Alienazione di bene indiviso: la proprietà si trasferisce immediatamente pro quota ma l’alienante rimane obbligato per la quota altrui

La vendita di cosa parzialmente altrui ha effetti obbligatori soltanto per la quota relativa a diritti altrui, mentre per la parte soggetta al potere di disposizione dell’alienante produce immediati effetti traslativi, salvo che l’acquirente non faccia valere i diversi diritti conferitigli dall’art. 1480 c.c.

Con la sentenza n. 3088 dell’11 febbraio 2014, la Corte di Cassazione definisce una questione relativa all’oggetto di una compravendita immobiliare, affermando la correttezza della decisione della Corte territoriale relativa all’inesatto adempimento dell’alienante il quale non aveva provveduto, nei termini concordati, a procedere al trasferimento integrale di un bene box auto indicato nell’atto di compravendita dell’immobile principale. Il caso . La Cassazione, con la pronuncia in commento, conferma la decisione della corte di appello la quale aveva ritenuto, all’esame dei documenti di causa e contrariamente a quanto ritenuto dagli attori in primo grado, che il box annesso all’immobile oggetto di compravendita non era stato alienato unitamente, appunto, all’immobile, ma solo successivamente e dopo la scadenza del termine fissato dalle parti e ciò in quanto solo grazie al frazionamento catastale ed alla contestuale divisione, il bene in questione era stato attribuito in via esclusiva agli acquirenti dell’immobile. Detto ritardo, non imputabile agli acquirenti, ha comportato il pagamento della penale da parte degli alienanti, con rinuncia degli stessi al saldo del prezzo. Compravendita immobiliare come identificare il bene oggetto del trasferimento. Il S.C., affrontando preliminarmente la questione posta alla sua attenzione, afferma che per la validità di una compravendita immobiliare è necessario che l’oggetto di detto contratto sia determinato, ovvero determinabile in base ad elementi contenuti nel relativo atto scritto e, perciò, documentati e non estrinseci all’atto stesso , e tale requisito deve essere ravvisato nella inequivocabile identificazione dell’immobile compravenduto per il tramite dell’indicazione dei confini o di altri dati oggettivi incontrovertibilmente idonei allo scopo e ad impedire, perciò, che rimangano margini di dubbio sull’identità del suddetto immobile. La piantina catastale elemento essenziale della compravendita . In particolare, richiamando quanto poc’anzi osservato sull’identificazione del bene oggetto della compravendita, la giurisprudenza ha precisato che il tipo di frazionamento o la piantina catastale, allegati all’atto e controfirmati dalle parti, costituiscono strumenti fondamentali per l’interpretazione del contratto di compravendita immobiliare, dal momento che a quei documenti le parti hanno fatto espresso riferimento. In particolare, nell’interpretazione dei contratti di compravendita immobiliare, ai fini della determinazione della comune intenzione delle parti circa l’estensione dell’immobile compravenduto, i dati catastali, emergenti dal tipo di frazionamento approvato dai contraenti ed allegato nell’atto notarile trascritto, e l’indicazione dei confini risultante dal rogito assurgono al rango di risultanze di pari grado. Preliminare e proprietà controversa non è un contratto aleatorio . Le questioni sollevati in precedenza sono state oggetto di numerose pronunce anche relativamente al contratto preliminare di compravendita. In particolare, si è osservato che in un contratto preliminare di compravendita, il fatto che le parti diano atto che il bene in questione è di proprietà controversa, in quanto oggetto di una lite pendente tra il venditore e un terzo, non costituisce, di per sé, prova del carattere aleatorio del contratto ciò sia perché l’aleatorietà può aversi solo quando il fattore di pura sorte svolga un’efficacia di tipo causale, sia perché, in difetto di clausola contraria, il venditore rimane tenuto