Eccezione di prescrizione delle rimesse solutorie: l’onere probatorio non incombe alla Banca

Alla banca che ha eccepito – nel giudizio di ripetizione dell’indebito promosso dal correntista – la prescrizione delle rimesse effettuate sul conto, non incombe l’onere di provarne la natura solutoria, né di allegazione specifica delle stesse.

La distinzione concettuale tra versamenti solutori e ripristinatori impone al giudice di selezionare, anche tramite l’ausilio di consulenza tecnica contabile, le rimesse che assumono concreta rilevanza ai fini della ripetizione dell’indebito e della prescrizione. In questi termini si è espressa la Sesta Sezione della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 4372, depositata il 22 febbraio 2018. Il caso. Il Tribunale di Siracusa accoglieva la domanda di ripetizione formulata da un cliente nei confronti della propria banca avente ad oggetto il presunto illegittimo addebito di interessi anatocistici sul conto corrente. Anche la Corte di Appello di Catania confermava detta pronuncia respingendo l’eccezione di prescrizione formulata dalla banca poiché generica non avendo quest’ultima fornito specifica prova dei versamenti solutori effettuati dal cliente. La banca ricorreva per cassazione formulando un unico motivo. Il motivo di ricorso la natura solutoria delle rimesse sul conto non affidato. La banca lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 c.c. e 115 c.p.c., nonché l'omesso esame di un punto decisivo della controversia. L’istituto di credito, in dettaglio, rileva che nei precedenti gradi di giudizio era risultata pacifica la circostanza che il conto corrente intestato al cliente non fosse stato assistito da alcuna apertura di credito sicché le rimesse operate su detto conto nel corso del rapporto presentavano natura solutoria, non essendovi alcuna provvista da reintegrare. Deduce quindi la ricorrente che l'eccezione di prescrizione non poteva considerarsi generica essendo riferita a tutte le rimesse effettuate nel periodo antecedente il decennio dalla notifica dell'atto di citazione da parte del cliente. La natura ripristinatoria delle rimesse sul conto corrente affidato. Ricorda in primo luogo la Corte di Cassazione quanto statuito dalle Sezioni Unite con la nota sentenza n. 24418/2010 , secondo cui l'azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, che lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario su conto corrente, è soggetta all'ordinaria prescrizione decennale prescrizione che decorre, nell'ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto medesimo, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati ciò in quanto il pagamento - che può dar vita ad una pretesa restitutoria - è esclusivamente quello che si sia tradotto nell'esecuzione di una prestazione da parte del solvens , con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell’ accipiens . Siffatta pronuncia, ricorda la Corte di Legittimità nella decisione qui annotata, muove dal rilievo per cui non può ipotizzarsi il decorso del termine di prescrizione del diritto alla ripetizione se non da quando sia intervenuto un atto giuridico, definibile come pagamento, che l'attore pretende essere indebito, perché prima di quel momento non è configurabile alcun diritto di ripetizione. I versamenti sul conto corrente hanno dunque natura ripristinatoria quando sono eseguiti su un conto in passivo affidato a favore del correntista, e sono destinati a coprire un passivo non eccedente i limiti dell'affidamento. La natura solutoria delle rimesse sul conto corrente non affidato o eccedente il limite del fido. Sempre muovendo dai principi di cui alle richiamate S.U., aggiunge poi la Corte di Legittimità che, se il correntista, nel corso del rapporto, ha effettuato non solo prelevamenti ma anche versamenti, questi ultimi potranno essere considerati alla stregua di pagamenti, tali da formare oggetto di ripetizione ove risultino indebiti , se hanno avuto lo scopo e l'effetto di uno spostamento patrimoniale in favore della banca. Questo – spiega ancora la Corte – si verifica quando i versamenti sono eseguiti su un conto in passivo cui non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista, o quando i versamenti sono destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell'affidamento. I corollari in punto di prescrizione. Chiarita la differenza tra versamenti aventi natura solutoria ovvero ripristinatoria, spiega la Corte che solo i primi possono considerarsi pagamenti nel quadro della fattispecie di cui all’art. 2033 c.c. con la conseguenza che la prescrizione del diritto alla ripetizione dell’indebito decorre, per