Il Tribunale può autorizzare la compravendita di un immobile se le irregolarità non hanno aumentato la volumetria

Nel caso in cui l’immobile, munito di regolare concessione e di permesso di abitabilità, non annullati né revocati, abbia un vizio di regolarità urbanistica non oltrepassante la soglia della parziale difformità rispetto alla concessione , non sussiste alcuna preclusione all’emanazione della sentenza costitutiva del giudice che ne ordina la conclusione della compravendita.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24852/2015, depositata il 9 dicembre, nel caso di una compravendita di un immobile a cui erano stati contestati degli abusi edilizi il Collegio ha precisato che il Tribunale può autorizzare la conclusione del contratto se l’immobile non ha subito aumenti della sua volumetria. Il fatto. Una società immobiliare, costituita sotto forma di s.r.l., conveniva in giudizio due persone fisiche parte attrice chiedeva l’esecuzione in forma specifica del contratto preliminare che la stessa società, quale promittente venditore, aveva stipulato con i due soggetti, quali promissari acquirenti, ed avente ad oggetto un villino sito nel comune della provincia di Roma. Il Tribunale capitolino accoglieva la domanda della parte promittente la vendita, disponendo il trasferimento della proprietà dell’immobile dalla s.r.l. ai due acquirenti e subordinandolo al pagamento in favore della stessa società, a saldo del prezzo, della somma di poco più di 102 mila euro da maggiorare con gli interessi legali , da eseguirsi entro quattro mesi dal passaggio in giudicato della sentenza. I due acquirente presentavano domanda di gravame alla Corte d’Appello che , tuttavia, confermava la sentenza di primo grado. Avverso tale pronuncia sfavorevole, i due acquirenti si rivolgevano alla Corte di Cassazione. L’analisi dei giudici di legittimità. La Corte di Cassazione evidenzia che, con il primo motivo di ricorso, i due promissari acquirenti deducono il vizio di motivazione della sentenza impugnata con riferimento alla conclusione della Corte d’Appello circa la mancata prova che gli abusi edilizi relativi al primo piano della palazzina fossero stati realizzati dalla s.r.l. , piuttosto che dai promissari acquirenti. Secondo i ricorrenti, i giudici di merito non avrebbero tenuto conto delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio e degli altri accertamenti tecnici eseguiti. Per la Corte di Cassazione tale motivazione è infondata. I promissari acquirenti, osservano i Giudici di legittimità, censurano la valutazione delle prove acquisite da parte del giudice di prime cure e le conclusioni cui essi sono pervenuti non provano che gli abusi edilizi riscontrati nell’immobile e consistiti nella trasformazione della soffitta in vani abitabili fossero precedenti alla stipula del preliminare ed ascrivibili alla società promittente venditrice. La Suprema Corte osserva che, secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza degli Ermellini, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma solo la facoltà di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, le argomentazioni svolte dal giudice di merito soltanto a quest’ultimo spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di valutarne l'attendibilità e la concludenza, e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo , quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti. Da tale ragionamento, per la Cassazione, consegue che il preteso vizio di motivazione sotto il profilo dell’omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d'ufficio, ovvero quando esista un insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l'identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione. Nella sentenza in commento, la Corte d’Appello, osservano i Giudici di legittimità, ha chiarito, con abbondanza di argomenti, le ragioni della loro decisione la Cassazione, pertanto, ribadisce le argomentazioni presenti nella sentenza dei giudici del merito, rilevando che le stesse non sono né illogiche né insufficienti e che, anzi, l’estensore della sentenza ha esposto in modo ordinato e coerente le ragioni che giustificano la decisione adottata. Il trasferimento di un immobile privo di regolarità urbanistica. La seconda contestazione dei promissari acquirenti riguarda la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2932 c. c. , per avere la Corte d’Appello disposto il trasferimento della proprietà dell’immobile privo di regolarità urbanistica. Anche in questo caso, per la Corte di Cassazione, la motivazione non è fondata. I giudici di legittimità osservano preliminarmente che la nullità prevista dall’art. 40 della l. n. 47/1985, derivando semplicemente dalla