Il rapporto fra il diritto azionato in giudizio e la modifica della domanda

La questione relativa alla novità della domanda è correlata all’individuazione del bene di cui si chiede la tutela in giudizio. Ciò significa che non c’è un mutamento della domanda, nel caso in cui più norme concorrano a tutelare un unico diritto azionato, dovendosi, invece, presupporre che il cambiamento della domanda implichi anche il mutamento del corrispondente diritto e non solo della sua qualificazione giuridica.

Questo è il principio affermato dalla Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile, con la sentenza numero 23167/18, depositata il 27 settembre 2018, la quale continua dicendo che se una delle parti invochi, a fondamento della sua pretesa, uno strumento normativo ulteriore, rispetto a quelli originariamente richiamati, mantenendo però invariati i fatti posti a fondamento della stessa, non si avrà la modifica del diritto soggettivo per il quale si è chiesta la tutela e conseguentemente, non si avrà nemmeno la mutatio libelli . Il fatto. La Suprema Corte si è pronunciata sul ricorso presentato, dal conduttore di un appartamento, concessogli in locazione ad uso abitativo, dalla precedente proprietaria, nei confronti del successivo acquirente, per ottenere la declaratoria d’inefficacia della vendita. Il conduttore lamentava la violazione del diritto di prelazione che egli vantava, in caso di vendita dell’immobile, dal momento che la precedente proprietaria non gli aveva comunicato la sua intenzione di vendere l’immobile, così impedendogli di esercitare la prelazione. La domanda dell’attore, tuttavia, era stata rigettata sia in primo grado, che in sede d’impugnazione, innanzi alla Corte d’Appello, che aveva ritenuto che egli fosse incorso in un’inammissibile mutatio libelli , dal momento che aveva agito nei confronti della convenuta acquirente facendo riferimento alla prelazione convenzionale ed introducendo il riferimento alla prelazione legale solo con la prima memoria ex art. 183, comma 5, c.p.c. Avverso tale ultima decisione, veniva proposto ricorso per Cassazione. La relazione fra il mutamento della domanda ed il diritto azionato. La Corte di Cassazione, con la pronuncia in esame, ha voluto innanzitutto chiarire la reale portata del concetto di mutatio libelli , affermando che la questione relativa all’eventuale novità della domanda è correlata all’individuazione del bene di cui si chiede la tutela in giudizio. Ciò significa che non vi è un mutamento della domanda, nel caso in cui più norme concorrano a tutelare un unico diritto azionato, dovendosi, invece, presupporre che il cambiamento della domanda implichi anche un mutamento del corrispondente diritto e non solo della sua qualificazione giuridica. Perciò se una delle parti invochi, a fondamento della sua pretesa, uno strumento normativo ulteriore, rispetto a quelli originariamente richiamati, mantenendo però invariati i fatti posti a fondamento della stessa, non si avrà una modifica del diritto soggettivo per il quale si è chiesta la tutela e conseguentemente, non si avrà nemmeno una mutatio libelli sentenza numero 9333/2016 . Secondo la Suprema Corte, inoltre, la modificazione della domanda, può ritenersi ammissibile anche ove riguardi entrambi i suoi elementi oggettivi, cioè il petitum e la causa petendi , purché essa rimanga comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e purché detta modifica non comprometta le potenzialità difensive delle altre parti o non provochi un allungamento dei tempi processuali sentenze numero 26782/2016 e 28385/2017 . La prelazione legale e convenzionale sugli immobili locati. La Corte di Cassazione, infine, con riferimento alla fattispecie giuridica oggetto del giudizio, ha anche affermato che, dal momento che l’attore aveva fondato le proprie pretese giudiziali facendo esclusivo riferimento alla prelazione prevista, in suo favore, dagli articoli 38 e 39 l. numero 392/1978 e senza alcuna specifica qualificazione della sua natura giuridica, non poteva sussistere alcuna mutatio libelli . Il diritto di riscatto degli immobili concessi in locazione ad uso abitativo, riconosciuta al conduttore, dall’art. 3 l. numero 431/1998, unitamente agli articoli 38 e 39 l. numero 392/1978, è conseguenza di una prelazione legale, ma può anche concorrere con una prelazione convenzionale. Spetterà, quindi, al giudice di merito la qualificazione della fattispecie concreta, sulla base dei fatti complessivamente dedotti in giudizio.