Obblighi informativi dell’intermediario ed equilibrio contrattuale

L’inadempimento, da parte dell’intermediario, degli obblighi informativi nei confronti del risparmiatore può giustificare tanto la risoluzione del contratto quadro, quanto quella dei singoli ordini d’investimento ciò nella misura in cui, per la sua importanza, si riveli idoneo a determinare un’alterazione dell’equilibrio contrattuale.

Con la sentenza numero 2199 del 27 dicembre 2017 la Corte d’Appello di Bari, chiamata a risolvere una lite fra clienti e banca avente ad oggetto un investimento in obbligazioni del Gruppo Cirio, sviluppa un articolato percorso motivazionale intorno all’assolvimento degli obblighi informativi da parte dell’intermediario, richiamando al riguardo i punti cardinali tracciati nel tempo dalla Suprema Corte di Cassazione. Il caso. Il Tribunale di Bari, con sentenza numero 862/13 ed in parziale accoglimento delle domande di due risparmiatori tese ad invalidare un investimento in titoli Cirio, condannava la banca convenuta al risarcimento del danno limitato al solo lucro cessante, rappresentato dagli interessi legali maturati sulla somma investita, a decorrere dalla data di acquisto. In particolare, il Tribunale riteneva violati gli obblighi informativi prescritti a carico dell’intermediario sia dal TUF che dal Regolamento Consob numero 11522/1998, riconoscendo l’inadeguatezza dell’operazione finanziaria dedotta in lite, anche alla luce del basso livello culturale degli investitori. Veniva interposto gravame chiedendo i risparmiatori alla Corte di Appello di Bari di accertare e dichiarare la nullità del contratto di acquisto del ridetto prodotto finanziario, ovvero, in subordine, la risoluzione dello stesso per grave inadempimento, con condanna della banca alla restituzione del capitale maggiorato di interessi e rivalutazione. Gli obblighi comportamentali dell’intermediario non possono ritenersi assolti con la sottoscrizione dei fogli informativi. La Corte d’Appello di Bari focalizza anzitutto l’attenzione sugli obblighi informativi i quali a non si fermano al contratto quadro ma devono esercitarsi concretamente, da parte dell’operatore finanziario qualificato, ad ogni singola operazione proposta b non possono ritenersi assolti con la sola sottoscrizione dei fogli informativi. Gli insegnamenti della Corte di legittimità sulla condotta dell’intermediario. Nel solco di quanto affermato dai Giudici di legittimità, ricorda la Corte d’Appello di Bari che l’intermediario, innanzi ad un investimento particolarmente rischioso, è tenuto a valutare l’adeguatezza dell’operazione finanziaria rispetto ai parametri di gestione concordati, con facoltà di recesso per giusta causa quando non ravvisi tale adeguatezza Cass. numero 7922/15 . Viene altresì puntualizzato che è l’intermediario a dover fornire di fornire la prova positiva della sua diligenza e dell’adempimento delle obbligazioni poste a suo carico Cass. numero 5089/16 . Inoltre, lo speciale rapporto di intermediazione implica necessariamente un grado di affidamento nella professionalità dell’intermediario e dunque nell’adeguatezza delle informazioni da costui fornite al punto che sarebbe contraddittorio un bilanciamento con l’onere positivo di informazione attiva da parte del cliente Cass. numero 8394/16 . Prosegue la Corte territoriale rammentando che il dovere informativo sussiste anche laddove il cliente abbia dato atto, nell’ordine di acquisto, di avere ricevuto le informazioni necessarie”, posto che tale dichiarazione non assume alcun valore confessorio Cass. 11412/12 e persino laddove l’investitore si sia rifiutato di fornire le informazioni sui propri obiettivi di investimento e sulla propria propensione al riguardo, dovendo comunque l’intermediario compiere quella valutazione Cass. numero 18039/12 . Ciò sul presupposto che lo scopo dell’informazione è quello di consentire una scelta consapevole da parte dell’investitore in base a tutti gli elementi possibili di valutazione, che non può seriamente ritenersi effetto della mera consegna di poderosi documenti standardizzati e infarciti di tecnicismo Cass. 7776/14 . Le strutture rimediali risoluzione per inadempimento del singolo ordine di acquisto ed equilibrio contrattuale. Ciò chiarito e passando alle strutture rimediali, la Corte di Appello di Bari ritiene di condividere l’orientamento espresso dalla Suprema Corte di Cassazione Cass. 8394/16 Cass. 16820/16 Cass. numero 12937/17 secondo cui le operazioni di investimento in valori mobiliari, in quanto contratti autonomi esecutivi del contratto quadro originariamente stipulato dall’investitore con l’intermediario, possono essere oggetto di risoluzione, ricorrendone i presupposti, indipendentemente dalla risoluzione di quest’ultimo, con conseguente diritto alla restituzione dell’importo pagato ed all’eventuale risarcimento dei danni subiti, senza che la risoluzione del singolo contratto esecutivo integri una risoluzione parziale del contratto quadro. Ciò sempre sul presupposto, già assodato in sede di legittimità, che gli adempimenti richiesti all’intermediario in vista del contratto quadro costituiscono soltanto un aspetto particolare del più generale obbligo d’informazione che la legge pone a carico dell’intermediario, ed alla cui osservanza è informato l'intero svolgimento del rapporto, dalla