Sulla capitalizzazione degli interessi del correntista…

Nelle controversie relative ai rapporti tra la banca ed il cliente correntista il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito regolato in conto corrente e negoziato dalle parti in data anteriore al 22 aprile 2000, il giudice – dichiarata la nullità della predetta clausola per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall’art. 1283 c.c. – deve calcolare gli interessi a debito del correntista senza operare alcuna capitalizzazione.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24156 del 13 ottobre 2017 qui annotata, torna ad occuparsi del tema della capitalizzazione degli interessi del correntista. Il caso. Una banca otteneva nei confronti di una società a responsabilità limitata, quale debitrice principale, e dei suoi fideiussori, un decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Roma avente ad oggetto una considerevole somma di denaro risultante dai conti correnti intestati alla predetta società. All’esito dell’opposizione al decreto ingiuntivo, il Tribunale di Roma condannava al pagamento di una minor somma i debitori i quali interponevano gravame. La Corte di Appello di Roma stabiliva, per quanto di interesse, che i il motivo concernente l’invalidità delle fideiussioni per violazione degli artt. 1956 e 1957 c.c. doveva essere disatteso in quanto non specificatamente coltivato, ed anzi abbandonato dagli appellati che avevano omesso di motivare specificatamente sul punto ii erano fondati i motivi concernenti la capitalizzazione trimestrale degli interessi e la misura di essi come applicati dalla banca nel corso del rapporto, non essendo stato pattuito dalle parti alcun tasso di interesse, né la capitalizzazione trimestrale iii il debito degli opponenti appellanti era stato correttamente quantificato mediante consulenza tecnica d’ufficio, calcolando in particolare gli interessi nella misura legale per entrambi i conti con capitalizzazione annuale dei medesimi. Ricorrevano per cassazione i debitori formulando undici motivi di ricorso. Sul calcolo degli interessi del correntista. La Corte di Cassazione affronta, per priorità logica e ritenendoli fondati, i motivi con i quali i ricorrenti hanno lamentato l’erroneità del calcolo dell’importo loro dovuto alla banca effettuato a seguito della depurazione dalla capitalizzazione trimestrale mediante applicazione del tasso di interesse via via in vigore per l’intero periodo. La Prima Sezione Civile della Corte – richiamando l’insegnamento delle Sezioni Unite n. 24418 del 2 dicembre 2010 – ribadisce che nelle controversie relative ai rapporti tra la banca ed il cliente correntista il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente e negoziato dalle parti in data anteriore al 22 aprile 2000, il giudice – dichiarata la nullità della predetta clausola per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall’art. 1283 c.c. – deve calcolare gli interessi a debito del correntista senza operare alcuna capitalizzazione. In questa prospettiva, i Giudici di Legittimità osservano che la Corte territoriale ha errato nell’adottare come parametro per la liquidazione dell’importo effettivamente spettante alla banca quello calcolato sulla base del tasso di interesse legale per entrambi i conti con la capitalizzazione annuale degli interessi. Da qui, cassata la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, il rinvio alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione. Impostazione questa recentemente ribadita anche da Cass. n. 17150/2016 secondo cui, una volta che il giudice abbia dichiarato la nullità della clausola in discorso, egli non può applicare la capitalizzazione annuale degli interessi perché questi, in conseguenza di quella declaratoria, si sottraggono a qualunque tipo di calcolo capitalizzato. Sul punto, per la più recente giurisprudenza di merito, cfr. Trib. Benevento, 17 gennaio 2017, n. 132, in DeJure , secondo cui la capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi non può applicarsi ai rapporti bancari sorti anteriormente all'anno 2000, nemmeno per il periodo successivo all'entrata in vigore della delibera CICR del 9 febbraio 2000, allorché come nel caso di specie manchi in atti la prova di una specifica pattuizione in merito con condizione di reciprocità. Va ricordato, infatti, che le disposizioni transitorie di cui all'art. 7 della delibera CICR 9 febbraio 2000 non possono trovare alcuna applicazione, in quanto in seguito alla sentenza n. 425/2000 della Corte Costituzionale è venuto meno l'art. 25, comma 3, d.lgs. n. 342/1999, che era il