tali versamenti, dal momento in cui le singole rimesse abbiano avuto luogo. I versamenti ripristinatori, invece, non soddisfano il creditore ma ampliano o ripristinano la facoltà d'indebitamento del correntista sicché, con riferimento ad essi, di pagamento potrà parlarsi soltanto dopo che, conclusosi il rapporto di apertura di credito in conto corrente, la banca abbia percepito dal correntista il saldo finale, in cui siano compresi interessi non dovuti. Ripartizione dell’onus probandi. Sulla base dei principi appena enunciati, chiarisce ulteriormente la Corte di Legittimità che a, a fronte della comprovata esistenza di un contratto di conto corrente assistito da apertura di credito, la natura ripristinatoria o solutoria dei singoli versamenti emerge dagli estratti conto che il correntista, attore nell’azione di ripetizione, ha l’onere di produrre in giudizio. La prova degli elementi utili ai fini dell’applicazione dell’eccepita prescrizione è, dunque, nella disponibilità del giudice che deve decidere la questione perlomeno lo è ove il correntista assolva al proprio onere probatorio se ciò non accade il problema non dovrebbe nemmeno porsi, posto che mancherebbe la prova del fatto costitutivo del diritto azionato, onde la domanda attrice dovrebbe essere respinta senza neppure necessità di prendere in esame l’eccezione di prescrizione. In un quadro processuale definito dalla presenza degli estratti conto, non compete allora alla banca convenuta fornire specifica indicazione delle rimesse solutorie cui è applicabile la prescrizione. Un tale incombente, spiegano i Giudici di legittimità, è estraneo alla disciplina positiva dell’eccezione in esame. Una volta che la parte convenuta abbia formulato la propria eccezione di prescrizione compete al giudice verificare quali rimesse, per essere ripristinatorie, o attuate su di un conto in attivo, siano irrilevanti ai fini della prescrizione, non potendosi considerare quali pagamenti. D’altronde è principio pacifico nella giurisprudenza di legittimità che a l'eccezione di prescrizione sia validamente proposta quando la parte ne abbia allegato il fatto costitutivo i.e. l'inerzia del titolare e manifestato la volontà di avvalersene b un’allegazione nel senso indicato non cessa di essere tale ove la parte interessata correli quell’inerzia anche ad atti i.e. versamenti ripristinatori che non spieghino incidenza sul diritto i.e. di ripetizione fatto valere dell’attore cfr. Cass. n. 15790/2016 Cass. n. 1064/2014 Cass. n. 21752/2010 Cass. n. 6459/2009 Cass. n. 14576/2007 Cass. n. 11843/2007 Cass. n. 21321/2005 . D’altronde, aggiunge la Corte, ai fini della valida proposizione della domanda di ripetizione, non si richiede che il correntista specifichi tutte le rimesse, da lui eseguite, che, in quanto solutorie, si siano tradotte in pagamenti indebiti a norma dell’art. 2033 c.c Il contenuto dell’eccezione di prescrizione. Conclude infine la Corte, in accoglimento del ricorso, che non sussiste alcuna ragione per ritenere che banca che ha eccepito la prescrizione debba essere gravata dell’onere di indicare i versamenti solutori, quando nemmeno l’attore in ripetizione è tenuto a precisare i pagamenti indebiti oggetto della pretesa azionata. Il carattere solutorio o ripristinatorio delle singole rimesse non incide, pertanto, sul contenuto dell’eccezione, che rimane lo stesso, indipendentemente dalla natura, solutoria o ripristinatoria, dei singoli versamenti semplicemente, la distinzione concettuale esistente tra le diverse tipologie di versamento imporrà al giudice, se del caso con l’ausilio del consulente tecnico, di selezionare giuridicamente le rimesse che assumano concreta rilevanza ai fini della ripetizione dell’indebito e della prescrizione. In conseguenza si deve escludere che la banca, convenuta in ripetizione, fosse onerata dell’allegazione specifica delle rimesse solutorie, e dunque dell’indicazione degli importi con cui la società correntista avesse provveduto a ripianare esposizioni debitorie che si collocavano oltre il limite dell’affidamento. Conclusione questa che vale a maggior ragione quando, come nella fattispecie, il conto non risulti affidato tale evenienza determina, infatti, che le rimesse affluite sul conto in passivo non possano avere natura ripristinatoria.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 20 dicembre 2017 – 22 febbraio 2018, n. 4372 Presidente Scaldaferri – Relatore Sambito Fatti di causa 1. - Il Tribunale di Siracusa, in accoglimento della domanda di ripetizione proposta da Costruzioni s.r.l. contro la Banca Antoniana Popolare Veneta oggi Banca Monte dei Paschi di Siena , condannava quest’ultima al pagamento della somma di Euro 193.315,80, oltre interessi. 