fase anteriore alla stipulazione del contratto quadro a quella successiva del compimento delle singole operazioni d’investimento ed a quella ancora ulteriore dell’esecuzione di tali operazioni. In questa direzione, la Corte d’Appello di Bari sostiene che la carenza di informazioni a monte, in occasione dei contratto quadro, si riverbera sui singoli ordini di investimento. Data la natura del contratto quadro, le relative disposizioni, ad avviso del secondo Giudice, vanno ad inserirsi nei singoli ordini d’investimento e disinvestimento, divenendo parte integrante del regolamento contrattuale, con la conseguenza che l'inadempimento degli obblighi dalle stesse derivanti può giustificare tanto la risoluzione del contratto quadro quanto quella dei singoli ordini, ovviamente nella misura in cui, per la sua importanza, si riveli idoneo a determinare un'alterazione dell’equilibrio contrattuale Cass. numero 23717/14 . Sulla misura del risarcimento del danno. Accertata nel caso di specie la violazione degli obblighi informativi dell’intermediario, la gravità dell’inadempimento e la risolubilità del singolo ordine di investimento, la Corte d’Appello di Bari si interroga sulla misura del risarcimento del danno. Viene, al riguardo, osservato che la gravità dell’inadempimento dei doveri informativi si apprezza nel momento in cui si riflette sulle circostanze della emissione, evoluzione e caduta del titolo dedotto in lite, nonché default dell’emittente sicché è agevole desumere una stretta causalità tra omissione delle informazioni - o addirittura informazioni positive - e investimento. Lungo questa direttrice, la misura del risarcimento che deriva dall’inadempimento degli obblighi informativi deve determinarsi, ad avviso della Corte territoriale, nella differenza tra il valore di acquisto dello strumento finanziario e quello al momento della domanda, tenendo conto degli eventuali interessi percepiti e del valore attuale dello strumento Cass. numero 1511/14 Cass. numero 29864/11 potendo nel caso di specie valutarsi dal dato notorio Cass. numero 5089/16 che il default privò i titoli, nel volgere di tempo brevissimo, dell’intero valore, impedendo il disinvestimento. Viene infine respinto nella fattispecie l’appello incidentale della banca relativo al concorso di colpa del cliente visto che quest’ultimo non rientrava nella categoria di investitore professionale o qualificato e che lo speciale rapporto di intermediazione implica comunque un grado di affidamento nella professionalità dell’intermediario e nell’adeguatezza delle informazioni fornite Cass. numero 8394/16 Cass. numero 9892/16 . Sul tema, cfr. S. Sardelli, Sul concorso di colpa dell’investitore , in Giur. comm ., 2017, II, 376 A. Belotti, Valutazione del rischio e risoluzione del contratto , in Contratti , 2017, 147 R. Bencini, Il danno dell’investitore default e risanamento dell’emittente , in Corr. mer., 2011, 10, 939 E. Guerinoni, Illecito del promotore e responsabilità dell’intermediario e concorso di colpa dell’investitore? , in Corr. giur . 2011, 1591.

Corte d’Appello di Bari, sez. II Civile, sentenza 1° - 27 dicembre 2017, numero 2199 Giudice Estensore Giancaspro Svolgimento del processo Con sentenza emessa in data 27.2.2013 con il numero 862, il Tribunale di Bari, in composizione collegiale, accoglieva parzialmente la domanda proposta da omissis volta alternativamente alla declaratoria di nullità e in subordine della risoluzione del contratto di acquisto del prodotto finanziario denominato omissis .per un controvalore di Euro 25.000 e, in ogni caso, alla condanna del risarcimento del danno da lucro cessante, pari al mancato percepimento degli interessi contrattuali e al mancato lucro per il reimpiego delle somme a decorrere dalla data del mancato rimborso. Il Tribunale accoglieva detta ultima domanda, limitando il risarcimento, in virtù del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, al solo lucro cessante. Riteneva violati gli obblighi informativi prescritti a carico dell'intermediario sia dal T.U.F. che dal Regolamento Consob numero 11522/1998, alla luce di consolidati orientamento giurisprudenziali, ritenendo essi, però, attinenti al solo contratto quadro e non ai singoli ordini sottoscritti, di talché, avendo chiesto gli attori la declaratoria di nullità e la risoluzione in relazione al singolo contratto di acquisto, dette domande non potevano essere accolte. Pertanto, il tribunale escludeva anche gli effetti restitutori invocati, in quanto, come proposti da parte attrice, essi sarebbero conseguiti all' accoglimento della domanda di nullità o di risoluzione accertava il mancato assolvimento degli oneri informativi previsti dagli artt. 21 D.Lgs. 58/1998 e 28 regolamento Consob, riconoscendo la inadeguatezza della operazione finanziaria anche alla luce del basso livello culturale degli investitori é sostenendo la irrilevanza della mancata informazione sul profilo di rischio da parte degli attori. Il Tribunale accoglieva la domanda di risarcimento, a mente dell'articolo 1453 co 1 ultima parte c.c., limitatamente al solo lucro cessante, così come richiesto, rappresentato dagli interessi legali maturati sulla somma investita di Euro25.000, a decorrere dal 27.2.2001. Con atto di appello del 5.10.2013, sigg.ri omissis impugnavano la sentenza e chiedevano a questa Corte di