Credito al consumo: possibile la risoluzione del contratto di finanziamento senza clausola di esclusiva

Nella vigenza della disciplina anteriore alla riforma del d.lgs n. 141/2010, nella vendita dei beni di consumo, in ipotesi d’inadempimento contrattuale da parte del fornitore, il compratore può anche domandare la risoluzione del contratto di credito collegato, con conseguente diritto alla restituzione delle somme, pure nel caso in cui non vi sia una clausola di esclusiva del finanziatore per la concessione di credito ai clienti del fornitore, in virtù dell’esistenza di un collegamento negoziale di fonte legale tra i due contratti.

La Terza sezione della Corte di Cassazione con la pronuncia n. 19000, depositata il 27 settembre 2016, si è occupata di credito al consumo ed in particolare dell’evoluzione interpretativa dell’articolo 42 del Codice del Consumo in combinato disposto con l’articolo 124 TUB, nella formulazione del testo originario. Il fatto. La vicenda vede coinvolto un consumatore acquirente di un’autovettura, la concessionaria ed una finanziaria. Il consumatore chiedeva la risoluzione del contratto di compravendita per inadempimento contrattuale, difettando la consegna del veicolo acquistato, spiegando contestuale domanda di risoluzione del contratto di finanziamento, in virtù del collegamento negoziale esistente tra i due contratti. In primo grado era accolta solo la prima domanda, mentre quella formulata in danno della finanziaria era rigettata. In appello le sorti del giudizio non mutavano. Formulato ricorso per Cassazione, a parere del ricorrente il giudice di seconde cure avrebbe dovuto accogliere la domanda formulata in danno della finanziaria, in ragione del collegamento legale esistente tra i due contratti, trattandosi di credito al consumo, disapplicando l’art. 42 del Codice del Consumo. L’art. 42 del codice del consumo. Per comprendere i termini della questione occorre premettere che l’articolo 42 del Codice del Consumo, trasfuso nel 2005 nell’articolo 125 del Testo Unico Bancario, prevedeva, nella sua formulazione originaria, la possibilità per il consumatore di chiedere la risoluzione del contratto di finanziamento, in caso d’inadempimento del venditore, nei limiti del credito concesso, a condizione tuttavia che vi fosse un accordo esplicito che attribuisse al finanziatore un’esclusiva per la concessione del credito ai clienti del fornitore. Nel caso di specie tale accordo di esclusiva mancava, motivo per cui i giudici di merito avevano rigettato la domanda di risoluzione in danno della finanziaria. Nel corso del giudizio era stata emessa una importate pronuncia della Corte di Giustizia sentenza 23 aprile 2009 la quale aveva escluso che l’esistenza di una clausola di esclusiva fosse presupposto per il riconoscimento, in capo al consumatore, del diritto di domandare la risoluzione del contratto di finanziamento, in caso d’inadempimento del fornitore, con diritto alla restituzione delle somme già corrisposte. Il collegamento negoziale di origine legale. Faceva da eco a tale interpretazione quella fornita dalla Corte di legittimità italiana che, in alcune recenti pronunce individuava un collegamento negoziale di fonte legale tra il contratto di vendita e quello di finanziamento in quanto quest’ultimo finalizzato all’acquisto dei beni così escludendosi la necessaria presenza di una clausola di esclusiva. In ragione di tali evoluzioni interpretative la parte attrice domandava la disapplicazione dell’articolo 42 Codice del Consumo, onde ottenere il riconoscimento dell’irrilevanza della clausola di esclusiva, ai fini dell’individuazione di un collegamento negoziale tra i due contratti. Gli Ermellini riconoscevano l’erronea valutazione, da parte del giudice di seconde cure, nella misura in cui, non avendo tenuto in debito conto la richiesta di disapplicazione dell’articolo 42 Codice del Consumo, aveva rigettato la domanda. Il ricorso era dunque accolto con rinvio ad altra sezione della Corte territoriale che, per valutare la liceità della domanda di richiesta di risoluzione del contratto di finanziamento, dovrà tener conto del collegamento negoziale esistente tra il contratto di acquisto del bene e quello di credito al consumo, senza considerazione quindi della clausola di esclusiva. Concludendo. Per completezza d’indagine preme specificare come tale questione sia oggi stata superata nella misura in cui il d.lgs. n. 141/2010, abrogando la normativa previgente ed introducendo l’art. 125- quinquies , attribuisce al compratore il diritto di chiedere la risoluzione del contratto di finanziamento, dopo aver infruttuosamente costituito in mora il venditore, a condizione della non scarsa importanza dell’inadempimento del venditore, ai sensi dell’art. 1455 c.c