fondamento legittimante l'art. 7, per cui esso, quale atto di normazione secondaria attuativo di una norma non più esistente perché dichiarata incostituzionale, ha perso ogni validità ed efficacia . Sul tema, di particolare interesse, si segnala anche Trib. Ravenna, 12 settembre 2017, inedita, ove statuito che se la modifica dell’art. 120 TUB è stata ritenuta illegittima ove applicata retroattivamente ai rapporti anteriori alla sua emanazione, detta disciplina è stata ritenuta incensurabile per il futuro C. Cost. 4 luglio 2008 n. 254 . Quindi per le clausole che disciplinano la produzione di interessi su interessi c.d. capitalizzazione degli interessi composti che siano state concluse in epoca successiva al 30/6/2000 data di entrata in vigore della delibera CICR , ne va perciò affermata la piena legittimità purché rispettose del principio di simmetria identica periodicità rispetto alla capitalizzazione degli interessi attivi . Mentre l’art. 120 TUB, a sua volta, nel testo come modificato dalla legge 147/2013 deve ritenersi aver avuto vita meramente cartacea ed in concreto inoperante senza delibera attuativa del CICR Trib. Torino, 16/5/2015 , tanto che il relativo testo è stato già sostituito completamente dalla successiva modifica apportata con l’art. 17 bis d.l. 14 febbraio 2016, n. 18 inserito in sede di conversione con modifiche attraverso la legge 8 aprile 2016, n. 49 cui è finalmente seguita l’attuazione con delibera CICR 3/8/2016 con entrata in vigore fissata al 1° ottobre 2016 . Inammissibile il motivo di ricorso concernente le fideiussioni per mancanza del requisito di specificità. La Corte di legittimità osserva, infine, che i ricorrenti hanno trascritto le conclusioni dell’atto introduttivo del giudizio di appello ed il brano dell’impugnazione concernente le fideiussioni. Con ciò ritenendo di aver coltivato anche la domanda riguardante, appunto, le fideiussioni proposta davanti al Tribunale. Osserva la Suprema Corte che il Tribunale aveva tuttavia disatteso le censure concernenti l’inoperatività delle fideiussioni rilevando che esse prevedevano espressamente l’esonero della banca dall’onere di agire entro i termini di cui all’art. 1957 c.c. e che era inoperante la norma di cui all’art. 1956 c.c. attesa la qualità di soci dei fideiussori. La Corte di Appello, laddove ha evidenziato che gli appellanti non avevano coltivato le doglianze concernenti le fideiussioni, ha inteso porre in evidenza come l’atto di appello non contenesse in proposito censure come richieste dall’art. 342 c.p.c. a fronte di ciò, segnala la Corte di Legittimità, nulla vale la generica riproposizione della domanda, mentre il brano, per due volte trascritto, non contiene alcun specifico riferimento, tantomeno specifico, alla motivazione adottata dal Tribunale né contrappone, a detta motivazione, come il citato art. 342 c.p.c. impone, alcun argomento ad essa riferito ed idoneo a farla cadere. Conclude la Suprema Corte che i ricorrenti non hanno colto la ratio decidendi posta a sostegno della reiezione della domanda concernente le fideiussioni sicché il motivo di ricorso viene dichiarato inammissibile per mancanza del requisito di specificità richiesto dall’art. 366 c.p.c

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza10 maggio – 13 ottobre 2017, n. 24156 Presidente Didone – Relatore Di Marzio Fatti di causa 1. - La Banca di Roma S.p.A. ha chiesto ed ottenuto nei confronti di Manzana 88 S.r.l., quale debitrice principale, nonché di T.L. e P.P.G. , quali fideiussori, decreto ingiuntivo di pagamento dell’importo di Lire 8.097.172.850, oltre accessori, dovuti in forza dell’esposizione finale alla data del 16 aprile 1998 risultante dai conti correnti numero 918.55 e 1016.56 con le relative aperture di credito concesse e revocate dalla banca per mancato rientro. Sulla base del decreto ingiuntivo la banca ha iscritto l’ipoteca su beni della società. 2. - Contro il decreto ingiuntivo Manzana 88 S.r.l., T.L. e P.P.G. hanno proposto opposizione con la quale hanno dedotto l’intervenuta liberazione dei fideiussori ai sensi degli articoli 1956 e 1957 c.c., l’inesistenza del debito preteso dalla banca in relazione al conto corrente 918.55, la mancata determinazione del tasso di interesse con illegittima capitalizzazione trimestrale, l’applicazione di interessi probabilmente usurari, i danni derivanti dalla iscrizione ipotecaria. 