L’adempimento dell’obbligo di cura e assistenza previsto dal contratto di vendita non si presume componente del corrispettivo dovuto

Qualora la clausola di assistenza e cura, predisposta in favore dell’alienante e contenuta nel contratto di vendita della nuda proprietà, non abbia per volontà delle parti carattere di componente del corrispettivo, l’eventuale inadempimento dell'obbligo di assistenza e cura non può dar luogo alla risoluzione del contratto.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 4641/18, depositata il 28 febbraio. Il caso. Il Tribunale di Salerno accoglieva parzialmente la domanda proposta dalla parte alienante la nuda proprietà di un immobile alla figlia, poiché quest’ultima, contrariamente a quanto stabilito con apposita clausola, aveva omesso di prendersi cura della madre successivamente alla conclusione del contratto di vendita. Il Tribunale, dunque, dichiarava la risoluzione del contratto. La Corte d’Appello di Salerno accoglieva l’appello proposto dagli eredi della parte acquirente, rigettando la domanda avanzata dall’alienante. Avverso la sentenza della Corte distrettuale la parte alienante ricorre per cassazione denunciando che la clausola assistenziale contenuta nel contratto costituisse non già un obbligo morale bensì una componente del corrispettivo dovuto per la vendita, configurando così un’obbligazione giuridica. La clausola assistenziale. Il Supremo Collegio conferma la decisione emessa dalla Corte distrettuale sul rilievo che dalla clausola ”secondo cui l’acquirente si impegna a prendersi cura della venditrice vita natural durante” non emergono elementi certi ed inequivocabili che consentono di ritenere che l’obbligazione in discorso, per espressa volontà dei contraenti, sia stata collegata con vincolo di corrispettività alle obbligazioni tipiche del contratto di compravendita, ed, in particolare che la prestazione di cura ed assistenza della parte venditrice sia stata considerata come componente del corrispettivo dovuto per l’acquisto della nuda proprietà . Pertanto, deve escludersi il grave inadempimento allegato dalla parte venditrice non tanto perché lo stesso non fosse grave, ma per la ragione assorbente che quell’obbligazione, per volontà delle parti, non era stata prevista quale componente del corrispettivo e non integrava neppure una condizione risolutiva . La Corte dunque rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 13 settembre 2017 – 28 febbraio 2018, n. 4641 Presidente Matera – Relatore Scalisi Fatti di causa V.S., con atto di citazione del 7 maggio 2005, premettendo che, con atto pubblico del 24 ottobre 1995, aveva venduto alla figlia S.R. per il prezzo di Euro 87.500,00, corrisposto con assegno circolare, la nuda proprietà di una casa di abitazione con annesso terreno, sita in omissis , lamentava che l’acquirente, la quale con apposita clausola, inserita nel contratto di compravendita, si era obbligata a prendersi cura della venditrice vita natural durante, fosse venuta meno all’impegno assunto omettendo ogni assistenza alla madre che aveva ricevuto aiuto e cure soltanto dal figlio, S.M. e dai familiari di quest’ultimo. Pertanto, l’attrice conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Salerno, la sig.ra S.R. per sentire dichiarare la risoluzione del predetto contratto di compravendita per grave inadempimento della convenuta e sentir condannare quest’ultima al risarcimento danni nella misura determinata nel corso di causa, ovvero, secondo equità, nonché al pagamento delle spese processuali. Parte convenuta non si costituiva in giudizio e il Tribunale ne dichiarava la contumacia. Espletata la fase istruttoria, assunta la prova testimoniale, il Tribunale di Salerno, con sentenza n. 17 del 2008, in parziale accoglimento della domanda, dichiarava la risoluzione del contratto oggetto del giudizio, con tutte le conseguenze di legge, rigettava la pretesa risarcitoria, condannava la convenuta al pagamento delle spese processuali. Avverso tale sentenza, interponevano appello gli eredi di S.R. Vi.Fr. e Vi.So. e assumevano che la loro madre era deceduta in data 28 settembre 2006 a causa di una malattia incurabile e alla stessa era stato notificato l’atto introduttivo del giudizio di primo grado, poco prima che la malattia si manifestasse e per tale ragione la convenuta aveva trascurato l’importanza dell’atto di citazione e non aveva curato la costituzione in giudizio. Aggiungevano gli appellanti che non avevano mai avuto cognizione della pendenza del giudizio e dell’esistenza ne avevano appreso, solo dopo la morte della madre e, a seguito, dell’attivazione di visura effettuata presso l’Agenzia del Territorio di Salerno, in occasione dell’attivazione delle procedure per il passaggio di proprietà del compendio immobiliare oggetto di causa, sicché invocavano l’applicazione dell’art. 345 comma 3 cod. proc. civ., in tema di ammissione di nuovi mezzi di prova in fase di appello. Gli appellanti contestavano che, in sede di stipulazione del contratto di compravendita, le parti avessero inteso collegare gli effetti del contratto all’esecuzione da parte di S.R. dell’obbligo di mantenimento e cura della sig.ra V.S. . Ciò emergeva con chiarezza da varie circostanze, tra le quali dal fatto che il prezzo della vendita concordata era in linea con le quotazioni del mercato immobiliare riferito all’epoca della compravendita. Si costituiva la sig.ra V.S., contestando le difese avversarie. La Corte di Appello di Salerno, con sentenza n. 102 del 2013, accoglieva l’appello e in riforma della sentenza di primo grado rigettava la domanda avanzata da V.S. e condannava la stessa al pagamento delle spese di lite. Secondo la Corte di Salerno a andava disattesa l’istanza di applicazione dell’art. 345 comma 3, cod. proc. civ. posto che S.R. aveva ritirato, personalmente, in data 7 maggio 2005, presso l’ufficio postale, il plico contenente l’atto di citazione introduttivo del giudizio b non poteva farsi richiamo al potere del giudice di appello di ammettere nuovi mezzi di prova perché quel potere non poteva essere esercitato allo scopo di sanare decadenze già verificatesi c andava disattesa l’inutilizzabilità, ai fini della decisione, delle deposizioni testimoniali, raccolte dal Tribunale, perché il limite di valore non trovava applicazione, quando la prova ha ad oggetto meri fatti storici, e, sotto altro profilo, perché la circostanza che la P.S. fosse consorte di S.M. fratello di S.R. non implicava una incapacità a testimoniare e, comunque, l’eventuale nullità derivante dall’incapacità di un testimone resterebbe sanata, dato che la relativa eccezione avrebbe dovuto essere ritualmente proposta, immediatamente, dopo l’assunzione della prova e tanto non era avvenuto d nel merito, secondo la Corte di Salerno non poteva mettersi in dubbio che le sigg. re V.S. e S.R. avessero concluso un contratto di compravendita nel quale la prestazione di cura ed assistenza non era stata considerata come componente del corrispettivo dovuto da S.R. per l’acquisto della nuda proprietà e inammissibile era la produzione della perizia di stima, posto che era stata prodotta tardivamente e la stessa introduceva un tema di indagine del tutto nuovo rispetto a quelli proposti dall’attrice in primo grado. La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da V.S., con atto di ricorso affidato a due motivi, illustrati con memoria. Vi.So. e Vi.Fr. eredi di S.R. hanno resistito con controricorso, proponendo a loro volta ricorso incidentale, subordinato e condizionato per due motivi. Ragioni della decisione A. Ricorso principale. 1. Con il primo motivo di ricorso V.S. lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1455 cod. civ. in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 cod. proc. civ. Secondo la ricorrente, la Corte distrettuale, da un verso non avrebbe tenuto conto che la clausola contenuta nell’atto pubblico, secondo la quale dell’intero prezzo così pagato la venditrice rilascia quietanza con dichiarazione di non avere altro a pretendere sarebbe una clausola relativa alla quietanza liberatoria per la somma versata con assegno. A sua volta, sempre secondo la ricorrente, la Corte distrettuale non avrebbe interpretato correttamente la clausola secondo la quale l’acquirente si impegna a prendersi cura della venditrice vita natural durante, in quanto la prestazione di assistenza della parte venditrice doveva essere considerata come componente del corrispettivo dovuto dalla stessa acquirente per l’acquisto della nuda proprietà dell’immobile oggetto della controversia e, pertanto, la predetta clausola non appariva come un impegno morale assunto dalla figlia a beneficio della madre ma un’obbligazione giuridica che ha influito sul contratto di compravendita e la mancata ottemperanza da parte della sig.ra S.R. avrebbe determinato uno squilibrio contrattuale ed avrebbe generato un inadempimento di non scarsa rilevanza. 1.1. Il motivo è infondato. La Corte distrettuale da prova di avere considerato tutti gli elementi necessari a valutare l’eventuale alterazione del sinallagma contrattuale, ed, in particolare, ha interpretato le diverse clausole, richiamate dalla stessa ricorrente, in modo puntuale e convincente. Non vi è dubbio che a fondamento del ragionamento della Corte vi è una valutazione ed un’interpretazione del contenuto contrattuale, che in quanto ragionevole, comunque, priva di vizi logici o giuridici, non è soggetta ad un sindacato di legittimità. Infatti, la Corte distrettuale ha avuto modo di evidenziare, tra l’altro, che dai contenuti della clausola secondo cui l’acquirente si impegna a prendersi cura della venditrice vita natural durante ovvero di altre clausole contrattuali non emergono elementi certi ed inequivocabili di valutazione che consentono di ritenere che l’obbligazione in discorso, per espressa volontà dei contraenti, sia stata collegata con vincolo di corrispettività alle obbligazioni tipiche del contratto di compravendita, ed, in particolare, che la prestazione di cura e di assistenza della parte venditrice sia stata considerata come componente del corrispettivo dovuto dalla S.R. per l’acquisto della nuda proprietà. Neppure si evince dal tenore dell’atto negoziale che i contraenti abbiano inteso subordinare anche soltanto l’efficacia della compravendita, e, dunque, il trasferimento in capo alla S.R. della nuda proprietà degli immobili all’adempimento, da parte della stessa acquirente, dell’impegno di prendersi cura e di assistere la V.S. vita natural durante perché possa, quantomeno, configurarsi l’inserimento di una condizione sospensiva nella regolamentazione dei contrapposti interessi delle parti contraenti . Pertanto, il grave inadempimento della sig.ra S.R., che avrebbe potuto comportare la risoluzione del contratto è stato escluso dalla Corte non già perché, come sembra sostenere parte ricorrente, l’inadempimento dell’obbligazione a carico dell’acquirente di prendersi cura delle venditrice, vita natural durante, non fosse grave, ma per la ragione assorbente che quell’obbligazione, per volontà delle parti, non era stata prevista quale componente del corrispettivo e non integrava neppure una condizione risolutiva. 