all’obbligo di trasferimento della proprietà e soggiace, in caso di inadempimento, alla relativa responsabilità. Preliminare e vendita di cosa altrui la disciplina applicabile . Quanto alla disciplina in genere applicabile, secondo la giurisprudenza, al contratto preliminare di compravendita di cosa parzialmente altrui, si adatta la disciplina prevista dagli artt. 1478 e 1480 c.c., con la conseguenza che il promittente venditore resta obbligato, oltre che alla stipula del contratto definitivo per la quota di sua spettanza, a procurare il trasferimento al promissario acquirente anche di quella rimanente, o acquistandola e ritrasferendola al promissario acquirente, oppure facendo in modo che il comproprietario addivenga alla stipulazione definitiva ne consegue che un siffatto contratto preliminare è valido, benché insuscettibile di esecuzione in forma specifica per via giudiziale ai sensi dell’art. 2932 c.c., e rimane assoggettato all’ordinario regime risolutorio per il caso di inadempimento dell’obbligazione assunta dal promittente venditore. Nel caso di specie, in particolare, la Corte di Cassazione ha ritenuto corretta la decisione della Corte territoriale per la quale la vendita del box, con l’identificazione a mezzo frazionamento catastale, si è compiuta ben oltre il termine fissato dalle parti, premettendo che, sin da subito, la proprietà di era trasferita pro quota e, solo successivamente, in maniera esclusiva. Preliminare, vendita di cosa altrui ed obblighi del promittente venditore . Anche in presenza di un contratto preliminare, analogamente all’ipotesi di vendita, l’obbligo del promittente venditore di procurare l’acquisto della proprietà della cosa può essere adempiuto sia mediante un siffatto acquisto da parte sua e con il trasferimento della relativa proprietà al promissario acquirente, sia mediante vendita diretta della cosa medesima dal terzo a detto promissario, purché tale trasferimento abbia luogo in conseguenza di una attività svolta dallo stesso promittente alienante nell’ambito dei suoi rapporti con il proprietario e che quest’ultimo manifesti, in modo chiaro e inequivoco, la volontà di vendere il bene al promissario acquirente e in ragione dell’adempimento degli obblighi assunti nei confronti del promittente venditore Evizione in caso di compravendita . In tema di garanzia per l’evizione della cosa compravenduta, il promittente venditore di una cosa che non gli appartiene può adempiere la propria obbligazione procurando l’acquisto del promissario direttamente dall’effettivo proprietario affinché in tale ipotesi la garanzia dall’evizione possa estendersi, in favore del promissario, al promittente venditore medesimo, è necessario che costui abbia svolto un’attività diretta alla conclusione del contratto di vendita, qualora non vi sia intervenuto, tra il proprietario del bene e l’effettivo acquirente, sì che possa affermarsi che non sia rimasto estraneo al trasferimento del bene all’acquirente da parte dell’effettivo proprietario.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 19 novembre 2013 - 11 febbraio 2014, n. 3088 Presidente Goldoni – Relatore Proto Svolgimento del processo Nel 1991 i coniugi T.U. e V.D. convenivano in giudizio i coniugi C.N. e N.M. chiedendo - che fosse accertato e dichiarato che l'atto pubblico dell'1/6/1989 con il quale avevano venduto ai convenuti un immobile con area di parcheggio pertinenziale, integrato da una scrittura privata redatta in pari data nella quale convenivano che nella vendita era ricompreso anche un box aveva ad oggetto anche l'annesso box n. 1 - che i convenuti fossero condannati al pagamento della somma di lire 3.000.000 che era dovuta per il saldo prezzo e che era stata trattenuta a titolo di penale per il caso che fosse mancata la formalizzazione del trasferimento del box pertinenziale - che la penale, invece, non era dovuta perché fino alla data prevista per la formalizzazione del trasferimento e per l'incameramento