Per stabilire da che parte sta la ragione occorre mettere tutte le carte in tavola

Nei contratti a prestazioni corrispettive e in caso di denuncia di inadempienze reciproche, è necessario porre in essere un giudizio di comparazione in ordine al comportamento di ambo le parti per stabilire quale di esse, con riferimento ai rispettivi interessi e all’oggettiva entità degli adempimenti, si sia resa responsabile delle trasgressioni maggiormente rilevanti a causa del comportamento della controparte, nonché della conseguente alterazione del sinallagma.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 7735 del 2 aprile 2014. Il fatto. Un uomo denunciava, davanti al Tribunale di Nola, di aver stipulato un contratto preliminare di vendita di un terreno e deduceva l’inadempimento dei convenuti. Chiedeva, quindi, di valutare il prezzo e di stabilire il residuo. I convenuti chiedevano in riconvenzionale la risoluzione della scrittura privata, con incameramento della caparra versata, oltre al risarcimento dei danni. Il giudice rigettava la domanda principale e, in accoglimento della riconvenzionale, dichiarava risolto il preliminare, condannando i convenuti alla restituzione della caparra e condannando l’attore al risarcimento. In appello, veniva sottolineato che i promittenti venditori si erano attivati per l’approvazione del progetto di lottizzazione del suolo, inviando, tra l’altro, all’acquirente la documentazione necessaria per la stipula e sollecitandola a concludere il definitivo. Ne derivava che, comparando il comportamento tenuto da entrambe le parti, le trasgressioni maggiormente rilevanti dovevano essere imputate al promissario acquirente. L’attore ricorre per cassazione. Necessario un giudizio di comparazione. Il ricorrente lamenta l’erronea applicazione dei principi regolatori della disciplina dell’inadempimento contrattuale ma tale motivo non può essere accolto nei contratti a prestazioni corrispettive e in caso di denuncia di inadempienze reciproche, è necessario porre in essere un giudizio di comparazione in ordine al comportamento di ambo le parti per stabilire quale di esse, con riferimento ai rispettivi interessi e all’oggettiva entità degli adempimenti, si sia resa responsabile delle trasgressioni maggiormente rilevanti a causa del comportamento della controparte, nonché della conseguente alterazione del sinallagma. Tale accertamento rientra nei poteri del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato. Nessuna inadempienza. Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha coerentemente concluso per la non ravvisabilità di alcuna inadempienza nel comportamento dei venditori, i quali hanno tenuto tutti i comportamenti necessari per la stipula del contratto definitivo. In conclusione, il ricorso va rigettato.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 12 dicembre 2013 – 2 aprile 2014, n. 7735 Presidente Piccialli – Relatore Falaschi Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 2 maggio 1997 G.T. evocava, dianzi al Tribunale di Noia, M., B., A. e N.D.S. esponendo di avere stipulato con i convenuti contratto preliminare di vendita di un terreno in Brusciano e deducendo il loro inadempimento, per cui chiedeva pronunciarsi sentenza ex art. 2932 c.c., disposta c.t.u. al fine della esatta valutazione del prezzo fissato nell'ammontare in £. 140.000 al mq. e la corresponsione del residuo prezzo in subordine, la condanna dei convenuti alla restituzione del doppio della caparra versata. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza dei D.S., i quali eccepivano l'inadempimento di parte attrice e in riconvenzionale chiedevano la risoluzione della scrittura privata, con incameramento della caparra versata, oltre al risarcimento dei danni, il giudice adito, rigettava la domanda principale e in accoglimento di quella riconvenzionale, dichiarava risolto il preliminare, ordinando ai convenuti la restituzione della caparra ricevuta, condannando l'attore al pagamento della somma di €. 16.000,00 a titolo di risarcimento dei danni. In virtù di rituale appello interposto dal T., con il quale lamentava la erronea interpretazione dei fatti di causa da parte del giudice di prime cure, con mancato esame della scrittura privata del 13.10.1994, completo di tutti gli elementi essenziali, anche quanto alla determinazione del prezzo, la Corte di appello di Napoli, nella resistenza dei D.S., che proponevano appello incidentale, relativamente al capo che li aveva condannati alla restituzione della caparra, rigettava sia l'appello principale sia quello incidentale. A sostegno della decisione adottata la corte territoriale evidenziava - quanto all'eccezione di reciproco inadempimento ex art. 1460 c.c. - che i promittenti venditori si erano attivati per chiedere al Comune l'approvazione del progetto di lottizzazione del suolo compromesso, presentando un progetto redatto da tecnico di loro fiducia aggiungeva che prima della scadenza del termine fissato per il rogito, avevano inviato al notaio di fiducia dell'acquirente la documentazione necessaria per la stipula ed avevano sollecitato il promissario acquirente a concludere il definitivo, prima verbalmente e poi con lettera di messa in mora del dicembre 1995, reiterata nel febbraio e nell'ottobre 1996. A fronte di detta condotta l'inadempimento dell'appellante atteneva alla violazione di una clausola per la quale le parti avevano previsto una penale. Concludeva che doveva ritenersi - in un giudizio di comparazione in ordine al comportamento tenuto da entrambe le parti - che si era resa responsabile delle trasgressioni maggiormente rilevanti la parte promissaria acquirente. Quanto all'appello incidentale sottolineava la previsione della caparra penitenziale, la quale esauriva la sua funzione quale patto di recesso con corrispettivo, per cui la somma versata a tale titolo doveva essere restituita. Avverso la indicata sentenza della Corte di appello di Napoli ha proposto ricorso per cassazione il T. affidato a due motivi, al quale hanno resistito con controricorso, illustrato anche da memoria ex art. 378 c.p.c., i soli D.S.B., A. e N., non svolte difese da M.D.S., pure regolarmente intimata. Motivi della decisione Con il primo motivo il ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, oltre a travisamento dei fatti, illogicità manifesta e violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1453, 2932 c.c. per avere la corte di merito ritenuto assorbito il primo motivo di appello, senza considerare che atteneva alla esatta individuazione della domanda attorea in relazione all'effettivo contenuto della promessa di vendita e all'asserito inadempimento dell'attore. A conclusione del mezzo viene formulato il seguente quesito di diritto accerti la Corte se la sentenza impugnata ha violato l'art. 360 n. 3 e n. 5 c. p. c. in relazione agli artt. 1453 e 2932 c. c. ed ogni norma relativa, per avere violato le richiamate regole di legge, per avere travisato gli atti di causa, per avere omesso ogni indicazione in ordine agli elementi sui quali ha fondato la propria decisione nonché l'inter logico giuridico seguito per addivenire a condividere la prospettazione e le valutazioni del giudice di primo grado in merito alla domanda ed alla promessa di vendita oggetto del contendere, per avere con manifesta illogicità ritenuto di valutare prima il secondo motivo che atteneva all'inadempimento e poi il primo che atteneva alla domanda ed al contratto, quindi per avere rigettato lo specifico motivo d'appello con omessa motivazione ovvero, essendosi limitato a ritenerlo 'assorbito', con motivazione assolutamente insufficiente e contraddittoria . Il mezzo non è da accogliere. Il giudice, con una valutazione di merito congruamente e logicamente motivata e quindi non censurabile in questa sede, ha accertato che le altre questioni poste dall'appellante con il primo motivo di gravame, afferendo a profili 'più formali che sostanziali', rimanevano assorbite dal rigetto del secondo mezzo, riguardante la sussistenza o meno dell'inadempimento dei venditori, e quindi il merito della controversia. Di qui la selezione dell'ordine dì trattazione delle questioni tenendo conto del carattere delle stesse. D'altronde, l'art. 276 c.p.c., nel disporre che il collegio decide gradatamente le eccezioni proposte dalle parti o rilevabili d'ufficio, e quindi il merito, costituisce espressione di un principio logico, oltre che giuridico, in quanto la decisione in senso positivo o negativo di una questione pregiudiziale può portare all'assorbimento delle successive o di tutte o di alcune eccezioni di merito, sia sotto il profilo dell'assorbimento inteso come preclusione, sia dell'assorbimento inteso come rigetto Cass. 23 gennaio 2009 n. 1696 Cass. 15 ottobre 1976 n. 3469 . Il principio che nel processo civile incorre in violazione dell'art. 112 c.p.c., la sentenza che trascuri l'ordine logico delle questioni proposte in giudizio, essendo questo rimesso alla facoltà delle parti, per effetto del principio dispositivo, salvo che si tratti di pregiudiziali rilevabili di ufficio, è stato da questa Corte affermato con riguardo a un caso in cui l'ordine voluto dagli interessati, i quali avevano formulato una richiesta di reintegrazione nel possesso dei beni d'uso civico solo subordinatamente all'accertamento dei loro diritti in sede petitoria, era stato ribaltato dal decidente, il quale aveva arbitrariamente dato la precedenza alla richiesta formulata in via subordinata rispetto a quella formulata in via principale confr. Cass. 19 settembre 1992 n. 10748 . Nella fattispecie invece il motivo di doglianza, ed il correlato quesito di diritto, neanche chiariscono in quali termini un differente ordine di trattazione delle questioni, come illustrate in appello, avrebbe portato ad un diverso esito del giudizio. Con il secondo motivo lamenta che il giudice di appello nel ritenere l'inadempimento del promissario acquirente, esaminando preliminarmente l'asserito inadempimento delle parti, e non il contenuto della promessa di vendita, avrebbe sovvertito ogni principio logico giuridico, senza tenere in alcun conto la essenzialità o meno del termine per la stipula, dalla valutazione del quale soltanto discendeva l'inadempimento dell'una o dell'altra parte. A corollario del mezzo viene posto il seguente quesito di diritto accerti la Corte se la sentenza impugnata ha violato l'art. 360 n. 3 e n. 5 c. p. c. in relazione agli artt. 1362, 1363, 1453 e 2932 c. c. per avere la Corte di appello ritenuto l'inadempimento dell'appellante interpretando in modo illogico, palesemente erroneo e con motivazione insufficiente e contraddittoria le clausole contrattuali relative al termine per la stipula, la essenzialità del termine per la stipula, l'inadempimento del promittente acquirente . Il motivo, al pari del primo, non può essere accolto. In relazione alla lamentata erronea applicazione dei principi regolatori della disciplina dell'inadempimento contrattuale occorre rilevare che è pacifico nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo cui, nel contratti a prestazioni corrispettive ed in caso di denuncia di inadempienze reciproche, è necessario far luogo ad un giudizio di comparazione in ordine al comportamento di ambo le parti per stabilire quale di esse, con riferimento ai rispettivi interessi ed all'oggettiva entità degli inadempimenti, si sia resa responsabile delle trasgressioni maggiormente rilevanti a causa del comportamento della controparte, nonché della conseguente alterazione del sinallagma tale accertamento prendendo le mosse dalla valutazione dei fatti e delle prove, rientra nei poteri del giudice del merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato. Nel caso di specie la Corte di appello, con motivazione puntuale e persuasiva oltre che esente da vizi logici e da errori di diritto, ha proceduto alla disamina di tutti gli elementi acquisiti al processo ed ha coerentemente concluso - sulla base di fatti qualificanti e nell'ambito dell'economia del rapporto - per la non ravvisabilità di alcuna inadempienza nel comportamento dei venditori in ciò condividendo il convincimento del giudice di prime cure , i quali si erano attivati per chiedere al Comune l'approvazione del progetto di lottizzazione del suolo promesso in vendita, depositando un progetto redatto da tecnico di loro fiducia, curando di inviare al notaio individuato dal promissario acquirente la documentazione necessaria per la stipula del definitivo circostanze emergenti dalle dichiarazioni testimoniali assunte , oltre a sollecitare il T. a fissare la data per il rogito. Al riguardo la Corte territoriale non ha mancato di evidenziare che l'accertato inadempimento dell'appellante atteneva alla violazione di una clausola cui le parti avevano attribuito una notevole importanza, ricollegandovi la previsione di una penale a Corte di merito ha quindi dato conto del perché, nella valutazione complessiva del rapporto, abbia ritenuto sussistente l'inadempimento del promissario acquirente. In definitiva, poiché resta preclusa ogni possibilità di rivalutazione delle risultanze istruttorie, non può il ricorrenti pretendere il riesame del merito solo perché la valutazione delle dette circostanze di fatto come operata dalla Corte di appello non collima con le sue aspettative e con le sue tesi difensive. In conclusione il ricorso va rigettato e la parte ricorrente condannata al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione in base al principio della soccombenza. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in complessivi €. 6.700,00, di cui €. 200,00 per esborsi.