Non è automatica la risoluzione in caso di inadempimento del debitore

L'intimazione, da parte del creditore, della diffida ad adempiere di cui all'art. 1454 c.c. e l'utile decorso del termine fissato per l'adempimento non eliminano la necessità, ai sensi dell'art. 1455 c.c., dell'accertamento giudiziale della gravità dell'inadempimento da effettuare secondo un criterio che tenga conto sia dell'elemento oggettivo della mancata prestazione nel quadro dell'economia generale del negozio, sia degli aspetti soggettivi rilevabili tramite una indagine unitaria sul comportamento del debitore e sull'interesse del creditore all'esatto adempimento.

Con la sentenza dell’8 settembre 2015, n. 17748, il S.C. precisa che, nel caso in cui la diffida ad adempiere risulti infruttuosa, non è automatica la risoluzione del contratto quando anche il diffidante sia inadempiente, posto che l’inadempimento dello stesso priva di giuridica rilevanza quello del diffidato. Il caso. Veniva proposta, in primo grado, azione giudiziaria da parte dei promittenti venditori di un immobile nei confronti del promissario acquirente, sul rilievo che quest’ultimo non avrebbe voluto stipulare l’atto definitivo di compravendita dopo il preliminare ritualmente sottoscritto. La domanda viene rigettata in primo e secondo grado, atteso che l’immobile in questione non era, contrariamente a quanto promesso, libero da ipoteche e gravami. I promittente venditori, da ultimo, ricorrono per Cassazione sostenendo che, a seguito di diffida, il promissario acquirente non aveva comunque stipulato il definitivo e, quindi, doveva ritenersi risolto il contratto preliminare. Il S.C. respinge il ricorso, sostenendo, come visto nella massima, che a seguito della diffida non è automatica la risoluzione del contratto, qualora, tra l’altro, il diffidante sia, a sua volta, inadempiente. Diffida ad adempiere come e perché. Secondo la giurisprudenza, la diffida ad adempiere, prevista dall’art. 1454 c.c., è un atto unilaterale recettizio che produce effetti indipendentemente dalla volontà di accettarla o meno. Essa costituisce un mezzo concesso dalla legge al contraente adempiente per conseguire, nei confronti di quello inadempiente, il vantaggio della risoluzione de iure del contratto, che non contenga la clausola risolutiva espressa e sempre che l’intimato non esegua la sua prestazione nel congruo termine che gli deve essere prefissato e che, in difetto di diverso termine convenzionale, non può essere inferiore a quindici giorni Il termine per la diffida anche meno di 15 giorni. Ai sensi dell'art. 1454, comma 2, c.c., il termine assegnato al debitore, cui è strumentalmente collegata la risoluzione di diritto del contratto, può essere anche inferiore a quindici giorni, non ponendo detta norma una regola assoluta, purché tale minor termine risulti congruo per la natura del contratto o secondo gli usi, costituendo, in ogni caso, l'accertamento della congruità del termine giudizio di fatto di competenza del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se esente da errori logici e giuridici. Per la diffida serve la procura. E’ altresì pacifico, in relazione alla natura dell’atto, che sia rilasciata apposita procura per la redazione della diffida, qualora sia intimata alla parte inadempiente da un soggetto diverso dall'altro contraente e che tale procura sia allegata, o comunque portata a conoscenza del debitore con mezzi idonei. In assenza di procura scritta, tuttavia, se il creditore, successivamente, nomini lo stesso rappresentante quale suo difensore di fiducia, per fare accertare giudizialmente la intervenuta risoluzione del contratto, ex art. 1454 c.c., si verifica una ipotesi di ratifica ex art. 1399 c.c Rinunciare alla diffida? Si, è possibile. La parte non inadempiente che abbia intimato diffida ad adempiere alla controparte, espressamente dichiarando, in caso di persistente inadempimento, la risoluzione di diritto del contratto allo spirare del termine ivi contemplato, può successivamente rinunciare alla diffida ed al suo effetto risolutivo, anche a mezzo di comportamenti concludenti, ed esercitare il diritto di recesso ex art. 1385 c.c. Diffida ed automatica risoluzione del contratto quale rapporto. Come visto nel caso di specie, alla stregua del principio espresso dal S.C., nei contratti con prestazioni corrispettive, ai fini dell'accertamento della risoluzione di diritto, conseguente a diffida ad adempiere senza esito, intimata dalla parte asseritamente adempiente, il giudice deve comunque valutare la sussistenza degli estremi, soggettivi e oggettivi, dell'inadempimento a carico della controparte in particolare, deve verificare sotto il profilo oggettivo che l'inadempimento sia non di scarsa importanza, alla stregua del criterio indicato dall'art. 1455 c.c., e, sotto il profilo soggettivo, l'operatività della presunzione di responsabilità del debitore inadempiente fissata dall'art. 1218 c.c., che, pur dettata in riferimento alla responsabilità per il risarcimento del danno, rappresenta un principio di carattere generale.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 18 giugno – 8 settembre 2015, n. 11748 Presidente Piccialli – Relatore Nuzzo Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 4.5.1999 Ca.Ma. e C.B. convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Palermo, S.A. esponendo che, con contratto preliminare 5.12.1995, avevano promesso in vendita al convenuto un appartamento sito in via OMISSIS oggi via n. 15, per il prezzo di L. 160.000.000 che l'atto di vendita non era stato stipulato, sebbene il S. avesse convocato, innanzi al Notaio Schifani, con atti del 30.10.97 e del 21.11.98, essi attori e benché i promittenti venditori, a loro volta, con atto extragiudiziale 8.1.1999, avessero invano invitato il convenuto ad adempiere tanto premesso, chiedevano dichiararsi legittimo il loro recesso dal contratto, stante l'inadempimento contrattuale del S. e che fosse riconosciuto il loro diritto a ritenere la caparra confirmatoria di L. 70.000.000,con condanna del convenuto alla riconsegna dell'appartamento ed al risarcimento del danno. Costituitosi in giudizio il S. assumeva che gli attori erano inadempienti in quanto gli avevano promesso in vendita l'immobile libero da pesi mentre era risultato gravato da ipoteche, divenute cartolari solo in data 29.2.1996, dopo la scadenza del termine fissato per la stipula del rogito notarile 28.2.96 che, nel luglio 1997, sull'appartamento oggetto del preliminare di vendita era stata iscritta anche un'ipoteca giudiziale ad istanza del Banco di Sicilia s.p.a. e che le anzidette iscrizioni non erano state cancellate. Chiedeva, quindi, il rigetto della domanda ed, in via riconvenzionale, pronuncia di sentenza costitutiva del trasferimento dell'immobile, previa condanna degli attori alla cancellazione delle ipoteche o autorizzazione ad eseguire personalmente tale cancellazione. Assunta la prova testimoniale ed espletata C.T.U., con sentenza 15.11.2004,il Tribunale adito trasferiva l'appartamento in questione al S. , subordinatamente al pagamento del saldo del prezzo, pari ad Euro 36.151,98 rigettava le domande degli attori, condannandoli al pagamento delle spese di lite. Avverso tale sentenza la Ca. ed il C. proponevano appello cui resisteva il S. . Con sentenza depositata il 10.2.2009 la Corte d'Appello di Palermo confermava la sentenza di primo grado condannando gli appellanti al pagamento delle spese del grado. Osservava la Corte di merito che i promittenti venditori erano rimasti inadempienti all'obbligo di garantire la libertà ipotecaria dell'immobile promesso in vendita, gravato da pesi pregiudizievoli e divenuti cartolari solo dopo tre anni dalla stipula del preliminare e non cancellati che in tema di ipoteca, la natura reale del vincolo e il valore costitutivo dell'iscrizione comportano che, mentre nei confronti del creditore l'estinzione dell'obbligazione estingue anche la garanzia ipotecaria che l'assiste, nei confronti dei terzi ossia dei soggetti estranei al rapporto di credito fra banca e debitore è necessaria anche la cancellazione dell'ipoteca, poiché il permanere dell'iscrizione, nonostante l'estinzione del credito, può essere di intralcio per il proprietario riguardo al commercio giuridico del bene, potendone i terzi ignorare la reale situazione . Per la cassazione di tale sentenza Ca.Ma. e C.B. propongono ricorso affidato a tre motivi. Resiste con controricorso S.A. Motivi della decisione I ricorrenti deducono 1 violazione e falsa applicazione degli artt. 1453-1454-1460 e 1175 c.c. risultava dalla deposizione della teste Ca.Ro. che la mancata stipula del contratto definitivo era dipeso dal S. che non aveva perso interesse all'acquisto dell'immobile ma ne aveva rimandato il pagamento, avendo già di fatto il possesso dell'immobile stesso peraltro solo in fase giudiziale il S. aveva sollevato l'eccezione di inadempimento e, contraddittoriamente, non aveva chiesto la risoluzione del contratto e la restituzione del doppio della caparra, ma aveva avanzato domanda riconvenzionale di trasferimento coattivo ex art. 2932 c.c A conclusione della doglianza viene formulato il quesito se per potersi sottrarre legittimamente