Dalla richiesta di adempimento, passando per la risoluzione, fino alla domanda di risarcimento… i dubbi di ammissibilità

In tema di risoluzione contrattuale per inadempimento, ai sensi dell’art. 1453 c.c., nel corso del giudizio è possibile esercitare lo ius variandi in modo completo affiancando alla domanda di risoluzione non solo quella di restituzione ma anche quella di risarcimento del danno .

Lo ha ribadito la Cassazione con ordinanza n. 16682/18 depositata il 25 giugno. Il caso. Una società proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo, avente ad oggetto il corrispettivo per alcuni macchinari, emesso dal Tribunale di Palermo su ricorso di un’altra società, la quale eccepiva alcuni ritardi nella consegna e la non conformità delle fornitura all’offerta. Successivamente il contratto veniva risolto. Il Tribunale rigettava l’opposizione e confermava il decreto ingiuntivo. La società creditrice proponeva appello chiedendo l’accoglimento della domanda risarcitoria conseguente alla risoluzione contrattuale tra le parti. La Corte d’Appello, adita in secondo grado, riformando la decisione di prime cure, revocava il decreto ingiuntivo e dichiarava inammissibile la domanda risarcitoria conseguente alla risoluzione contrattuale avanzata dall’appellante. Avverso detta decisione la società appellante ha proposto ricorso per cassazione lamentando l’omessa pronuncia sulla domanda risarcitoria, ex art. 1453, comma 2, c.c. Risolubilità del contratto per inadempimento per aver la Corte territoriale sostenuto che si trattasse di domanda nuova avanzata dal presunto creditore nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ritenendosi la stessa totalmente diversa dal petitum e causa petendi rispetto a quella originaria . Risoluzione e richiesta di risarcimento danni. Osserva la Suprema Corte che dalla sentenza impugnata emerge che la presunta creditrice avesse nel primo grado di giudizio chiesto in subordine la condanna dell’altra società al risarcimento dei danni conseguiti alla risoluzione del contratto e che tale richiesta era stata reiterata nel giudizio di appello. Ciò premesso, continua la Cassazione, la questione promossa dalla ricorrente è riassumibile nei seguiti termini se lo ius variandi previsto dall’art. 1453, comma 2, c.c. abiliti l’attore non solo alla modifica della domanda di adempimento in domanda di risoluzione, ma anche all’introduzione della richiesta di risarcimento del danno . Per risolvere la questione gli Ermellini richiamano una precedente decisione delle Sezioni Unite nella quale veniva enunciato il principio di diritto secondo cui la parte che chieda la risoluzione del contratto per inadempimento nel corso del giudizio dalla stessa promosso per ottenere l’adempimento, ai sensi dell’art. 1453 c.c. può domandare, contestualmente all’esercizio dello ius variandi , oltre alla restituzione della prestazione eseguita, anche il risarcimento dei danni derivanti dalla cessazione degli effetti del regolamento negoziale . Nella fattispecie in esame, secondo la Cassazione, la domanda risarcitoria della ricorrente unitamente alla domanda di risoluzione del contratto fin dal giudizio di primo grado non può considerarsi nuova rispetto a quella di adempimento originariamente introdotta nel giudizio. Per questi motivi la Corte ha accolto il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Palermo.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 5 aprile – 25 giugno 2018, n. 16682 Presidente Tirelli – Relatore Cirese Fatti di causa Con atto di citazione notificato in data 28.7.2000 l’Azienda Usl n. omissis proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Palermo in data 8.6.2000 su ricorso della Gescar s.r.l. ed avente ad oggetto il corrispettivo di tre apparecchi elettromedicali per la somma di Lire 133.608.600 eccependo alcuni ritardi nella consegna nonché la non conformità della fornitura all’offerta. Costituendosi nel giudizio di opposizione, la Gescar s.r.l. con note del 23 marzo 2001 rappresentava che le apparecchiature erano state restituite alla società fornitrice e conseguentemente dichiarava di volere limitare il merito della controversia alla richiesta del solo risarcimento dei danni subiti in conseguenza della risoluzione contrattuale addebitabile unicamente a fatto e colpa della Usl n. omissis . Con sentenza del 30 ottobre 2007 il Tribunale di Palermo rigettava l’opposizione e confermava il decreto ingiuntivo opposto. Interposto appello alla sentenza da parte della Asl n. omissis , la Gescar. s.r.l. chiedeva la conferma della sentenza ed in subordine l’accoglimento della domanda risarcitoria conseguente alla risoluzione contrattuale con condanna della USL n. omissis al pagamento della somma di Lire 65.767.990. Con sentenza n. 698 del 22 aprile 2013 la Corte d’Appello di Palermo, in riforma della sentenza