Vendita di immobili in edilizia convenzionata, prezzo vincolato in tutti i passaggi di proprietà

Il vincolo del prezzo massimo di cessione di immobili realizzati nell’ambito dell’edilizia economica e popolare, ex art. 35 legge n. 865/1971, non spiega efficacia limitata al primo trasferimento, ossia in ordine a quello intervenuto tra il costruttore ed il primo avente causa, ma segue l’immobile, a titolo di onere reale, in tutti i successivi passaggi di proprietà.

Il fatto. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, Seconda Sezione Civile, con sentenza n. 13345/18 del 28 maggio, accogliendo le ragioni degli acquirenti di un immobile. Questi ultimi, in particolare, effettuata la compravendita, venivano a sapere che il fabbricato di cui faceva parte l’immobile acquistato era stato destinato alla cooperativa costruttrice con atto di assegnazione di diritto di superficie dal Comune. Sull’area alienata, pertanto, sussistevano vincoli inerenti la determinazione del prezzo per l’eventuale cessione mentre l’immobile – lamentavano i ricorrenti – era stato loro venduto ad un prezzo notevolmente eccedente il massimo previsto dall’apposita convenzione e dalla legge sull’edilizia convenzionata. Chiedevano pertanto la nullità della pattuizione stipulata in violazione del prezzo, siccome contraria a norme imperative, con sostituzione automatica del prezzo di cessione determinato in base alla convenzione tra il Comune e la cooperativa costruttrice. Una censura respinta dai giudici di merito, laddove la Corte territoriale rilevava che l’obbligo di contenimento dei prezzi di cessione degli immobili costruiti sulla base di concessione rilasciata con contributo ridotto, gravava esclusivamente sul costruttore titolare della concessione medesima, e non anche sull’acquirente dell’immobile che intendesse, a sua volta, rivenderlo. Il vincolo del prezzo di cessione segue il bene. Una decisione, quest’ultima, non condivisa dalla Corte di Cassazione – cui si erano rivolti gli acquirenti impugnando il provvedimento – sulla scorta di un recente pronunciamento delle Sezioni Unite in materia. I Giudici Supremi ribadiscono che il vincolo del prezzo massimo di cessione dell’immobile in edilizia agevolata ex art. 35 Legge n. 865/1971, qualora non sia intervenuta la convenzione di rimozione ex art. 31, comma 49- bis, Legge n. 448/1998, segue il bene nei passaggi di proprietà, a titolo di onere reale, con efficacia indefinita, attesa la ratio legis di garantire la casa ai meno abbienti, senza consentire operazioni speculative di vendita. In tal caso, pertanto, la clausola negoziale contenente un prezzo difforme da quello vincolato è affetta da nullità parziale e sostituita di diritto, ex art. 1419, comma 2, e 1339 c.c., con altra contemplante il prezzo massimo determinato in forza dell’originaria convezione di concessione. La presente sentenza rammenta inoltre la differenza tra convezioni cc.dd. P.E.E.P. di cui all’art. 35 Legge n. 865/1971 e la c.d. Legge Bucalossi” oggi, art. 18 d.P.R. n. 380/2001 , chiarendo che solo per quest’ultima sarebbe semmai possibile affermare che unico destinatario di obblighi e divieti è il costruttore/concessionario. Non così per le convenzioni P.E.E.P., ove la norma indirizza gli obblighi – tra cui quello di contenimento del prezzo – non solo al costruttore ma erga omnes . Prezzo esorbitante i limiti di legge, clausola nulla sostituita di diritto. Nella fattispecie – ove è incontestato che non sia intervenuta l’apposita convenzione di rimozione del vincolo del prezzo quantificato ex art. 31, comma 49- bis , Legge n. 448/1198 - la clausola sul prezzo convenuto dalle parti, esorbitante i limiti di legge, costituisce una pattuizione nulla. Trattandosi tuttavia di nullità parziale, conclude la Corte Suprema, il contratto deve essere eterointegrato art. 1339 c.c. con il prezzo imposto dall’apposita convezione. Ciò premesso, si impone la cassazione della sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 6 marzo – 28 maggio 2018, n. 13345 Presidente Matera – Relatore Carrato Fatti di causa Con atto di citazione notificato nel gennaio 2005, i sigg. G.G. e C.F. deducevano - di aver, in data 13 giugno 2000, stipulato con V.R. e Z.M. un