3. - Nel contraddittorio con la banca, che ha resistito all’opposizione ed all’avversa domanda, il Tribunale di Roma ha condannato Manzana 88 S.r.l., T. e P. al pagamento della minor somma di Lire 7.762.597.484 oltre accessori, regolando le spese di lite. 4. - Contro la sentenza gli originari opponenti hanno proposto appello al quale la banca ha resistito e che la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 9 giugno 2011, ha parzialmente accolto, condannando Manzana 88 S.r.l., T. e P. al pagamento, in favore della banca, della somma di Euro 1.943.953,35, con interessi legali dalla domanda al saldo e provvedendo sulle spese di lite. Per quanto rileva, la Corte territoriale ha osservato - che la lettera, proveniente dalla banca, invocata dagli appellanti non conteneva una dichiarazione confessoria in ordine all’azzeramento del conto corrente numero ed alla conseguente chiusura di esso, dal momento che detta lettera recava l’indicazione dell’esatto ammontare delle somme di cui la banca era rimasta creditrice in ordine ad entrambi i conti correnti, tanto più che negli estratti conto si continuava ad effettuare il conteggio relativo anche al detto conto corrente, senza che essi fossero stati contestati dai debitori - che il motivo di appello concernente la invalidità delle fideiussioni per violazione degli articoli 1956 e 1957 c.c. doveva essere disattesa in quanto non specificamente coltivato ed anzi abbandonato dagli stessi appellanti, che avevano omesso di motivare specificamente sul punto - che erano fondati i motivi concernenti la capitalizzazione trimestrale degli interessi e la misura di essi come applicati dalla banca nel corso del rapporto, non essendo stato pattuito dalle parti alcun tasso di interesse né la capitalizzazione trimestrale - che il debito degli opponenti-appellanti era stato correttamente quantificato mediante consulenza tecnica d’ufficio, in particolare secondo quanto risultante dall’ipotesi C effettuata dall’ausiliare, ossia calcolando interessi nella misura legale per entrambi i conti con capitalizzazione annuale dei medesimi - che il motivo concernente i danni andava respinto in quanto la società era comunque rimasta debitrice della banca per un considerevole importo così che la condotta dell’Istituto di credito era da giudicare legittima. 5. - Per la cassazione della sentenza Manzana 88 S.r.l., T. e P. hanno proposto ricorso affidato ad 11 motivi. Trevi Finance n. 3 S.r.l. e per essa Unicredit Credit Management Bank S.p.A. quale mandataria di Unicredit S.p.A., avente causa di Capitalia S.p.A. a seguito di fusione per incorporazione ha resistito con controricorso e spiegato ricorso incidentale per due motivi. Le parti hanno depositato memoria. Ragioni della decisione 1. - Il ricorso principale contiene 11 motivi. Il primo motivo è svolto da pagina 15 a pagina 23 del ricorso sotto la rubrica Violazione e falsa applicazione degli articoli 1362, 1363 e 1366 c.c., 2735, 2697 c.c., in relazione all’articolo 360 numero 3 c.p.c. ed il riferimento all’azzeramento del conto corrente numero . Il secondo motivo è svolto da pagina 23 a pagina 29 del ricorso sotto la rubrica Omessa, illogica, insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un punto fondamentale della controversia per non avere la corte di merito esaminato ed adeguatamente interpretato la missiva del 15 dicembre 1997 della Banca di Roma relativamente all’azzeramento del conto corrente numero 918. 05, in relazione agli articoli 1362, 1363 e 1366, 2735, 2697 c.c. con riferimento all’articolo 360 numero 5 c.p.c. . Il terzo motivo è svolto da pagina 29 a pagina 36 del ricorso sotto la rubrica Violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 c.c. in relazione all’articolo 360 numero 3 c.p.c. ed il riferimento alla determinazione delle somme effettivamente spettanti alla banca con rinvio alla CTU ed in assenza dell’adempimento dell’onere della prova da parte della banca . Il quarto motivo è svolto da pagina 36 a pagina 48 del ricorso sotto la rubrica Erronea, omessa, illogica, insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un punto fondamentale della controversia nel rinvio alla CTU per la determinazione delle somme spettanti alla banca in relazione all’articolo 2697 c.c. e con riferimento all’articolo 360 numero 5 c.p.c. Violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. con riferimento all’articolo 360 numero 5 c.p.c. . Il quinto motivo è svolto da pagina 48 a pagina 53 del ricorso sotto la rubrica Violazione e falsa applicazione degli articoli 1283 e 1284 c.c. in relazione all’articolo 360, numero 3 c.p.c. ed in riferimento all’applicazione del tasso legale e dall’applicazione della capitalizzazione degli interessi annuale . Il sesto motivo è svolto da pagina 53 pagina 56 del ricorso sotto la rubrica