Conduttore inadempiente dopo l’estinzione del rapporto: diritto all’indennità di avviamento commerciale

Nelle locazioni di immobili urbani adibiti ad attività commerciale, l’obbligazione incombente sul conduttore di rilasciare l’immobile alla scadenza e l’obbligazione gravante sul locatore di corrispondergli l’indennità di avviamento commerciale sono legate da un rapporto di reciproca dipendenza, tanto che ciascuna delle prestazioni non è esigibile in mancanza dell’adempimento, o dell’offerta di adempimento dell’altra.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 25736, depositata il 5 dicembre 2014. Il fatto. La conduttrice conveniva in giudizio il suo locatore chiedendo la corresponsione dell’indennità di avviamento commerciale, la restituzione del deposito cauzionale e il riconoscimento delle migliorie apportate all’immobile adibito a struttura alberghiera e ristorante. Il Tribunale condannava il locatore a pagare una somma per la restituzione della cauzione ed una per l’indennità di avviamento relativa all’attività di ristorazione e condannava la conduttrice a pagare al locatore una somma per danni da ritardo nella restituzione. La Corte d’appello confermava tale sentenza. Il locatore propone ricorso per la cassazione della decisione. Il motivo di ricorso che merita trattazione in questa sede è quello col quale il locatore chiede alla S.C. di chiarire se è vero che al conduttore non spetta l’indennità di avviamento commerciale nell’ipotesi in cui, scaduto il termine della locazione, occupi illegittimamente senza pagare il canone l’azienda affittata. Inadempimento successivo al sorgere del diritto all’indennità di avviamento. Il Collegio risponde a tale quesito in senso negativo. Infatti, afferma la Corte, perché sorga il diritto all’indennità di avviamento commerciale in capo al conduttore è necessario che il rapporto si sia sciolto per volontà unilaterale del locatore e che al momento in cui si verifica una delle cause estintive prese in considerazione dell’art. 34 della l. n. 392/1978, il conduttore non sia inadempiente. La Corte d’appello ha escluso, con adeguata motivazione, che al momento dello scioglimento del contratto per volontà del locatore, la conduttrice fosse inadempiente rispetto alle obbligazioni derivanti dal contratto stesso. È quindi sorto, in suo favore, il diritto alla corresponsione della indennità di avviamento. L’obbligo restitutorio sta fuori dal sinallagma. Precisa il Collegio che, il ritardo nella riconsegna dell’immobile dopo la cessazione del rapporto, che non è privo di conseguenze per la parte, tanto che è fonte di obbligazione risarcitoria, si situa fuori dal sinallagma contrattuale, quando la causa estintiva del rapporto di locazione si è già verificata. Pertanto, l’inadempimento successivo al sorgere del diritto all’indennità di avviamento, che sorge quando la causa estintiva del rapporto si è già verificata, non incide sul diritto alla indennità nel senso che non può impedire che esso sorga, né tanto meno lo estingue. Rapporto di reciproca dipendenza. Il Collegio riprende sul punto un principio affermato in giurisprudenza secondo il quale nelle locazioni di immobili urbani adibiti ad attività commerciale, l’obbligazione incombente sul conduttore di rilasciare l’immobile alla scadenza e l’obbligazione gravante sul locatore di corrispondergli l’indennità di avviamento commerciale sono legate da un rapporto di reciproca dipendenza, tanto che ciascuna delle prestazioni non è esigibile in mancanza dell’adempimento, o dell’offerta di adempimento dell’altra. In altre parole, il legame che sussiste tra le due contrapposte obbligazioni, per cui si dice esiste una interdipendenza delle due prestazioni, corre sul piano dell’esigibilità, nel senso che il locatore non può far eseguire il rilascio forzoso dell’immobile se non ha adempiuto alla sua obbligazione di corrispondere l’indennità di avviamento al conduttore. Per tali ragioni, nonché per l’infondatezza e l’inammissibilità degli altri motivi proposti dal ricorrente, la Corte di Cassazione ha deciso per il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 7 ottobre – 5 dicembre 2014, n. 25736 Presidente Segreto – Relatore Rubino Svolgimento del processo Rozzi Antonietta convenne in giudizio il suo locatore, M.S. , chiedendo la corresponsione dell'indennità di avviamento commerciale, la restituzione del deposito cauzionale e il riconoscimento delle migliorie apportate all'immobile sito in Caserta, adibito a struttura alberghiera e ristorante, locatole dal M. . Il M. si costituì e in via riconvenzionale chiese la condanna della R. al pagamento della somma di Euro. 30.000 a titolo di canoni per il periodo di occupazione senza titolo dell'immobile e la somma ulteriore di Euro. 123.000 per maggior danno da ritardo nel rilascio dell'immobile. Il Tribunale di S. Maria Capua Vetere condannò il M. a pagare alla R. Euro 15.493, per restituzione cauzione ed Euro 18.000 per l'indennità di avviamento relativa alla attività di ristorazione, la sola non ancora operativa precedentemente all'instaurarsi del rapporto locatizio, e condannava la R. a pagare al M. Euro 29.000 per danni da ritardo nella restituzione. La Corte di Appello di Napoli confermava la sentenza, appellata da M. ed in via incidentale dalla