contratto preliminare di compravendita relativo ad un immobile sito nel Comune di omissis in via omissis , int. 18 , con annesso posto auto distinto con il n. 18 per il prezzo di Lire 370.000.000 - di aver, poi, concluso il 6 febbraio 2002, l’atto definitivo di compravendita con V.F., al quale i promittenti venditori avevano, nelle more, ceduto il predetto immobile, corrispondendo la pattuita somma di Lire 370.000.000 corrispondente ad Euro 191.089,05 come prevista nel preliminare, ancorché nell’atto pubblico fosse stato indicato un prezzo di vendita pari ad Euro 81.000,00 e tale importo fosse stato interamente quietanzato dalla parte promittente alienante - che l’immobile oggetto di vendita era pervenuto alla parte alienante con atto di assegnazione di alloggio adottato dalla omissis a r.l. ed il suolo sul quale era stato edificato il fabbricato di cui lo stesso faceva parte era stato destinato alla cooperativa costruttrice con atto di assegnazione di diritto di superficie ricevuto dal segretario comunale dell’anzidetto Comune in data 6 luglio 1985 - che il 12 luglio 2004 essi attori avevano acquistato con atto a rogito notaio R. la proprietà dell’area già concessa in diritto di superficie sulla quale insisteva il menzionato immobile oggetto della compravendita che, in tale occasione, essi erano venuti a conoscenza dell’esistenza di vincoli inerenti alla determinazione del prezzo dell’eventuale cessione dell’alloggio - che la convenzione regolatrice del diritto di superficie stipulata nella indicata data del 6 luglio 1985, richiamata nell’atto pubblico del 12 luglio 2004, prevedeva i criteri di determinazione del prezzo di vendita e che il subentrante sarebbe stato immesso nella posizione giuridica del concessionario convenzionato relativamente ai diritti, oneri ed obblighi nascenti e derivanti dalla convenzione, il cui art. 13 riportava quanto previsto dall’art. 35 della legge n. 865/1971 - che, per effetto di tali vicende, ne conseguiva che i sigg. V.R. e Z.M. avevano promesso in vendita e, successivamente, V.F. aveva alienato l’immobile in questione ad un prezzo notevolmente eccedente quello massimo previsto dalla convenzione e dalla legge sull’edilizia convenzionata, la quale prevedeva la nullità della pattuizione stipulata in violazione del prezzo. Sulla base di tale complessiva rappresentazione fattuale, i suddetti G.G. e C.F. convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Savona V.R., Z.M. e V.F., chiedendo di dichiarare nullo ed illegittimo, ai sensi dell’art. 1419 c.c., siccome contrario a norme imperative, il prezzo pattuito di Lire 370.000.000 nel preliminare sottoscritto il 13 giugno 2000 e, per quanto occorreva, di dichiarare la nullità del prezzo convenuto nell’atto di compravendita del 6 febbraio 2002 chiedevano, inoltre, di dichiarare la simulazione del prezzo pari ad Euro 81.000,00 indicato nell’atto pubblico di compravendita, poiché il prezzo realmente pagato era corrispondente alla somma di Lire 370.000.000, nonché di dichiarare ed ordinare ai sensi dell’art. 1339 c.c. la sostituzione automatica del prezzo di cessione dell’alloggio determinato in base ai criteri stabiliti dalla convenzione tra il Comune di OMISSIS e la OMISSIS s.c.r.l. e dalla legge con il prezzo pattuito nel preliminare di vendita ed effettivamente corrisposto ai convenuti per l’acquisto dell’immobile e, conseguentemente, dichiarare tenuti e condannare gli stessi convenuti in solido fra loro o ciascuno di essi in ragione di quanto effettivamente percepito alla restituzione, in loro favore, della somma di Euro 128.042,00. Nella costituzione di tutti i convenuti, il Tribunale di Savona, con sentenza n. 1039/2008, respingeva la domanda attorea e condannava gli stessi attori alla rifusione delle spese processuali. Interposto gravame da parte dei medesimi attori soccombenti, al quale resistevano tutti gli appellati, la Corte di appello di Genova, con sentenza n. 1031/2013 depositata il 5 settembre 2013 , rigettava l’impugnazione e compensava integralmente tra le parti le spese del grado. A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte ligure, ricostruito il quadro normativo ratione temporis applicabile alla vicenda processuale in questione, ravvisava