Erronea, omessa, illogica, insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un punto fondamentale della controversia in relazione agli articoli 1283 e 1284 c.c., in riferimento all’applicazione del tasso legale ed all’applicazione della capitalizzazione annuale degli interessi e con riferimento all’articolo 360 numero 5 c.p.c. . Il settimo motivo è svolto da pagina 56 a pagina 58 del ricorso sotto la rubrica Violazione e falsa applicazione degli articoli 112 c.p.c., 2041, 2033 c.c. in relazione all’articolo 360 numero 4 c.p.c. ed in riferimento all’indebito arricchimento della banca ed alla conseguente ripetizione dell’indebito . L’ottavo motivo è svolto da pagina 58 a pagina 65 del ricorso sotto la rubrica Violazione e falsa applicazione degli articoli 2043, 2041 e 2033 c.c. in relazione all’articolo 360 numero 3 c.p.c. ed in riferimento alla richiesta di risarcimento dei danni determinati dalla banca ed all’indebito arricchimento . Il nono motivo è svolto da pagina 66 pagina 70 del ricorso sotto la rubrica Erronea, omessa e/o insufficiente motivazione su un punto fondamentale della controversia in ordine all’applicazione degli articoli 2043, 2041 e 2033 c.c. in relazione all’articolo 360 numero 5 c.p.c. ed in riferimento alla richiesta di risarcimento dei danni provocati dalla banca ed all’indebito arricchimento . Il decimo motivo è svolto da pagina 70 pagina 74 del ricorso sotto la rubrica Violazione e falsa applicazione degli articoli 112 c.p.c., 1956 c.c. e 1957 c.c. in relazione all’articolo 360 numero 4 c.p.c. ed Sin riferimento alla omessa pronuncia in merito alla validità delle fideiussioni rilasciate da Luigi T. e P.P.G. . L’undicesimo motivo è svolto da pagina 74 a pagina 70 del ricorso sotto la rubrica Violazione e falsa applicazione degli articoli 1956 1957 c.c. in relazione all’articolo 360 numero 3 c.p.c. ed in riferimento alla validità delle fideiussioni rilasciate da Luigi T. e P.P.G. . 2. - Il ricorso principale è fondato nel senso che segue. 2.1. - Ha priorità logica l’esame del quinto e sesto motivo con cui i ricorrenti hanno lamentato l’erroneità del calcolo effettuato dell’importo da loro dovuto a seguito della depurazione dalla capitalizzazione trimestrale mediante applicazione del tasso di interesse legale via via in vigore per l’intero periodo. Essi sono fondati. Dando seguito all’indirizzo fissato dalle Sezioni Unite di questa Corte Cass., Sez. Un., 2 dicembre 2010, n. 24418 è stato anche recentemente ribadito che, in tema di controversie relative ai rapporti tra la banca ed il cliente correntista, il quale lamenti la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi anatocistici maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito bancario regolato in conto corrente e negoziato dalle parti in data anteriore al 22 aprile 2000, il giudice, dichiarata la nullità della predetta clausola, per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall’art. 1283 c.c., deve calcolare gli interessi a debito del correntista senza operare alcuna capitalizzazione Cass. 17 agosto 2016, n. 17150 . Va da sé che erroneamente la Corte d’appello ha adottato come parametro per la liquidazione dell’importo effettivamente spettante alla banca quello calcolato sulla base del tasso di interesse legale per entrambi conti con la capitalizzazione annuale degli interessi stessi. 2.2. - Il primo, secondo, terzo, quarto, settimo, ottavo e nono motivo sono assorbiti. Ed infatti il ricalcolo dovuto in forza dell’applicazione del principio poc’anzi richiamato travolge la pronuncia in ordine alla determinazione del quantum, da cui l’esame di tutti detti motivi ivi compresi quelli concernenti la domanda restitutoria e quella risarcitoria, che la Corte d’appello ha disatteso sul presupposto dell’esistenza di un credito della Banca dipende. 2.3. - Gli ultimi due motivi, entrambi concernenti l’operatività delle fideiussioni prestate da T.L. e P.P.G. , e che come tali possono essere simultaneamente esaminati, sono inammissibili. Come si è visto in espositiva, la Corte d’appello ha affermato che il motivo di appello relativo alla validità delle fideiussioni e alla violazione degli articoli 1956 e 1957 c.c. da parte del Tribunale va disatteso, in quanto non specificamente coltivato, anzi abbandonato dagli stessi appellanti, che hanno omesso di motivare specificamente sul punto . A fronte di ciò i ricorrenti hanno trascritto le conclusioni dell’atto introduttivo del giudizio di appello pagine 71-72 del ricorso, gli stessi contenuti sono poi nuovamente riprodotti nel corpo dell’11^ motivo a pagina 75 ed altresì a pagina 