La sentenza costitutiva non può essere emessa se nel preliminare mancano i dati catastali dell’immobile

E’ viziato da nullità per indeterminabilità dell’oggetto, il contratto preliminare avente ad oggetto alcuni degli appartamenti da realizzare sul lotto già di proprietà del promissario acquirente, la cui individuazione sia rimessa a quest’ultimo, in epoca successiva alla stipula. La sentenza ex art. 2932 c.c., infatti, deve corrispondere esattamente al contenuto del contratto, non potendo trarre elementi da altra documentazione, per la specificazione del bene oggetto di trasferimento.

Con la ordinanza n. 537 depositata in data 11 gennaio 2018, la sesta sezione civile della Suprema Corte si è pronunciata in tema di preliminare di vendita, tornando a ribadire alcuni principi fondamentali in tema di elementi del contratto. I fatti. Il caso risale all’anno 2006 un Istituto assistenziale aliena un lotto edificatorio ad una impresa di costruzioni, convenendo quale parte del corrispettivo il trasferimento di una superficie residenziale di 800 mq liberamente scelta dalla venditrice degli immobili, che l’acquirente avrebbe realizzato sul sito. Successivamente il medesimo Ente bandisce un concorso per l‘assegnazione di due delle dette unità abitative. Risulta vincitrice la odierna ricorrente, con la quale l’Istituto aveva stipulato un preliminare di vendita, avente ad oggetto un immobile di 100 mq, anch’esso da individuarsi a scelta della medesima assegnataria, tra tutti quelli edificandi dalla società di costruzione. L’anno successivo l’assegnazione viene annullata in via di autotutela dall’Istituto e modificata la clausola del contratto originario di compravendita del lotto edificatorio, con previsione della corresponsione di denaro, in luogo del trasferimento di parte della superficie residenziale realizzata. In conseguenza di ciò, l’ex assegnataria dell’appartamento si rivolge al Tribunale di Bari, chiedendo una pronuncia costitutiva ex art. 2932 c.c. ovvero, in subordine, la risoluzione del contratto per inadempimento dell’Istituto, con condanna alla restituzione dell’acconto versato ed al risarcimento del danno. Il Tribunale rigetta le richieste dell’attrice, ravvisando la nullità del preliminare e condanna il promittente venditore alla restituzione dell’acconto promosso l’appello, anche la Corte di merito conferma la medesima decisione, ritenendo che la descrizione dell’immobile oggetto del preliminare non consentiva di individuare, ovvero di rendere individuabile, il bene promesso in vendita, atteso che le unità immobiliari costruende erano numerose e diverse per ubicazione, estensione, caratteristiche e posizione. Nullità del preliminare. La soccombente ha formulato ricorso in Cassazione, affidato a quattro motivi di diritto con il primo, ritenuto dirimente, ella ha eccepito la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1346, 1286, 1472 e 2932 c.c., in riferimento alla dichiarata nullità del preliminare per indeterminatezza dell’oggetto. Il motivo è stato ritenuto infondato dalla Suprema Corte che, dopo aver ripercorso il costante orientamento giurisprudenziale, ha ribadito come l’oggetto di un contratto preliminare può essere determinato attraverso atti e fatti esterni al negozio, anche successivi, solo se l’identificazione avviene in sede di conclusione consensuale del definitivo, su base negoziale. Lo stesso non può dirsi - ha aggiunto la Corte - nel caso di pronuncia giudiziale ex art. 2932 c.c., poichè la sentenza costitutiva deve necessariamente corrispondere al contenuto del contratto, non potendo attingere da altra documentazione i dati necessari alla specificazione del bene oggetto di trasferimento. In considerazione della estrema eterogeneità degli edifici da costruire, ha aggiunto la Suprema Corte, correttamente aveva ritenuto il giudice del merito che il preliminare non consentiva di individuare, con certezza, quale fosse l’oggetto del contratto. Ragion per cui il contratto era affetto da nullità trattandosi, viepiù, di atto per il quale è sempre richiesta la forma scritta ed ove non possono avere rilievo i dati di interpretazione che non facciano riferimento al testo scritto dell’accordo. Il secondo e terzo motivo del ricorso, invece, sono stati ritenuti inammissibili in quanto formulati secondo una disciplina non più applicabile ratione temporis modifica dell’art. 360, n. 5, c.p.c. mentre il quarto motivo è stato dichiarato infondato. Ciò perché la eccepita violazione dell’art. 112 c.p.c. risultava dedotta in maniera assolutamente generica. In conclusione, quindi, il ricorso è stato rigettato, con condanna della ex assegnataria del bene alla refusione delle spese di lite.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – II, ordinanza 16 novembre 2017 – 11 gennaio 2018, n. 537 Presidente Petitti – Relatore Criscuolo Motivi in fatto ed in diritto della decisione L’IPAB Opera Pia Maria SS. di Costantinopoli di alienava alla società controricorrente un lotto edificatorio in alla omissis , convenendo quale corrispettivo, oltre ad una somma di denaro, il trasferimento di una superficie residenziale di mq. 800,00 liberamente scelta dalla venditrice degli immobili che l’acquirente avrebbe realizzato sul suolo. Con delibera dell’8 febbraio 2006 l’IPAB indiceva un concorso per l’assegnazione in proprietà di due unità abitative ed all’esito, con verbale del 4/5/2006, una delle unità era assegnata a L.I. , con la quale era successivamente stipulato un preliminare di compravendita immobiliare per un’unità immobiliare di superficie calpestabile pari a mq. 100 che sarebbe stata scelta liberamente dalla promittente acquirente tra tutte quelle edificande dalla società, e con precedenza rispetto alla scelta di altre unità immobiliari di spettanza dell’IPAB. In data 7 giugno 2007 il Commissario Straordinario del promittente venditore annullava in via di autotutela il verbale di assegnazione in favore della L. , e successivamente conveniva con la società costruttrice una modifica del contratto di vendita del suolo, prevedendosi in luogo del trasferimento della detta superficie residenziale, la corresponsione di una somma di denaro. Alla luce di tali fatti la L. conveniva in giudizio l’IPAB e la C. chiedendo una pronuncia costituiva ex art. 2932 c.c., ovvero, in subordine, la risoluzione del contratto per inadempimento dell’ente convenuto, con la condanna alla restituzione dell’acconto versato ed al risarcimento del danno. Il Tribunale di Bari rigettava le domande proposte ravvisando la nullità del contratto preliminare, condannando l’IPAB alla restituzione dell’acconto, con gli interessi legali dalla domanda, e la Corte d’Appello di Bari con la sentenza n. 1371 del 3 settembre 2015 rigettava l’appello principale della L. , condannando quest’ultima, in accoglimento dell’appello incidentale promosso dalla C. , al rimborso delle spese di lite in favore della società. La Corte distrettale riteneva che la descrizione dell’immobile oggetto del preliminare non consentiva di individuare ovvero di rendere individuabile il bene promesso in vendita, atteso che le unità immobiliari che la società intendeva costruire sul suolo acquistato erano numerose e diverse per ubicazione, estensione, caratteristiche e posizione. Pur dando atto che per l’individuazione dell’immobile promesso in vendita non è indispensabile la completa e dettagliata indicazione di tutti gli elementi del futuro contratto, tuttavia nella specie non vi erano elementi che consentissero in maniera inequivoca l’individuazione dell’immobile compromesso, non potendo avere rilievo l’affermazione dell’appellante secondo cui l’individuazione sarebbe avvenuta in epoca successiva, mancando in tal senso un atto sottoscritto anche dall’IPAB. Ancora, veniva confermato il rigetto della domanda di responsabilità precontrattuale, e confermata la decorrenza degli interessi sulle somme da restituire a far data dalla proposizione della domanda. Infine, quanto all’appello incidentale della C. , la Corte di merito rilevava che non trovava alcuna giustificazione la decisione del Tribunale di compensare le spese con l’attrice, stante l’integrale soccombenza di quest’ultima. L.I. ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza sulla base di quattro motivi. La C.G. e ing. Co.Fr. S.n.c. ha resistito con controricorso. L’altro intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede. Il primo motivo di ricorso denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. c.c., 1346, 1286, 1472 e 2932 c.c., nella parte in cui la sentenza gravata ha confermato la tesi della nullità del contratto preliminare per indeterminatezza dell’oggetto. Si sostiene l’erroneità dell’indagine ermeneutica del giudice di merito che non ha colto la comune intenzione delle parti che era quella di consentire l’identificazione dell’oggetto anche in un momento successivo tramite la scelta riservata alla ricorrente, scelta che era appunto intervenuta. Il motivo è infondato. A tal fine deve rilevarsi che secondo la giurisprudenza della Corte cfr. da ultimo Cass. n. 952/2013 l’oggetto di un contratto preliminare di vendita immobiliare può essere determinato attraverso atti e fatti storici esterni al negozio, anche successivi alla sua conclusione, nella sola ipotesi in cui l’identificazione del bene da trasferire avvenga in sede di conclusione consensuale del contratto definitivo su base negoziale, e non quando, invece, afferisca ad una pronuncia giudiziale ex art. 2932 cod. civ., caso nel quale occorre che l’esatta individuazione dell’immobile, con l’indicazione dei confini e dei dati catastali, risulti dal preliminare, dovendo la sentenza corrispondere esattamente al contenuto del contratto, senza poter attingere da altra documentazione i dati necessari alla specificazione del bene oggetto del trasferimento inoltre trattandosi di contratto per il quale è imposta la forma scritta, l’accertamento della presenza dei requisiti necessari per una sicura identificazione dell’oggetto del preliminare contratto è riservata al giudice di merito ed è soggetta al sindacato di legittimità solo sotto il profilo della logicità e congruità della motivazione conf. Cass. n. 11874/2002 . A tal fine i giudici di appello, appunto con congrua e logica motivazione, hanno fornito un’interpretazione fondata proprio sul tenore letterale delle espressioni utilizzate dalle parti, evidenziando le ragioni per le quali non fosse possibile reputare determinabile l’oggetto del preliminare, sottolineando come fosse insufficiente il richiamo alle unità immobiliari edificande dalla società acquirente del fondo, proprio per la estrema eterogeneità degli edifici da realizzare che impediva di individuare con sufficiente certezza quale fosse l’oggetto del contratto. A tali considerazioni, che già sottraggono la valutazione del giudice di merito al sindacato di legittimità, va aggiunto che in linea generale si è precisato che cfr. Cass. n. 18361/2004 l’oggetto del contratto per il quale è necessaria la forma scritta nel caso, vendita di bene immobile futuro altrui può considerarsi determinabile, benché non indicato specificamente, solo se sia con certezza individuabile in base agli elementi prestabiliti dalle parti nello stesso atto scritto, senza necessità di fare ricorso al comportamento successivo delle parti, dovendosi escludere la possibilità di applicazione, per la determinazione dell’oggetto del contratto, della regola ermeneutica dell’art. 1362, secondo comma, cod. civ., che consente di tener conto, nella ricerca della comune intenzione dei contraenti, del comportamento di questi successivo alla conclusione del contratto. Per l’effetto si è quindi ribadito che cfr. da ultimo Cass. n. 26988/2013 è viziato da nullità il preliminare di vendita avente ad oggetto alcuni degli appartamenti da realizzare sul lotto di terreno già di proprietà del promissario acquirente e la cui individuazione sia rimessa a quest’ultimo, dovendosi considerare indeterminabile l’oggetto del contratto, nel quale l’individuazione del bene non sia desumibile dagli elementi contenuti nel relativo atto scritto ma sia rimessa ad una successiva scelta di uno dei contraenti, restando irrilevante, a tal fine, l’eventuale adempimento della controprestazione conf. Cass. n. 9232/1992, che conferma come non possano avere rilievo i dati di interpretazione che non facciano riferimento al testo scritto dell’accordo, quali quelli desumibili dal comportamento successivo dei contraenti in fase di esecuzione dello stesso, come nel caso in cui le parti non abbiano indicato specificamente il bene che esse si sono obbligate, rispettivamente, a vendere e a comprare, ma si siano limitate ad indicarne le caratteristiche ed il prezzo, riservandosi di effettuare la scelta in concreto successivamente e con altra scrittura . Alla luce anche di tali precedenti, deve quindi essere confermata la correttezza della valutazione compiuta dalla Corte di merito anche in punto di diritto, occorrendo altresì rimarcare che nella specie l’individuazione dell’oggetto del contratto appariva sottoposta ad una duplice scelta, atteso che quella della L. era a sua volta subordinata alla preventiva scelta che l’IPAB avrebbe dovuto compiere in relazione alle superfici edificate da parte della società, elementi questi che rendono oltre modo incerta la precisa individuazione dell’immobile promesso in vendita. Ma riveste rilevanza ai fini del rigetto delle doglianze della ricorrente l’ulteriore ed assorbente considerazione secondo cui nella fattispecie la ricorrente insiste essenzialmente per l’accoglimento della domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo a contrarre assunto dall’ente resistente, obbligo a contrarre scaturente da un contratto pacificamente riconducibile al novero del preliminare di vendita di cosa altrui. L’avvenuta modifica dell’originario accordo intercorso tra gli intimati che ha precluso l’acquisto da parte dell’IPAB della proprietà dell’edificio al cui interno si collocherebbe l’unità immobiliare oggetto della richiesta ex art. 2932 c.c., con il conseguente mancato acquisto della proprietà ad opera del convenuto, costituisce circostanza ostativa all’accoglimento della domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo a contrarre, impedendo quindi in ogni caso alla ricorrente di poter conseguire quanto auspicato. Il secondo ed il terzo motivo sono poi inammissibili nella parte in cui, sebbene la sentenza impugnata sia stata pubblicata in data successiva all’entrata in vigore della riforma del 2012, denunciano il vizio di omessa o insufficiente motivazione, avvalendosi quindi della formulazione della norma di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c., non più applicabile ratione temporis. Infine del pari infondato appare il quarto motivo di ricorso con il quale si denunzia la violazione dell’art. 112 c.p.c. in maniera assolutamente generica, essendo peraltro escluso che i giudici di merito si siano pronunciati su domanda diversa da quella proposta, sostanziandosi la censura non già nella mancata pronuncia sulle domande avanzate, quanto nella mancata adesione alle tesi difensive suggerite dalla parte. Il ricorso deve pertanto essere rigettato e le suesposte ragioni che giustificano il rigetto denotano altresì la superfluità della rimessione della causa alle Sezioni Unite come richiesto da parte ricorrente, in quanto la decisione della controversia prescinde dalla disamina e dalla risoluzione delle questioni che a detta della stessa ricorrente, vedrebbero un contrasto nella giurisprudenza di questa Corte. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Nulla per le spese per l’intimato che non ha svolto attività difensiva. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013 , che ha aggiunto il comma 1-quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 % sui compensi, ed accessori come per legge Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.