l’infondatezza del primo motivo circa l’invocata sussistenza della prospettata nullità per effetto delle norme richiamate e, in ogni caso, rilevava che l’obbligo di contenimento dei prezzi di cessioni di immobili costruiti sulla base di concessione edilizia rilasciata con contributo ridotto, nei limiti della convenzione-tipo approvata dalla Regione, gravava soltanto sul costruttore titolare della concessione o su colui che in questa era subentrato ma non anche sull’acquirente dell’immobile che intendesse, a sua volta, rivenderlo. Per effetto delle ragioni del rigetto della prima doglianza, la Corte territoriale riteneva assorbito il secondo motivo relativo all’accertamento della domanda di simulazione del prezzo contenuto nel contratto definitivo di compravendita, compensando, tuttavia, le spese del giudizio di secondo grado in dipendenza della ravvisata complessità della controversia e dell’elevato grado di difficoltà di ricostruzione della disciplina normativa applicabile. Avverso la suddetta sentenza di appello hanno proposto ricorso per cassazione G.G. e G.F. quest’ultima succeduta a C.F. e già costituita in secondo grado , articolato in due motivi, al quale hanno resistito con controricorso gli intimati V.R., Z.M. e V.F La difesa dei ricorrenti ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo i ricorrenti hanno dedotto - in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. - il vizio di violazione e/o falsa applicazione dell’art. 35 della legge n. 865/1971, sul presupposto dell’asserita illegittimità della decisione impugnata nella parte in cui aveva ritenuto che la suddetta disposizione normativa prevedeva un regime differenziato tra gli alloggi edificati in aree concesse in diritto di superficie per le quali - secondo il giudice del merito - non era stata prevista alcuna diretta limitazione del prezzo di vendita dall’assegnatario al subentrante e gli alloggi costruiti in regime di piena proprietà per i quali, invece, la normativa avrebbe previsto la nullità della pattuizione di prezzo eccedente il limite legale . In senso contrario secondo la difesa dei ricorrenti - il citato art. 35 disciplinerebbe unitariamente le ipotesi di concessione in diritto di superficie, nonché le cessioni in proprietà e non vi sarebbe alcuna differenziazione tra le due differenti ipotesi in relazione alla determinazione del prezzo di cessione degli alloggi, ove questa sia consentita, i cui criteri devono essere stabiliti dalla convenzione tra l’Amministrazione concedente ed il richiedente, come del resto sancito dalla lett. e del comma ottavo del medesimo art. 35 in questione. Di conseguenza, doveva ritetersi che l’impugnata sentenza fosse incorsa nella denunciata violazione di legge in quanto con essa era stato statuito, per l’appunto in spregio all’art. 35 della L. n. 865/1971, che gli originari assegnatari dell’alloggio dedotto in giudizio fossero facultizzati ad alienare l’alloggio stesso a prezzo di mercato ancorché i loro aventi causa non potessero alienare il medesimo alloggio a tale prezzo sino alla scadenza del trentesimo anno dal giorno della stipula della convenzione 6 luglio 1985 e, di conseguenza, fosse inapplicabile l’art. 1339 c.c. che prevede l’inserzione automatica del prezzo determinato in base alla conclusa convenzione e la sua sostituzione col prezzo pattuito nel preliminare di compravendita. 2. Con la seconda censura i ricorrenti hanno prospettato - in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. - l’omesso esame circa il fatto, ritenuto decisivo per il giudizio, con riferimento alla valutazione dell’incidenza delle prescrizioni imposte dall’amministrazione comunale ad essi ricorrenti come risultanti dall’atto pubblico di compravendita del 12 luglio 2004 per notaio R., che si sarebbero dovute ritenere contrastanti con la ritenuta possibilità per gli assegnatari degli alloggi di edilizia popolare ed economica di alienare gli alloggi a prezzo di mercato. 