accertamento coinvolga più parti, sussiste la necessità del litisconsorzio necessario tra tutti i contraenti, ai sensi dell’art. 102 c.p.c Ciò in coerenza al principio secondo il quale la domanda diretta ad ottenere la risoluzione per inadempimento di un contratto con pluralità di parti in quella specie preliminare di compravendita deve essere proposta nei confronti di tutti i contraenti, non potendo un contratto unico essere risolto nei confronti soltanto di uno dei soggetti che vi hanno partecipato e rimanere in vita per l’altro o gli altri stipulanti Cass. n. 9042 del 2016 Cass. 27302 del 2005 . 3. - Il primo motivo di ricorso va, dunque, accolto ai sensi dell’art. 383 c.p.c., comma 3 la sentenza impugnata va cassata e, attesa la nullità anche della sentenza del Tribunale, la causa va rinviata a quest’ultimo, in persona di altro magistrato, anche per quanto concerne le spese della presente fase e dei precedenti gradi di giudizio. La gravità del vizio lamentato e le conseguenze che ne derivano in termini di nullità della sentenza di primo grado e di necessità di rimessione della causa al giudice di primo grado, atteso il riscontrato vulnus al principio di integrità del contraddittorio, determina l’assorbimento dell’altro motivo del ricorso, peraltro proposto in via subordinata rispetto al primo. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, e per l’effetto dichiara la nullità della sentenza di primo grado. Cassa per l’effetto la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Milano, in persona di altro magistrato, anche per le spese dei precedenti gradi di merito e di quelle del giudizio di legittimità.