La prova delle rimesse solutorie in conto corrente

Osserva la Corte che, qualora non sia contestata l’esistenza di un contratto di apertura di credito, la natura ripristinatoria delle rimesse è presunta sicché spetta alla banca, che eccepisce la prescrizione del diritto del correntista di ripetizione delle somme addebitate in conto corrente, allegare e provare le rimesse aventi, invece, natura solutoria.

Con ordinanza n. 20933 del 7 settembre 2017 la Suprema Corte torna ad occuparsi del tema della ripartizione dell’onere probatorio delle rimesse solutorie in conto corrente. La controversia fra correntista e banca in materia di anomalie in conto corrente. Il Tribunale di Lecce accoglieva la domanda avanzata da una società correntista nei confronti della banca convenuta, avente ad oggetto la ripetizione delle somme indebitamente percepite da quest’ultima nel corso del rapporto di conto corrente assistito da apertura di credito fin dall’anno 1983. La Corte d’Appello di Lecce riformava questa sentenza accogliendo l’eccezione della banca di prescrizione del diritto azionato dalla società correntista di ripetizione delle rimesse effettuate in epoca antecedente al decennio della proposizione della domanda. L’eccezione della banca veniva ritenuta fondata nonostante fosse stata genericamente riferita a tutte le rimesse affluite sul conto senza dunque precisa indicazione delle effettive rimesse solutorie effettuate dalla cliente. Ciò sul presupposto della novità dell’orientamento espresso dalle Sezioni Unite con sentenza n. 24418/10. Avverso tale pronuncia proponeva ricorso per cassazione la correntista, segnalando come la Corte di Appello avesse accolto l’eccezione di prescrizione della banca applicando erroneamente ad una fattispecie in cui venivano in rilievo norme di diritto sostanziale il c.d. principio dell’ overrulling , enunciato dalle Sezioni Unite con sentenza n. 15144/11 con riguardo esclusivo al mutamento di un consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di interpretazione di norme processuali. Incombe alla banca provare la natura delle rimesse solutorie. La Suprema Corte di Cassazione – con l’ordinanza in commento – ha accolto il ricorso della cliente, rinviando la lite alla Corte territoriale in diversa composizione. Ricorda, anzitutto, la Suprema Corte il proprio orientamento secondo cui l’azione di ripetizione di indebito proposta dal cliente di una banca il quale lamenti la nullità delle clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito regolato in conto corrente, è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale prescrizione che decorre, nel caso in cui i versamenti abbiano avuta solo natura ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di chiusura del rapporto Cass. n. 24418/10 . D’altro canto, osserva la Corte che se l’avvenuta stipulazione fra le parti del contratto di apertura di credito non è in contestazione, la natura ripristinatoria delle rimesse è presunta spetta dunque alla banca, che eccepisce la prescrizione, allegare e provare le rimesse che hanno invece natura solutoria Cass. n. 4518/14 . Con la conseguenza che, a fronte della formulazione generica dell’eccezione della banca indistintamente riferita a tutti i versamenti intervenuti sul conto corrente in data anteriore al decennio decorrente a ritroso dalla di proposizione della domanda, il giudice non può supplire all’omesso assolvimento di tale onere, individuando d’ufficio i versamenti solutori. Sull’ambito di operatività dell’overruling. Conclude la Corte di Legittimità chiarendo che il richiamo effettuato dal secondo giudice al c.d. principio dell’ overrulling è errato operando il medesimo soltanto quando il mutamento di un consolidato orientamento giurisprudenziale riguardi l’interpretazione di norme processuali e non anche di diritto sostanziale.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 15 maggio – 7 settembre 2017, n. 20933 Presidente Dogliotti – Relatore Cristiano Fatto e diritto rilevato che 1 Il Tribunale di Lecce, in accoglimento della domanda proposta da IMCEV s.r.l., di ripetizione delle somme indebitamente percepite per interessi ultralegali non pattuiti e trimestralmente capitalizzati dall’allora Sanpaolo Banco di Napoli s.p.a. cui è succeduto il Banco di Napoli s.p.a. nel corso del rapporto di conto corrente, assistito da apertura di credito, intrattenuto inter partes dal novembre del 1983, condannò la banca convenuta al pagamento in favore dell’attrice della somma di Euro 277.833,48 oltre agli interessi legali dalla data di messa in mora al saldo effettivo. 2 La sentenza, appellata dalla soccombente, è stata parzialmente riformata dalla Corte d’appello di Lecce, che, per ciò che in questa sede rileva, ha accolto - in relazione ai soli versamenti solutori effettuati dalla correntista in data anteriore al decennio 15/2/95 15/2/05 decorrente a ritroso dalla della domanda - l’eccezione della banca, di prescrizione del diritto azionato, affermando che era irrilevante il fatto che la stessa fosse stata genericamente riferita a tutte le rimesse affluite sul conto, attesa la novità dell’orientamento espresso dalle S.U. di questa Corte con la sentenza n. 24418/010 ha inoltre ritenuto fondato il motivo di gravame con il quale l’appellante aveva dedotto il vizio di ultrapetizione della sentenza di primo grado, per aver riconosciuto alla correntista gli interessi creditori maturati nel corso del rapporto, nonostante la mancanza di una specifica domanda sul punto. 