3. Rileva il collegio che la prima censura è fondata e, pertanto, merita accoglimento per le ragioni che seguono. Il contestato decisum della Corte genovese è stato, infatti, recentemente superato in senso difforme con la sentenza delle Sezioni unite di questa Corte n. 18135 del 2015 che - risolvendo la questione di massima di particolare importanza individuata in materia - ha stabilito il principio di diritto secondo cui il vincolo del prezzo massimo di cessione dell’immobile in regime di edilizia agevolata ex art. 35 della L. n. 865 del 1971, qualora non sia intervenuta la convenzione di rimozione ex art. 31, comma 49 bis, della L. n. 448 del 1998, segue il bene nei passaggi di proprietà, a titolo di onere reale, con efficacia indefinita, attesa la ratio legis di garantire la casa ai meno abbienti, senza consentire operazioni speculative di rivendita . In termini essenziali, questa Corte, con il citato arresto giurisprudenziale, ha statuito che il vincolo del prezzo massimo di cessione di immobili realizzati nell’ambito dell’edilizia economica e popolare ai sensi dell’art. 35 della citata legge n. 865/1971 non spiega efficacia limitata al primo trasferimento, ovvero in ordine a quello intervenuto tra il costruttore ed il primo avente causa, ma segue l’immobile, a titolo di onere reale, in tutti i successivi passaggi di proprietà. Le Sezioni unite, nel privilegiare questa opzione dogmatica, hanno sottolineato la differenza tra le convenzioni cc.dd. P.E.E.P. di cui all’art. 35 della legge n. 865/1971 e la c.d. legge Bucalossi artt. 7 e 8, L. n. 19/1977, oggi inseriti nell’art. 18 del d.P.R. n. 380/2001 , chiarendo che solo per quest’ultima sarebbe possibile affermare che unico destinatario di obblighi e divieti è il costruttore/concessionario, per espressa formulazione di legge così non è per le convenzioni P.E.E.P., ove la norma non indirizza gli obblighi al solo costruttore, bensì erga omnes . Da ciò consegue che, per le convenzioni P.E.E.P., i prezzi imposti sono vincolanti per tutti gli aventi causa, a prescindere dal decorso del tempo. A questa soluzione le Sezioni unite sono pervenute anche valorizzando le indicazioni implicitamente scaturenti da un sopravvenuto recente intervento normativo. Infatti, con il decreto legge 13 maggio 2011, n. 70 e, specificamente, con il suo art. 5, comma 3 bis è stato introdotto il comma 49 bis nell’art. 31 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, il quale prevede oggi che il vincolo del prezzo massimo di cessione contenuto in una convenzione P.E.E.P. possa essere rimosso, a richiesta del proprietario dell’alloggio, trascorsi cinque anni dalla data del primo trasferimento, mediante una apposita convenzione stipulata con il Comune, da redigere in forma pubblica e soggetta a trascrizione, contestualmente al versamento di un corrispettivo determinato dal Comune medesimo secondo i parametri indicati nella legge. Da tale previsione normativa emerge, dunque, con chiarezza - sempre ad avviso delle Sezioni unite - che il vincolo attinente al prezzo massimo di cessione non è affatto limitato alla sola vendita intervenuta tra il costruttore e il primo acquirente, ma segue il bene, a titolo di onere rectius vincolo reale, in tutti i successivi passaggi di proprietà, persistendo fino a quando non sia stato rimosso mediante la stipula di un’apposita convenzione con il Comune. Tale soluzione, oltre che rispondente al dato normativo, si pone in sintonia anche con la stessa ratio della legge. Il permanere del vincolo di prezzo, infatti, evita che le agevolazioni concesse si trasformino in uno strumento di speculazione non solo in relazione alla prima vendita, ma anche con riguardo a quelle successive, consentendo di far raggiungere all’immobile lo scopo pubblico a cui esso è preordinato dalla legge in occasione di tutti i successivi passaggi di proprietà. Da tutta questa ricostruzione discende che la clausola sul prezzo convenuta dalle parti, esorbitante i limiti di legge, costituisce una pattuizione nulla tuttavia, trattandosi di una nullità parziale, il contratto deve essere eterointegrato ex art. 1339 c.c. con il prezzo imposto dalla legge. Né - hanno rimarcato le Sezioni unite - sarebbe possibile contestare che il prezzo è contenuto in una convenzione, e non nella legge le convenzioni in quanto promananti in forza di . delega legislativa, traggono da quest’ultima, direttamente, il carattere di imperatività e pertanto debbono ritenersi compresi nella