provvedere sulle conclusioni ritualmente rassegnate nel primo grado di giudizio 1 accertare e dichiarare la violazione da parte della banca dell'articolo 21 lett a e b dei comma 1 D.Lgs. 58/1998 articolo 28 co 1 lett. a e b ,27,28 co. 2, 29, co. 1, 2,3, del Regolamento Consob 11522/1998 e successive modifiche 2 accertare e dichiarare la violazione da parte della banca degli artt. 1218,1343,1375,1418 c.c. 3 per l'effetto dichiarare la nullità del contratto di acquisto del prodotto finanziario Bond Cirio condannando la convenuta alla restituzione in favore degli appellanti del capitale investito maggiorato di interessi e rivalutato 4 in subordine dichiarare risolto per grave inadempimento il contratto di acquisto del prodotto finanziario, condannando la convenuta alla restituzione del capitate maggiorato di interessi e rivalutazione. Chiedevano in ogni caso di condannare la banca al risarcimento del danno sia da lucro cessante, con le specificazione resa nell'atto di appello, pari al mancato percepimento degli interessi contrattuali e al mancato lucro per il reimpiego delle somme, sia da danno emergente con vittoria delle spese di giustizia del doppio grado. Con comparsa di costituzione del 27.12.2013, si costituiva in giudizio UNIONEDI BANCHE ITALIANE S.p.A., in forma abbreviata UBI Banca, con sede in omissis incorporante Banca Carime S.p.A., in persona del suo legale rappresentante p.t con l'atto contestava le richieste formulate dalla parte attorea e spiegava appello incidentale con il quale chiedeva 1 accertare e dichiarare l'inammissibilità e l'infondatezza dell'appello proposto dai sigg.ri omissis e, per l'effetto, rigettarlo 2 accogliere l'appello incidentale proposto dalla Bancacarime S.p.A. e riformare la sentenza numero 635 depositata dal Tribunale di Bari in data 27.2.2013, condannando gli appellanti principali alla restituzione della somma di Euro 7.611,30, oltre interessi legali dalla data del versamento sino al soddisfo 3 condannare i sigg.ri omissis al pagamento delle spese dei doppio grado di giudizio. All'udienza di prima comparizione delle parti del 31/01/2014, la causa veniva rinviata a successiva udienza per la precisazione delle conclusioni. Le parti quindi, all'udienza del 16.06.2017, precisavano le conclusioni, nel senso che si legge in epigrafe e in verbale , la causa veniva trattenuta per la decisione, con la concessione dei termini ex articolo 190 c.p.c Motivi della decisione Per ragioni logiche deve esaminarsi per primo l'appello incidentale in quanto, ove fosse accolto, escludendo ogni responsabilità della banca, travolgerebbe anche l'accoglimento parziale della domanda disposto netta sentenza gravata, limitato al risarcimento del danno e alla sola voce del lucro cessante, derivante dalla negoziazione di obbligazioni Cirio. Nell'appello incidentale UBI Banca contesta l’ avverso appello principale, pone infatti domanda di radicate riforma della sentenza sull'an della responsabilità, affermata in ragione della violazione degli obblighi informativi. La banca ritiene erronea la sentenza del Tribunale, sulla asserita mancata consegna della documentazione informativa dello specifico prodotto acquistato, sostenendo che in caso di negoziazione di strumenti finanziari sul mercato secondano non vi è obbligo di consegna del prospetto informativo che rileva solo nel caso di offerta pubblica e quindi nel mercato primario, e che le obbligazioni suddette potevano essere vendute alla clientela retati. L'appellante incidentale lamenta che in relazione alle condotte sull'assolvimento degli oneri informativi il tribunale abbia erroneamente dato credito all'unica teste, figlia degli attori, piuttosto che al teste impiegato della banca e sostiene che, comunque, poteva escludersi la conoscenza da parte della banca del default del gruppo Cirio e la sua prevedibilità all'epoca del contratto per cui è causa, citando in proposito diverse sentenze di merito che attestavano i valori del titolo, che ancora al febbraio 2001 si manteneva su livelli quattro volte superiori a quelli del default. Con altro motivo la Banca appellante si duole dell'omesso accertamento del nesso causale tra la asserita condotta negligente della banca e i danni lamentati dagli appellanti, sostenendo carenza di prova, gravante sul cliente, che la condotta informativa richiesta alla banca, ove posta in essere, avrebbe evitato il danno asserito, inducendo il cliente a desistere dall'investimento. Da ultimo, lamenta che il Tribunale avrebbe omesso ogni motivazione sulla richiesta formulata dalla banca di considerare, subordinatamente, il concorso di colpa degli investitori ai sensi dell'articolo 1227 c.c., indicata nella condotta negligente dei coniugi omissis che avevano rifiutato di rilasciare alla banca il proprio profilo di rischio, che non si erano diligentemente informati dei rischi del prodotto e non avevano ben ponderato il proprio acquisto, nonostante i diversi consigli della banca, omettendo qualsiasi propria iniziativa di informazione sul prodotto. Lamenta, inoltre, la erroneità della sentenza, per non aver tenuto conto della cedola incassata dagli appellanti per Euro 1.370,89, e per aver stabilito il decorso degli interessi dalla data dell'investimento e non dalla domanda giudiziale non vertendosi in materia di responsabilità contrattuale . L'appello