Domanda riconvenzionale ed eccezione: quali le differenze?

La distinzione tra domanda riconvenzionale ed eccezione non dipende dal titolo posto a base della difesa del convenuto, e cioè dal fatto o dal rapporto giuridico invocato a suo fondamento, ma dal relativo oggetto, e cioè dal risultato processuale che il convenuto intende con essa ottenere, che è limitato al rigetto della domanda proposta dall’attore.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 21472/16, depositata il 25 ottobre. Il caso. Una immobiliare agì in giudizio nei confronti di una s.a.s. per ottenere il rilascio di un complesso aziendale ubicato all’interno di un centro commerciale, nonché il pagamento dei canoni insoluti, dell’indennità di occupazione e di una penale per il ritardo nella consegna dei locali. La società convenuta contestò le domande di parte attrice, sul presupposto che il dedotto contratto di affitto di ramo di azienda dissimulasse una locazione commerciale, e chiese la compensazione degli importi dovuti alla locatrice con il proprio credito per canoni pagati in eccesso. Il Tribunale di Cremona dichiarò che il contratto stipulato tra le parti aveva natura di locazione commerciale e ne pronunciò la risoluzione per inadempimento della conduttrice, che condannò al rilascio e al pagamento di circa 3 mila euro, a titolo di canoni insoluti. La Corte d’appello di Brescia ha rigettato il gravame della conduttrice, accolto in parte quello della locatrice e condannato la s.a.s. al pagamento dell’importo di 62mila euro, fino alla liberazione dell’immobile. Ricorre per cassazione la s.a.s Falsa applicazione di norme di diritto. Con il primo motivo di ricorso la società denuncia l’art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c. per falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 35, 36, 112, 113, 416 c.p.c. e 2697 c.c Con il secondo, denuncia l’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato discusso tra le parti. Distinzione tra domanda riconvenzionale ed eccezione. I motivi sono per la Suprema Corte fondati. La stessa ha, infatti, sancito che la distinzione tra domanda riconvenzionale ed eccezione non dipende dal titolo posto a base della difesa del convenuto, e cioè dal fatto o dal rapporto giuridico invocato a suo fondamento, ma dal relativo oggetto, e cioè dal risultato processuale che il convenuto intenda con essa ottenere, che è limitato al rigetto della domanda proposta dall’attore di conseguenza, non sussistono limiti al possibile ampliamento del tema della controversia da parte del convenuto a mezzo di eccezioni, purché vengano allegati a loro fondamento fatti o rapporti giuridici prospettati come idonei a determinare l’estinzione o la modificazione dei diritti fatti valere dall’attore, e in base ai quali si chieda la reiezione delle domande da questo proposte e non una pronunzia di accoglimento di ulteriori e diverse domande . Rapporto contrattuale diverso. Il Collegio chiarisce altresì che laddove il convenuto invochi un rapporto contrattuale diverso da quello posto dall’attore a fondamento delle sue pretese, sull’assunto che da esso deriverebbe la nullità o la totale o parziale inefficacia di quest’ultimo, o comunque un effetto estintivo, impeditivo o modificativo dei diritti fatti valere dall’attore, e ne chieda in via riconvenzionale l’accertamento, anche con la eventuale conseguente condanna dell’attore al pagamento di quanto dovuto in base a tale prospettazione, nell’ipotesi in cui tale domanda riconvenzionale risulti inammissibile per motivi processuali, ciò nonostante la medesima difesa può e deve essere presa in considerazione come eccezione, con il solo e più limitato possibile esito del rigetto delle domande di parte attrice . La sentenza impugnata è dunque nulla per omissione di pronuncia ai sensi dell’art. 112 c.p.c., e va cassata affinché in sede di rinvio si proceda all’esame delle difese in questione sulla base dei principi sopra indicati.