2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 comma 3 cod. proc. Civ. in relazione all’art. 360 primo comma, n. 3 cod. proc. civ. Secondo la ricorrente, la Corte distrettuale avrebbe errato nell’escludere l’utilizzabilità della perizia di stima ritenendo che la stessa fosse stata prodotta tardivamente, non tenendo conto che la stessa poteva essere prodotta perché resa necessaria in ragione dello sviluppo assunto dal processo con la costituzione in giudizio della parte avversa. Per altro, la sentenza impugnata sarebbe, sul punto, sempre secondo la ricorrente, illogica e contraddittoria, in quanto da un lato censurerebbe l’avvenuta produzione della perizia di stima, ritenendola inammissibile ad ogni effetto di legge, e dall’altro lato, avrebbe ritenuto infondate le risultanze dell’opera di valutazione del compendio immobiliare, come stimato dal professionista incaricato dalla sig.ra V. . 2.1. Il motivo è infondato. Pur dovendosi premettere che le considerazioni svolte dalla Corte distrettuale circa l’inammissibilità della nuova documentazione prodotta in appello dalla V. in ragione delle preclusioni in cui quest’ultima era incorsa si pongono contro i principi affermati dalle SSUU di questa Corte con la sentenza n. 10790 del 2017, si deve dire che di fatto, il giudice del gravame ha, comunque, proceduto ad una valutazione di non indispensabilità della perizia di stima, prodotta in appello, valutazione che è insita nell’affermazione secondo cui le risultanze di tale perizia non sono utilizzabili ai fini della decisione e che risulta sorretta da argomentazioni corrette sul piano logico e conformi alla nozione di prova nuova indispensabile , fornita dalla S.U. nella citata sentenza n. 10790 del 2017. Come chiarisce la sentenza impugnata alla relazione scritta non risultavano allegati documenti, con la conseguenza che restavano ignoti quale tipo di indagini in loco, l’arch. I.F. avesse realmente effettuato, quali e quante persone e con quali competenze professionali il consulente di parte avesse contattato per acquisire informazioni sul mercato immobiliare relativo al 1995, quali enti pubblici e/o privati, lo stesso consulente avesse compulsato per recuperare altri dati utilizzati ai fini dell’espletamento dell’incarico affidatogli, da quali e quante ulteriori fonti autorevoli egli avesse attinto informazioni utili e/o dati di comparazione e quali siano stati siffatte informazioni e siffatti dati di comparazione, quali siano stati gli esiti di siffatte indagini condotte e tutti i dati raccolti perché potessero essere in questa sede conosciuti ed apprezzati dalle controparti e dal Collegio . B. Ricorso incidentale condizionato e subordinato. 3. Vi.So. e Vi.Fr., ricorrenti incidentali, lamentano a Con il primo motivo del ricorso incidentale la violazione e falsa applicazione dell’art. 1721 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. Secondo i ricorrenti incidentali la Corte distrettuale non avrebbe opportunamente e logicamente motivato il diniego della domanda di inattendibilità dei mezzi di prova assunti in primo grado. Per altro, la Corte distrettuale non avrebbe tenuto conto che i testimoni, ascoltati in primo grado, erano incapaci a testimoniare perché portatori di un interesse all’esito del giudizio. b con il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 345, terzo comma, cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. ed omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Secondo i ricorrenti incidentali, la Corte distrettuale avrebbe errato nel rigettare le istanze istruttorie avanzate in primo grado, non ritenendo che nel caso specifico gli appellanti si erano trovati, nell’impossibilità di svolgere qualsiasi difesa di merito per causa palesemente a loro non imputabile. 3.1. in via preliminare il ricorso incidentale va dichiarato assorbito dal rigetto del ricorso principale, come richiesto dagli stessi ricorrenti incidentali, proponendo, appunto, ricorso in via subordinata ed incidentale. In definitiva, va rigettato il ricorso principale e dichiarato assorbito il ricorso incidentale. La ricorrente principale va condannata a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che vengono liquidate con il dispositivo. Il Collegio dà atto che, ai sensi dell’art. 13 comma 1 del DPR n. 113 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato, condanna la ricorrente a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% del compenso ed accessori, come per legge dà atto che sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.