previsione dell’art. 1339 c.c. . Si viene così a costituire una relatio autorizzata della legge all’accordo urbanistico. Da qui l’affermazione della conclusione finale in base alla quale può essere accolta la domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo della promittente venditrice di concludere il contratto, con la sostituzione automatica della clausola del prezzo con una somma calmierata e calcolata in base alla legge. In definitiva, con la soluzione interpretativa scelta le Sezioni unite hanno inteso evitare l’effetto che le agevolazioni concesse a soggetti in precarie condizioni economiche per acquistare la proprietà, sia piena che superficiaria, di alloggi costruiti con il contributo dello Stato, si trasformino in uno strumento di speculazione, eludendo così gli scopi perseguiti dalla normativa di settore. Alla stregua di questi condivisibili principi riconfermati anche dalle più recenti Cass. n. 21/2017 e Cass. n. 28949/2917 , pertanto, con riguardo alla controversia cui si riferisce il ricorso, si deve ritenere che si è venuta a configurare la violazione del censurato art. 35 della legge n. 865/1971, nella parte in cui con la sentenza impugnata è stato stabilito che gli originari assegnatari dell’alloggio in base alla convenzione PEEP fossero facultizzati ad alienare l’alloggio stesso a prezzo di mercato ancorché i loro aventi causa non potessero alienare detto alloggio applicando tale prezzo sino alla scadenza del 30 anno dal momento della stipula della convenzione intervenuta, nel caso di specie, il 6 luglio 1985 e, conseguentemente, che fosse inapplicabile l’art. 1339 c.c., il quale prevede l’inserzione automatica del prezzo determinato in base alla conclusa convenzione e la sua sostituzione con il prezzo concordato nel preliminare di compravendita. In senso contrario, invece, bisogna riaffermare il principio - al quale il giudice di rinvio dovrà conformarsi secondo cui il vincolo del prezzo massimo di cessione degli alloggi costruiti, ex art. 35 della legge n. 865 del 1971, sulla base di convenzioni per la cessione di aree in diritto di superficie, ovvero per la cessione del diritto di proprietà se stipulate, quest’ultime, precedentemente all’entrata in vigore della L. n. 179 del 1992, qualora non sia intervenuta la convenzione di rimozione, ex art. 31, comma 49-bis, della L. n. 448 del 1998, segue il bene, a titolo di onere reale, in tutti i successivi passaggi di proprietà, attesa la ratio legis di garantire la casa ai meno abbienti ed impedire operazioni speculative di rivendita in tal caso, pertanto, la clausola negoziale contenente un prezzo difforme da quello vincolato è affetta da nullità parziale e sostituita di diritto, ex artt. 1419, comma 2, e 1339 c.c., con altra contemplante il prezzo massimo determinato in forza della originaria convenzione di cessione . Nella fattispecie oggetto del giudizio è incontestato che non sia intervenuta un’apposita convenzione di rimozione del vincolo del prezzo quantificato in base a quella originaria ai sensi del richiamato art. 31, comma 49-bis, della legge n. 448/1998, come deve ritenersi pacifico che detta nullità parziale - operante per violazione di una norma imperativa - sia rilevabile d’ufficio e, ovviamente, anche su eccezione del cessionario dell’alloggio, con tutte le conseguenze che ne derivano ai fini del riconoscimento del diritto degli acquirenti ad ottenere la restituzione del maggior prezzo versato rispetto a quello massimo di cessione scaturito dall’applicazione dei criteri stabiliti dalla presupposta convenzione. 4. In definitiva, alla stregua delle complessive argomentazioni svolte, deve essere accolto il primo motivo del ricorso, cui consegue l’assorbimento del secondo relativo all’omesso esame delle prescrizioni imposte dall’Amministrazione comunale ai ricorrenti ed emergenti dall’atto pubblico del 12 luglio 2004 per notaio R. , con derivante cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa ad altra Sezione della Corte di appello di Genova che, oltre a conformarsi al principio di diritto precedentemente fissato, provvederà a regolare anche le spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio, ad altra Sezione della Corte di appello di Genova.