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 28 settembre – 25 ottobre 2016, n. 21472 Presidente Vivaldi – Relatore Tatangelo Fatti e svolgimento del processo Immobiliare Gallerie Commerciali S.p.A. agì in giudizio nei confronti di Orchidea Gialla S.a.s. per ottenere il rilascio di un complesso aziendale ubicato all’interno di un centro commerciale, nonché il pagamento dei canoni insoluti, dell’indennità di occupazione e di una penale per il ritardo nella riconsegna dei locali. La società convenuta contestò le domande di parte attrice, sul presupposto che il dedotto contratto di affitto di ramo di azienda dissimulasse una locazione commerciale, e chiese in via riconvenzionale la compensazione degli importi dovuti alla locatrice con il proprio credito per canoni pagati in eccesso. Il Tribunale di Cremona dichiarò che il contratto stipulato tra le parti aveva natura di locazione commerciale e ne pronunziò la risoluzione per inadempimento della conduttrice, che condannò al rilascio e al pagamento dell’importo di Euro 3.958,20 a titolo di canoni insoluti, dell’importo di Euro 21.000,00 a titolo risarcitorio, e dell’importo di Euro 500,00 mensili a titolo di penale contrattuale. La Corte di Appello di Brescia, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato il gravame della conduttrice, ha accolto in parte quello della locatrice, e ha quindi condannato Orchidea Gialla S.a.s. al pagamento dell’importo di Euro 62.071,61 e della penale contrattuale, determinata in Euro 2.000,00 mensili, fino alla liberazione dell’immobile. Ricorre Orchidea Gialla S.a.s., sulla base di sette motivi. Resiste con controricorso Immobiliare Gallerie Commerciali S.p.A., che ha depositato altresì memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c Motivi della decisione 1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia art. 360 comma 1 n. 3 per violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 35, 36, 112, 113, 416 cpc e 2697 cod. civ. . Con il secondo motivo del ricorso si denunzia art. 360 comma 1 n. 5 per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato discusso tra le parti . I primi due motivi sono connessi e come tali possono essere esaminati congiuntamente. Essi sono fondati. La corte di appello ha ritenuto inammissibile la deduzione, da parte della società convenuta, di tutti i fatti estintivi, impeditivi e/o modificativi dei diritti fatti valere in giudizio dall’attrice fondati sugli accordi contrattuali che avevano preceduto quelli posti dall’attrice stessa a fondamento delle proprie domande e, segnatamente, quelli secondo l’assunto della società convenuta conseguenti alla stipulazione nel 1992, con la precedente proprietaria dei locali, di un contratto da qualificarsi come locazione commerciale . Ha infatti ritenuto che, essendo fondate su titoli negoziali differenti da quelli già oggetto del giudizio in quanto posti a base delle domande dell’attrice, tali difese dovessero essere qualificate, per loro natura, come domande riconvenzionali domande pacificamente inammissibili, nel caso di specie, per intervenuta decadenza processuale e non potessero essere prese in considerazione neanche quali mere eccezioni riconvenzionali , ai più limitati effetti di impedire semplicemente l’accoglimento delle domande avversarie. Ma in questo modo la corte, operando una non corretta ricostruzione della distinzione tra domanda riconvenzionale ed eccezione fondata sul titolo posto a base della difesa della parte, invece che sull’oggetto di essa o, se si preferisce, sulla struttura invece che sulla funzione di essa - ha conseguentemente posto una limitazione al possibile ampliamento del thema decidendum ad opera dal convenuto, attraverso la deduzione di fatti estintivi, impeditivi o modificativi dei diritti fatti valere dall’attore, che non trova riscontro in alcuna disposizione normativa. Secondo risalente e costante giurisprudenza di questa Corte, espressa anche in precedenti che presentano analogie con la fattispecie in esame, infatti, ciò che distingue l’eccezione riconvenzionale, la cui prima formulazione è ammissibile in appello, dalla domanda riconvenzionale, esperibile soltanto in primo grado, è costituito dalle conseguenze giuridiche che il deducente intende trarre dal fatto nuovo allegato, e, cioè, dal provvedimento che egli chiede al giudice in base a tale fatto si ha, cioè, eccezione riconvenziona-le, allorché l’istanza resti contenuta nell’ambito dell’attività strettamente difensiva e, pure eventualmente ampliando la sfera dei poteri cognitori, lasci immutati i limiti di