incidentate è infondato. In ordine ai doveri di informazione e alle responsabilità che discendono dalla loro violazione per l'intermediario finanziario, deve rammentarsi, infatti tra tutte, la sentenza Cass. Sez. U., numero 26725 del 19/12/2007 Rv. 600331 - 01 , secondo cui La violazione dei doveri d'informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi d'investimento finanziario può dar luogo a responsabilità precontrattuale, con conseguente obbligo di risarcimento dei danni, ove tali violazioni avvengano nella fase precedente o coincidente con la stipulazione del contratto d'intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti può invece dar luogo a responsabilità contrattuale, ed eventualmente condurre alla risoluzione del predetto contratto, ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni d' investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del contratto d'intermediazione finanziaria in questione. Secondo la Suprema Corte, la violazione dei doveri dell'intermediario riguardanti la fase successiva alla stipulazione del contratto d'intermediazione cosiddetto contratto quadro , può assumere i connotati di un vero e proprio inadempimento o non esatto adempimento contrattuale giacché quei doveri derivano da norme inderogabili e sono quindi destinati ad integrare a tutti gli effetti il regolamento negoziale vigente tra le parti. Gli obblighi informativi, inoltre, non si fermano al contratto quadro, ma devono esercitarsi concretamente, da parte dell'operatore finanziano qualificato, ad ogni singola operazione proposta, e non possono ritenersi, assolti solo con la sottoscrizione dei fogli informativi. La Suprema Corte si è più volte espressa sul punto, ribadendo i doveri di informazione dell'intermediario finanziario dinanzi anche ad un ordine vincolante del cliente non professionale, ove concernente un investimento particolarmente rischioso atteso che la professionalità del primo, su cui il secondo abbia ragionevolmente fatto affidamento in considerazione dello speciale rapporto contrattuale tra essi intercorrente, gli impone comunque di valutare l'adeguatezza di quell'operazione rispetto ai parametri di gestione concordati, con facoltà, peraltro, di recedere dall'incarico, per giusta causa, qualora non ravvisi tale adeguatezza , così Cass sez. 1, sent. numero 7922 del 17/04/2015 Rv. 635022-01 . Ed è l'intermediario a dover fornire la prova positiva della sua diligenza e dell'adempimento delle obbligazioni poste a suo carico, ai sensi dell'articolo 23 del D.Lgs. numero 58 del 1998, si veda in tal senso Sez. 1, Sentenza numero 5089 del 15/03/2016 Rv. 639056 - 01 lo speciale rapporto di intermediazione implica necessariamente un grado di affidamento nella professionalità dell'intermediario e, dunque, nell'adeguatezza delle informazioni da lui fornite, che sarebbe contraddittorio bilanciare con l'onere dello stesso cliente di assumere direttamente informazioni da altra fonte così Cass.Sez. 1, Sentenza numero 8394 del 27/04/2016 Rv. 639561 - 01 , tanto più che nel caso in esame si trattava di cliente di bassa preparazione finanziaria. Pertanto non può ritenersi assumere rilevo alcuno la circostanza dedotta dall'appellante in ordine alla carenza di informazione, sul profilo di rischio ovvero sull' onere positivo di informazione attiva da parte del cliente, ovvero sulla asserzione che trattasi di titoli sul mercato secondario e, asseritamente, non sorretti da particolari oneri informativi. Il dovere informativo, infatti, è imposto persino laddove il cliente abbia dato atto nell'ordine di acquisto di avere ricevuto le informazioni necessarie , dichiarazione che non assume alcun valore confessorio, ed è ritenuta inidonea ad assolvere gli obblighi informativi prescritti dagli artt. 21 del D.Lgs. numero 58 del 1998 e 28 del Reg. Consob numero 11522 del 1998, trattandosi di una dichiarazione riassuntiva e generica circa l'avvenuta completezza dell'informazione sottoscritta dal cliente. Cass Sez. 1, Sentenza numero 11412 del 06/07/2012 Rv. 623262 - 01 , e persino laddove l'investitore nel contratto-quadro si sia rifiutato di fornire le Informazioni sui propri obiettivi di investimento e sulla propria propensione al rischio, nel qual caso l'intermediario deve comunque compiere quella valutazione, in base ai principi generali di correttezza e trasparenza, tenendo conto di tutte le notizie di cui egli sia in possesso come, ad esempio, l'età, la professione, la presumibile propensione al rischio alla luce delle operazioni pregresse e abituali, la situazione di mercato così Cass . Sez. 1, Sentenza numero 18039 del 19/10/2012 Rv. 624751 . Le regole di comportamento degli intermediali finanziari sono dettale dall'articolo 26 comma I lett. e reg. Consob 11522/98, dagli artt. 21 comma I lett. b T.U.F. e 28 comma I lett. a reg. Consob numero 11522/98 e dall'articolo 29 comma L. reg. Consob 11522/98 e richiedono non solo l'espletamento di mere formalità nella informazione, ma anche la corretta interpretazione delle preferenze di investimento dei risparmiatori e la ponderata valutazione dei rischi da parte di costoro, al fine di ridurre l'alea connessa agli investimenti finanziari. Va ricordato che gli obblighi informativi dell'intermediario consistono innanzitutto nell'acquisire esso stesso ogni notizia ed elemento utile a comprendere