della penale, nel caso di inadempimento, gli stessi avevano rifiutato di stipulare l'atto di individuazione del box già trasferito con gli atti del 1989 l'atto di individuazione catastale del box infine era stato stipulato senza l'intervento dei convenuti - che, via subordinata, fosse ridotta la penale tenuto conto che i convenuti avevano ottenuto il trasferimento del bene. I convenuti si costituivano, chiedevano il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, chiedevano la condanna degli attori a provvedere a loro spese a delimitare e accatastare un terreno che affermavano essere di pertinenza del box. Il Tribunale, con sentenza del 2002, accoglieva la domanda attrice, condannava i convenuti al pagamento del saldo prezzo e dichiarava che l'atto di vendita del 1989 aveva quale unico e inscindibile oggetto l'appartamento e l'annesso box. C. e N. proponevano appello insistendo per il riconoscimento del diritto a trattenere la caparra, insistendo per condanna degli attori a provvedere a loro spese a delimitare e accatastare un terreno che affermavano essere di pertinenza del box e chiedendo, con una domanda che il giudice di appello qualificava nuova e inammissibile, sentenza sostitutiva dell'atto di trasferimento del box, con ordine di trascrizione. Gli appellati chiedevano il rigetto del gravame. La Corte di Appello di Catanzaro con sentenza del 19/12/2006 rigettava la domanda degli attori per il pagamento del saldo prezzo ritenendolo non dovuto per l'operare della penale non ravvisava elementi per ridurre la penale, negava che gli accordi traslativi della proprietà prevedessero anche un'area di pretesa pertinenza del box e, come detto, dichiarava inammissibile la domanda di sentenza sostitutiva con ordine di trascrizione qualificandola come domanda di trascrizione della statuizione relativa all'integrazione dell'atto pubblico. In particolare, con riferimento alla spettanza della penale che costituisce la statuizione censurata dai ricorrenti principali la Corte di Appello attribuiva decisivo rilievo alla clausola contenuta nella scrittura privata integrativa dell'atto pubblico dell'1/6/1989 di trasferimento dell'appartamento secondo la quale se nel termine del 30/6/1990 non si potesse addivenire per qualsiasi causa alla stipula dell'atto pubblico di trasferimento del box, il saldo prezzo sarebbe stato trattenuto a titolo di penale la Corte territoriale riteneva indubbio che le condizioni per la stipula dell'atto pubblico di trasferimento del box si erano verificate dopo la scadenza del termine contrattualmente previsto e solo nel gennaio 1991 e cioè dopo l'atto con il quale i condomini si erano divisi l'area, prima comune, sulla quale sorgevano i box ed era stata attribuita ai coniugi T. e V. la porzione sulla quale insisteva il box. T. e V. propongono ricorso affidato a due motivi. C. e N. resistono con controricorso e propongono ricorso incidentale nel quale enunciano plurime violazioni di legge senza la formulazione di quesiti di diritto. Motivi della decisione Preliminarmente deve disporsi ex art. 335 c.p.c. la riunione del ricorso principale e di quello incidentale in quanto proposti avverso la stessa sentenza. 1. Con il primo motivo i ricorrenti deducono il vizio di motivazione, la violazione degli artt. 1362 e 1363 e la violazione dell'art. 1478 c.c I ricorrenti sostengono che la sentenza di primo grado, confermata sul punto, aveva accertato che l'atto di vendita del 1/6/1989 aveva ad oggetto l'appartamento e il box con le relative indicazioni catastali e che quindi i due beni erano stati trasferiti ai coniugi C. e N. fin dal primo giugno 1989 la motivazione della Corte di Appello per la quale la vendita si sarebbe perfezionata solo con l'atto di divisione sarebbe incoerente e inconciliabile con l'accertamento di un trasferimento avvenuto sin dal primo giugno 1989 ed infatti, secondo i ricorrenti, il box era stato venduto sin dal primo giugno 1989, mentre, interpretando la scrittura privata nel suo complesso, si doveva concludere che l'obbligo assunto dai venditori era quello di stipulare l'atto di rettifica dell'intestazione catastale, risultata erroneamente a nome di tutti i condomini il giudice di appello avrebbe, quindi, errato ritenendo di qualificare la vendita del box come vendita di cosa altrui. Formulando i quesiti di diritto ex art. 366 bis c.p.c., ora abrogato, ma applicabile ratione temporis chiedono - se nell'interpretare il contratto il giudice debba valutare il comportamento delle parti con riferimento all'intero rapporto contrattuale e se le clausole debbano essere valutate insieme alle clausole di altri atti connessi o presupposti - se il presupposto della vendita obbligatoria ex art. 1478 c.c. sia l'effettiva appartenenza ad altri della cosa venduta e quale rilevanza si debba attribuire al convincimento dell'alienante o dell'acquirente dell'altruità della cosa. 1.1 I motivo è manifestamente infondato e la sentenza di appello è correttamente motivata e rispettosa principi di ermeneutica contrattuale. Dagli atti v. pag. 5 della sentenza di appello risulta che il cosiddetto box pertinenziale non poteva essere trasferito in quanto non accatastato e che siccome l'area sulla quale sorgevano i box catastalmente era censita come comune a tutti i proprietari degli appartamenti era necessario che fosse suddivisa tra i vari proprietari con intestazione dei box nella consistenza catastale dei singoli appartamenti tra i quali quello degli odierni ricorrenti . Era pertanto chiaro e risultante dall'espressa previsione contrattuale che quindi non necessita di essere interpretata con il ricorso a criteri sussidiari che l'impegno assunto dai venditori era quello di regolarizzare l'intestazione catastale e di formalizzare, entro il 30/6/1990, il trasferimento per atto pubblico del box in mancanza della regolarizzazione nel prefissato termine per qualsiasi causa, il saldo prezzo sarebbe stato trattenuto a titolo di penale. Nella censura si sostiene addirittura e del tutto infondatamente, una interpretazione antiletterale dell'atto con la sostituzione della locuzione stipula dell'atto pubblico con quella di stipula dell'atto di rettifica catastale e in contrasto con un dato documentale proprio le parti hanno scisso i due oggetti rispetto ad un preliminare comprensivo di entrambi perché l'appartamento è stato oggetto di atto pubblico e il box non è stato oggetto di atto pubblico perché non poteva ancora essere trasferito pertanto correttamente la fattispecie è stata qualificata come vendita obbligatoria in quanto cosa parzialmente di altri ex art. 1480 c.c. cfr. Cass. 29/12/1990 n. 26367 , fermo restando che il diritto reale, ma solo nei limiti in cui apparteneva ai venditori, ossia pro quota, era stato trasferito. La Corte di appello ha poi rilevato che la condizione la suddivisione tra i condomini necessaria per stipulare l'atto pubblico di trasferimento, si era verificata dopo la scadenza del termine e tanto è sufficiente per ritenere avverato il presupposto per l'applicazione della penale. Del tutto infondato è l'assunto secondo il quale la Corte di Appello avrebbe confermato che la proprietà del box si sarebbe trasferita sin dal primo giugno 1989 perché non trova riscontro nella motivazione ed è contraddetto dalla qualificazione dell'atto integrativo in termini di vendita obbligatoria vendita di cosa parzialmente altrui la Corte di Appello ha invece affermato cosa diversa v. pag. 13 della sentenza , ossia che i limiti angusti della devoluzione non consentono di riesaminare la conclusione del primo giudice attributaria della piena proprietà del box mediante integrazione dell'atto pubblico, pur trattandosi di vendita di cosa parzialmente altrui all'atto della stipula . La tesi secondo la quale non sussisteva un precedente stato di comunione sull'area destinata a parcheggio e sul box e che pertanto l'atto stipulato dai condomini in data 29 Gennaio e 5 Febbraio 1991 non potesse qualificarsi come atto di divisione della cosa comune non è sorretta da riferimenti probatori idonei per potere affermare che, a fronte di una scrittura divisionale, si trattasse invece di una mera irregolarità catastale, ma la questione diviene addirittura irrilevante in quanto è stato accertato che quanto doveva essere fatto nel prefissato termine non è stato fatto e certamente non per fatto e colpa degli acquirenti che, a tenore dell'accordo come trascritto in ricorso , non erano tenuti ad alcun adempimento quanto all'accatastamento, dovendo solo partecipare all'atto pubblico di vendita del box che comunque non poteva essere realizzato nel termine prefissato per la mancanza della suddetta condizione. La tesi per la quale l'atto contestuale di impegno sarebbe nullo è tesi del tutto nuova, mai sostenuta davanti ai giudici del merito ed in contrasto con la situazione giuridica, come sopra riassunta alla quale con quell'atto si voleva porre rimedio. Pertanto i quesiti non sono pertinenti rispetto alle ragioni per le quali l'appello sul punto è stato accolto. Ed infatti l'affermare che il giudice debba valutare il comportamento delle parti con riferimento all'intero rapporto contrattuale e che le clausole debbano essere valutate insieme alle clausole di altri atti connessi o presupposti neppure integra un quesito, ma solo un'affermazione tanto pacifica quanto irrilevante rispetto alla decisione impugnata nella quale l'atto è stato interpretato nel suo contenuto letterale ed in coerenza con gli altri elementi rilevanti per la sua interpretazione l'affermare che il presupposto della vendita obbligatoria ex art. 1478 c.c. è l'effettiva appartenenza ad altri della cosa venduta è affermazione tanto pacifica quanto irrilevante in questo processo nel quale si è accertato che la cosa era parzialmente di altri il quesito sulla rilevanza del convincimento dell'alienante o dell'acquirente dell'altruità della cosa è generico perché occorre prima accertare quale fosse la reale intenzione delle parti e se questa fosse diretta a formalizzare con efficacia erga omnes il trasferimento della proprietà. 2. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione dell'art. 1218 c.c. e degli artt. 1382 e 1384 c.c. in relazione all'art. 1381 c.c. e il vizio di motivazione e sostengono che la Corte di Appello - non avrebbe considerato che essi avevano già adempiuto all'obbligo di vendere il box con la stipula dell'atto pubblico del 1989 e che la loro obbligazione era solo quella di rettificare l'intestazione catastale, ossia un'obbligazione di mezzi e non di risultato, quest'ultimo incoercibile perché dipendente da fatto di terzi essi avevano fatto tutto quanto possibile presentando denuncia di variazione dell'intestazione catastale il 29/3/1989, poi integrata con denunzia del 7/4/1990 con la quale il box era già individuato catastalmente, ma il ritardo era addebitabile alla Pubblica Amministrazione - che il ritardo non ha provocato alcun pregiudizio ai coniugi C. - N. i quali avevano sempre avuto la piena disponibilità del bene e loro stessi si erano resi inadempienti rifiutandosi di stipulare l'atto di trasferimento, pur possibile con la denuncia di variazione catastale, senza attendere la definizione della pratica di accatastamento. I ricorrenti, formulando i quesiti di diritto chiedono - se l’inadempimento di un contraente debba essere valutato in maniera unitaria e comparativa con gli inadempimenti delle controparti al fine di apprezzarne l'effettiva gravità ed efficienza causale nell'economia del contratto e se in caso di obbligazioni dipendenti dal compimento di fatti da parte di un terzo, il mancato ottenimento di un atto tempestivamente richiesto alla Pubblica Amministrazione sia in grado di vincere la presunzione di colpa del debitore - se alla clausola penale sia applicabile la disciplina generale delle obbligazioni con conseguente esclusione della responsabilità del debitore se l'inadempimento o il ritardo dipendano da cause imputabili a terzi o dall'inadempimento della controparte e se in caso di promessa del fatto del terzo la penale debba essere ridotta alla stregua dell'indennizzo previsto dall'art. 1381 c.c 2.1 Il motivo è infondato. La Corte di Appello con statuizione non specificamente censurata, ha rilevato che la formalizzazione del trasferimento del box non avrebbe potuto essere realizzata se non dopo la scadenza del termine stabilito al 30/6/1990 con la scrittura privata dell'1/6/1989, ossia, dopo che con scrittura del 29/1/1991 erano stati identificati catastalmente tutti i box e attributi alle parti spettanti. Corretta anche l'interpretazione dell'accordo da parte della Corte di Appello con riferimento alla qualificazione dell'obbligazione assunta che non era di mezzi, ma di risultato avendo ad oggetto, come espressamente previsto nell'accordo, la stipula dell'atto pubblico di trasferimento del box entro il termine del 30/6/1990, come chiaramente espresso nella scrittura privata che i ricorrenti trascrivono nel ricorso . nell'ipotesi in cui per qualsiasi causa non si possa addivenire entro il suddetto termine alla stipula dell'atto pubblico di trasferimento del citato box entro il 30/6/1990 i coniugi C. - N. tratterranno a titolo di penale e di risarcimento danni la somma ancora a noi dovuta, quale saldo del prezzo di vendita dell'appartamento e del box . Non rileva pertanto l'attività svolta dai ricorrenti per ottenere l'accatastamento significativo, al riguardo, l'inciso in ogni caso , né rileva che i Coniugi C. - N. non si siano presentati davanti al notaio, pur essendo convocati prima del 30/6/1990 essendo decisivo quanto rilevato dalla Corte di Appello, ossia che la formalizzazione del trasferimento del box non avrebbe potuto essere realizzata se non dopo la scadenza del termine stabilito al 30/6/1990 con la scrittura privata dell'1/6/1989, ossia, dopo che con scrittura del 29/1/1991 erano stati identificati catastalmente tutti i box e attributi alle parti spettanti deve pertanto escludersi qualsiasi inadempimento degli acquirenti che possa assumere rilevanza al fine escludere la debenza della penale pattuita. Il richiamo all'art. 1381 c.c. che prevede solo l'indennizzo a carico del promittente del fatto del terzo in caso di rifiuto o mancato compimento del fatto è del tutto inconferente perché la Corte di Appello non ha qualificato la scrittura come promessa del fatto del terzo, ma vendita di cosa parzialmente altri nella quale, dunque, il venditore assume in proprio l'obbligazione di trasferire il bene. I quesiti per le ragioni sovra esposte, non sono pertinenti rispetto alla motivazione della sentenza. 3. C. e N. hanno proposto ricorso incidentale avverso la statuizione con la quale la Corte di Appello ha ritenuto inammissibile, in quanto nuova, la loro domanda per la trascrizione della statuizione relativa all'integrazione dell'atto pubblico con attribuzione della proprietà del box e con la quale ha escluso il loro diritto di proprietà sull'area pertinenziale al box, non considerata nella scrittura privata. 3.1 Il ricorso incidentale è inammissibile in quanto totalmente privo dei quesiti, prescritti ex art. 366 bis c.p.c. anche per il ricorso incidentale, nonché formulato in termini generici senza che sia posto un problema interpretativo della domanda riconvenzionale proposta e senza considerare le ragioni v. pag. 12 della sentenza di appello per le quali era stata rigettata la domanda riconvenzionale contenente la pretesa sulla superficie di pertinenza del box. 4. In conclusione deve essere rigettato il ricorso principale e deve essere dichiarato inammissibile quello incidentale le spese di questo giudizio di cassazione devono essere integralmente compensate tra le parti in considerazione della reciproca soccombenza. P.Q.M. La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Compensa le spese di questo giudizio di cassazione.