Diritto di riscatto sul bene acquistato da un terzo: illegittima la ritenzione dei canoni di locazione versati medio tempore

Il conduttore retraente, il quale abbia continuato a detenere l’immobile dopo la sua alienazione, avvenuta in violazione del diritto di prelazione del medesimo conduttore, non è tenuto a versare al retratto i canoni di locazione ma solamente il prezzo di acquisto del bene, sostituendosi con effetto ex tunc nella medesima posizione del terzo, a seguito della sentenza di accertamento della legittimità del suo diritto di riscatto.

La terza sezione della Corte di Cassazione con la sentenza n. 25376, depositata il 12 ottobre 2018, è stata chiamata a pronunciarsi sul diritto del terzo acquirente un immobile, su cui è stata esercitata un’azione di accertamento della legittimità della richiesta di esercizio del diritto di riscatto, a percepire i canoni di locazione da parte del conduttore, nonché sulla decorrenza degli interessi compensativi. Il fatto. Una società conveniva in giudizio un’altra società, allo scopo di sentirla condannare al pagamento dell’immobile di cui la convenuta era divenuta proprietaria, in ragione dell’esercizio del diritto di riscatto, la cui legittimità era già stata accertata con sentenza. Con la stessa domanda l’attrice richiedeva il pagamento degli interessi legali sul prezzo di acquisto nonché la restituzione dell’ICI pagata durante la pendenza del giudizio. La convenuta eccepiva invece un proprio credito per canoni versati nelle more del precedente giudizio di accertamento dell’azione di riscatto. Il Tribunale accolse entrambe le domande, attraverso la compensazione dei crediti quanto agli interessi stabilì che gli stessi decorressero dalla data di passaggio in giudicato della sentenza che aveva accertato la legittimità del riscatto. La decisione era impugnata dall’attrice lamentava l’erronea decorrenza degli interessi, dalla data di passaggio in giudicato della sentenza di accertamento la legittimità del riscatto, invece che dalla scadenza dei tre mesi successivi alla notifica dell’atto con cui la venditrice aveva comunicato di non opporsi al riscatto. Con l’atto di appello si impugnava anche il capo della sentenza con cui era stato riconosciuto il diritto dell’appellata alla restituzione, rectius compensazione dei canoni di locazione maturati medio tempo. Nessun accoglimento trovavano i motivi di appello. La Corte sostenne che il comportamento dell’appellante, così come manifestato in sede di giudizio, in termini di opposizione all’esercizio della prelazione, fosse inconciliabile con quanto invece manifestato con l’atto notificato all’appellata a seguito dell’esercizio del diritto di riscatto da parte della conduttrice. In buona sostanza il Giudice di Appello aveva affermato che il conduttore retraente, il quale abbia continuato a versare i canoni di locazione nelle more del giudizio di accertamento del suo diritto di prelazione, debba versare al terzo acquirente solo il prezzo di acquisto del bene, non quindi i canoni di locazione, con sua sostituzione al terzo nel contratto di compravendita con effetti ex tunc . In altri termini il terzo non aveva alcun diritto di ricevere dal conduttore retraente i canoni di locazione maturati dal momento della vendita degli immobili cui era subentrato, sempre da tale data il medesimo conduttore. Di differente avviso la terza acquirente la quale sosteneva che sino alla sentenza di accertamento della legittimità del diritto di riscatto l’unico titolo che consentisse alla conduttrice di restare nella detenzione del bene fosse il contratto di locazione, sicché in ragione di tale titolo avrebbe dovuto, a suo parere, procedere con il pagamento del canone. L’interpretazione degli artt. 38 e 39 l. n. 392/1978. La decisione era quindi impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione. Dei motivi proposti quello che desta particolare interesse attiene alla interpretazione della norma sul diritto di riscatto di cui agli artt. 38 e 39 l. n. 392/1978. L’impugnante terzo acquirente