le caratteristiche dello strumento finanziario da trattare articolo 26 lett. E Reg. Consob . L'intermediario deve essere in grado di valutare oggettivamente il prodotto stesso, comprendendone caratteristiche oggettive e solidità dell' emittente, presupposto per valutare a sua volta l'adeguatezza rispetto alle esigenze del cliente-investitore o deve acquisire dal cliente notizie sulla sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, sulla sua situazione finanziaria, sugli obiettivi d'investimento, sulla propensione al rischio art 28 co. 1 lett. a Reg. Consob e quindi deve fornire al potenziale investitore adeguate informazioni su caratteristiche, natura e rischi del singolo prodotto, sicché il cliente sia messo nella condizione di effettuare scelte consapevoli, e solo una volta espletati detti obblighi può consigliare o effettuare l'operazione articolo 28 co. 2 . Come si è più sopra detto, l'obbligo informativo nei riguardi del cliente non si esaurisce con la consegna e sottoscrizione del documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari articolo 28 co. 1 lett. b Reg. Consob , poiché tale documento è solo finalizzato ad una conoscenza generica della tipologia degli strumenti finanziari, senza tuttavia alcuna attinenza con quella informazione specifica su un determinato strumento. Lo scopo della informazione è quello di consentire una scelta consapevole in base a tutti gli elementi possibili di valutazione , che non può seriamente ritenersi effetto della mera consegna di ponderosi documenti standardizzati e infarciti di tecnicismi in tal senso si veda Cass.Sez. 3, Sentenza numero 7776 del 03/04/2014 . La acquisizione di informazioni costanti è finalizzata anche alla valutazione di adeguatezza prevista dall'articolo 29 reg Consob, e al dovere di astensione dal proporre, o addirittura effettuare, operazioni non adeguate, anche contro il volere dell'investitore. Nessuna prova dell'assolvimento di tali specifici obblighi è stata fornita dalla banca. La presunta inattendibilità della teste, che ha dichiarato che nessuna informazione fu erogata, viene desunta dal legame famigliare e dall'indiretto interesse, ma tale valutazione può trasfondersi anche sul teste omissis impiegato della banca ed, anzi, ò il soggetto che direttamente trattò con gli attori stessi peraltro le dichiarazioni di quest'ultimo appaiono contrastare con gli stessi assunti dell'appellata, come si avrà modo di vedere a breve. Questa Corte deve, quindi, valutare, alla stregua anche di quanto proposto dall'appellante incidentale, se l'obbligo informativo sussistesse, in ragione di effettivi profili di rischio nell'investimento sottoscritto, che devono certo essere valutati ex ante, però sotto la particolare ottica dell'intermediario, vale a dire dell'operatore professionale, in possesso di conoscenze e informazioni certamente più approfondite sul sistema economico finanziario, rispetto ad un investitore non professionale, quand'anche di medio-alta informazione e preparazione, assente, peraltro, nel caso di specie. La Banca, inoltre, oppone la propria carenza di informazioni sul titolo Cirio Bond, in particolare sulla sua rischiosità al momento della negoziazione, tale da costituire un sintomo dell'obbligo specifico di informazione, e arriva a sostenere che ancora al momento della vendita non vi fossero particolari rischi nel titolo ordinato, sicché nessun dovere informativo specifico sarebbe sorto, proprio per tale motivo, in capo all'intermediario. Orbene, la rischiosità maggiore dell'investimento obbligazionario - soprattutto o rispetto ai precedenti degli stessi investitori, in titoli di stato obbligazioni private a quanto è dato sapere, della stessa banca su cui avevano il conto - non può che discendere, evidentemente, dal rischio dell'emittente, o dalle peculiari caratteristiche Clelia obbligazione, e sono questi rischi che andrebbero analizzati dall'operatore professionale. Non può certo nascondersi il fatto notorio del default dei titoli Cirio, avvenuto pochi mesi dopo l'emissione delle obbligazioni novembre 2002 , - si veda sulla notorietà del fatto, Cass Sez. 1, sent. numero 5089 del 15/03/2016 Rv. 639057 - 01 , e le numerose annotazioni e allegazioni degli attoria appellanti, mai contestate - e può decisamente escludersi che alla banca intermediaria fossero ignote le caratteristiche stesse dell'emittente e del titolo, indicate sin dall'atto di citazione e nella documentazione allegata, peculiari, sia per la situazione patrimoniale dell'emittente che per il regime di emissione e circolazione. La Banca Carime, quale esponente di una categoria professionale imprenditoriale in cui le informazioni costituiscono un asset fondamentale, non poteva certo ignorare quanto emerse diffusamente subito dopo, con il default, e in primo luogo la particolare posizione del gruppo Cirio e del suo rapporto con le banche, che, peraltro, era evidente già all'epoca della emissione delle obbligazioni. Il gruppo Cirio era fortemente indebitato, per due volte il suo patrimonio, proprio nello stesso periodo in cui emetteva, in soli due anni, tra maggio 2000 e maggio 2002, una massa enorme di obbligazioni, e la esposizione più alta era proprio verso il ceto bancario lo stesso regime di emissione e circolazione delle obbligazioni del gruppo Cirio era peculiare, perché tutte