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 7 luglio – 27 settembre 2016, n. 19000 Presidente Vivaldi – Relatore Carluccio Fatti di causa 1. B.R. agì nei confronti di Ameria Auto snc. d’ora in poi venditrice e di Neos banca spa poi Intesa San Paolo Personal Finance spa, d’ora in poi Banca . In esito alla precisazione delle domande ex art. 183 c.p.c., chiese la risoluzione del contratto di compravendita del 23 settembre 2006 per inadempimento nella consegna della autovettura, acquistata stipulando un contratto di finanziamento per il residuo con la banca. Ed, inoltre, sul presupposto di un collegamento negoziale tra i due contratti, chiese la risoluzione del contratto di finanziamento. Il Tribunale di Roma accolse la prima domanda e condannò la società venditrice al pagamento delle somme corrisposte e da corrispondersi dal B. alla Banca rigettò le domande nei confronti della Banca. La decisione venne confermata dalla Corte di appello di Roma adita dall’originario attore sentenza del 23 settembre 2013 . 2. Avverso la suddetta sentenza, l’originario attore propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, esplicato da memorie. Resiste con controricorso la Banca. Ragioni della decisione 1. Con l’unico motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 113 c.p.c., dell’art. 124, commi 2 e 3, del T.U.B. per quel che interessa, nella formulazione originaria applicabile ratione temporis , nonché la violazione dell’art. 1453 del c.c L’argomentazione centrale che si snoda in tutta la parte esplicativa del ricorso - dove si argomenta a partire da una decisione successiva della Corte di legittimità n. 20477 del 2014 - è che la Corte di appello avrebbe dovuto dichiarare la risoluzione del contratto di finanziamento sulla base del collegamento legale tra contratto di compravendita e contratto di finanziamento, che troverebbe fondamento nell’art. 124 cit., applicabile da parte del giudice, ai sensi dell’art. 113 c.p.c., anche in difetto di richiesta dell’attore, essendo rinvenibili tutti gli elementi fattuali richiesti dalla norma. A tal fine, mette in evidenza che il contratto era stato qualificato quale credito al consumo dall’attore nello stesso atto di citazione, oltre che in appello, e dalla stessa banca resistente, la quale aveva richiamato il codice del consumo art. 42, dove era stato trasfuso l’originario art. 125 del TUB e la necessità della presenza della clausola di esclusiva per l’operatività della tutela ex art. 42 cit. verso il finanziatore. Il motivo va accolto con le precisazioni che seguono. 2. È evidente, al contrario di quel che rileva la controricorrente, la ragione dell’invocazione dell’art. 1453 c.c. laddove si chiede la riforma della sentenza nella parte in cui non ha dichiarato la risoluzione del contratto di finanziamento per mancanza di collegamento negoziale. D’altro canto, ai fini dell’accoglimento della censura, l’invocazione dell’art. 113 c.p.c. non gioca un ruolo decisivo per l’applicazione dell’art. 124 TUB, come interpretato da ultimo dalla Corte di legittimità nella decisione richiamata consegue l’irrilevanza delle critiche mosse in controricorso rispetto alla idoneità dell’art. 113 c.p.c. a fondare l’applicazione d’ufficio di una sentenza di legittimità, interpretativa del TUB, successiva alla decisione. 2.1. Nella causa si è discusso di credito al consumo art. 42 del codice del consumo nel quale, nel 2005, è stato trasfuso il contenuto del 125 TUB . Infatti, di credito al consumo si parla nel ricorso nel riferire la domanda attorea, come precisata ex 183 c.p.c. si parla nel controricorso, a proposito della mancanza nel contratto in argomento della clausola di esclusiva, richiesta dal citato art. 42 per la tutela riservata al consumatore verso il finanziatore. Nella sentenza di primo grado, per come sintetizzata nel controricorso, il collegamento tra i due contratti è stato negato proprio per la mancanza della clausola di esclusiva richiesta dall’art. 42 del codice del consumo. Nel motivo di appello dell’attore, come riportato letteralmente dalla sentenza impugnata pag. 3 , risulta la