R. , salvo una modifica in parziale accoglimento dell'appello incidentale della R. in tema di interessi sulla cauzione. M.S. propone ricorso per la cassazione della sentenza n. 890 del 2010 della Corte d'Appello di Napoli, articolato in sei motivi, nei confronti di R.A. . La R. , regolarmente intimata, non si è costituita. Motivi della decisione Con il primo e il secondo motivo di ricorso il ricorrente sostiene che non sia dovuta l'indennità di avviamento perché nella fattispecie si tratterebbe di contratto di affitto di azienda e non di locazione di immobile adibito ad attività alberghiera. I primi due motivi di ricorso sono inammissibili per violazione dell'art. 366 n. 6 c.p.c. non essendo indicato se, dove e quando sia stato depositato il contratto di locazione alberghiera o di affitto di azienda del quale si discute e se sia stato nuovamente prodotto in questa sede e ciò non consente alla corte di poterlo esaminare allo scopo di verificare se la qualificazione contrattuale operata dalla corte d'appello sia stata corretta. Come più volte affermato da questa Corte v. Cass. S.U. ord. n. 7161 del 2010 , in tema di ricorso per cassazione, l'art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., novellato dal d.lgs. n. 40 del 2006, oltre a richiedere l’indicazione degli atti, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento risulti prodotto tale prescrizione va correlata all'ulteriore requisito di procedibilità di cui all'art. 369, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., per cui deve ritenersi, in particolare, soddisfatta a qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione del fascicolo, purché nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile b qualora il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante l'indicazione che il documento è prodotto nel fascicolo del giudizio di merito di controparte, pur se cautelativamente si rivela opportuna la produzione del documento, ai sensi dell'art. 369, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., per il caso in cui la controparte non si costituisca in sede di legittimità o si costituisca senza produrre il fascicolo o lo produca senza documento c qualora si tratti di documento non prodotto nelle fasi di merito, relativo alla nullità della sentenza od all'ammissibilità del ricorso art. 372 p.c. oppure di documento attinente alla fondatezza del ricorso e formato dopo la fase di merito e comunque dopo l'esaurimento della possibilità di produrlo, mediante la produzione del documento, previa individuazione e indicazione della produzione stessa nell'ambito del ricorso. Con il terzo motivo il ricorrente sostiene che abbia errato la corte d'appello nel confermare la condanna nei suoi confronti alla corresponsione della indennità di avviamento commerciale alla R. non avendo adeguatamente considerato che la R. fosse inadempiente rispetto alla obbligazione di riconsegnare l'immobile al locatore alla scadenza della locazione, e che in caso di inadempimento l'indennità di avviamento commerciale in ogni caso non spetta. Il motivo è infondato. Il quesito di diritto che il ricorrente pone, a pag. 16, è il seguente È vero che al conduttore non spetta l'indennità di avviamento commerciale nell'ipotesi in cui, scaduto il termine della locazione, il conduttore occupi illegittimamente senza pagare il canone l'azienda affittata . Al quesito deve essere data risposta negativa. Perché sorga il diritto alla indennità di avviamento commerciale in capo al conduttore è necessario che il rapporto si sia sciolto per volontà unilaterale del locatore e che al momento in cui si verifica una delle cause estintive prese in considerazione dall'art. 34 della legge n. 392 del 1978, il conduttore non sia inadempiente. La corte d'appello, con sentenza adeguatamente motivata, ha escluso che al momento dello scioglimento del contratto per volontà del locatore, la conduttrice fosse inadempiente rispetto alle obbligazioni derivanti dal contratto stesso, né tali circostanze di fatto possono essere in questa sede riconsiderate in quanto ciò darebbe luogo ad una nuova valutazione in fatto della vicenda, preclusa in sede di legittimità. È quindi sorto, in suo favore, il diritto alla corresponsione della indennità di avviamento sussistendone le altre condizioni previste dall'art. 34 della legge n. 392 del 1978 . È ben vero che sia stata accertata l'esistenza di un ritardo nella riconsegna dell'immobile in capo all'ex conduttrice, tanto che essa è stata condannata a pagare una somma al ricorrente a titolo di risarcimento del danno. Tuttavia il ritardo nella riconsegna dell'immobile dopo la cessazione del rapporto, che non è privo di conseguenze per la parte, tanto che è fonte dell'obbligazione risarcitoria, si situa fuori del sinallagma contrattuale, quando la causa estintiva del rapporto di locazione si è già verificata, e per questo non può incidere negativamente sul diritto alla indennità di avviamento, che è già sorto. Questa Corte ha avuto modo più volte di affermare che nelle locazioni di immobili urbani adibiti ad attività commerciale, l'obbligazione gravante sul conduttore di rilasciare l'immobile alla scadenza e l'obbligazione gravante sul locatore di corrispondergli l’indennità di avviamento commerciale sono legate da un rapporto di reciproca dipendenza in questo senso, da ultimo, tra le altre, Cass. n. 4443 del 2014 . Questo rapporto però non corre sul piano sinallagmatico, in quanto è ben vero che l'obbligo restitutorio costituisce una delle obbligazioni principali del conduttore ma esso si colloca al di fuori dal sinallagma, perché sorge in un momento in cui il rapporto contrattuale è già cessato. Se al momento del verificarsi della causa di cessazione del rapporto o comunque alla scadenza contrattuale il conduttore non rilascia l'immobile, o non rispetta il termine per il rilascio fissatogli, tale comportamento, che integra un inadempimento rispetto all'obbligo di riconsegnare l'immobile alla cessazione del rapporto, non è senza conseguenze ed al contrario le sue conseguenze sono tipizzate dall'art. 1591 c.c. egli sarà tenuto di per sé a proseguire nel pagamento dei canoni, nel senso che la legge considera che il locatore per il mancato rilascio subisce un danno pari quanto meno alla misura del canone che in precedenza percepiva, e, se il locatore prova di aver subito un maggior danno, sarà tenuto a risarcirlo di questo maggior danno. L'inadempimento successivo al sorgere del diritto all'indennità di avviamento, che sorge quando la causa estintiva del rapporto si è già verificata, non incide sul diritto alla indennità nel senso che non può impedire che esso sorga, né tanto meno lo estingue. Il legame che sussiste tra le due contrapposte obbligazioni, per cui si dice che esiste una interdipendenza delle due prestazioni, corre non sul piano della sinallagmaticità ma sul piano della esigibilità, nel senso che il locatore non può far eseguire il rilascio forzoso dell'immobile se non ha adempiuto alla sua obbligazione di corrispondere l'indennità di avviamento al conduttore, ex art. 34 e 69 l. n. 392 del 1978 v. Cass. n. 19083/2009 che afferma il principio secondo il quale nelle locazioni di immobili urbani adibiti ad attività commerciale, l'obbligazione incombente sul conduttore di rilasciare l'immobile alla scadenza e l'obbligazione gravante sul locatore di corrispondergli l’indennità di avviamento commerciale sono legate da un rapporto di reciproca dipendenza, tanto che ciascuna delle prestazioni non è esigibile in mancanza dell'adempimento, o dell'offerta di adempimento dell'altra. L'eventuale inadempimento alla obbligazione di riconsegna, necessariamente successivo allo scioglimento del contratto ed al sorgere del diritto alla indennità di avviamento, non può quindi condizionare retroattivamente il sorgere del diritto, che si è già verificato, ma ne condiziona l'esigibilità, tanto che ciascuna delle prestazioni non è esigibile in mancanza dell'adempimento, o dell'offerta di adempimento dell'altra. Con il quarto motivo il ricorrente si duole del criterio usato dal giudice di appello per quantificare l'indennità dovuta, assumendo che non si sia tenuto conto della durata del rapporto contrattuale. Anche questo motivo è inammissibile per violazione dell'art. 366 n. 6 c.p.c Il ricorrente lamenta la lacunosità della sentenza impugnata, che non riporta la durata del rapporto contrattuale e non ne tiene conto, ma a questa lacuna non supplisce in alcun modo e non da modo di verificare se il ragionamento seguito dalla corte nell'effettuare una determinata quantificazione della indennità di avviamento sia corretto o meno. La durata della locazione prevista nel contratto nonché la sua data di inizio non sono verificabili non avendo neppure indicato il ricorrente dove e quando sia stato depositato il contratto di locazione. Esiste inoltre anche un profilo di difetto di autosufficienza, non avendo egli neppure richiamato il testo delle clausole rilevanti. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia la presenza di un vizio di motivazione nella sentenza di merito, laddove ha confermato il diritto della R. alla restituzione del deposito cauzionale afferma che manchi il percorso motivazionale idoneo a ricostruire perché il giudice di merito abbia ritenuto provato che il deposito cauzionale fosse stato versato. Il motivo è infondato la corte ha ritenuto provato l'avvenuto pagamento del deposito cauzionale perché tanto risultava dal contratto p. 6 della sentenza . Le contestazioni del M. che il contratto cui si fa riferimento non sia l'originale ma una semplice fotocopia non firmata e da lui contestata non emergono dalla sentenza e avrebbero dovuto se del caso essere veicolate nel diverso mezzo della revocazione per errore di fatto. Con il sesto motivo, infine, il M. si duole della omessa e insufficiente motivazione della sentenza di appello laddove ha rigettato la sua domanda di risarcimento dei danni agli arredi e alle suppellettili dello stabile arrecati dalla R. per difetto di prova da parte del locatore sull'esistenza e l'ammontare dei danni. Anche questo motivo di ricorso deve essere rigettato, essendo la sentenza di merito adeguatamente motivata sul punto la corte ha in definitiva ritenuto che non emergesse la prova che lo stato di degrado in cui effettivamente versava l'immobile al momento della riconsegna fosse dovuto a fatto della R. e non piuttosto alla normale usura del tempo . Nulla sulle spese in difetto di costituzione dell'intimata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.