erano emesse da società estere, appositamente create, prive di rating, perché esplicitamente escluso, e sottoposte ad un regime speciale sede in Lussemburgo, legislazione inglese, creazione di trustee, assenza di rating, foglio informativo inesistente se non con offering circular in inglese e, soprattutto, riservate alla collocazione presso investitori istituzionali, e non al dettaglio, tutti dati difficilmente accessibili ad un comune risparmiatore ma certo conosciuti , o comunque conoscibili, dall' intermediario professionale. Ed ò dato ormai di letteratura, non solo specializzata, che con tali operazioni di collocamento delle obbligazioni, guidate dalle stesse banche, il debito del gruppo Cirio verso di esse diminuì notevolmente, mentre crebbe, dilatandosi fino ad oltre 1,12 miliardi di Euro, fino al 2001, proprio nei confronti degli obbligazionisti, né si comprende come potessero passare inosservati ad operatori specializzati tali macroscopici dati, taluni dei quali rilevabili dai bilanci del gruppo, né come potessero ulteriormente ignorare le richieste documentali della Consob. Per vero, sul punto le affermazioni della banca sono contraddittorie, poiché da un lato sostiene la non conoscibilità della rischiosità del titolo, dall'altro invece che erano state fornite dal omissis informazioni specifiche sulla rischiosità dello stesso, lamentando che non era stata data adeguata valorizzazione al teste che aveva riferito in proposito, e in primo grado aveva sostenuto anche che i due attori erano capaci di comprendere da soli i livelli di rischio dei prodotti che acquistavano. Come si diceva, l'appello incidentale verte anche sulla valutazione della prova testimoniate e sottolinea come il teste omissis impiegato della banca, aveva riferito di aver illustrato i rischi del prodotto e sconsigliato di vendere te obbligazioni omissis che appresentavano tutti i risparmi della coppia, versione opposta quella riferita dalla teste omissis figlia degli attori. Non pare per verità motto credibile sostenere da un lato che il default che travolse le società del gruppo Cirio non era prevedibile, che il titolo era fruttuoso, tanto da avere subito erogato cedole, e poi, di contro, che diligentemente il proprio dipendente aveva informato adeguatamente i due investitori non solo sul titolo ma sulla sua insicurezza, poiché proveniva da società estera e presentava maggiori profili di rischio si veda deposizione del teste . Obiettivamente, diviene davvero difficile conciliare queste due diverse tendenze di condotta, come appare poco credibile che all'impiegato fosse del tutto sconosciuto il livello culturale dei due soggetti che si rifiutavano di fornire informazioni sul profilo di rischio , e anche ove fosse invece credibile tale informazione, comunque si denota l'ulteriore negligenza nella banca nel non avere adeguatamente valutato, a fronte del rifiuto, la adeguatezza dell'investimento e rifiutato lo stesso. Venendo ora all'appello principale e alle contestazioni che la appellata ha sollevato nei suoi confronti, questa Corte deve evidenziare che delle numerose e articolate doglianze avanzate dagli appellanti, solo alcune colgono nel segno. L'appello principale enuncia la erroneità della sentenza nella parte in cui ha escluso che fosse stata chiesta la declaratoria di nullità o di risoluzione solo dei contratti di acquisto, e non anche del contratto quadro, e nella parte in cui non è stato riconosciuto il risarcimento dei danni anche nella componente del danno emergente enunciato nella formulazione ampia dell'atto di citazione e poi nella memoria integrativa ex articolo 6 D.Lgs. 6/2003. Gli appellanti hanno riproposto la domanda di risoluzione per grave inadempimento del singolo contratto di acquisto, richiamando principi consolidati in giurisprudenza sulla natura negoziale del contratto di acquisto e ribadendo la inadeguatezza delle informazioni, obbligatorie nel corso del rapporto sulle singole operazioni, tanto più dinanzi ad investitori di bassissimo livello culturale, senza titolo di studio, senza nessuna esperienza in investimenti finanziari, e a fronte di prodotti rischiosi e a rapido peggioramento come quello in esame, del tutto privo di rating denunciano nuovamente la mancata consegna del documenti sui rischi generali di cui ad all. 3 regolamento Consob, contestando la validità di quello esibito dalla banca, privo di data. Ribadiscono, pertanto, la denuncia delle violazioni della banca ai doveri di informazione contemplati dal T.U.F e dal regolamento Consob. In ordine alla domanda risarcitoria, asseriscono che questa dovesse intendersi come estesa a tutte le voci di danno, così come era palese dall'atto di citazione e dalla emenda nella memoria di ci ad art 6, D.Lgs. 5/2003, dolendosi, anzi, che il Tribunale non abbia ritenuto ricompresa nella domanda anche la richiesta di rimborso del capitale essendo inverosimile ipotizzare che qualcuno possa limitarsi a richiedere il danno da incasso delle cedole e da reimpiego del capitale . La Banca appellata contesta gli assunti di parte avversa, sostenendo che la domanda risarcitoria era stata espressamente limitata al lucro cessante, quella restitutoria era connessa alle domanda di nullità e risoluzione del contratto quadro. Questa Corte ritiene che le contestazioni colgano nel segno e che debba