sosteneva che per il tempo intercorrente tra l’esercizio del diritto di riscatto ed il passaggio in giudicato della sentenza, che ne accertava l’efficacia, il contratto di locazione fosse l’unico titolo idoneo a giustificare la detenzione dell’immobile, con conseguente suo diritto alla percezione dei canoni di locazione. Il motivo è stato considerato infondato dagli Ermellini i quali evidenziavano come sul punto la Giurisprudenza di legittimità avesse assunto orientamenti differenti. Il primo indirizzo minoritario i canoni di locazione sono dovuti medio tempore. Secondo una prima corrente seguita da Cass. Civ. n. 11348/10 il conduttore, nella pendenza del giudizio relativo all’accertamento del legittimo esercizio del suo diritto di prelazione violato, avrebbe dovuto continuare a corrispondere al terzo acquirente il canone di locazione, giacché solo l’esito favorevole del processo gli avrebbe fatto acquistare la proprietà dell’immobile. Il secondo indirizzo consolidato medio tempore i canoni non sono dovuti. Un diverso orientamento consolidato seguito da Cass. Civ. n. 25230/15, Cass. Civ. n. 25495/16 Cass. Civ. n. 18644/11 riteneva invece che il conduttore violato nel suo diritto di prelazione si sostituirebbe al terzo acquirente con effetto ex tunc , subentrando quindi nella sua stessa posizione sin dal momento del trasferimento del bene, con conseguente illegittimità della pretesa di richiedere allo stesso il pagamento dei canoni di locazione, dovendo egli versare solo il prezzo di acquisto dell’immobile. Questo secondo orientamento è stato accolto anche dalla Corte di Cassazione con la pronuncia odierna, che ha pertanto confermato la correttezza dell’operato dei giudici di seconde cure. La decorrenza degli interessi compensativi. Anche con riferimento alla decorrenza degli interessi la decisione è stata confermata. A tale riguardo è il caso di rammentare come l’art. 39 l. n. 392/78 preveda che, ove sia stato esercitato il diritto di riscatto, il versamento del prezzo deve essere effettuato entro il termine di tre mesi che decorrono, quando non vi sia opposizione al riscatto, dalla prima udienza del relativo giudizio, o dalla ricezione dell'atto notificato con cui l'acquirente o successivo avente causa comunichi prima di tale udienza di non opporsi al riscatto. Se per qualsiasi motivo, l'acquirente o successivo avente causa faccia opposizione al riscatto, il termine di tre mesi decorre dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio. Orbene essendovi stato nel caso di specie opposizione da parte della ricorrente alla richiesta di esercizio del diritto di riscatto, correttamente i Giudici di merito avevano fatto decorrere gli interessi sul prezzo dalla data di passaggio in giudicato della sentenza che aveva deciso sulla legittimità del diritto di prelazione. Tanto anche ai sensi di quanto disposto dall’articolo 1499 c.c. che, come noto, prevede che qualora la cosa venduta e consegnata al compratore produca frutti o altri proventi, decorrono gli interessi sul prezzo, anche se questo non è ancora esigibile.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 21 febbraio – 12 ottobre 2018, n. 25376 Presidente Armano – Relatore Pellecchia Fatti di causa 1. Nel 2007, la Seven 2000 S.r.l. convenne in giudizio la omissis S.r.l. in bonis al fine di sentirla condannare al pagamento del prezzo dell’immobile divenuto di proprietà della convenuta, già conduttrice dello stesso immobile, a seguito dell’esercizio del riscatto ex art. 39 L. 392/1978, così come accertato con sentenza del Tribunale di Roma passata in giudicato per effetto della sentenza della Corte di Cassazione n. 24294 del 14 novembre 2006. L’attrice chiese altresì il pagamento degli interessi sul suddetto prezzo a decorrere dal 6 dicembre 2001 e la restituzione dell’ICI versata durante la pendenza del giudizio per l’accertamento della legittimità del riscatto. Si costituì la omissis S.r.l., eccependo un controcredito costituito, fra l’altro, dall’importo corrispondente ai canoni versati medio tempore alla Seven 2000. Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 1681/2009 accolse entrambe le domande, compensando i rispettivi crediti per la parte corrispondente. Il Tribunale stabilì inoltre che, sia gli interessi dovuti dalla omissis alla Seven 2000 sul saldo del prezzo, sia quelli dovuti dalla Seven 2000 alla omissis sui canoni da restituire, decorressero dalla data del passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale che aveva accertato la legittimità del riscatto. 2. Avverso tale sentenza ha proposto appello la Seven censurando la decisione sia per alcuni errori materiali e di calcolo, sia per aver erroneamente riconosciuto il diritto dell’appellata alla restituzione dei canoni di locazione e per aver fatto decorrere gli interessi sul prezzo, anziché dal 22 maggio 2001, cioè alla scadenza dei tre mesi successivi alla notifica dell’atto con cui la Seven aveva comunicato di non opporsi all’esercizio del riscatto, dal passaggio in giudicato della sentenza che aveva deciso la controversia sul riscatto. La decisione, per quel che qui rileva, è stata confermata dalla Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 1585 del 10 marzo 2015. La Corte di Appello, dopo aver preliminarmente rilevato la tardività della comparsa conclusionale depositata dalla Seven 2000, ha ritenuto corretta la decisione del Tribunale di far decorrere gli interessi sul saldo del prezzo dalla data della sentenza che aveva accertato l’operatività del recesso, considerata la condotta della stessa Seven 2000, che in tale giudizio aveva consapevolmente ed ingiustificatamente affermato la decadenza della controparte dal diritto di riscatto, contraddicendo la manifestazione di non opposizione notificata in data 21 febbraio 2001. Ha, infatti, ritenuto che essendo pacifico che il mancato versamento del prezzo non sospende gli effetti del trasferimento della proprietà al retraente, né autorizza il venditore a chiedere la risoluzione del rapporto, ma solo attribuisce il diritto di agire per l’adempimento e per il risarcimento danni”, sulla base di tale principio ha valutato il comportamento della Seven ritenendo che non potesse integrare una consapevole ed ingiustificata contestazione del diritto di controparte in contraddizione con quanto manifestato con l’atto notificato in data 21 febbraio 2006. Gli interessi quindi spettavano alla Seven a decorrere dal 14 novembre 2006. Per quanto riguarda poi la questione relativa l’obbligo di pagamento dei canoni di locazione dovuti dal conduttore al locatore per un immobile oggetto di retratto urbano per il periodo di inefficacia della sentenza che accolga la domanda del conduttore , inefficacia connessa al mancato pagamento del prezzo di riscatto, nel caso di specie il giudice del merito ha evidenziato che la domanda della conduttrice dell’immobile commerciale è stata accolta con sentenza del Tribunale di Roma passata in giudicato perché confermata dalla Cassazione con la quale è stata disposta la sostituzione della medesima all’originario acquirente nel contratto di compravendita la Seven stipulato con la Gufi srl venditore . Pertanto la Corte di merito ha ritenuto che, secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, nel caso di accoglimento della domanda di riscatto del bene alienato in violazione del suo diritto di prelazione, il conduttore retraente che, medio tempore, abbia continuato a detenere l’immobile in forza del contratto di locazione, deve corrispondere al terzo acquirente retrattato solo il prezzo di acquisto e non anche i canoni di locazione, sostituendosi egli con effetto ex tunc nella medesima posizione che il terzo aveva nel negozio di compravendita concluso. Sostiene la Corte d’appello che allo stesso modo che per la prelazione urbana l’esercizio del diritto di riscatto previsto dalla L. n. 392 del 1978, art. 39, a favore del conduttore di immobile urbano adibito ad uso diverso dall’abitazione pretermesso nel caso di vendita del bene locato ha come effetto non la risoluzione del contratto traslativo