di primo grado, revocava il decreto ingiuntivo opposto, dichiarando inammissibile la domanda risarcitoria avanzata dalla Gescar s.r.l. e condannando quest’ultima al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio. Avverso detta pronuncia la Gescar s.r.l. proponeva ricorso per cassazione articolato in due motivi cui resisteva con controricorso la Usl n. omissis . Ragioni della decisione Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente lamenta l’omessa pronuncia sulla domanda di risoluzione avanzata dalla Gescar s.r.l. ex art. 1453, comma 2, c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. per avere la Corte d’Appello ritenuto la domanda di risoluzione inammissibile in quanto costituente una mutatio libelli senza considerare che il risarcimento era stato chiesto quale logica conseguenza della domanda di risoluzione per fatto e colpa della controparte ex art. 1453, comma 2, c.c. Con il secondo motivo di ricorso parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1453, comma 1, c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. per avere la Corte d’Appello erroneamente dichiarato inammissibile la domanda risarcitoria avanzata dalla Gescar s.r.l I motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente in quanto logicamente correlati, sono fondati. Oggetto di censura è la statuizione della sentenza della Corte d’Appello con la quale è stata dichiarata inammissibile la domanda risarcitoria proposta dalla Gescar s.r.l. trattandosi di domanda nuova avanzata dal presunto creditore nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ritenendosi la stessa totalmente diversa per petitum e causa petendi rispetto a quella originaria di adempimento del contratto avanzata con il ricorso in monitorio. Dalla sentenza gravata emerge che la Gescar s.r.l. sin dal giudizio di primo grado, a seguito della revoca del 3 agosto del 2000 da parte dell’Azienda Usl dell’aggiudicazione della fornitura con il conseguente ritiro delle apparecchiature elettromedicali, aveva chiesto in subordine la condanna dell’Azienda Usl al risarcimento dei danni conseguenti alla risoluzione del contratto avvenuta per fatto e colpa dell’Amministrazione e che tale richiesta era stata reiterata nel giudizio di appello. Ciò posto, le doglianze svolte da parte ricorrente attengono specificamente alla questione se lo ius variandi previsto dall’art. 1453, comma 2, c.c. abiliti l’attore non solo alla modifica della domanda di adempimento in domanda di risoluzione, ma anche all’introduzione della richiesta di risarcimento del danno. Sul punto, componendo un precedente contrasto, le Sez. U. con sentenza n. 8510/2014,hanno enunciato il principio secondo cui La parte che, ai sensi dell’art. 1453, secondo comma, cod. civ., chieda la risoluzione del contratto per inadempimento nel corso del giudizio dalla stessa promosso per ottenere l’adempimento, può domandare, contestualmente all’esercizio dello ius variandi , oltre alla restituzione della prestazione eseguita, anche il risarcimento dei danni derivanti dalla cessazione degli effetti del regolamento negoziale . Come è noto la particolarità della disciplina in esame, prevista dall’art. 1453 c.c. è quella di permettere la modifica della domanda in corso di causa alla parte che, pur avendo introdotto il giudizio per chiedere l’adempimento, riveda la propria scelta e successivamente formuli la domanda di risoluzione del contratto onde vedere cancellato o rimosso l’assetto di interessi di cui all’originario contratto stipulato. Con la pronuncia citata le Sezioni Unite, chiamate ad interpretare in modo coordinato i due commi dell’art. 1453 c.c., hanno ritenuto che lo ius variandi possa essere esercitato in modo completo affiancando alla domanda di risoluzione non solo quella di restituzione ma anche quella di risarcimento del danno. Nel caso di specie, la domanda risarcitoria avanzata dalla Gescar s.r.l. unitamente alla domanda di risoluzione del contratto fin dal giudizio di primo grado non può considerarsi nuova per petitum e causa petendi rispetto a quella di adempimento originariamente introdotta nel giudizio non essendovi stata alcuna immutazione dei fatti introdotti nel giudizio di primo grado. Ed invero, a fronte della revoca dell’aggiudicazione da parte dell’Azienda Usl n. omissis dell’aggiudicazione della fornitura, la Gescar s.r.l. aveva proceduto al ritiro dei propri materiali reinviandoli alla casa madre con ciò manifestando il venir meno dell’interesse all’adempimento del contratto. Ne deriva, pertanto, che la sentenza va cassata con rinvio alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione per un nuovo esame della domanda di risarcimento del danno demandando altresì al giudice di rinvio la regolamentazione delle spese del giudizio. P.Q.M. In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio.