La retrovendita è nulla se stipulata per causa di garanzia e non di scambio

La vendita con patto di riscatto o retrovendita, anche se prevede il trasferimento del bene, è nulla se stipulata per una causa di garanzia nell’ambito della quale il pagamento del corrispettivo, da parte dell’acquirente, non costituisce versamento del prezzo ma esecuzione di un mutuo ed il trasferimento del bene serve solo a integrare una causa di garanzia provvisoria, capace di evolversi a seconda che il debitore adempia, o meno, l’obbligo di restituire le somme ricevute.

Muovendo da tali premesse, la Seconda sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1075 del 21 gennaio 2016, ha rigettato il ricorso promosso dai venditori di un immobile che avevano tentato di dimostrare la sussistenza di un patto commissorio, sotteso alla compravendita. I fatti. Nell’anno 1986 due coniugi vendevano il proprio immobile ad una società, riservandosi il godimento del bene, a titolo di comodato gratuito, con accollo di tutte le spese relative alla sua manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, e con diritto di esercitare il riscatto al 31.12.1989, previa restituzione del prezzo rivalutato. Allo spirare di tale termine, pur non avendo esercitato il diritto di riscatto, la coppia si rifiutava di rilasciare l’appartamento, in conseguenza, l’acquirente si era visto costretto a citarli innanzi al Tribunale civile di Roma, per la declaratoria di cessazione del rapporto di comodato e condanna alla restituzione del bene. I coniugi si erano opposti eccependo che la vendita era avvenuta al solo fine di garantire la restituzione di un prestito maturato nei confronti del legale rappresentante della società acquirente, che l’immobile aveva un valore commerciale superiore a quello indicato nel rogito, che vi era una contemporanea scrittura chiarificatrice, con la quale le parti avevano convenuto che l’acquirente avrebbe versato la residua parte del prezzo ad altre società, ed a garanzia di cessioni di pagamento, e che varie somme di denaro erano state restituite mediante effetti cambiari e assegni accettati dalla società acquirente, in tempi prossimi alla stipula della compravendita. A parere dei venditori, dunque, la fattispecie presentava tutti gli aspetti di un patto commissorio, conseguentemente nullo. Il Tribunale rigettava la tesi di parte convenuta e la condannava al rilascio dell'immobile per non aver esercitato, nei termini, il diritto di riscatto. Anche il giudizio di gravame subiva la medesima sorte, in quanto l’adita Corte d’appello dava atto della mancanza di prova della dedotta esistenza di un patto commissorio. La vendita con patto di riscatto, o retrovendita. I coniugi hanno interposto ricorso innanzi alla Suprema Corte, lamentando, nell’ordine a mancata applicazione dell’art. 2744 c.c. per sussistenza del dedotto patto commissorio, posto che, in tesi, la vendita costituiva la garanzia per la restituzione dei crediti sorti tra le parti b mancata applicazione dell’art. 1418 c.c. poiché, dal rogito, il prezzo della compravendita risultava quietanzato mentre dalla scrittura dissimulata emergevano le dilazioni di pagamento c omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per non aver ricondotto le dilazioni di pagamento a patto commissorio, essendo legate ad accadimenti futuri ed incerti. Gli Ermellini hanno trattato congiuntamente il I ed il III motivo, ritenendoli tra loro connessi ed entrambi infondati. Premettendo che il divieto di patto commissorio sancito dall’art. 2744 c.c. si estende a qualsiasi negozio, ancorchè astrattamente lecito, hanno chiarito che la vendita con patto di riscatto, o retrovendita, è nulla se stipulata per una causa di garanzia, pur se prevede il trasferimento del bene. Infatti, se il versamento del denaro non costituisce pagamento del prezzo ma esecuzione di un mutuo ed il trasferimento del bene serve solo per costituire una posizione di garanzia provvisoria, capace di evolversi a seconda che il debitore adempia, o meno, l’obbligo di restituire le somme ricevute, la vendita è caratterizzata dalla causa di garanzia propria del mutuo con patto commissorio ed esprime, dunque, una causa illecita che rende applicabile la sanzione dell’art. 1344 c.c Esclusione del patto compromissorio. Nel caso di specie, tuttavia, la Corte di legittimità ha ritenuto corretta l’esclusione del patto commissorio applicata dalla Corte d’appello, poiché l’operazione non era finalizzata ad uno scopo di garanzia. Invero, il debito dei venditori nei confronti dell’acquirente era precedente alla compravendita e parte del prezzo era stata utilizzata per il ripianamento dei debiti precedenti verso terzi e verso l’acquirente, in proprio, per modo che il contratto non poteva avere avuto lo scopo di garanzia della restituzione del mutuo, ma quello di fornire ai venditori la provvista per estinguere i debiti scaduti. Quanto ai debiti non ancora esigibili alla data del rogito, trattavasi di rapporti verso società terze, la cui rateizzazione mensile dimostrava una delegazione di pagamento da parte del debitor debitoris , piuttosto che un finanziamento diretto della società acquirente. In definitiva non era emersa la prova della connessione dei vari rapporti finalizzati al comune scopo di garanzia, pertanto, la decisione della Corte territoriale di merito è risultata immune da vizi logici e, nel merito, non sindacabile in sede di legittimità. Il secondo motivo di diritto, invece, è stato giudicato inammissibile, ponendo una questione che non risultava dedotta in appello. Per tutte le sopra esposte ragioni, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso formulato dai coniugi, condannandoli al pagamento delle spese di lite.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 26 novembre 2015 – 21 gennaio 2016, n. 1075 Presidente Piccialli – Relatore Matera Svolgimento del processo Con atto di citazione ritualmente notificato la P.O.F. s.r.l. esponeva di avere acquistato il 29-1-1986 un appartamento in Roma, via omissis , del quale i venditori F.M. e R.S. avevano mantenuto il godimento, a titolo di comodato gratuito, con accollo di tutte le spese di riparazione e di manutenzione ordinaria e straordinaria, sino al 31-12-1989, e con riserva del diritto di esercitare a tale data il diritto di riscatto dell'immobile, previa restituzione del prezzo rivalutato secondo indici ISTAT e rimborso delle spese inerenti al contratto di vendita. L'attrice assumeva che, al termine previsto, il diritto di riscatto non era stato esercitato, il prezzo della compravendita non era stato restituito e ciò nonostante i venditori si erano rifiutati di consegnarle l'immobile a seguito del formale invito comunicato il 31-12-1990. Tanto premesso, essa chiedeva dichiararsi l'avvenuta scadenza del termine pattuito senza che fosse stato esercitato il diritto di riscatto e la cessazione del rapporto di comodato, con ordine ai convenuti di rilascio dell'immobile e condanna degli stessi al risarcimento del danno per l'illegittima detenzione del bene. Nel costituirsi, i convenuti eccepivano che la compravendita del suddetto immobile era avvenuta all'esclusivo fine di garantire la restituzione di un debito di lire 135.000.000 maturato nei confronti di Po.Fr. per forniture di materiale e attrezzature strumentali all'attività didattica da essi esercitata che l'immobile aveva un valore di mercato ben superiore al prezzo di vendita indicato nel contratto che con una contemporanea scrittura di chiarimento era stato altresì convenuto che l'acquirente P.O.F. avrebbe versato la residua parte del prezzo pattuito lire 42.940.536 ad altre società controllate dal Po. ed a garanzia di cessioni di pagamento versate da F. che varie somme di danaro erano state restituite mediante effetti cambiari e assegni accettati con le firme autentiche degli amministratori della P.O.F., Po.Fr. in tempi prossimi alla stipulazione della compravendita e G.M. successivamente. Nel sostenere, pertanto, che la fattispecie presentava tutti gli aspetti di un patto commissorio, i convenuti chiedevano che venisse dichiarata la nullità dell'atto di compravendita per difetto di causa, con conseguente rigetto della domanda attrice e condanna della società istante alla restituzione delle maggiori somme versate dai convenuti rispetto a quelle ricevute in mutuo, oltre agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria. Con sentenza in data 25-6-2004 il Tribunale di Roma condannava i convenuti al rilascio dell'immobile in favore dell'attrice, dichiarando il mancato esercizio del diritto di riscatto e la cessazione del comodato rigettava, invece, ogni altra domanda. Avverso la predetta decisione proponevano appello i convenuti. Con sentenza in data 25-2-2010 la Corte di Appello di Roma rigettava il gravame, dando atto della mancanza di prova della dedotta esistenza di un patto commissorio. Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso F.M. e R.S. , sulla base di tre motivi. La P.O.F. s.r.l. ha resistito con controricorso e in prossimità dell’udienza ha depositato una memoria ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione 1 Con il primo motivo i ricorrenti, lamentando l'erronea interpretazione e la mancata applicazione dell'art. 2744 c.c., deducono che, alla luce dei principi affermati in materia dalla giurisprudenza, nella specie deve ritenersi la sussistenza del dedotto patto commissorio. Dalla documentazione acquisita, infatti, si evince chiaramente che le somme considerate come prezzo della vendita costituivano, in realtà, una serie di prestiti, effettuati da Po.Fr. anche per mezzo di società a lui riconducibili al F. , e successivamente restituiti a mezzo assegni e titoli cambiari da quest'ultimo e dalla sua società Cisat Italia al Po. . La vendita, pertanto, costituiva la garanzia per la restituzione dei crediti tanto che il F. veniva lasciato nella piena disponibilità dell'immobile, a dimostrazione del fatto che al Po. ergo, alla P.O.F. nulla interessava dell'immobile, essendo la causa negoziale la restituzione dei debiti e non la compravendita. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano l'erronea interpretazione e la mancata applicazione dell'art. 1418 c.c Deducono che, mentre nell'art. 2 del contratto di compravendita il prezzo, indicato in lire 190.0000.000, viene dichiarato completamente quietanzato alla data del rogito, viceversa la scrittura di chiarimento evidenzia che ciò non è, in quanto, oltre a condizionare il pagamento di una quota parte del prezzo ad eventi futuri e incerti, rateizza il residuo importo di lire 52.940.536 in una prima rata di lire 10.000.000 e in successive rate mensili di lire 5.000.000 ciascuna. Sostengono che tale discrasia rende nullo il contratto, destituendo di verità la dichiarazione di quietanza e dimostrando, quindi, che il contratto non si è mai perfezionato. Con il terzo motivo, articolato in due censure, i ricorrenti lamentano l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione. In primo luogo 3.1. , sostengono che la Corte di Appello ha erroneamente interpretato le somme contenute nella scrittura di chiarimento come imputabili ad un prezzo per intero definito e quietanzato, e di conseguenza estranee ad un patto commissorio. Affermano, infatti, che alcune voci imputate costituiscono un accadimento futuro e incerto. Le stesse, pertanto, non potevano costituire semplici rate di pagamento, e il giudice di merito non poteva attribuire ad esse il semplice valore di delegazione di pagamento. In secondo luogo 3.2. , i ricorrenti deducono che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di Appello, il comodato concesso ai simulati alienanti costituisce indice evidente dello scopo di garanzia perseguito dalle parti. 2 Il primo e il terzo motivo, che per ragioni di connessione possono essere trattati congiuntamente, sono infondati. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il divieto del patto commissorio, sancito dall'art. 2744 c.c., si estende a qualsiasi negozio, ancorché di per sé astrattamente lecito, che venga impiegato per conseguire il concreto risultato, vietato dall'ordinamento, di assoggettare il debitore all'illecita coercizione da parte del creditore, sottostando alla volontà del medesimo di conseguire il trasferimento della proprietà di un suo bene, quale conseguenza della mancata estinzione di un debito v., tra le tante, Cass. 12-1-2009 n. 437 Cass. 11-6-2007 n. 13621 Cass. 19-5-2004 n. 9466 Cass. 2, 20-7-1999 n. 7740 . In particolare, è stato puntualizzato che la vendita con patto di riscatto o di retrovendita, anche quando sia previsto il trasferimento effettivo del bene, è nulla se stipulata per una causa di garanzia piuttosto che per una causa di scambio , nell'ambito della quale il versamento del danaro, da parte del compratore, non costituisca pagamento del prezzo ma esecuzione di un mutuo, ed il trasferimento del bene serva solo per costituire una posizione di garanzia provvisoria capace di evolversi a seconda che il debitore adempia o meno l'obbligo di restituire le somme ricevute. La predetta vendita, infatti, in quanto caratterizzata dalla causa di garanzia propria del mutuo con patto commissorio, piuttosto che dalla causa di scambio propria della vendita, pur non integrando direttamente un patto commissorio vietato dall'art. 2744 c.c., costituisce un mezzo per eludere tale norma imperativa ed esprime, perciò, una causa illecita che rende applicabile, all'intero contratto, la sanzione dell'art. 1344 c.c. Cass. 4-3-1996 n. 1657 Cass. 20-7-2001 n. 9900 Cass. 8-2-2007 n. 2725 . E stato rilevato, al contrario, che va esclusa la violazione del divieto del patto commissorio in caso di mancanza di prova del mutuo cfr. Cass. 5635/05 , oppure qualora la vendita sia pattuita allo