3 La sentenza, pubblicata il 14.11.013, è stata impugnata da IMCEV con ricorso per cassazione affidato a due motivi. 4 Dopo la notifica della proposta di definizione e del decreto di cui all’art. 380 bis c.p.c., il Banco di Napoli ha depositato memoria difensiva, con la quale ha eccepito l’inesistenza o la nullità della notificazione del ricorso. 5 Anche IMCEV ha depositato memoria. considerato che 6 Preliminarmente va rilevato che la notifica del ricorso, effettuata a mezzo posta nei confronti del procuratore della banca, esercente extra districtum, avv. Giuseppe Miccolis, ed al domicilio da questi eletto in grado d’appello, in Lecce, alla via Giuseppe Verdi 16, risulta ritualmente eseguita mediante immissione dell’avviso nella cassetta postale del destinatario, temporaneamente assente, il deposito dell’atto presso l’ufficio postale e l’invio di una seconda raccomandata con avviso di ricevimento, restituito al mittente con l’attestazione non ritirato entro il termine di compiuta giacenza. Non risulta, peraltro, che l’avv. Miccolis abbia comunicato in corso di causa il mutamento del domicilio eletto, né la notificazione del ricorso può ritenersi invalida solo perché nella copia della sentenza notificata dalla banca ad IMCEV unitamente al precetto, e dunque ai soli fini esecutivi, il difensore ha eletto un diverso domicilio. 7 Con il primo motivo la ricorrente lamenta che la corte del merito abbia accolto l’eccezione di prescrizione genericamente formulata dalla creditrice con riferimento a tutte le rimesse affluite sul conto, senza indicazione di quelle aventi natura solutoria, implicitamente ed erroneamente applicando il principio c.d. dell’overruling enunciato da Cass. S.U. n. 15144/011 con esclusivo riguardo al mutamento di un consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di interpretazione di norme processuali, ad una fattispecie in cui venivano in rilievo norme di diritto sostanziale. Il motivo è manifestamente fondato. Questa Corte, a partire dalla sentenza n. 24418/010 resa a S.U., ha infatti costantemente affermato che l’azione di ripetizione di indebito proposta dal cliente di una banca, il quale lamenti la nullità delle clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi maturati con riguardo ad un contratto di apertura di credito regolato in conto corrente bancario, è soggetta all’ordinaria prescrizione decennale, la quale decorre, nel caso in cui i versamenti abbiano avuto solo natura ripristinatoria della provvista, non dalla data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati, ma dalla data di chiusura del rapporto. D’altro canto, qualora, come nella specie, l’avvenuta stipulazione fra le parti del contratto di apertura di credito non sia in contestazione, la natura ripristinatoria delle rimesse è presunta spetta dunque alla banca che eccepisce la prescrizione di allegare e di provare quali sono le rimesse che hanno invece avuto natura solutoria cfr. Cass. n. 4518/014 con la conseguenza che, a fronte della formulazione generica dell’eccezione, indistintamente riferita a tutti i versamenti intervenuti sul conto in data anteriore al decennio decorrente a ritroso dalla data di proposizione della domanda, il giudice non può supplire all’omesso assolvimento di tali oneri, individuando d’ufficio i versamenti solutori. Del tutto errato è poi l’implicito richiamo della corte del merito, a giustificazione dell’accoglimento dell’eccezione, al principio dell’overruling, che opera solo quando il mutamento di un consolidato orientamento giurisprudenziale riguarda l’interpretazione di norme processuali, e non di norme di diritto sostanziale. 8 Col secondo motivo, denunciando violazione degli artt. 1284 c.c. e 112 c.c., IMCEV lamenta che la corte del merito abbia ritenuto non proposta la domanda di condanna della banca al pagamento degli interessi creditori maturati nel corso del rapporto ed abbia pertanto riformato la sentenza di primo grado anche nel capo in cui ne riconosceva la debenza. Anche questo motivo è manifestamente fondato, non ricorrendo alcun vizio di ultrapetizione della sentenza di primo grado, che ha correttamente attribuito all’attrice gli interessi creditori maturati nel corso del rapporto, espressamente domandati in citazione con formulazione inequivoca, e non diversamente interpretabile solo perché l’attrice non aveva lamentato che il ctu li avesse calcolati nella misura legale, anziché in base alle effettive previsioni contrattuali , oltre che implicitamente ricompresi nella domanda principale di ripetizione dell’indebito, previa esatta determinazione del dare e dell’avere , necessariamente riferita a tutte le somme illegittimamente trattenute dalla banca. La sentenza impugnata va pertanto cassata, con rimessione della causa alla Corte d’appello di Lecce in diversa composizione, che liquiderà anche le spese di questo giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Lecce in diversa composizione, anche per le spese.