confermarsi sul punto la sentenza impugnata, posto che appare chiara la volontà come espressa, di limitare il risarcimento del danno chiesto in ogni caso , al lucro cessante anche dopo la memoria integrativa di cui ad art 6 D.Lgs. 5/2003. Ma la questione non merita ulteriori approfondimenti perché assorbita dall'esame e accoglimento degli altri motivi di appello, che, in conformità al principio della ragione più liquida di cui a Cass. civ., Sez. Unumero , sentenza 8 maggio 2014 numero 9936 comunque sono sufficienti a definire la controversia. In particolare con il terzo motivo, parte appellante sostiene l’ erroneità della sentenza nel rigettare la domanda di risoluzione del singolo contratto di acquisto sul presupposto che la violazione degli obblighi informativi attenga al contratto quadro e non anche ai singoli ordini di acquisto gli appellanti hanno sostenuto la natura negoziale degli ordini e la applicabilità anche per essi degli obblighi informativi , la specifica domanda posta in primo grado volta alla risoluzione del contratto con conseguente restituzione del capitate. Sullo specifico motivo la appellata nella comparsa di costituzione si è limitata a richiamare la sentenza, non sostenendo particolari argomentazioni a contrasto, solo nella comparsa conclusionale, indi tardivamente, ha eccepito che dall'invocato effetto risolutivo non potrebbe mai conseguire la restituzione del capitale e questa avrebbe dovuto essere richiesta al soggetto venditore la Cirio e non certo all'intermediario .del resto, aveva ampiamente contestato lo stesso presupposto della domanda risolutoria, vale a dire la violazione degli obblighi informativi e. si deve ritenere, inutilmente. Questa Corte ritiene che la domanda di risoluzione inerente il singolo ordine vada accorta non solo per quanto già più sopra esposto in ordine alla violazione agli obblighi informativi, che si espandono anche alla fase successiva al contratto quadro, ma anche per altre ragioni. In proposito questa Corte ritiene di condividere l'orientamento espresso da diverse decisioni della Corte di Cassazione si vedano sentenze della 1A sez. 27/04/2016 numero 8394, 9/08/2016 numero 16820, 23/05/2017 numero 12937 , secondo cui le operazioni di investimento in valori mobiliari, in quanto contratti autonomi esecutivi del contratto quadro originariamente stipulato dall'investitore con l'intermediario, possono essere oggetto di risoluzione, ricorrendone i presupposti, indipendentemente dalla risoluzione di quest'ultimo, con conseguente diritto alla restituzione dell'importo pagato ed all'eventuale risarcimento dei danni subiti, senza che la risoluzione del singolo contratto esecutivo integri una risoluzione parziale del contratto quadro. La Suprema Corte ribadisce quanto già più sopra si esponeva, vale a dire che gli adempimenti richiesti all'intermediario in vista del contratto quadro costituiscono soltanto un aspetto particolare del più generale obbligo d'informazione che la legge pone a carico dell'intermediario, ed alla cui osservanza è informato l'intero svolgimento del rapporto, dalla fase anteriore alla stipulazione del contratto quadro a quella successiva del compimento dette singole operazioni d'investimento ed a quella ancora ulteriore dell'esecuzione di tali operazioni. I principi, richiamati in tale sentenza riferiti, ratione temporis, all'art 17, comma primo, lett a è b , del D.Lgs. numero 415 del 1996 sono oggi riferibili all'articolo 21 D.Lgs. 58/98 in particolare alle lettere a e b , e prevedono che gli intermediari debbano comportarsi con diligenza, correttezza trasparenza, nell'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati, acquisire le informazioni necessarie dai clienti ed operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati sicché il loro eventuale consenso anche dopo la valutazione di inadeguatezza sia manifestato con ordine scritto o fonoregistratore. Oltretutto, la carenza di informazioni a monte, in occasione del contratto quadro si riverbera sui singoli ordini invero, data la natura di contratto normativo del contratto quadro le relative disposizioni vanno ad inserirsi nei singoli ordini d'investimento e disinvestimento, divenendo parte integrante del regolamento contrattuale, con la conseguenza che l'inadempimento degli obblighi dalle stesse derivanti può giustificare tanto la risoluzione del contratto quadro quanto quella dei singoli ordini, ovviamente nella misura in cui, per la sua importanza, si riveli idoneo a determinare un'alterazione dell'equilibrio contrattuale . come deciso da Cass., Sez. VI, 6 novembre 2014. numero 23717. Quest'ultima decisione, tra le molte altre precedenti e successive, a sua volta ha ribadito la responsabilità contrattuale per violazioni riguardanti le operazioni di investimento in esecuzione del contratto d'intermediazione finanziaria e con riferimento agli obblighi di informazione. La violazione di quei doveri che derivano da norme inderogabili, che quindi integrano i il regolamento negoziale vigente tra le parti, oltre a generare eventuali obblighi risarcitoli in forza dei principi generali sull'inadempimento contrattuale, può, ove ricorrano gli estremi di gravità postulati dall'articolo 1455 c.c., condurre anche alla risoluzione del contratto d'intermediazione finanziaria in corso Cass. Sez. Unumero 26725/07 