mancata indicazione nell’atto, da parte dell’alienante, degli estremi della concessione ad edificare o in sanatoria , rappresenta una nullità formale, riconducibile nel sistema generale dell’invalidità all’art. 1418, ultimo comma, c. c. , in quanto la legge speciale eleva a requisito formale del contratto la presenza in esso di alcune dichiarazioni, la cui assenza comporta di per sé la nullità dell’atto, a prescindere cioè dalla regolarità dell’immobile che ne costituisce l’oggetto. In passato, la Corte di Cassazione ha affermato che gli artt. 17 e 40, della legge di cui sopra, comminano la nullità degli atti tra vivi con i quali vengano trasferiti diritti reali su immobili ove essi non contengano la dichiarazione degli estremi della concessione edilizia dell’immobile oggetto di compravendita, ovvero degli estremi della domanda di concessione in sanatoria, sanzionando specificamente la sola violazione di un obbligo formale, imposto al venditore al fine di porre l’acquirente di un immobile in condizione di conoscere le condizioni del bene acquistato e di effettuare gli accertamenti sulla regolarità del bene stesso, attraverso il confronto tra la sua consistenza reale e quella risultante dalla concessione edilizia, ovvero dalla domanda di concessione in sanatoria. Pertanto, nessuna invalidità deriva al contratto dalla difformità della realizzazione edilizia rispetto alla licenza o alla concessione e, in generale, dal difetto di regolarità sostanziale del bene sotto il profilo del rispetto delle norme urbanistiche. I Giudici di legittimità , richiamando alcune sentenza della Cassazione, osservano che in tema di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto di compravendita, ai sensi dell’art. 40 della l. n. 47/1985, non può essere pronunciata sentenza di trasferimento coattivo, ex art. 2932 c. c. , non solo qualora l’immobile sia stato costruito senza licenza o concessione edilizia e manchi la prescritta documentazione alternativa concessione in sanatoria o domanda di condono corredata della prova dell’avvenuto versamento delle prime due rate dell’oblazione , ma anche quando l’immobile sia caratterizzato da totale difformità della concessione e manchi la sanatoria. Nel caso in cui, invece, l’immobile, munito di regolare concessione e di permesso di abitabilità, non annullati né revocati, abbia un vizio di regolarità urbanistica non oltrepassante la soglia della parziale difformità rispetto alla concessione nella specie, per la presenza di un aumento, non consistente, della volumetria fuori terra realizzata, non risolventesi in un organismo integralmente diverso o autonomamente utilizzabile , non sussiste alcuna preclusione all’emanazione della sentenza costitutiva, perché il corrispondente negozio di trasferimento non sarebbe nullo ed è, pertanto, illegittimo il rifiuto del promittente venditore di dare corso alla stipulazione del definitivo, sollecitata dal promissario acquirente. Per tali motivazioni la Corte di Cassazione rigetta il ricorso anche in riferimento al rigetto della domanda di riduzione del prezzo, in relazione alle difformità edilizie riscontrate, costituenti vizi della cosa venduta. E’ confermata la sentenza della Corte d’Appello nella quale veniva stabilito che non vi era prova che gli abusi edilizi fossero ascrivibili alla s.r.l. il ricorso deve, pertanto, essere rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 10 novembre – 9 dicembre 2015, n. 24852 Presidente Piccialli – Relatore Lombardo Ritenuto in fatto 1. - La Immobiliare Mare Blu s.r.l. convenne in giudizio A.C. e G.G. , chiedendo l'esecuzione in forma specifica del contratto preliminare che essa attrice quale promittente venditore aveva stipulato con i convenuti quali promissari acquirenti , avente ad oggetto un villino sito nel comune di . 2. - Il Tribunale di Roma accolse la domanda attorea e dispose il trasferimento della proprietà dell'immobile dalla società attrice ai convenuti, subordinandolo al pagamento in favore della Immobiliare Mare Blu - a saldo del prezzo - della somma di Euro 102.373,50 da maggiorare con gli interessi legali , da eseguirsi entro quattro mesi dal passaggio in giudicato della sentenza respinse le domande riconvenzionali proposte dal convenuti. 3. - Sul gravame proposto dai convenuti, la Corte di Appello di Roma confermò la sentenza di primo grado. 