quelli decisori del giudice, quali determinati dalla domanda dell’attore si ha, invece, domanda riconvenzionale quando il convenuto chieda un provvedimento positivo, autonomamente attributivo di una determinata utilità, cioè tale che vada oltre il mero rigetto della domanda avversaria, ampliando, così, la sfera dei poteri decisori come sopra determinati Cass., Sez. 2, Sentenza n. 3612 del 06/08/1977, Rv. 387226 conf., ex multis, Cass., Sez. 2, Sentenza n. 3843 del 06/06/1983, Rv. 428766 Sez. 2, Sentenza n. 246 del 10/01/1981, Rv. 410656 Sez. L, Sentenza n. 363 del 16/01/1987, Rv. 450109 Sez. 2, Sentenza n. 2860 del 02/04/1997, Rv. 503443 Sez. L, Sentenza n. 14432 del 04/11/2000, Rv. 541379 Sez. L, Sentenza n. 9965 del 21/07/2001, Rv. 548391 Sez. 1, Sentenza n. 20178 del 24/09/2010, Rv. 614253 Sez. L, Sentenza n. 16339 del 04/08/2015, Rv. 636348 . A tale ricostruzione che è stata anche criticata, sul rilievo che essa non attribuisce alla qualificazione di cd. eccezione riconvenzionale alcuna conseguenza sul piano del regime giuridico applicabile, che resta integralmente quello dell’eccezione consegue comunque quanto meno che l’eventuale inammissibilità della domanda ricon-venzionale non impedisce al giudice di considerare i fatti o i rapporti giuridici dedotti a suo fondamento nella più limitata ottica dell’eccezione, al limitato effetto di impedire l’accoglimento della domanda avversaria cfr. ad es. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 9044 del 15/04/2010, Rv. 612531, che chiarisce l’inammissibilità della domanda riconvenzionale volta ad ottenere la dichiarazione di nullità di un contratto di comodato ed il riconoscimento dell’esistenza di un contratto di affittanza agraria non travolge l’eccezione riconvenzio-nale relativa all’onerosità del rapporto, essendo quest’ultima necessariamente e logicamente insita nella linea difensiva del convenuto, ben potendo coesistere una domanda ed una eccezione, basate sulla stessa situazione che si pongono l’una come progressione difensiva dell’altra in senso sostanzialmente analogo, tra le altre Sez. 3, Sentenza n. 16314 del 24/07/2007, Rv. 599444 Sez. 3, Sentenza n. 73 del 08/01/2010, Rv. 610865 Sez. 3, Sentenza n. 4233 del 16/03/2012, Rv. 621661 Sez. 3, Sentenza n. 14852 del 13/06/2013, Rv. 627017 si veda anche Sez. 2, Sentenza n. 24567 del 31/10/2013, Rv. 628914, la quale precisa che il giudice è comunque tenuto ad emettere una pronuncia di accoglimento o di rigetto su tutti i capi delle domande proposte dalle parti e su ogni eccezione che sia idonea ad influire sul rapporto sostanziale oggetto della controversia . I principi di diritto in base ai quali avrebbe dovuto giudicare la corte di appello sono pertanto i seguenti la distinzione tra domanda riconvenzionale ed eccezione non dipende dal titolo posto a base della difesa del convenuto, e cioè dal fatto o dal rapporto giuridico invocato a suo fondamento, ma dal relativo oggetto, e cioè dal risultato processuale che il convenuto intende con essa ottenere, che è limitato al rigetto della domanda proposta dell’attore di conseguenza non sussistono limiti al possibile ampliamento del tema della controversia da parte del convenuto a mezzo di eccezioni, purché vengano allegati a loro fondamento fatti o rapporti giuridici prospettati come idonei a determinare l’estinzione o la modificazione dei diritti fatti valere dall’attore, e in base ai quali si chieda la refezione delle domande da questo proposte e non una pronunzia di accoglimento di ulteriori e diverse domande laddove il convenuto invochi un rapporto contrattuale diverso da quello posto dall’attore a fondamento delle sue pretese, sull’assunto che da esso deriverebbe la nullità o la totale o parziale inefficacia di quest’ultimo, o comunque un effetto estintivo, impeditivo o modificativo dei diritti fatti valere dall’attore, e ne chieda in via riconvenzionale l’accertamento, anche con la eventuale conseguente condanna dell’attore al pagamento di quanto dovuto in base a tale prospettazione, nell’ipotesi in cui tale domanda riconvenzionale risulti inammissibile per motivi processuali, ciò nonostante la medesima difesa può e deve essere presa in considerazione come eccezione, con il solo e più limitato possibile esito del rigetto