2. - La Corte di appello di Catania confermava detta pronuncia con sentenza pubblicata il 10 ottobre 2016. Per quanto qui rileva, il giudice distrettuale osservava che l’eccezione di prescrizione sollevata dall’istituto di credito non era stata formulata in modo sufficientemente specifico, con l’indicazione dei versamenti solutori cui la prescrizione stessa doveva riferirsi. 3. - La sentenza della Corte di Catania è stata impugnata dalla Banca Monte dei Paschi di Siena con un ricorso affidato ad un unico motivo. Costruzioni s.r.l., benché intimata, non ha svolto difese nella presente sede. Ragioni della decisione 1. - La ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 c.c. e 115 c.p.c., nonché l’omesso esame di un punto decisivo della controversia. Oltre ad opporre che la Corte di merito aveva fatto applicazione di una giurisprudenza elaborata dalle Sezioni Unite di questa Corte in data successiva alla notifica dell’atto di appello, l’istante osserva che il conto corrente non era pacificamente assistito da alcuna apertura di credito sicché - rileva - le rimesse operate nel corso del rapporto presentavano natura solutoria, non essendovi alcuna provvista da reintegrare. Deduce, inoltre, che l’eccezione di prescrizione non poteva considerarsi generica avendo essa banca fatto riferimento a tutte le rimesse effettuate nel periodo antecedente il decennio che precedeva la notifica dell’atto di citazione, unico atto interruttivo della prescrizione stessa d’altro canto - aggiunge - non poteva pretendersi dall’istituto di credito l’indicazione di ogni singolo versamento il cui diritto alla restituzione potesse considerarsi prescritto. 2. - Il motivo è fondato. Sul punto paiono spendibili le considerazioni che seguono. Spiega Cass. Sez. U. 2 dicembre 2010, n. 24418 che l’azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente, è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nell’ipotesi in cui i versamenti abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di estinzione del saldo di chiusura del conto, in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati ciò in quanto il pagamento che può dar vita ad una pretesa restitutoria è esclusivamente quello che si sia tradotto nell’esecuzione di una prestazione da parte del solvens , con conseguente spostamento patrimoniale in favore dell’ accipiens . La pronuncia muove dal rilievo per cui non può ipotizzarsi il decorso del termine di prescrizione del diritto alla ripetizione se non da quando sia intervenuto un atto giuridico, definibile come pagamento, che l’attore pretende essere indebito, perché prima di quel momento non è configurabile alcun diritto di ripetizione. In conseguenza, se il correntista, nel corso del rapporto, abbia effettuato non solo prelevamenti ma anche versamenti, in tanto questi ultimi potranno essere considerati alla stregua di pagamenti, tali da formare oggetto di ripetizione ove risultino indebiti , in quanto abbiano avuto lo scopo e l’effetto di uno spostamento patrimoniale in favore della banca. E questo accadrà ove si tratti di versamenti eseguiti su un conto in passivo cui non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista, o quando i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell’affidamento non così in tutti i casi nei quali i versamenti in conto, non avendo il passivo superato il limite dell’affidamento concesso al cliente, fungano unicamente da atti ripristinatori della provvista della quale il correntista può ancora continuare a godere cent. cit., in motivazione . Ben si comprende, quindi, come, in base ai principi richiamati, sia necessario distinguere i versamenti solutori da quelli ripristinatori della provvista giacché solo i primi possono considerarsi pagamenti nel quadro della fattispecie di cui all’art. 2033 c.c. con la conseguenza che la prescrizione del diritto alla ripetizione dell’indebito decorre, per tali versamenti, dal momento in cui le singole rimesse abbiano avuto luogo. I versamenti ripristinatori, invece - come precisato dalle Sezioni Unite - non soddisfano il creditore ma ampliano o ripristinano la facoltà d’indebitamento del correntista sicché, con riferimento ad essi, di pagamento potrà parlarsi soltanto dopo che, conclusosi il rapporto di apertura di credito in conto corrente, la banca abbia percepito dal correntista il saldo finale, in cui siano compresi interessi non dovuti. Ora, a fronte della comprovata esistenza di un contratto di conto corrente assistito da apertura di credito, la natura ripristinatoria o solutoria dei singoli versamenti