4. - Per la cassazione della sentenza di appello ricorrono A.C. e G.G. sulla base di cinque motivi. Resiste con controricorso la Immobiliare Mare Blu s.r.l Le parti hanno depositato memorie ex art. 378 cod. proc. civ Considerato in diritto 1. - Preliminarmente va rigettata l'eccezione di inammissibilità del controricorso, proposta dai ricorrenti nella memoria difensiva, per non essere stati indicati - nella procura speciale in calce all'atto - il nome e il cognome del soggetto firmatario trattasi di eccezione infondata, in quanto - contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti - la detta procura risulta sottoscritta da R.S. n.q. , che, dalla sentenza impugnata, risulta essere l'amministratore unico e legale rappresentante della Immobiliare Mare Blu s.r.l 2. - Col ricorso si formulano le seguenti censure. 2.1. - Col primo motivo di ricorso, si deduce il vizio di motivazione della sentenza impugnata con riferimento alla conclusione della Corte territoriale circa la mancata prova che gli abusi edilizi relativi al primo piano della palazzina fossero stati realizzati dalla Immobiliare Mare Blu, piuttosto che dai promissari acquirenti. Secondo i ricorrenti, i giudici di merito non avrebbero tenuto conto delle risultante della consulenza tecnica di ufficio e degli altri accertamenti tecnici eseguiti. La censura è inammissibile. I ricorrenti censurano la valutazione delle prove acquisite da parte dei giudici di merito e le conclusioni cui essi sono pervenuti nel ritenere non provato che gli abusi edilizi riscontrati nell'immobile e consistiti nella trasformazione della soffitta in vani abitabili fossero precedenti alla stipula del preliminare e fossero siano ascrivibili alla società promittente venditrice. E tuttavia, in conformità alla costante giurisprudenza di questa Corte, va ribadito che il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma solo la facoltà di controllare - sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale - le argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale soltanto spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di valutarne l'attendibilità e la concludenza, di scegliere - tra le complessive risultanze del processo - quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all'uno o all'altro dei mezzi di prova acquisiti salvi i casi, tassativamente previsti dalla legge, in cui la valutazione delle prove è sottratta alla discrezionalità del giudice c.d. prove legali . Ne consegue che il preteso vizio di motivazione sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d'ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l'identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 2357 del 07/02/2004, Rv. 569961 Sez. 5, Sentenza n. 27197 del 16/12/2011 Rv. 620709 Sez. L, Sentenza n. 12052 del 23/05/2007, Rv. 597230 . Nella specie, i giudici di merito hanno chiarito, con dovizia di argomenti, le ragioni della loro decisione spiegando, tra l'altro, che nella planimetria acclusa al preliminare si precisava che il primo piano non avrebbe avuto destinazione abitativa ed aveva un'altezza di Hm. 2,2-soffitta ” e che l'immobile fu consegnato dopo appena due mesi dalla stipula del preliminare non si ritiene, peraltro - per ovvi motivi - di riportare qui integralmente tutte le suddette argomentazioni, sembrando sufficiente al Collegio far rilevare che le stesse non sono né illogiche né insufficienti e che, anzi, l'estensore della sentenza ha esposto in modo ordinato e coerente le ragioni che giustificano la decisione adottata. Riducendosi la censura mossa dal ricorrente a doglianze relative al merito della valutazione delle prove, la stessa risulta inammissibile. 2.2. - Col secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione e la falsa applicazione dell'art. 2932 cod. civ., per avere la Corte territoriale disposto il trasferimento della proprietà dell'immobile privo di regolarità urbanistica. La doglianza non è fondata. Va premesso che la nullità prevista dall'art. 40 della legge n. 47 del 1985 - derivando semplicemente dalla mancata indicazione nell'atto, da parte dell'alienante, degli estremi della concessione ad edificare o in sanatoria - rappresenta, al pari di quella contemplata dal precedente art. 17, una nullità formale, riconducibile - nel sistema generale dell'invalidità - al l'art. 1418 ultimo comma cod. civ., in quanto la legge speciale eleva a requisito formale del contratto la presenza in esso di alcune dichiarazioni, la cui assenza comporta di per sé la nullità dell'atto, a prescindere cioè dalla regolarità dell'immobile che ne costituisce l'oggetto cfr. Sez, 2, Sentenza n. 8147 del 15/06/2000, Rv. 537619 . In questa prospettiva, questa Corte suprema ha affermato gli artt. 17 e 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 comminano la nullità degli atti tra vivi con i quali vengano trasferiti diritti reali su immobili ove essi non contengano la dichiarazione degli estremi della concessione edilizia dell'immobile oggetto di compravendita, ovvero degli estremi della domanda di concessione in