Cass. Sez. Unumero 26724/07 . La disamina dei rapporti tra investitori e intermediario conduce a confermare che tale squilibrio contrattuale vi sia stato, posto che di fatto gli investitori hanno fatto confluire tutto il plafond dei propri risparmi nell'unico prodotto finanziario, le cui caratteristiche sono state ampiamente descritte, che rapidamente ha visto precipitare il proprio valore con la dichiarazione di default, fino ad azzerarsi. Quanto sin qui affermato esclude anche il motivo dell'appello incidentale relativo alla omessa valutazione del concorso di colpa degli investitori, in proposito si richiamano le sentenze della Cass. Civ Sez. 1, numero 8394 del 27/04/2016 e numero 9892 del 13/05/2016, ove si legge che qualora Intermediario abbia dato corso all'acquisto di titoli ad atto rischio senza adempiere ai propri obblighi informativi, ed il cliente non rientri in alcuna delle categorie di investitore qualificato o professionale previste dalla normativa di settore, non è configurabile alcun concorso di colpa di quest'ultimo, nella produzione del danno, per non essersi informato aliunde della rischiosità dell'acquisto, atteso che lo speciale rapporto di intermediazione implica necessariamente un grado di affidamento nella professionalità dell'intermediario e, dunque, nell'adeguatezza delle informazioni da lui fomite che sarebbe contraddittorio bilanciare con l'onere dello stesso cliente di assumere direttamente informazioni da altra fonte. Affermata la gravità dell’inadempimento e la risolubilità del singolo contratto di acquisto, deve, di conseguenza, determinarsi la misura del risarcimento. A questo proposito deve rilevarsi che la parte appellante nell'atto di citazione aveva chiesto la restituzione delle somme in conseguenza dell’accoglimento delle domande di nullità o di risoluzione, nella memoria di cui ad art 6 D.Lgs. 5/2003 parla espressamente di risarcimento del danno in conseguenza della accoglimento di una dette due domande , così come del resto consentito cfr. Cass.sez 1, Sent. numero 1368 del 26/01/2016 nell'appello torna a parlare indifferentemente di restituzione e risarcimento cori evidente confusione dei due termini. Ciononostante può ritenersi che risulta riproposta la domanda risarcitoria conseguente alla accoglimento della domanda di risoluzione. La gravità dell'inadempimento dei doveri informativi si apprezza nel momento in cui si rifletta sulle circostanze già evidenziate della emissione evoluzione e caduta del titolo, nonché default dell'emittente sicché è agevole desumere una stretta causalità tra omissione delle informazioni - o addirittura informazioni positive - e investimento. La misura del risarcimento, che in ogni caso deriva dall'inadempimento degli obblighi informativi, deve determinarsi nella differenza tra il valore di acquisto dello strumento finanziario e quello al momento della domanda, tenendo conto degli eventuali interessi percepiti e del valore attuale dello strumento. Cass. 24 gennaio 2014, numero 1511 Cass. 29 dicembre 2011 numero 29864 potendo valutarsi dal dato notorio che il default privò i titoli, nel volgere di tempo brevissimo, dell'intero valore impedendo il disinvestimento. Nel caso in esame è stata dedotta e non contestata la erogazione di una cedola pari ad Euro 1370,89, sicché il risarcimento, domandato in ragione del capitale investito per Euro 25.000, è dovuto in tale misura, detratte cedole e parziali restituzioni dall'appellante ricevute medio tempore. Inoltre, vertendosi in tema di obbligazione di valore, devono accordarsi interessi al tasso legale e rivalutazione monetaria secondo indici Istat ed interessi al tasso legale sulla somma anno per anno rivalutata dal giorno del default fino all'effettivo soddisfo, trattandosi di debito di valore, il cumulo tra rivalutazione monetaria e interessi compensativi che assolvono a funzioni diverse, essendo la prima diretta a ripristinare la situazione patrimoniale del danneggiato, ed essendo volti i secondi a ricompensare lo stesso del mancato godimento del bene in questione. cfr.Cass 3 sez. 13225/2013, sez. 1 , Sentenza numero 5843 del 10/03/2010,18873/2014 Le spese seguono la soccombenza e quindi va condannatala appellata alla loro rifusione, nella misura liquidata in dispositivo in base al D.M. 55/2014 esclusa la fase istruttoria/trattazione P.Q.M. La Corte di Appello di Bari, 2 sezione civile, definitivamente pronunciando sull'appello proposto da omissis nei confronti di UNIONE BANCHE ITALIANE s.p.a., già Banca Carime s.p.a. avverso la sentenza del Tribunale di Bari depositata il 27.2.2013 con il numero 652, e sull'appello incidentale proposto da UNIONE BANCHE ITALIANE, così decide - Accoglie per quanto di ragione l'appello principale e per l'effetto in riforma ella appellata sentenza, condanna Unione Banche Italiane s.p.a. al risarcimento del danno nella somma di Euro 25.000 venticinquemila , detratte somme già percepite dagli appellanti a titolo di interessi cedole frutti, oltre interessi legali dalla data del default fino al soddisfo e rivalutazione monetaria. - Condanna Unione Banche Italiane alla rifusione delle spese processuali del grado id appello, liquidate nella misura di omissis per spese, omissis per onorari, oltre iva cap e accessori di legge in favore degli appellanti e per essi del procuratore dichiaratosi anticipatane.