delle domande di parte attrice . Nel caso di specie le difese della società convenuta fondate su titoli negoziali diversi da quelli invocati dall’attrice a sostegno delle proprie domande avrebbero quindi dovuto essere esaminate e decise, sia pure nei soli limiti in cui esse erano dirette ad impedire l’accoglimento o l’integrale accoglimento di tali domande, come del resto ritenuto dal giudice di primo grado ciò ferma restando, evidentemente, la possibilità di ritenere eventualmente insussistente - nel merito - la dedotta idoneità dei fatti estintivi, impeditivi o modificativi allegati a sostegno di tali difese a determinare in concreto il rigetto delle pretese avversarie. La sentenza impugnata è dunque nulla per omissione di pronunzia ai sensi dell’art. 112 c.p.c., e va cassata affinché in sede di rinvio sulla base dei principi di diritto sopra enunciati - si proceda all’esame delle difese in questione, nei limiti indicati. 2. Con il terzo motivo del ricorso si denunzia art. 360 comma 1 n. 3 per violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli art. 27 e 29 legge equo canone n. 392/78 . Con il quarto motivo del ricorso si denunzia art. 360 comma 1 n. 3 per violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli art. 27, 29 e 79 legge equo canone n. 392/78 . Con il Quinto motivo del ricorso si denunzia art. 360 comma 1 n. 3 per violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli art. 27, 29 e 79 legge equo canone n. 392/78 nonché art. 1591 cod. civ. e 115 cpc . Con il sesto motivo del ricorso si denunzia art. 360 comma 1 n. 5 per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato discusso tra le parti . Il terzo, il quarto, il quinti ed il sesto motivo del ricorso riguardano censure attinenti a motivi di gravame dichiarati assorbiti in conseguenza della ritenuta inammissibilità delle eccezioni riconvenzionali della società convenuta in particolare il terzo e il quarto ovvero censure attinenti alla determinazione dell’importo dei canoni insoluti e delle indennità di occupazione, che a loro volta dipendono dalla risoluzione delle questioni poste con quelle eccezioni in particolare il quinto ed il sesto . Essi devono quindi ritenersi assorbiti in conseguenza dell’accoglimento dei primi due motivi. 3. Con il settimo motivo del ricorso si denunzia art. 360 comma 1 n. 5 per art. 360 comma 1 n. 5 per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato discusso tra le parti in relazione all’art. 1384 cod. civ. . Il motivo, relativo alla riduzione della penale operata dal giudice del merito ai sensi dell’art. 1384 c.c., è infondato. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’apprezzamento sulla eccessività dell’importo fissato con clausola penale dalle parti contraenti, per il caso di inadempimento o di ritardato adempimento, nonché sulla misura della riduzione equitativa dell’importo medesimo, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito il cui esercizio è incensurabile in sede di legittimità, se correttamente fondato, a norma dell’art. 1384 c.c., sulla valutazione dell’interesse del creditore all’adempimento con riguardo all’effettiva incidenza dello stesso sull’equilibrio delle prestazioni e sulla concreta situazione contrattuale, indipendentemente da una rigida ed esclusiva correlazione con l’entità del danno subito cfr. ad es., in tal senso Cass., Sez. 3, Sentenza n. 6380 del 08/05/2001, Rv. 546501 Sez. 2, Sentenza n. 7528 del 23/05/2002, Rv. 554652 Sez. 2, Sentenza n. 6158 del 16/03/2007, Rv. 596698 Sez. 3, Sentenza n. 2231 del 16/02/2012, Rv. 620543 . Nella specie, la corte di appello ha adeguatamente motivato l’esercizio del suddetto potere, in riferimento ai parametri previsti dalla disposizione, e parte ricorrente non allega fatti decisivi in contrario, il cui esame sia stato omesso. 4. È rigettato il settimo motivo del ricorso, accolti i primi due, assorbiti gli altri. La sentenza impugnata è cassata in relazione, con rinvio alla Corte di Appello di Brescia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte - rigetta il settimo motivo del ricorso - accoglie i primi due motivi del ricorso, assorbiti gli altri, e cassa in relazione, con rinvio alla Corte di Appello di Brescia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.