sanatoria, sanzionando specificamente la sola violazione di un obbligo formale, imposto al venditore al fine di porre l'acquirente di un immobile in condizione di conoscere le condizioni del bene acquistato e di effettuare gli accertamenti sulla regolarità del bene stesso attraverso il confronto tra la sua consistenza reale e quella risultante dalla concessione edilizia, ovvero dalla domanda di concessione in sanatoria. Pertanto nessuna invalidità deriva al contratto dalla difformità della realizzazione edilizia rispetto alla licenza o alla concessione e, in generale, dal difetto di regolarità sostanziale del bene sotto il profilo del rispetto delle norme urbanistiche Sez. 2, Sentenza n. 26970 del 07/12/2005, Rv. 586080 . Più in particolare, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto di compravendita, ai sensi dell'art. 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, non può essere pronunciata sentenza di trasferimento coattivo ex art. 2932 cod. civ. non solo qualora l'immobile sia stato costruito senza licenza o concessione edilizia e manchi la prescritta documentazione alternativa concessione in sanatoria o domanda di condono corredata della prova dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione , ma anche quando l'immobile sia caratterizzato da totale difformità della concessione e manchi la sanatoria. Nel caso in cui, invece, l'immobile, munito di regolare concessione e di permesso di abitabilità, non annullati né revocati, abbia un vizio di regolarità urbanistica non oltrepassante la soglia della parziale difformità rispetto alla concessione nella specie, per la presenza di un aumento, non consistente, della volumetria fuori terra realizzata, non risolventesi in un organismo integralmente diverso o autonomamente utilizzabile , non sussiste alcuna preclusione all'emanazione della sentenza costitutiva, perché il corrispondente negozio di trasferimento non sarebbe nullo ed è, pertanto, illegittimo il rifiuto del promittente venditore nella specie, a sua volta acquirente dello stesso immobile in base a precedente rogito notarile di dare corso alla stipulazione del definitivo, sollecitata dal promissario acquirente Sez. 2, Sentenza n. 20258 del 18/09/2009, Rv. 609669 v. anche Sez. 2, Sentenza n. 8081 del 07/04/2014, Rv. 630399, secondo cui, ai sensi dell'art. 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, l'irregolarità urbanistica che non oltrepassa la soglia della parziale difformità dalla concessione - come, nella specie, la presenza di scala esterna - non impedisce l'emanazione della sentenza ex art. 2932 cod. civ., perché il corrispondente negozio di trasferimento non sarebbe nullo . Alla stregua dei richiamati principi, la previsione della nullità - e corrispondentemente, la preclusione all'emanazione della sentenza costitutiva - non è applicabile nel caso di specie, in quanto si tratta di immobile costruito sulla base di regolare concessione edilizia, nel quale sono stati eseguite alcune modifiche interne non autorizzate, che non ne hanno mutato per nulla la volumetria. In ogni caso, poi, si tratta di opere che sono state regolarizzate prima dell'emanazione della sentenza costitutiva dell'effetto traslativo della proprietà dell'immobile, essendo intervenuta concessione in sanatoria ed è pacifico che qualora, successivamente al contratto preliminare, intervenga la concessione in sanatoria di eventuali abusi edilizi, rimane esclusa la sanzione della nullità per il successivo contratto definitivo di vendita Sez. 2, Sentenza n. 9849 del 24/04/2007, Rv. 596976 . 2.3. - Col terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1490-1492 cod. civ., con riferimento al rigetto della domanda di riduzione del prezzo in relazione alle difformità edilizie riscontrate, costituenti vizi della cosa venduta. Con il quarto e il quinto motivo di ricorso, si deduce infine la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1440-1460-1494-2043 cod. civ., con riferimento al rigetto della domanda con la quale i convenuti avevano chiesto la condanna dell'attrice al risarcimento dei danni per vizi della cosa venduta. Trattasi di censure che rimangono assorbite nel rigetto del primo motivo di ricorso, avendo i giudici di merito ritenuto non provato che gli abusi edilizi siano ascrivibili alla Immobiliare Mare Blu, cosicché non possono logicamente trovare accoglimento le domande riconvenzionali dei promissari acquirenti. 3. - Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con conseguente condanna della parte ricorrente, risultata soccombente, al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 3.200,00 tremiladuecento , di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie ed accessori di legge.