all'adempimento al quale si è diffidati, invocando in sede giudiziale il principio inadimpleti non est adimplendum, l'inadempimento dall'altra parte deve essere valutato dal giudice con riguardo al rapporto sinallagmatico e con riferimento all'esame non seprato ma comparativo delle condotte di entrambe le parti e deve risultare, attuale, grave e tale da comportare autonomamente la risoluzione del contratto. Nello stesso tempo la parte che vuole sottrarsi all'adempimento dee contestualmente offrire la restituzione della prestazione eventualmente ricevuta non potendo più chiedere l'adempimento in sede giudiziale 2 insufficienza e contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di appello, il S. non aveva potuto stipulare il mutuo espressamente previsto in contratto , non a causa delle formalità pregiudizievoli gravanti sull'immobile oggetto del preliminare di vendita, considerato che non si trattava di un mutuo ipotecario garantito dal bene promesso in vendita, ma di un mutuo da richiedesi a cura e spese del promissorio acquirente come risultava dal preliminare la Corte di merito non aveva tenuto conto, inoltre, della lettera 4.12.98 del Banco di Sicilia, con cui si dava espressamente atto dell'avvenuto previsto pagamento e della cartolarità delle ipoteche peraltro, il termine convenuto per la stipula del contratto definitivo non aveva natura essenziale come si desumeva, fra l'altro, dal comportamento del S. che, successivamente alla scadenza di termine, aveva versato due ulteriori acconti sul prezzo dell'immobile 3 insufficienza e contraddittorietà di motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, laddove il Giudice di Appello aveva fatto discendere la inadempienza dei promittenti venditori dalla mancata cancellazione delle ipoteche cartolari, ignorando che il contratto preliminare non prevedeva un preciso obbligo di cancellazione delle ipoteche, da eseguirsi prima della stipula dell'atto pubblico sicché tale cancellazione poteva avvenire contestualmente alla stipula stessa mediante incarico al Notaio rogante, stante la natura meramente cartolare delle iscrizioni ipotecarie il S. , comunque, non aveva mai sollevato obiezioni sulle iscrizioni gravanti sul bene e si era limitato a non presentarsi né innanzi al notaio da lui indicato né davanti a quello indicato dalle controparti. Il primo motivo di ricorso oltre ad essere corredato da un quesito di diritto generico ed astratto in quanto non rapportato alle regioni della decisione, è infondato. Presupposto per l'operatività della diffida è l'esatto adempimento del diffidante, altrimenti l'inadempimento del diffidato resta giustificato ai sensi dell'art. 1460 c.c. Cass. n. 4275/94 n. 466/76 . Nella specie, la valutazione comparativa della contrapposte inadempienze delle parti risulta essere stata effettuata dal primo giudice e poi condivisa dal Giudice di Appello e, per quest'ultimo, la mancata comparizione del diffidato, dinanzi al notaio, era giustificata dal fatto che il bene oggetto del contratto, risultava gravato da iscrizioni ipotecarie, in contrasto con la espressa previsione del preliminare ed in assenza di un documentato impegno del diffidante a provvedere comunque alla loro cancellazione. Peraltro colui che oppone la exceptio inadimpleti contractus , non per questo invoca la risoluzione del contratto, ma manifesta solo di volersi astenere temporaneamente dall'adempimento, fino a quando l'altro contraente non abbia adempiuto o comunque abbia offerto di adempiere la propria obbligazione dalla diffida ad adempiere art. 1454 c.c. rimasta infruttuosa non scaturisce la risoluzione del contratto quando anche il diffidante sia inadempiente, posto che l'inadempimento dello stesso priva di giuridica rilevanza quello del diffidato Cass. n. 4275/94 n. 7480/97 . Il secondo motivo attiene alla mancata valutazione di risultanze testimoniali, ma sul punto il ricorrente non può sollecitare un diverso apprezzamento della testimonianza resa da Ca.Ro. , una volta ritenuto dal giudice distrettuale che, nell'economia del contratto, era fondamentale che l'immobile fosse libero da pesi. La terza censura integra una censura di merito in ordine all'incidenza delle iscrizioni ipotecarie sul sinallagma contrattuale ed è, inoltre, irrilevante, posto che l'obbligo del promittente venditore di liberare l'immobile dalle iscrizioni ipotecarie andava realizzato prima che fosse concluso il contratto definitivo. In conclusione il ricorso va rigettato. Consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali che si liquidano in Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.