emerge dagli estratti conto che il correntista, attore nell’azione di ripetizione, ha l’onere di produrre in giudizio. La prova degli elementi utili ai fini dell’applicazione dell’eccepita prescrizione è, dunque, nella disponibilità del giudice che deve decidere la questione perlomeno lo è ove il correntista assolva al proprio onere probatorio se ciò non accada il problema non dovrebbe nemmeno porsi, visto che mancherebbe la prova del fatto costitutivo del diritto azionato, onde la domanda attrice andrebbe respinta senza necessità di prendere in esame l’eccezione di prescrizione. In un quadro processuale definito dalla presenza degli estratti conto, non compete alla banca convenuta fornire specifica indicazione delle rimesse solutorie cui è applicabile la prescrizione. Un tale incombente è estraneo alla disciplina positiva dell’eccezione in esame. Una volta che la parte convenuta abbia formulato la propria eccezione di prescrizione, compete al giudice verificare quali rimesse, per essere ripristinatorie, o attuate su di un conto in attivo, siano irrilevanti ai fini della prescrizione, non potendosi considerare quali pagamenti. Deve considerarsi in proposito, che l’eccezione di prescrizione è validamente proposta quando la parte ne abbia allegato il fatto costitutivo, e cioè l’inerzia del titolare, e manifestato la volontà di avvalersene per tutte Cass. 29 luglio 2016, n. 15790 Cass. 20 gennaio 2014, n. 1064 Cass. 22 ottobre 2010, n. 21752 Cass. 17 marzo 2009, n. 6459 Cass. 22 giugno 2007, n. 14576 Cass. 22 maggio 2007, n. 11843 Cass. 3 novembre 2005, n. 21321 e che una allegazione nel senso indicato non cessa di essere tale ove la parte interessata correli quell’inerzia anche ad atti nella specie, versamenti ripristinatori che non spieghino incidenza sul diritto nella specie, di ripetizione fatto valere dell’attore. D’altro canto, ai fini della valida proposizione della domanda di ripetizione non si richiede che il correntista specifichi una ad una le rimesse, da lui eseguite, che, in quanto solutorie, si siano tradotte in pagamenti indebiti a norma dell’art. 2033 c.c Può osservarsi, in argomento, che la giurisprudenza di legittimità formatasi sull’azione revocatoria in tema di rimesse bancarie, con riferimento alla disciplina anteriore alla riforma della legge fallimentare in cui aveva rilievo, come è noto, la differenza tra pagamenti solutori e pagamenti ripristinatori della provvista era ferma nel ritenere che non fosse affetta da nullità per indeterminatezza dell’oggetto o della causa petendi la citazione contenente la domanda di revocatoria fallimentare di pagamenti costituiti da rimesse di conto corrente bancario, seppure mancasse l’indicazione dei singoli versamenti solutori Cass. 4 maggio 2012, n. 6789 Cass. 30 maggio 2008, n. 14552 . Non si vede, dunque, per quale ragione la banca che eccepisca la prescrizione debba essere gravata dell’onere di indicare i detti versamenti solutori su cui la detta prescrizione possa, poi, in concreto operare quando nemmeno l’attore in ripetizione è tenuto a precisare i pagamenti indebiti oggetto della pretesa azionata. Il carattere solutorio o ripristinatorio delle singole rimesse non incide, dunque, sul contenuto dell’eccezione, che rimane lo stesso, indipendentemente dalla natura, solutoria o ripristinatoria, dei singoli versamenti semplicemente, la distinzione concettuale esistente tra le diverse tipologie di versamento imporrà al giudice, se del caso con l’ausilio del consulente tecnico, di selezionare giuridicamente le rimesse che assumano concreta rilevanza ai fini della ripetizione dell’indebito e della prescrizione. In conseguenza, come osservato, si deve escludere che la banca, convenuta in ripetizione, fosse onerata dell’allegazione specifica delle rimesse solutorie, e dunque dell’indicazione degli importi con cui la società correntista avesse provveduto a ripianare esposizioni debitorie che si collocavano oltre il limite dell’affidamento. Ovviamente, la conclusione circa l’assenza della necessità di un analitica enunciazione delle rimesse solutorie vale, ancor di più, ove si ipotizzi come oppone la ricorrente in una delle censure formulate nel corpo del motivo che il conto non sia affidato infatti, tale evenienza determina, come conseguenza, che le rimesse affluite sul conto in passivo non possano avere natura ripristinatoria. 3. - Il ricorso va dunque accolto e la sentenza cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Catania quest’ultima provvederà in merito alle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Catania, in altra composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.