scopo, non già di garantire l'adempimento di un'obbligazione con riguardo all'eventualità non ancora verificatasi che rimanga inadempiuta, ma di soddisfare un precedente credito rimasto insoluto cfr. Cass. 19950/04, Cass. 7885/01 , o quando manchi l'illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, accettando preventivamente il trasferimento di un suo bene come conseguenza della mancata estinzione del debito che viene a contrarre cfr. Cass. 8411/03 e che il divieto di tale patto non è applicabile allorquando la titolarità del bene passi all'acquirente con l'obbligo di ritrasferimento al venditore se costui provvederà all'esatto adempimento Cass. 17-3-10/4 n. 6175 . Nel caso in esame, la Corte territoriale, nel ritenere che, in relazione alla fattispecie dedotta in giudizio, non erano configurabili gli estremi di un patto commissorio, non si è discostata dagli enunciati principi di diritto, avendo escluso che l'operazione fosse finalizzata ad uno scopo di garanzia. La sentenza impugnata, infatti, nel premettere che il contratto di compravendita è stato stipulato dagli appellanti con la società acquirente P.O.F., allorché già sussisteva il debito dei venditori verso Po.Fr. che, all'epoca, era amministratore unico della società acquirente , ha accertato che il prezzo di compravendita di lire 190.000.000 è stato pagato in parte lire 137.059.464 mediante il ripianamento di debiti precedenti verso terzi e verso il Po. in proprio, di modo che, per il relativo ammontare, il contratto di compravendita non poteva avere avuto lo scopo di garanzia della restituzione del mutuo, ma quello di fornire ai venditori la provvista per estinguere i debiti scaduti. Quanto ai debiti non ancora esigibili alla data del contratto di vendita 21-6-1986 , il giudice del gravame ha rilevato che si trattava di debiti verso terze società, e che la rateizzazione mensile del prezzo residuo, eventualmente da versare alle società creditrici, prevista nel contratto di vendita, dimostrava una delegazione di pagamento di tali preesistenti obbligazioni da parte del debitor debitoris , piuttosto che un finanziamento diretto della società acquirente P.O.F. in favore dei venditori. Secondo la Corte territoriale, infatti, non risulta provato alcun collegamento o preordinazione negoziale tra la società acquirente e le società creditrici del F. , né vi è prova dell'asserita sproporzione tra il prezzo pattuito e il valore di mercato del bene alienato. In definitiva, secondo il giudice di appello, non vi è alcuna prova che i vari rapporti negoziali siano stati concepiti e voluti come funzionalmente connessi e tra loro interdipendenti, in modo da risultare idonei al raggiungimento di un comune scopo di garanzia. Con l'ulteriore rilievo che, nel complessivo equilibrio dei contrapposti interessi, la concessione in comodato gratuito dell'appartamento ai venditori, per un periodo di tre anni sino alla data dell'eventuale esercizio del diritto di riscatto, costituisce il naturale completamento della definizione economica del corrispettivo di vendita e il contrappeso della rateizzazione del residuo prezzo dovuto dalla controparte. La valutazione espressa al riguardo dal giudice di appello costituisce espressione di un apprezzamento in fatto che, in quanto sorretto da una motivazione immune da vizi logici, si sottrae al sindacato di questa Corte. E, in realtà, con i motivi in esame, i ricorrenti propongono sostanziali censure di merito, basate su una ricostruzione della vicenda diversa rispetto a quella posta a base della decisione impugnata. In tal modo, peraltro, si sollecita a questa Corte una diversa valutazione in fatto delle emergenze processuali, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di legittimità. L'accertamento della effettiva volontà delle parti e della concreta portata degli atti dalle stesse posti in essere, infatti, è compito esclusivo del giudice di merito, che nella specie ha fondato il proprio giudizio su argomentazioni immuni da vizi logici. 3 Il secondo motivo è inammissibile, ponendo una questione che non risulta dedotta in appello e che, implicando la necessità di indagini di fatto, non può essere prospettata per la prima volta in questa sede. Il motivo, inoltre, difetta di autosufficienza, non trascrivendo, per la parte che qui rileva, l'esatto contenuto della clausola contrattuale e della scrittura di chiarimento. 4 Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese sostenute dalla resistente nel presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese, che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.