a vantaggio del terzo e la contestuale formazione di un titolo di acquisto ex nunc a favore del retraente, né un nuovo trasferimento del diritto sul bene dal terzo acquirente al titolare del diritto di riscatto, ma la sostituzione con effetto ex tunc di detto titolare al terzo nella stessa posizione che questi aveva nel negozio concluso, sulla base della propria dichiarazione unilaterale recettizia, sicché la pronuncia che decida positivamente sul valido esercizio di detto diritto potestativo del conduttore è di mero accertamento del già avvenuto trasferimento. Da tale principio la Corte territoriale fa discendere che il terzo acquirente Seven non aveva alcun diritto di ricevere il pagamento dei canoni di locazione maturati successivamente alla data della compravendita degli immobili nella quale è subentrata, con effetto sin da tale data, la omissis . La Corte ha quindi disatteso la tesi sostenuta dalla Seven secondo cui almeno fino al passaggio in giudicato della sentenza di riscatto, l’unico titolo che consenta alla conduttrice di permanere nella detenzione dell’immobile era il contratto di locazione in base al quale era tenuta al pagamento del canone. Ha ritenuto che tale tesi non fosse condivisibile perché si fonda su un presupposto errato detenzione in forza del contratto di locazione e non a titolo di proprietà , mentre l’unico titolo che legittima il retraente a godere del bene è quello dominicale insorto fin dal momento della originaria compravendita effetto sostitutivo ex tunc . È proprio l’art. 1499 c.c. che stabilisce il diritto del venditore a pretendere gli interessi sul prezzo anche quando la cosa produca frutti ed il prezzo non sia immediatamente esigibile. 3. Avverso tale sentenza propone ricorso in Cassazione la Seven 2000 S.r.l., sulla base di tre motivi illustrati da memoria. 3.1. Il fallimento della omissis S.r.l. intimato, non ha svolto difese. Ragioni della decisione 4.1. Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 101 e 190 c.p.c., dell’art. 45 del d.lgs. 7.3.2005 n. 82, dell’art. 4 del d.l. 29.12.2009 n. 193 convertito in legge 22.2.2010 n. 24 e dell’art, 13 del d.m. 21.2.2011 n. 44 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. . La Corte di appello avrebbe erroneamente considerato tardiva la comparsa conclusionale depositata dalla Seven 2000 il 18 settembre 2014, entro il termine di 60 giorni rispetto alla rimessione della causa in decisione, avvenuta all’esito dell’udienza di precisazione delle conclusioni del 6 giugno 2014. Ciò avrebbe costituto un grave vulnus del diritto di difesa per la ricorrente, impedendo alla Corte di considerare argomenti decisivi. Il motivo è infondato. Il ricorrente non indica specificatamente quali sarebbero le difese contenute nella comparsa conclusionale che avrebbero imposto l’accoglimento dell’appello in particolare, non essendo tali difese puntualmente localizzate, ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 6 C.P.C., nell’atto cui dovrebbero afferire, non è dato distinguerle in modo chiaro e netto da quelle svolte in sede di cassazione. Ciò consente, peraltro, di ritenere che la Corte di Appello, nella sentenza impugnata, stante l’ampio riferimento alla comparsa conclusionale e nonostante si adduca il mancato richiamo alla sentenza Cass. 11348/2010 ivi citata , abbia considerato tutte le argomentazioni difensive che sarebbero state versate in detto atto processuale. 4.2. Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 38 e 39 della legge 27.7.1978 n. 392 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. . La Corte di merito avrebbe errato nel ritenere che la perdita della posizione di conduttore, in capo al retraente, si verifichi dal momento in cui il riscatto è stato esercitato e non a partire dal passaggio in giudicato della sentenza che accerta il diritto di riscatto. La giurisprudenza di legittimità non giungerebbe alla conclusione a cui è arrivato il giudice dell’appello, secondo cui la qualità di conduttore verrebbe meno retroattivamente. Al contrario, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11348 dell’11 maggio 2010, indirettamente confermata da ulteriori pronunce, avrebbe stabilito il principio secondo cui il conduttore di immobile destinato ad uso diverso da quello di abitazione, il quale, a seguito della violazione del diritto di prelazione di cui è titolare, abbia esercitato il riscatto, è tenuto a corrispondere il canone di locazione al terzo acquirente il quale è subentrato nella medesima posizione del locatore alienante in conformità del principio generale di cui all’art. 1602 c.c. in pendenza del relativo giudizio, al cui esito favorevole soltanto consegue l’acquisto della proprietà dell’immobile locato. Pertanto, per il tempo intercorrente tra l’esercizio del riscatto ed il passaggio in giudicato della sentenza che ne accerta l’efficacia, il contratto di locazione avrebbe costituito un autonomo titolo, valido ed efficace della corresponsione dei canoni locativi, i quali, quindi, non dovrebbero essere restituiti dalla Seven 2000. Il motivo è infondato. Sul punto, in effetti, la giurisprudenza di legittimità ha assunto orientamenti contrastanti un primo orientamento, espresso da Cass. civ. Sez. III, 11-05-2010, n. 11348, citata dal ricorrente , ha affermato che il conduttore di immobile destinato ad uso diverso da quello di abitazione, il quale, a seguito della violazione del diritto di prelazione di cui è titolare abbia esercitato il riscatto, è tenuto a corrispondere il canone di locazione al terzo acquirente il quale è subentrato nella medesima posizione del locatore alienante, in conformità al principio generale enunciato dall’art. 1602 cod. civ. in pendenza del relativo giudizio, al cui esito favorevole soltanto consegue l’acquisto della proprietà dell’immobile locato. Occorre peraltro osservare che tale orientamento trova conforto nella giurisprudenza che afferma che il conduttore di immobile urbano adibito a uso non abitativo, che ai sensi dell’art. 39 della legge 27 luglio 1978 n. 392 ha esercitato il diritto di riscatto del bene, alienato a un terzo in violazione del suo diritto di prelazione, e che ha continuato anche dopo l’alienazione a detenere l’immobile in forza del contratto di locazione, deve nei termini di legge corrispondere al retrattato il solo prezzo non rivalutato e non anche interessi compensativi sullo stesso da quest’ultimo pretesi in analogia con la disposizione contenuta nell’art. 1499 cod. civ. poiché la detenzione e il godimento della cosa dopo l’alienazione avevano titolo nel pagamento dei canoni, corrisposti in forza del rapporto di locazione Cass. civ. Sez. III, 04/10/1996, n. 8713 Cass. civ. Sez. III, 20/04/2001, n. 5913 Civ., Sez. III, 29/09/2005, n. 19156 Cass. civ. Sez. III, 19/01/2010, n. 699 . In particolare, Cass. civ. Sez. III, 04/10/1996, n. 8713 evidenzia che il riconoscimento dell’obbligo di pagamento degli interessi ex art. 1499 c.c. implicherebbe l’accertamento che il conduttore-retraente, rimasto nella detenzione dell’immobile, non abbia corrisposto canoni locativi. Inoltre, la medesima sentenza afferma che la questione della eventuale debenza degli interessi ex art. 1499 c.c. dipendente, come si è visto, dall’avvenuto pagamento dei canoni è indipendente dalla retroattività del riscatto riconosciuto con provvedimento giudiziale. un secondo orientamento, espresso da Cass. civ. Sez. III, 29-11-2011, n. 25230, su cui si fonda la sentenza impugnata, ha invece ritenuto che il conduttore il quale, anche dopo la alienazione del bene locato in violazione del suo diritto di prelazione, abbia continuato a detenere l’immobile in forza del contratto di locazione deve corrispondere al retrattato solo il prezzo di acquisto e non i canoni di locazione, sostituendosi egli con effetto ex tunc nella medesima posizione che il terzo aveva nel negozio concluso. Tale sentenza si basa su una giurisprudenza consolidata Cass. 25495/2016 Cass. n. 18644/2011 Cass. 5369/2009 Cass. n. 28907/2008 Cass. civ. Sez. III, 12/01/2006, n. 410 Cass. 17433/2006 cui il collegio intende dare seguito. L’unico titolo che legittima il retraente a godere del bene è quello dominicale, insorto fin dal momento della originaria compravendita effetto sostitutivo ex tunc . Pertanto con congrua e logica motivazione, scevra da vizi logico giuridici, la sentenza impugnata ha escluso che il conduttore-retraente omissis fosse obbligato a versare al retrattato Seven i canoni di locazione ed ha invece riconosciuto l’obbligo dello stesso retraente di corrispondere al retrattato gli interessi compensativi sul prezzo dell’immobile, in analogia con quanto previsto dall’art. 1499 c.c., che stabilisce il diritto del venditore a pretendere gli interessi sul prezzo anche quando la cosa produca frutti ed il prezzo non sia immediatamente esigibile. 4.3. Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione, sotto altro profilo, degli artt. 38 e 39 della legge 27.7.1978 n. 392 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. . La Corte di Appello, nel fondare la decorrenza degli interessi dalla data del passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale di Roma che aveva accertato la legittimità del riscatto, invece che dal 22.5.2001, cioè alla scadenza dei tre mesi successivi alla notifica dell’atto con cui la Seven aveva comunicato di non opporsi all’esercizio del riscatto da parte della omissis , non avrebbe considerato che la Seven 2000 non aveva contestato il diritto della omissis al riscatto, ma la decadenza della stessa società per non aver versato il prezzo nei tre mesi successivi all’esercizio di tale diritto. Tale posizione, differentemente da quanto ritenuto dalla Corte, non sarebbe stata ingiustificata poiché il mancato versamento del prezzo da parte del retraente costituirebbe causa di risoluzione del trasferimento coattivo del diritto reale. La risoluzione per inadempimento, infatti, sarebbe un rimedio generale contro la violazione della corrispettività a prescindere dalla fonte del rapporto, anche se questa non sia contrattuale ma legale. Il motivo è infondato. In tema di riscatto di immobile urbano con riguardo al termine del pagamento del prezzo che deve essere effettuato entro tre mesi decorrenti dalla prima udienza del relativo giudizio ovvero dal passaggio in giudicato della sentenza che lo definisce a seconda che vi sia stata o meno opposizione da parte del retrattato, l’ampia formulazione dell’art. 39 della l. n. 392 del 1978 che ha riguardo a qualsiasi motivo per il quale l’acquirente faccia opposizione comporta che va considerata tale non soltanto quella inerente ai motivi che investono la sussistenza di tutte le condizioni soggettive e oggettive necessarie ai fini dell’utile esercizio del riscatto, ma anche tutte quelle opposizioni che in qualsiasi modo operano perché il diritto potestativo del retraente, di subentrare nella qualità di acquirente con effetti ex tunc , non trovi immediata e diretta soddisfazione Cass. civ. Sez. III, 07/07/1999, n. 7031 . Di conseguenza, essendo qualificabile quale opposizione il comportamento della ricorrente che, di fronte al mancato versamento del prezzo, ha resistito nel giudizio promosso dalla omissis affermando la decadenza della stessa dal diritto di esercitare il riscatto, correttamente la Corte di Appello ha stabilito che il termine per il versamento del prezzo decorreva dalla data del passaggio in giudicato della sentenza che aveva definito il giudizio e che, di conseguenza, gli interessi sul prezzo dovuti dalla omissis decorrono dalla medesima data. Difatti gli interessi decorrono dal passaggio in giudicato della sentenza e non dalla data in cui il prezzo è esigibile cioè tre mesi dopo il passaggio in giudicato della sentenza in virtù dell’art. 1499 c.c., che stabilisce che il venditore ha il diritto di pretendere gli interessi sul prezzo anche quando la cosa venduta produca frutti e il prezzo non sia immediatamente esigibile. 5. In considerazione del fatto che l’intimata non ha svolto difese non occorre provvedere sulle spese. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.