Libero dall’obbligo di restituzione il locatore, se l’inquilino rinuncia alla caparra

In tema di locazione, nel momento della conclusione del contratto, la parte conduttrice può richiedere la restituzione della somma versata a titolo di deposito cauzionale al momento della stipula dell’atto. Tuttavia, la parte locatrice può essere liberata dal vincolo restitutorio, nel caso in cui il conduttore dichiari espressamente di volerne rinunciare, estinguendo così l’obbligazione. In questi casi si configura la remissione del debito da parte del creditore.

E’ stato così deciso dalla Corte di Cassazione nella decisione n. 12913, depositata il 9 giugno. Il caso. Dopo la riconsegna dell’immobile, la società conduttrice chiedeva l’ingiunzione al pagamento, da parte della locatrice, della cifra che era stata versata a titolo di deposito cauzionale al momento della stipula del contratto di locazione. Avverso tale richiesta la locatrice proponeva opposizione, sostenendo che all’atto della riconsegna dell’immobile, la controparte aveva rinunciato alla restituzione del deposito cauzionale. Il Tribunale di Genova respingeva per mancanza di prove la domanda della locatrice. La soccombente proponeva, allora, appello, lamentando la mancata ammissione dei capitoli di prova per testi da lei formulati. Ammessi tali capitoli, il giudice di secondo grado respingeva il gravame poiché l’accordo transattivo non si era perfezionato per mancata accettazione da parte della stessa locatrice. Infatti, la proposta di rinuncia alla restituzione del deposito cauzionale era stata formulata dalla società conduttrice al momento della riconsegna delle chiavi, in cambio della rinuncia al pagamento dei danni per le condizioni disastrose dell’immobile. Tale richiesta non era però stata accettata dalla locatrice in quanto non era presente al momento della restituzione delle chiavi stesse. La soccombente, quindi, ricorreva per cassazione, lamentando la violazione dell’art. 112 c.p.c. corrispondenza tra chiesto e pronunciato . Nel dettaglio, denunciava che la sua eccezione di estinzione del debito era stata modificata dalla Corte d’appello in estinzione per pretesa transazione. La ricorrente ricordava il noto principio ne eat iudex ultra et extra petita e l’esigenza che vi sia ricorrenza fra chiesto e pronunciato. Attenzione alla corrispondenza tra domanda, eccezioni e pronuncia. La Suprema Corte, ritenendo fondato il ricorso, accoglieva la domanda della locatrice. L’eccezione della controparte era stata di estinzione del suo debito restitutorio per rinunzia al credito da deposito cauzionale da parte della conduttrice. I giudici di secondo grado però avevano sostituito tale eccezione difensiva con trattative relative ad un preteso contratto di transazione non perfezionatosi per la mancanza del consenso della locatrice. La Corte d’appello aveva, allora, modificato completamente la linea difensiva della convenuta nonché della stessa attrice che mai avevano fatto riferimento ad una transazione. La Suprema Corte ricordava, poi, che nel caso di specie si era configurata una remissione del debito, ex art. 1236 c.c., che costituisce un negozio unilaterale recettizio, non soggetto a particolari requisiti di forma nemmeno ad probationem , i cui effetti non possono essere disconosciuti dal creditore una volta manifestato l’intento abdicativo del debitore, il quale può paralizzare l’efficacia di tale negozio mediante tempestiva opposizione. Inoltre, mentre la transazione necessita di prova scritta, la remissione può essere provata con prova testimoniale, salvo i limiti della stessa. Sulla base delle suddette motivazioni, la cassazione riconosceva la violazione da parte del Giudice di secondo grado dell’art. 112 c.p.c avendo posto alla base della sua decisione fatti diversi da quelli allegati, perciò cassava con rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 15 aprile – 9 giugno 2014, numero 12914 Presidente Segreto – Relatore D’Amico Svolgimento del processo 1. Con ricorso al Giudice di Pace di Genova la Assi Invest o Assinvest s.a.s. in liquidazione chiese che venisse ingiunto a B.E. il pagamento, in proprio favore, della somma di Euro 981,27, da essa versata a titolo di deposito cauzionale al momento della stipula del contratto di locazione e non restituitale dalla locatrice dopo la riconsegna dell'immobile. La B. propose opposizione chiedendo la dichiarazione di incompetenza del Giudice di Pace che aveva emesso il decreto ingiuntivo. 2. Il Giudice di Pace di Genova dichiarò la propria incompetenza per materia e rimise la causa al Tribunale di Genova. La causa fu riassunta da B.E. la quale sostenne che all'atto della riconsegna dell'immobile la controparte aveva rinunciato alla riconsegna del deposito cauzionale. Si costituì la Assi Invest sostenendo che mai il suo legale rappresentante aveva rinunciato alla restituzione di detto deposito. 3. Il Tribunale di Genova respinse per mancanza di prova le domande di B.E. e la condannò al pagamento delle spese di lite. Quest'ultima propose appello lamentando la mancata ammissione dei capitoli di prova per testi da lei formulati. 4. La Corte d'appello, dopo aver ammesso tali capitoli, respinse il gravame sul presupposto che l'accordo transattivo non si era perfezionato per mancata accettazione da parte della stessa B. . Infatti la proposta di rinuncia alla restituzione del deposito cauzionale, formulata dalla Assi Invest al momento della consegna delle chiavi, in cambio della rinuncia al pagamento dei danni per le condizioni disastrose dell'immobile, non era stata accettata dalla B. in quanto quest'ultima non era presente al momento della restituzione delle chiavi. 5. Propone ricorso per cassazione B.E. con tre motivi. Resiste controricorso la Assinvest s.a.s Motivi della decisione 6. Con il primo motivo parte ricorrente denuncia art. 360, I co., numero 3 e 4 c.p.c., in riferimento all'art. 112 c.p.c., nonché all'art. 101 c.p.c.”. Lamenta la B. che la sua eccezione di estinzione del suo debito per rinunzia era stata immutata dalla Corte d'appello in estinzione per pretesa transazione. Sostiene in particolare la ricorrente che, anche se lei non era presente all'incontro con Assinvest, il Collegio non poteva ritenere che era venuto meno l'impegno di quest'ultima a non pretendere la restituzione della caparra. L'argomento che il collegio pone a base della decisione si riferisce ad un tema che neppure in primo grado era stato posto all'attenzione dei contendenti, non risultando poi materia del dibattito in appello. La ricorrente, ricordando il noto principio ne eat iudex ultra et extra petita e l'esigenza che vi sia corrispondenza fra chiesto e pronunciato, afferma che la Corte territoriale avrebbe travalicato il potere rimesso alle parti per fornire una lettura della vicenda del tutto staccata dal contesto di domande ed eccezioni proposte in corso di causa. 6.1. Il motivo è fondato. L'eccezione della B. era stata di estinzione del suo debito restitutorio per rinunzia al credito da deposito cauzionale da parte della conduttrice. La Corte d'appello ha sostituito tale eccezione difensiva con trattative relative ad un preteso contratto di transazione non perfezionatosi poiché la B. non avrebbe dato il suo consenso. Tutto ciò, secondo la Corte d'appello, emergeva dalla deposizione del teste N. . Così operando la Corte d'appello ha immutato completamente la linea difensiva della convenuta nonché della stessa attrice che mai avevano fatto riferimento ad una transazione. La c.d. rinunzia al proprio credito da parte della conduttrice attrice e prospettata dalla convenuta locatrice, si risolve nella causa estintiva non satisfattiva costituita dalla remissione del debito art. 1236 c.c. . La remissione del debito - la quale, oltre che parziale, ben può essere condizionata - costituisce un negozio unilaterale recettizio, neutro quoad causam con conseguente irrilevanza dell'assenza di vantaggi per il creditore e non soggetto a particolari requisiti di forma nemmeno ad probationem , i cui effetti non possono essere disconosciuti dal creditore, ai sensi dell'art. 1236 cod. civ., una volta manifestato l'intento abdicativo al debitore, il quale soltanto può paralizzare l'efficacia di tale negozio, ovvero determinarne la risoluzione per l'avverarsi di una condicio iuris , mediante la tempestiva opposizione prevista dall'ultima parte della norma citata. In tema di remissione del debito, il carattere neutro della causa remissoria, secondo la previsione tipica dell'art. 1236 cod. civ., rende conciliabile la figura con un particolare assetto di interessi di più ampia portata perseguito pattiziamente dal creditore e dal debitore del rapporto, in cui la remissione si inserisca, e ciò indipendentemente da qualsiasi ipotesi transattiva Cass., 14 marzo 1995, numero 2921 . Peraltro va osservato che mentre la transazione necessita della prova scritta art. 1967 , la remissione ben può essere provata con prova testimoniale, salvo i limiti della stessa. Tali limiti, stabiliti riguardo ai contratti dagli artt. 2721 e seguenti cod. civ. concernono il contratto nell'accezione tecnica precisata dall'art. 1321 cod. civ., e pertanto, all'infuori delle ipotesi espressamente previste dall'art. 2726 cod. civ. del pagamento e della remissione del debito, non sono estensibili agli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale - come il riconoscimento del debito e il pagamento - in forza della disposizione dell'art. 1324 cod. civ., la quale invece estende a tali atti, in quanto con essi compatibili, soltanto le norme che disciplinano il contratto nel suo aspetto sostanziale Cass., 14 luglio 2003, numero 10989 . Poiché ai sensi dell'art. 2726 cod. civ. le norme stabilite per la prova testimoniale si applicano anche al pagamento e alla remissione del debito, è ammessa la deroga al divieto della prova testimoniale in ordine al pagamento delle somme di denaro eccedenti il limite previsto dall'art. 2721 cod. civ., ma la deroga è subordinata ad una concreta valutazione delle ragioni in base alle quali, nonostante l'esigenza di prudenza e di cautela che normalmente richiedono gli impegni relativi a notevoli esborsi di denaro, la parte non abbia curato di predisporre una documentazione scritta Cass., 25 maggio 1993, numero 5884 . La Corte d'appello ha quindi violato l'art. 112 c.p.c. avendo posto a base della sua decisione fatti diversi da quelli allegati una transazione non perfezionata in luogo di una remissione violando anche il principio dispositivo e del contraddittorio. Invero fatti salvi casi particolari è vietato al giudice porre alla base della propria decisione fatti che non rispondano ad una tempestiva allegazione delle parti, ovvero il giudice non può basare la propria decisione su un fatto, ritenuto estintivo, modificativo o impeditivo, che non sia mai stato dedotto o allegato dalla parte o comunque non sia risultante dagli atti di causa tale allegazione non solo è necessaria ma deve essere tempestiva, ovvero deve avvenire al massimo entro il termine ultimo entro il quale nel processo di primo grado si determina definitivamente il thema decidendum ed il thema probandum Cass., 22 giugno 2007, numero numero 14581 . 7. L'accoglimento del primo motivo comporta l'assorbimento dei restanti motivi. 8. L'impugnata sentenza deve essere quindi cassata con rinvio alla Corte d'appello di Genova in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il 1^ motivo di ricorso. Restano assorbiti i restanti motivi. Cassa e rinvia alla Corte d'appello di Genova in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.