censura alla decisione di primo grado, che aveva escluso il collegamento tra i contratti ai sensi dell’art. 42 cit., per non essere stata neanche predicata la clausola di esclusiva con il finanziatore convenzionato, richiesta dallo stesso articolo. Risulta, soprattutto, la richiesta in sede di appello della disapplicazione di tale articolo sulla base della direttiva comunitaria 87/102/CEE del 22 dicembre 1986, alla luce della interpretazione fatta dalla Corte di Giustizia, con la sentenza del 23 aprile 2009, emessa nella causa C-509/07. Secondo, questa decisione, infatti, l’esistenza di una clausola di esclusiva tra fornitore del bene e finanziatore, non è presupposto necessario del diritto del consumatore di procedere contro il creditore in caso di inadempimento delle obbligazioni da parte del fornitore, al fine di ottenere la risoluzione del contratto di credito e la conseguente restituzione delle somme corrisposte al finanziatore. Ne consegue che in sede di ricorso per cassazione, invocando la sussistenza del riconoscimento di un collegamento contrattuale di fonte legale, rinvenibile negli artt. 124 e 124 T.U.B., nel testo originario, alla luce della direttiva Europea come interpretata dalla Corte di giustizia, secondo una interpretazione che è il presupposto della decisione della Corte di legittimità con la sentenza richiamata, non si invoca l’applicazione di una interpretazione sopravvenuta della norma, ma si invoca la stessa base interpretativa sostenuta in appello, con la richiesta di disapplicazione dell’art. 42 cit. al caso di specie, per ottenere il riconoscimento dell’irrilevanza della inesistenza della clausola di esclusiva ai fini del collegamento negoziale. 2.2. Da ultimo questa Corte - partendo dalla direttiva comunitaria e dalla interpretazione della stessa da parte della Corte di giustizia e trovando conferma nella successiva evoluzione legislativa, attualmente in vigore, e con ampiezza di argomentazioni cui si rimanda - ha ravvisato negli artt. 121 e 124 del d.lgs 1 settembre 1993, n. 385, nel testo originario, tra i contratti di credito al consumo finalizzati all’acquisto di determinati beni o servizi ed i contratti di acquisto dei medesimi, un collegamento negoziale di fonte legale, che prescinde dalla sussistenza di una esclusiva del finanziatore per la concessione di credito ai clienti dei fornitori, demandando al giudice di individuare, in applicazione dei principi generali, gli effetti del collegamento negoziale istituito per legge tra il contratto di finanziamento e quello di vendita Cass. n. 20477 del 2014 e n. 19522 del 2015 . 2.3. La Corte di appello ha errato nel non valutare la richiesta di disapplicazione, alla luce della sopravvenuta interpretazione della Corte di giustizia, della norma art. 42 del codice del consumo che tutelava il consumatore a condizione che vi fosse la clausola di esclusiva. Ha errato nel ritenere non censurata la decisione di primo grado nella parte in cui rilevava la mancanza di esclusiva, atteso che l’appellante aveva chiesto la disapplicazione proprio della norma che la prevedeva. Nella specie è indiscussa la qualità di consumatore del mutuatario acquirente e di intermediario finanziario del finanziatore abilitato all’esercizio del credito al consumo è indiscusso che il contratto di finanziamento, stipulato per iscritto, conteneva le indicazioni richieste dall’art. 124, commi 2 e 3, restando prive di pregio le obiezioni del controricorso pag. 19 a proposito delle previsioni di cui alle lettere b e c , evidentemente riferite a fattispecie diverse. Ne consegue che la Corte di merito, presupponendo l’esistenza di un collegamento negoziale di fonte legale tra i due contratti, a prescindere dalla mancata previsione della esclusiva tra venditore e finanziatore, dovrà esaminare le clausole del contratto per verificarne al liceità alla luce dell’esistenza di un collegamento legale, e non più nell’ottica di un collegamento volontario. Dovrà trarre le conseguenze in concreto dell’incidenza sul contratto di finanziamento della già accertata risoluzione contrattuale del contratto di compravendita, anche tenendo conto della concreta pronuncia di condanna di primo grado. 3. Pertanto, il ricorso è accolto e la causa rimessa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese processuali del giudizio di legittimità. P.Q.M. LA CORTE DI CASSAZIONE accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione.