Anche il secondo rinnovo del contratto di locazione ha durata quadriennale

In caso di mancata disdetta da parte del locatore, alla scadenza del secondo quadriennio di locazione, il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni, ma solo per quattro anni.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 1881/16, depositata il 1° febbraio. Il fatto. Il ricorso in Cassazione è proposto avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro, che condannava il ricorrente allo sfratto dalla casa in cui era in locazione. Motivo fondante del ricorso è la violazione e falsa applicazione delle norme di legge in materia di contratti di locazione, in particolare la parte ritiene che il contratto si sia rinnovato tacitamente, per ulteriori 8 anni, dato che il locatore non lo ha disdetto al termine del primo quadriennio. Tacito rinnovo alla scadenza del primo quadriennio. La Corte, riportando l’analisi fatta dal Relatore, sottolinea che il sistema delineato in tema di locazioni d’immobili dalla l. 431/1998 porta certamente al superamento del regime vincolistico del canone, ma questo viene bilanciato dalla limitazione della facoltà del locatore di dare disdetta alla scadenza del primo quadriennio. Infatti, è pacifico ritenere che il contratto abbia una durata minima di 8 anni alla cui scadenza, salvi i casi delineati dalla legge in cui la reiterazione dopo il primo quadriennio non è possibile, le parti hanno diritto ad accordarsi per il rinnovo del contratto a nuove condizioni oppure di proseguire tacitamente con le condizioni di quello precedente. Durata quadriennale del secondo rinnovo. Gli Ermellini evidenziano che anche in caso di mancata disdetta da parte del locatore alla scadenza del secondo quadriennio, il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni, ma pur sempre per quattro anni e non 4 + 4 come inteso dal ricorrente. Quindi, nel caso concreto il locatario non ha più diritto a rimanere nella casa di proprietà dei controricorrenti, poiché tutti i termini contrattuali di rinnovo sono scaduti. Per questo motivo la Cassazione ha deciso per il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 3, ordinanza 10 dicembre 2015 – 1 febbraio 2016, n. 1881 Presidente Vivaldi – Relatore Cirillo Svolgimento del processo È stata depositata la seguente relazione. 1. P.F. e D.I. convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Catanzaro, M.E. , intimando lo sfratto per finita locazione, con contestuale citazione per la convalida, in relazione ad un immobile di loro proprietà condotto in locazione dal convenuto. Si costituì il convenuto, chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale — rigettata la richiesta di emissione dell'ordinanza di rilascio e disposto il mutamento del rito — accolse la domanda, dichiarò il contratto scaduto in data 31 dicembre 2011, fissò la data dell'esecuzione al 31 luglio 2014 e condannò il M. al pagamento delle spese di giudizio. 2. La sentenza è stata appellata dal convenuto soccombente e la Corte d'appello di Catanzaro, con sentenza dell'8 luglio 2014, ha respinto il gravame, confermando la pronuncia del Tribunale e condannando l'appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado. 3. Contro la sentenza d'appello ricorre M.E. con atto affidato ad un solo motivo. Resistono P.F. e D.I. con un unico controricorso. 4. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380 bis cod. proc. civ., in quanto appare destinato ad essere rigettato. 5. Con il primo ed unico motivo di ricorso si lamenta, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 , cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della legge 9 dicembre 1998, n. 431. L'assunto del ricorrente è che — trattandosi di contratto di locazione stipulato in epoca antecedente l'entrata in vigore della legge 27 luglio 1978, n. 392, rinnovatosi tacitamente dopo l'entrata in vigore della legge n. 431 del 1998 — non avendo il locatore dato la disdetta per la scadenza del secondo quadriennio a cavallo della modifica legislativa, il contratto si sarebbe prorogato per legge non di altri quattro anni, bensì di altri otto anni pari a quattro più quattro . Ciò sulla base del dettato dell'art. 2, comma 1, ultimo inciso, della legge n. 431 del 1998, secondo cui, in mancanza della comunicazione di cui al secondo periodo, il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni. 5.1. Il motivo non è fondato. Le circostanze di fatto dell'odierna vicenda sono, in sostanza, pacifiche. Come la Corte d'appello ha rilevato, il contratto in questione veniva a scadere per la prima volta, dopo l'entrata in vigore della legge n. 431, in data 31 dicembre 1999 il tacito rinnovo comportava un primo quadriennio, in scadenza il 31 dicembre 2003, ed un secondo quadriennio, in scadenza il 31 dicembre 2007. Non essendo intervenuta disdetta per la scadenza dei suddetti otto anni, la Corte d'appello ha ritenuto il contratto prorogato di altri quattro anni, fino al 31 dicembre 2011, data rispetto alla quale era tempestiva la disdetta intimata il 18 gennaio 2011. Tale assunto è corretto. Nel sistema delineato dalla riforma del 1998, infatti, il superamento del regime vincolistico del canone trova un bilanciamento, per così dire, nella limitazione della facoltà del locatore di dare disdetta alla scadenza del primo quadriennio salvi i casi limitati previsti dall'art. 2 cit. , sicché il contratto ha una durata minima di otto anni, alla scadenza dei quali ciascuna delle parti ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni. Questo regime vale anche per i contratti precedenti alla modifica, che si siano tacitamente rinnovati. La giurisprudenza di questa Corte, infatti, ha affermato che Fart. 2, ultimo comma, della legge n. 431 del 1998 va interpretato nel senso che, se il contratto si rinnova tacitamente nella vigenza della nuova legge, per mancanza di una disdetta che il locatore avrebbe potuto fare, ma che non ha fatto, anche in base alle vecchie regole, il rapporto resta assoggettato alla nuova disciplina integralmente, e quindi anche con riferimento alla doppia durata quadriennale sentenze 24 agosto 2007, n. 17995, 13 giugno 2013, n. 14866, e 17 settembre 2013, n. 21173 . Ove la disdetta non sia stata intimata entro la scadenza del secondo quadriennio - come nel caso di specie - il contratto è rinnovato ulteriormente alle medesime condizioni, ma tale previsione legislativa non può che intendersi nel senso di un rinnovo quadriennale, risultandone altrimenti una situazione difforme dalla volontà della legge ed eccessivamente sbilanciata a favore del conduttore. La disposizione, infatti, riguarda solo il primo rinnovo dopo la modifica legislativa per cui, permanendo il silenzio del locatore fino alla seconda scadenza, il rinnovo tacito può avere luogo per soli altri quattro anni e non per altri quattro più quattro. Non sussiste, quindi, l'invocata violazione di legge. 6. Si ritiene, pertanto, che il ricorso vada trattato in camera di consiglio per essere rigettato”. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Il ricorrente ha depositato una memoria alla trascritta relazione, insistendo per l'accoglimento del ricorso. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione medesima e di doverne fare proprie le conclusioni, poiché le osservazioni critiche contenute nella memoria di parte ricorrente si risolvono nel ribadire le argomentazioni contenute nel ricorso, già vagliate nella relazione e ritenute prive di fondamento. 2. Il ricorso, pertanto, è rigettato. A tale esito segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del d.m. 10 marzo 2014, n. 55. Sussistono inoltre le condizioni di cui all'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.800, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.