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 22 maggio 2018 – 27 settembre 2018, n. 23167 Presidente Armano – Relatore Di Florio Svolgimento del processo 1. D.B.A. ricorre, affidandosi a quattro motivi illustrati anche con memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Firenze che aveva respinto l’impugnazione proposta avverso la pronuncia del Tribunale di rigetto della sua domanda volta ad ottenere, nei confronti di U.F. , la declaratoria di inefficacia della vendita dell’appartamento da lui condotto in locazione, con contratto stipulato per uso abitativo con la precedente proprietaria B.M.G. , rispetto al quale, vantando il diritto di prelazione sull’acquisto dell’immobile in virtù di quanto convenzionalmente pattuito e deducendo che l’offerta di vendita non gli era stata comunicata, aveva agito per far valere il diritto di riscatto previsto dagli artt. 38 e 39 L. 392/1978. 2. Le parti intimate hanno resistito con controricorso. Ragioni della decisione 1. Il ricorrente deduce a. con il primo motivo, ex art. 360 n 3 e 5 cpc, la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cpc e dell’art. 1362 cc in relazione alla regola in claris non fit interpretatio lamenta che l’interpretazione della Corte territoriale aveva impedito la tutela del suo diritto di riscattante, visto che egli aveva agito, fin dall’inizio, con riferimento agli artt. 38 e 39 L. 431/98, applicabili anche alle locazioni abitative. b. con il secondo motivo, ex art. 360 n 3 cpc, la violazione e falsa applicazione dell’art. 183 co. 5 cpc come novellato dalla L. 534/1995 ratione temporis vigente lamenta che la Corte era incorsa in error in procedendo nell’applicazione della legge in quanto la modifica della domanda doveva ritenersi sempre ammessa nei limiti dell’art. 183 co. 5 cpc ed aveva anche pronunciato in contrasto con il principio jura novit curia. comma con il terzo motivo, ancora, lamenta ex art. 360 n 3 cpc la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 n. 1 lett. G L. 431/1998 ed art. 39 L. 392/1978 nonché la violazione dell’art. 112 cpc ed, ex art. 360 n 5 cpc, la violazione degli artt. 1334, 1335 e 99 cpc., deducendo la natura reale della domanda. Contesta la differenza che la Corte territoriale aveva delineato fra prelazione commerciale e prelazione abitativa, escludendo erroneamente che il riscatto esercitato avesse effetti reali e si duole del fatto che la Corte, evidenziando la differenza fra le due fattispecie, avesse ritenuto sussistente una mutatio libelli. d. con il quarto motivo, il ricorrente deduce il vizio di motivazione, ex art. 360 n 5 cpc, sui requisiti da lui posseduti per l’esercizio del diritto di riscatto anche in relazione all’art. 116 cpc in tema di prove legali , stante il contenuto confessorio in relazione agli artt. 2730 c.c e 238 cpc lamenta che non era stato adeguatamente valutata la disdetta inviata, ritenuta ingiustamente irrilevante. 2. I primi tre motivi devono essere congiuntamente esaminati in quanto sono strettamente collegati fra loro sotto il profilo logico. La sentenza impugnata, nel confermare la pronuncia di primo grado, ha affermato che esistono marcate differenze tra la prelazione abitativa e la prelazione commerciale cfr. pag. 9 della sentenza e che, avendo l’attore agito nei confronti della convenuta acquirente - che ha provveduto a chiamare in causa la venditrice, sua dante causa e locatrice del D.B. - solo con riferimento alla prelazione convenzionale contenuta in una clausola del contratto di locazione era incorso in una inammissibile mutatio libelli, avendo introdotto il riferimento alla prelazione legale solo con la memoria ex art. 183 cpc modificando, in tal modo, la causa petendi originariamente prospettata. 2.1. I motivi in esame, sia pur sotto i diversi profili sopra richiamati, criticano la pronuncia della Corte territoriale proprio in relazione a tale impostazione assumendo che il giudizio era stato fin dall’inizio proposto con riferimento agli artt. 38 e 39 della L. 392/1978, applicabili anche alle locazioni abitative ex art. 3 lettera G L. 431/1998, e che i fatti dedotti a sostegno della domanda proposta nei confronti dell’acquirente, che aveva chiamato in causa la venditrice che aveva resistito in giudizio per essere tenuta indenne da ogni pretesa - non avevano subito alcuna modifica, ragione per cui la pronuncia di rigetto doveva ritenersi viziata per violazione di legge. 2.1. Le tre censure sono fondate. Deve premettersi che questa Corte ha avuto modo di chiarire che a. la questione relativa alla novità, o meno, di una domanda giudiziale è correlata all’individuazione del bene della vita in relazione al quale la tutela è richiesta, per cui non può esservi mutamento della domanda ove si sia in presenza di un ipotetico concorso di norme, anche solo convenzionali, a presidio dell’unico diritto azionato, presupponendo il cambiamento della domanda la mutazione del corrispondente diritto, non già della sua qualificazione giuridica. Ne consegue che se l’attore invoca, a fondamento della propria pretesa, un presidio normativo ulteriore rispetto a quello originariamente richiamato, fermi i fatti che ne costituiscono il fondamento, ciò non determina alcuna mutatio libelli , restando invariato il diritto soggettivo del quale è richiesta la tutela. cfr. Cass. 9333/2016 b. La modificazione della domanda ammessa ex art. 183 c.p.comma può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa petitum e causa petendi , sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali. cfr. ex multis Cass. SSUU 12310/2015 Cass. 3806/2016 Cass. 26782/2016 Cass. 6389/2017 Cass. 27566/2017 Cass. 28385/2017 comma in tema di locazione di immobile adibito ad uso abitativo, nel vigore della legge 9 dicembre 1998, n. 431, al conduttore spetta il diritto di prelazione e, quindi, di riscatto , nei confronti del terzo acquirente, solo nel caso in cui il locatore abbia intimato disdetta per la prima scadenza, manifestando in tale atto l’intenzione di vendere a terzi l’unità immobiliare, rispondendo la scelta normativa all’esigenza di compensare il mancato godimento dell’immobile per l’ulteriore quadriennio a fronte dell’utilità per il locatore di poter alienare il bene ad un prezzo corrispondente a quello di mercato degli immobili liberi. cfr. Cass. 5596/2014 . 3. La Corte d’appello non ha fatto corretta applicazione dei principi sopra richiamati infatti il D.B. propose il giudizio con espresso riferimento gli artt. 38 e 39 della L. 392/1978 cfr. atto di citazione di primo grado senza alcuna specifica qualificazione della natura della prelazione invocata e pertanto non escludendo né quella legale né quella convenzionale inoltre, con riferimento alla medesima pretesa di riscatto ed al fatto principale dedotto consistente nel contratto di locazione in essere che non aveva impedito la vendita con garanzia di piena libertà del bene da diritti di prelazione venne tempestivamente prodotta anche la disdetta, mai disconosciuta dalla B. , con la quale la locatrice gli aveva comunicato la propria intenzione di vendere l’immobile entro l’anno 2003 con contestuale avviso che il contratto non sarebbe stato rinnovato alla prima scadenza del 31.3.2004 cfr. docomma 9 prodotto nel fascicolo di primo grado, richiamato e trascritto nel ricorso a pag. 8 tale documento non è stato affatto esaminato dalla Corte territoriale che ha ritenuto erroneamente la sussistenza di una mutatio libelli nelle precisazioni contenute nella memoria ex art. 183 co 5 cpc ratione temporis vigente, precisazioni che, per i principi espressi da questa Corte e sopra richiamati, dovevano essere ricondotti ad una ammissibile emendatio. 4. Il quarto motivo deve ritenersi assorbito. 5. La sentenza deve pertanto essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione per un nuovo esame della controversia sulla base dei seguenti principi di diritto la questione relativa alla novità, o meno, di una domanda giudiziale è correlata all’individuazione del bene della vita in relazione al quale la tutela è richiesta, per cui non può esservi mutamento della domanda ove si sia in presenza di un ipotetico concorso di norme, anche solo convenzionali, a presidio dell’unico diritto azionato, presupponendo il cambiamento della domanda la mutazione del corrispondente diritto, non già della sua qualificazione giuridica il diritto di riscatto, previsto per le locazioni ad uso abitativo dall’art. 3 L. 431/1998 in combinato disposto con gli artt. 38 e 39 L. 392/1978, è conseguenza della prelazione legale che può concorrere anche con la prelazione convenzionale, essendo compito del giudice di merito provvedere alla qualificazione della fattispecie concreta sulla base dei fatti complessivamente dedotti e tenuto conto delle parti processuali presenti in giudizio, anche alla luce dei principi di economia processuale e di conservazione delle prove . La Corte di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte, accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia per un nuovo esame della controversia alla Corte d’Appello di Firenze in diversa composizione anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.