72-73 e poi nuovamente a pagina 76-77 il brano dell’impugnazione concernente anche le fideiussioni. Con ciò essi hanno inteso sostenere di aver coltivato la domanda riguardante le fideiussioni già proposta dinanzi al Tribunale. Vale tuttavia osservare che il Tribunale, come gli stessi ricorrenti ricordano a pagina 4-5 del ricorso per cassazione, aveva disatteso le censure concernenti l’inoperatività delle fideiussioni rilevando che esse prevedevano espressamente l’esonero della banca dall’onere di agire entro i termini di cui all’articolo 1957 c.c. e che era inoperante la norma di cui all’articolo 1956 c.c. attesa la qualità di soci dei fideiussori, sottolineando altresì la mancata erogazione da parte della banca di ulteriori somme alla società a partire dal 1990 e la mancata allegazione e prova da parte dei fideiussori del mutamento di condizioni economiche del debitore, come richiesto dalla norma. È del tutto palese, allora, che la Corte d’appello, laddove ha evidenziato che gli appellanti non avevano coltivato le doglianze concernenti le fideiussioni, ha inteso porre in evidenza come l’atto d’appello non contenesse in proposito censure come richieste dall’articolo 342 c.p.c. a fronte di ciò nulla vale la peraltro generica riproposizione della domanda che per di più fa riferimento soltanto alla decorrenza del termine di sei mesi di cui all’articolo 1957 c.c. mentre il brano per due volte trascritto a pagina 72-73 ed a pagina 76-77 non contiene alcun riferimento, tantomeno specifico, alla motivazione adottata dal Tribunale né contrappone a detta motivazione, come il citato articolo 342 c.p.c. impone, alcun argomento ad essa riferito ed idoneo a farla cadere. In definitiva, i ricorrenti non hanno al riguardo colto la ratio decidendi posta a sostegno della reiezione della domanda concernente le fideiussioni, sicché il motivo di ricorso per cassazione è al riguardo inammissibile per mancanza del requisito di specificità richiesto dall’articolo 366 c.p.c 4. - Il ricorso incidentale della banca contiene due motivi. Il primo motivo è spiegato da pagina 41 a pagina 47 sotto la rubrica Violazione o falsa applicazione degli articoli 1284 c.c., 2697 c.c., 117 del decreto legislativo numero 385/1993, 115 e 116 c.p.c., ai sensi dell’articolo 360 numero 3 c.p.c. ed in riferimento all’applicazione del tasso legale . Il secondo motivo è svolto da pagina 47 a pagina 48 sotto la rubrica Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, ai sensi dell’articolo 360 numero 5 c.p.c., ed in riferimento all’applicazione del tasso legale in luogo di quello convenzionale . 5. - I motivi ammissibili, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti nel controricorso al ricorso incidentale, giacché individuano con esattezza i documenti numero 3 e 4 del fascicolo monitorio allegato al fascicolo di primo grado cui i motivi sono riferiti vanno accolti nel senso che segue. La Corte d’appello si è limitata in argomento ad affermare che non era stato pattuito dalle parti alcun tasso di interesse non risultando dalla banca fornita la prova su tale punto ma, così facendo, il giudice di merito ha del tutto omesso di misurarsi con la circostanza che già in sede di ricorso per decreto ingiuntivo, con i documenti appena menzionati, la banca aveva prodotto documentazione dalla quale risultava l’indicazione del tasso di interesse del 21,75% per entrambi i rapporti, sicché la Corte d’appello avrebbe dovuto verificare se tali documenti soddisfacevano o meno anche in relazione agli aspetti evidenziati nella memoria della parte ricorrente, secondo cui gli atti non erano sottoscritti e il Tribunale aveva applicato un tasso nullo , e per quali ragioni, la previsione dell’articolo 1284, terzo comma, c.c Sussiste pertanto il vizio di motivazione denunciato, ma non quello di violazione di legge di cui al primo motivo, giacché l’affermazione della Corte d’appello non involge l’esistenza, il significato dell’ambito applicativo delle disposizioni richiamate in rubrica del primo motivo. 6. - La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata per nuovo esame alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, che si atterrà ai principi svolti, provvedendo anche sulle spese. P.Q.M. accoglie il quinto e sesto motivo del ricorso principale, assorbiti il primo, secondo, terzo, quarto, settimo, ottavo e nono, e dichiara inammissibili il decimo e l’undicesimo accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale e rigetta il primo cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le spese alla corte d’appello di Roma in diversa composizione.