Il correntista può proporre azione di ripetizione dell’indebito nei confronti della banca?

Il giudice di merito chiamato a decidere sulla domanda di ripetizione proposta dal correntista nei confronti della banca per indebiti pagamenti, deve verificare se il saldo a credito del correntista sia conseguenza dell’estinzione dell’esposizione debitoria derivante dall’utilizzo dell’accordato finanziamento attraverso rimesse solutorie.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 24944/17, depositata il 23 ottobre. Il caso. Il Tribunale di Taranto condannava una banca al pagamento di una somma a favore di un cliente a titolo di saldo positivo risultante dalla chiusura del rapporto di conto corrente, assistito dall’apertura di credito, intercorso tra le parti. Il Giudice del gravame riformava però al decisione e, rigettando la domanda attorea, condannava il cliente alla restituzione delle somme versate dalla banca in esecuzione della sentenza di prime cure. La pronuncia viene impugnata dal correntista in Cassazione. Ripetizione dell’indebito. In tema di rapporto tra correntista e istituto bancario, la giurisprudenza ha affermato che se durante lo svolgimento del rapporto il correntista abbia effettuato prelevamenti e versamenti, questi ultimi devono essere considerati alla stregua di pagamenti tali da poter essere oggetto di ripetizione se indebiti. Ciò accade laddove il versamento abbia lo scopo e l’effetto di uno spostamento patrimoniale a favore della banca e, dunque, quando il conto sia in passivo e non vi sia stata alcuna apertura di credito a favore del correntista. Laddove invece i versamenti in conto non siano destinati a coprire il passivo ma solo a contribuire alla provvista di cui il correntista può usufruire, non possono essere considerati alla stregua di pagamenti perché non soddisfano la banca creditrice. Nel caso di specie, la chiusura del conto a credito del cliente doveva far supporre la presenza di un credito dello stesso per pregressi indebiti pagamenti a favore della banca e la Corte territoriale avrebbe dunque dovuto verificare se le precedenti rimesse solutorie a favore della banca dovevano qualificarsi come versamenti per precedenti sconfinamenti per la parte eccedente il limite massimo dell’affidamento e pagamenti per ripianare l’esposizione debitoria nascente da finanziamento. In conclusione la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata affermando il principio per cui con riferimento alla domanda di ripetizione proposta dal correntista nei confronti della banca per indebiti pagamenti, il giudice di merito, in presenza di una apertura di credito, non può attribuire rilievo dirimenti al fatto che il rapporto si sia chiuso con un saldo a credito del correntista, ma è tenuto a verificare se tale risultato si sia prodotto in quanto il predetto soggetto abbia in precedenza estinto l’esposizione debitoria derivante dall’utilizzo dell’accordato finanziamento attraverso rimesse, che – in quanto dirette ad attuare il detto adempimento – presentino natura solutoria e rilevino, dunque, ai fini dell’accertamento dell’ipotetico indebito .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 12 settembre – 23 ottobre 2017, n. 24944 Presidente Genovese – Relatore Falabella Fatti di causa 1. - Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. proponeva appello contro la sentenza del Tribunale di Taranto con la quale era stata condannata al pagamento della somma di Euro 62.639,92, oltre interessi e spese, in favore della società D.V.E. & amp C. s.n.c., titolare di un rapporto di conto corrente assistito dall’apertura di credito intrattenuto con la banca dal 25 maggio 1990 al 29 dicembre 1999. Nella resistenza della società appellata, la Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, con sentenza pubblicata il 13 maggio 2016, in riforma dell’impugnata sentenza, rigettava la domanda di pagamento condannando l’appellata alla restituzione, in favore della banca appellante, delle somme versate in esecuzione della decisione di primo grado. 2. - Contro detta sentenza ricorre per cassazione D.V.E. & amp C. s.n.c., la quale affida l’impugnazione ad un unico motivo. Resiste con controricorso Banca Monte dei Paschi di Siena. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Ragioni della decisione 1. - Il motivo lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1842, 1843, 2033, e 2935 c.c., nonché dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c. denuncia altresì vizi motivazionali, una errata lettura di Cass. Sez. U. 2 dicembre 2010, n. 24418 e Cass. 15 gennaio 2013, n. 798 e, infine, la contraddittorietà tra i principi di diritto e i documenti di causa. Muovendo dal dato per cui la Corte di merito aveva rilevato che il rapporto di conto corrente si era chiuso con un saldo complessivo, a favore della ricorrente, di Euro 674,20, viene osservato che tale circostanza non poteva avere alcuna rilevanza. Osserva l’istante, infatti, che a fronte di un saldo debitore, alla data del 30 novembre 1999, di 99.703.106, essa correntista aveva effettuato versamenti solutori pari a 102.900.000 a totale estinzione dell’esposizione debitoria relativa al rapporto in tal modo sul conto residuava un proprio credito di 3.196.894, il quale veniva successivamente rimesso ad essa correntista, al netto delle spese di chiusura. 2. - Il motivo è fondato. Come si è accennato, la Corte di appello ha osservato che il conto corrente risultava essersi chiuso con un saldo a favore della società correntista pari a Euro 674,20 importo che la banca aveva corrisposto. Il giudice del gravame ha aggiunto che nel caso di specie avrebbe potuto parlarsi di pagamento soltanto dopo che, conclusosi il rapporto di apertura di credito in conto corrente, la banca avesse esatto dalla correntista la restituzione del saldo finale, nel computo del quale risultassero compresi interessi non dovuti pagg. 4 s. della sentenza impugnata . Ora, insegnano le Sezioni Unite di questa Corte che, se durante lo svolgimento del rapporto il correntista abbia effettuato prelevamenti e versamenti, questi ultimi possono essere considerati alla stregua di pagamenti, tali da poter formare oggetto di ripetizione ove risultino indebiti , in quanto abbiano avuto lo scopo e l’effetto di uno spostamento patrimoniale in favore della banca ciò che accadrà qualora si tratti di versamenti eseguiti su di un conto in passivo cui non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista, o quando i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell’accreditamento non anche nei casi in cui i versamenti in conto, non avendo il passivo superato il limite dell’affidamento concesso al cliente, fungano unicamente da atti ripristinatori della provvista della quale il correntista può ancora continuare a godere. Se, tuttavia, i versamenti operati nel corso del rapporto di apertura di credito, in situazioni di indebitamento che rientrano nei limiti dell’accreditamento, non integrano pagamenti, in quanto non soddisfano il creditore ma ampliano o ripristinano la facoltà d’indebitamento del correntista, diversamente è a dirsi per l’ipotesi in cui, conclusosi il rapporto di apertura di credito in conto corrente, la banca abbia riscosso dal correntista il saldo finale Cass. Sez. U. 2 dicembre 2010, n. 24418 . Alla luce di tali principi, è evidentemente non decisivo che il saldo del conto corrente, al momento della sua chiusura, registrasse un credito della società correntista. Tale evenienza avrebbe al contrario dovuto far supporre l’esistenza di un credito della società ricorrente per pregressi indebiti pagamenti. Ciò che la Corte di appello avrebbe dovuto verificare era, infatti, il precedente attuarsi di rimesse solutorie in favore della banca rimesse che, in presenza di una apertura di credito, dovevano individuarsi nei versamenti operati a fronte di precedenti sconfinamenti per la parte eccedente il limite massimo dell’affidamento e nei pagamenti con cui era stata definitivamente ripianata l’esposizione debitoria nascente dall’accordato finanziamento pagamenti, questi ultimi, di cui la sentenza impugnata non parla, ma che - salvo ipotizzare un mancato utilizzo della linea di credito - è lecito pensare siano intervenuti, visto che il conto corrente, al momento della sua chiusura, recava un saldo a credito della ricorrente. 3. - La sentenza va dunque cassata e la causa deve essere rinviata alla Corte di appello di Lecce, in diversa composizione, cui è affidata anche la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità. Il giudice del rinvio dovrà attenersi al seguente principio di diritto Con riferimento alla domanda di ripetizione proposta dal correntista nei confronti della banca per indebiti pagamenti, il giudice del merito, in presenza di una apertura di credito, non può attribuire rilievo dirimente al fatto che il rapporto si sia chiuso con un saldo a credito del correntista, ma è tenuto a verificare se tale risultato si sia prodotto in quanto il predetto soggetto abbia in preceden.za estinto l’esposizione debitoria derivante dall’utilizzo dell’accordato finanziamento attraverso rimesse, che - in quanto dirette ad attuare il detto adempimento - presentino natura solutoria e rilevino, dunque, ai fini dell’accertamento dell’ipotetico indebito . P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Lecce, in altra composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.