La morte del promissario acquirente non esclude la possibilità di stipulare il definitivo

L'impossibilità sopravvenuta deve essere obbiettiva, assoluta e riferibile al contratto ed alla prestazione ivi contemplata. Inoltre, deve consistere non in una mera difficoltà ma in un impedimento del pari obbiettivo ed assoluto tale da non poter essere rimosso e deve avere ad oggetto una prestazione determinata o di genere limitato, dovendosi escludere che tale fattispecie possa riferirsi ad una obbligazione avente ad oggetto una prestazione di danaro. L'eccessiva onerosità della prestazione, per determinare la risoluzione del contratto deve possedere due requisiti ovvero l'alterazione del sinallagma contrattuale per ragioni non prevedibili in origine, nonché l'eccessiva onerosità sopravvenuta scaturente da eventi straordinari che non rientrano nella normale alea di rischio.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 13224, depositata l’11 giugno 2014. Il caso. Una coppia di coniugi stipulava, con un’altra coppia di coniugi, un contratto preliminare di vendita di immobile abitativo di proprietà dei primi. Veniva correttamente versato il primo acconto e soltanto parte del prezzo totale. Prima della stipula del definitivo, decedeva uno dei promissari acquirenti e, conseguentemente, il coniuge superstite introduceva un giudizio volto ad accertare la risoluzione del contratto preliminare per impossibilità sopravvenuta. L'attore precisava che detta impossibilità scaturiva dal fatto che, venuto meno il marito, era venuta meno anche l'unica fonte di reddito, dunque, da sola, non era in condizione di versare il prezzo residuo e quindi acquistare definitivamente l'immobile. I convenuti si difendevano chiedendo il rigetto della domanda, la risoluzione del contratto per inadempimento del promissario acquirente nonché il risarcimento dei danni. Il tribunale accoglieva la domanda di parte attrice e condannava i promissari venditori alla restituzione delle somme percepite. La Corte d'appello, riformando la prima decisione, chiariva che il decesso di una persona, per sua natura, non è un evento imprevedibile e neanche straordinario, che l'evento luttuoso non escludeva la possibilità di portare a compimento la vendita, infine, che il conclamato inadempimento del promissario acquirente giustificava la risoluzione del contratto. Le parti hanno proposto ricorso per cassazione. Decesso ed obbligo di stipula del definitivo. Il decesso di una persona, ha confermato la Suprema Corte, è evento non riconducibile alla fattispecie dell'imprevedibilità anzi, pare di leggere tra le righe che, anche nella dinamica giuridica, deve essere considerato come un evento quotidianamente avverabile. La morte, dal punto di vista del diritto, è affrontata e regolata con l'istituto della successione, quindi, con l'accettazione dell'eredità, diritti e doveri si trasferiscono agli eredi, compresa l'obbligazione di pagare il prezzo di acquisto di un bene immobile. Tale assunto non si applica nelle sole ipotesi previste dalla legge, tutte riconducibili alla categoria delle obbligazioni intrasmissibili. L'impossibilità sopravvenuta, ha chiarito la S.C. richiamandosi a consolidata giurisprudenza, deve essere obbiettiva, assoluta e riferibile al contratto ed alla prestazione ivi contemplata e deve consistere non in una mera difficoltà ma in un impedimento del pari obbiettivo ed assoluto tale da non poter essere rimosso e deve avere ad oggetto una prestazione determinata o di genere limitato dovendosi escludere che tale fattispecie possa riferirsi ad una obbligazione avente ad oggetto una prestazione di danaro. L'eccessiva onerosità. Parte attrice aveva chiesto la risoluzione per impossibilità sopravvenuta ed eccessiva onerosità, quest'ultima scaturente dal decesso del coniuge con conseguente annullamento dell'unica fonte reddituale. La Cassazione ha ribadito che l'eccessiva onerosità della prestazione, per determinare la risoluzione del contratto, deve possedere due requisiti ovvero l'alterazione del sinallagma contrattuale per ragioni non prevedibili in origine, nonché l’eccessiva onerosità sopravvenuta scaturente da eventi straordinari che non rientrano nella normale alea di rischio. Nel caso in commento, non è sopraggiunta un disequilibrio del sinallagma contrattuale e, per le ragioni già esposte, non è sopraggiunta neanche una eccessiva onerosità dell'affare ma si è verificato un evento - per le ragioni già indicate - prevedibile che ha escluso la capacità finanziaria di una delle parti contraenti. Pertanto, la S.C. ha chiarito che la Corte territoriale ha correttamente escluso l'eccessiva onerosità. Per le ragioni sin qui richiamate i giudici di legittimità, nel merito, hanno confermato la decisone del corte d'appello.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 26 marzo – 11 giugno 2014, n. 13224 Presidente Oddo – Relatore Proto Svolgimento del processo Il 2/3/1992 i coniugi D.F. e M.A. stipulavano con i coniugi Mo.Vi. e C.A. un contratto preliminare per l'acquisto di una abitazione al prezzo di L. 130.000.000, di cui lire 10.000.000 a titolo di caparra confirmatoria successivamente erano versati acconti per L. 20.000.000. Mariani Alessandra il 24/9/1992 chiedeva la risoluzione del contratto in conseguenza del decesso del proprio marito verificatosi il 15/7/1992, facendo presente di essersi trovata nella materiale impossibilità di adempiere il contratto non avendo fonti di reddito. Con citazione dell'8/2/1999 la M. in proprio e quale esercente la potestà sul figlio minore D.A. , conveniva in giudizio i coniugi Mo. -C. perché fosse dichiarato risolto il preliminare per impossibilità sopravvenuta o per eccessiva onerosità sopravvenuta con la conseguente condanna alla restituzione della caparra e degli acconti o in subordine dei soli acconti. I convenuti si costituivano chiedevano il rigetto delle domande e in riconvenzionale la declaratoria di risoluzione del contratto per inadempimento oltre al risarcimento del danno. Con sentenza del 7/6/2002 il Tribunale di Latina dichiarava la risoluzione del preliminare e condannava i coniugi Mo. - C. alla restituzione di tutte le somme percepite per caparra e acconti. I predetti coniugi proponevano appello al quale resisteva la M. nella duplice qualità. La Corte di Appello di Roma con sentenza del 7/6/2007 in riforma della sentenza appellata rigettava la domanda della M. dichiarava risolto il preliminare per inadempimento dei promissari acquirenti e rigettava la domanda di restituzione della somma anticipata. La Corte di Appello rilevava che il decesso del coniuge della M. non determinava l'impossibilità della prestazione stipulare il definitivo dedotta nel preliminare, in quanto nell'obbligazione erano subentrati gli eredi e comunque la M. aveva assunto l'obbligazione anche in proprio - che l'impossibilità di saldare il corrispettivo non incideva sull'oggetto della prestazione dovuta la stipula del definitivo incidendo semmai sull'onerosità sopravvenuta della quale tuttavia mancavano i presupposti di straordinarietà e imprevedibilità, posto che il decesso non costituisce, in sé, un evento imprevedibile e straordinario - che il conclamato inadempimento della M. giustificava la risoluzione, mentre la ripetizione delle somme versate non poteva essere disposta in quanto richiesta solo sul presupposto dell'impossibilità sopravvenuta e sussistendo comunque il diritto delle controparti di trattenere l'acconto anche per la parte eccedente la caparra peraltro ritenibile per effetto dell'inadempimento. M.A. e D.A. hanno proposto ricorso affidato a sei motivi e hanno depositato memoria. I coniugi Mo. hanno resistito con controricorso eccependo preliminarmente l'inammissibilità del ricorso per mancanza di procura speciale. Motivi della decisione L'eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso per mancanza di procura speciale è infondata in quanto la procura speciale è stata conferita con atto in calce al ricorso. 1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione dell'art. 1218 c.c. e il vizio di motivazione. I ricorrenti sostengono che, a seguito della tempestiva comunicazione della morte del marito della M. , il quale aveva sottoscritto il preliminare e delle conseguenze economiche della morte, doveva essere escluso l'inadempimento imputabile aggiungono che la Corte di Appello ha omesso di motivare in ordine alla deduzioni difensive secondo le quali la morte dell'unico percettore di reddito della famiglia determinava l'impossibilità di adempiere le obbligazioni assunte con il preliminare e in tal senso formulano i corrispondenti quesiti chiedendo - se la tempestiva comunicazione dell'evento morte del contraente, con tutte le conseguenze del caso, che ha determinato la richiesta di risoluzione del preliminare sia di efficacia liberatoria per i ricorrenti - se possa ritenersi omessa o del tutto insufficiente la motivazione della Corte territoriale che non abbia nemmeno considerato quali conseguenze economiche abbia determinato la morte del D. sul contesto economico e reddituale della sua famiglia. 1.1 Il motivo è manifestamente infondato. Come correttamente rilevato dalla Corte di Appello, l'obbligazione assunta da entrambi i coniugi era quella di stipulare il contratto e quest'obbligo, con la morte di uno dei due firmatari si era trasferito agli eredi pertanto l'obbligazione non si era estinta e nessun impedimento poteva ravvisarsi rispetto all'obbligazione di concludere il contratto. L'obbligazione di corrispondere il prezzo costituiva un posterius rispetto alla conclusione del contratto. L'art. 1218 c.c. che si assume violato non attiene all'estinzione dell'obbligazione di concludere il contratto preliminare l'estinzione dell'obbligazione per impossibilità sopravvenuta è disciplinata dall'art. 1256 c.c., richiamato nel secondo motivo e di cui v. infra , ma al diverso profilo della responsabilità del debitore in relazione all'inadempimento di una obbligazione che, nella specie, non riguardava direttamente il pagamento del prezzo, ma la mancata conclusione del contratto ancorché come conseguenza dell'asserita impossibilità di corrispondere il saldo prezzo che la Corte di Appello ha motivatamente ritenuto invece sempre possibile in quanto il contratto definitivo poteva essere concluso dagli eredi e dalla stessa M. in proprio la quale, infatti, aveva assunto anche in proprio la relativa obbligazione. Pertanto neppure con riferimento alla mera impossibilità economica sopravvenuta il motivo potrebbe essere accolto sia perché la M. aveva assunto anche in proprio l'obbligazione pur consapevole della propria impossidenza e non premurandosi di apprestare idonee coperture assicurative in relazione al sempre possibile venir meno dell'unica fonte di reddito, sia per le ragioni che qui di seguito si illustrano nel motivare il rigetto del secondo motivo e relative alla non configurabilità di una impossibilità di adempiere l'obbligazione di corrispondere una somma di denaro. 2. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono la violazione dell'art. 1256 c.c. e il vizio di motivazione e sostengono che l'obbligazione di concludere il contratto definitivo sarebbe diventata impossibile per la morte del contraente che ha determinato l'impossibilità di effettuare la prestazione finanziaria. I ricorrenti formulando il quesito ex art. 366 bis c.p.c. chiedono se l'impossibilità della prestazione per la morte del contraente determini una causa non imputabile nemmeno ai suoi eredi che, per lo stato di casalinga e di minore di età, non siano né possano diventare rapidamente percettori reddituali nel subingresso del contratto. 2.1 Il motivo è manifestamente infondato e non attinge la ratio decidendi della sentenza impugnata per la quale la prestazione che doveva essere adempiuta non era il pagamento del prezzo, ma la conclusione del contratto definitivo che, peraltro, non era resa impossibile dalla morte di uno dei contraenti in quanto allo stesso subentravano gli eredi e il contratto poteva essere concluso anche dalla stessa M. in proprio in quanto cofirmataria del preliminare. La pronuncia non contrasta con il principio, già affermato da questa Corte Cass. 20/1/1976 n. 167 , secondo il quale la risoluzione per impossibilità sopravvenuta è ipotizzabile anche per il contratto preliminare con riferimento all'unica prestazione cui le parti risultano obbligate, e cioè la prestazione della futura attività necessaria per la formazione del contratto definitivo tuttavia di norma, la morte di una delle parti non da luogo alla risoluzione per impossibilità sopravvenuta del contratto preliminare, in quanto, come nella specie, nella posizione del defunto subentra l'erede, salve le poche eccezioni, legislativamente determinate, di posizioni giuridiche intrasmissibili mortis causa. Con riferimento alla asserita impossibilità economica di corrispondere il prezzo in tesi ridondante sull'impossibilità di stipulare il definitivo , neppure può ritenersi sussistente una sopravvenuta impossibilità della prestazione in quanto la giurisprudenza di questa Corte, che qui si condivide, è costante nel ritenere che l'impossibilità sopravvenuta che libera dall'obbligazione se definitiva o che esonera da responsabilità per il ritardo se temporanea , deve essere obiettiva, assoluta e riferibile al contratto e alla prestazione ivi contemplata e deve consistere non in una mera difficoltà, ma in un impedimento, del pari obiettivo e assoluto, tale da non poter essere rimosso, cfr. ex pluribus, Cass. nn. 15073/09, 9645/04, 8294/90, 5653/90 e 252/53 l'estinzione dell'obbligazione per impossibilità definitiva, alla stregua del principio secondo cui genus nunquam perit , può verificarsi solo quando la prestazione abbia per oggetto un fatto o una cosa determinata o di genere limitato e non già una somma di denaro cfr. Cass. 16/3/1987 n. 2691 Cass. 17/6/1980 n. 3844 Cass. 15/7/1968 n. 2555 nello stesso senso, in motivazione Cass. 30/4/2012 n. 6594 e, da ultimo, Cass. 15/11/2013 n. 25777 . 3. Con il terzo motivo i ricorrenti deducono la violazione dell'art. 1455 c.c. e il vizio di motivazione. I ricorrenti lamentano che sia stata dichiarata la risoluzione del contratto per inadempimento senza che fosse valutata la gravità dell'inadempimento e formulando il quesito chiedono se la sussistenza della gravità dell'inadempimento possa essere desunta senza specifica motivazione e se possa integrare la gravità l'inadempimento derivante non dalla volontà del soggetto, ma da un fatto estraneo straordinario e imprevedibili e data l'età del soggetto coinvolto e le circostanze di tempo e luogo. 3.1 Il motivo è infondato in quanto la gravità dell'inadempimento nel caso concreto era palese stante la dichiarata e definitiva indisponibilità a stipulare il contratto definitivo. È pur vero che il giudizio concernente l'importanza dell'inadempimento deve essere fondato su un criterio relativo, idoneo a consentire di coordinare l'elemento obiettivo della mancata o inesatta prestazione nel quadro dell'economia generale del contratto con l'elemento soggettivo costituito dall'interesse concreto della controparte all'esatta e tempestiva prestazione cfr. Cass. 5/11/1997 n. 10844 Cass. 28/3/1995, n. 3669 Cass. 7/6/1993, n. 6367 ma nel caso concreto è stato accertato un totale e definitivo rifiuto di adempimento neppure in parte giustificato da inadempimenti o mere condotte riferibili alla controparte contrattuale. 4. Con il quarto motivo i ricorrenti deducono la violazione dell'art. 1385 c.c. e sostengono che la Corte di Appello avrebbe illegittimamente riconosciuto ai promittenti venditori sia il diritto a ritenere la caparra, sia il maggior danno così cumulando i due meccanismi risarcitori che invece non avrebbero dovuto essere cumulati aggiunge che i coniugi Mo. avevano richiesto il risarcimento del danno nelle forme ordinarie. I ricorrenti, formulando il quesito chiedono - se sia cumulabile la ritenzione della caparra confirmatoria con ulteriori somme risarcitorie - se possa ritenersi che vi sia richiesta di ritenzione della caparra quando nell'atto con specifica riconvenzionale era chiesto il ristoro dei danni indicando unicamente come somma richiesta gli importi versati a tale titolo e successivamente mediante acconti. 5. Con il quinto motivo i ricorrenti deducono, ex art. 360 n. 3 e 5 la violazione degli artt. 1223, 1385 e 2697 c.c. lamentando che la Corte di Appello ha accolto una domanda di risarcimento danni da inadempimento in mancanza di prova sull'entità dei danni e senza una motivazione per esplicitare l'iter logico-giuridico seguito per la liquidazione. Formulando il quesito chiedono se il giudice possa procedere alla liquidazione dei danni nel difetto assoluto della prova della loro quantificazione e senza addurre alcuna ragione sul criterio adottato. 6. Il quarto e il quinto motivo devono essere esaminati congiuntamente per la loro continuità argomentativi e connessione con la domanda risarcitoria proposta nel giudizio di Mo. e C. . A quanto risulta dalle conclusioni trascritte nella sentenza appellata, i promittenti venditori avevano agito per la risoluzione del contratto per inadempimento e avevano chiesto in principalità la condanna al risarcimento danni nella misura degli acconti corrisposti, comprensivi di quanto versato a titolo di caparra e in via subordinata la somma corrispondente alla caparra versata. La Corte di Appello per la somma anticipata a titolo di acconto ha escluso il diritto degli appellati, odierni ricorrenti, alla restituzione ritenendo che non fosse stata formulata una domanda in tal senso sulla base del fatto che la restituzione era stata richiesta per effetto e in conseguenza dell'impossibilità sopravvenuta dell'adempimento, che invece era stata esclusa questa ratio decidendi non ha formato oggetto di ricorso. Per la somma versata a titolo di caparra la Corte di Appello non ha autorizzato la ritenzione e comunque non poteva autorizzare la ritenzione, essendo stata formulata domanda di risarcimento danni , ma ha accolto la domanda risarcitoria e ha individuato la misura del danno negli acconti versati, comprensivi della caparra. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto nel quarto motivo, non è stato cumulato il diritto a ritenere la caparra confirmatoria con il diritto a ulteriori somme risarcitorie, ma il giudice di appello si è pronunciato sulla formulata domanda di risarcimento danni liquidando il danno in misura corrispondente agli acconti comprensivi della caparra. Tuttavia, come fondatamente dedotto nel quinto motivo di ricorso, la Corte territoriale ha proceduto alla liquidazione dei danni senza addurre alcuna indicazione sul criterio adottato per la liquidazione, senza alcun riferimento ad elementi di prova dei danni che, comunque, ai sensi dell'art. 2697 c.c. dovevano essere provati dagli attori in riconvenzionale. In conclusione, il quarto e il quinto motivo sono, per quanto sopra rilevato, fondati. 7. Con il sesto motivo i ricorrenti deducono la violazione dell'art. 1467 c.c. e il vizio di motivazione. I ricorrenti sostengono - che la Corte di Appello avrebbe omesso di motivare in merito alla deduzione dell'eccessiva onerosità sopravvenuta - che l'argomento della Corte di Appello secondo il quale la morte del congiunto non incide sull'oggetto della prestazione sarebbe stato utilizzato in via astratta senza un preciso riferimento alla domanda di risoluzione per eccessiva onerosità. In ogni caso, a dire dei ricorrenti, l'evento morte avrebbe dovuto essere valutato e non trascurato, trattandosi, nel caso concreto, di un evento che, per un uomo di 32 anni, non costituisce, come affermato dalla Corte territoriale una ineluttabile certezza. Formulando il quesito chiedono se la morte in giovane età configuri la eccessiva onerosità di una contrattuale prestazione monetaria correlata alla assoluta carenza di mezzi economici e reddituali da parte dei suoi eredi subentranti contrattualmente nella medesima posizione del de cuius. 6.1 Il motivo con il quale non è dedotto il vizio di omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. è manifestamente infondato perché l'eccessiva onerosità nei contratti onerosi consiste nella sopravvenuta sproporzione tra i valori delle prestazioni, sicché l’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, in presenza di squilibrio tra le prestazioni che sia dovuto ad eventi straordinari ed imprevedibili, non rientranti nell'ambito della normale alea contrattuale, ai sensi dell'art. 1467 cod. civ. determina la risoluzione del contratto. L1 eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione, per potere determinare, ai sensi dell'art. 1467 cod. civ. la risoluzione del contratto richiede la sussistenza di due necessari requisiti da un lato, un sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni ossia l'alterazione del sinallagma contrattuale , non previsto al momento della conclusione del contratto e, dall'altro, la riconducibilità della eccessiva onerosità sopravvenuta ad eventi straordinari ed imprevedibili, che non rientrano nell'ambito della normale alea contrattuale. Nella specie, invece, le circostante affermate come imprevedibili hanno comportato, non già uno squilibrio del sinallagma contrattuale, ossia tra le prestazioni dell'una e dell'altra parte, ma l'asserita impossibilità di pagare il prezzo del bene che doveva essere acquistato del quale non è dedotta l'inadeguatezza rispetto alla controprestazione pecuniaria tuttavia tale situazione esula dall'ambito di applicazione dell'istituto della eccessiva onerosità, appartenendo al tema dell'adempimento delle prestazioni del contratto che doveva essere stipulato. In tal senso la motivazione può essere semplicemente integrata ai sensi dell'art. 384 u.c. c.p.c 7. In conclusione devono essere accolti, nei limiti di cui in motivazione, il quarto e il quinto motivo di ricorso e la sentenza impugnata deve essere cassata limitatamente alla liquidazione del danno da inadempimento contrattuale con rinvio, anche per le spese di questo giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte di Appello di Roma per la liquidazione del danno o per il diniego di liquidazione in mancanza di prova del danno subito da Mo. e C. per l'inadempimento contrattuale, sulla base degli elementi istruttori già acquisiti agli atti e indicando l'iter logico giuridico seguito per tale liquidazione o per escludere il danno. P.Q.M. La Corte accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il quarto e il quinto motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di Appello di Roma.