Il venditore non ha provato che il veicolo era a disposizione dell’acquirente: giusto risolvere il contratto

Il creditore che agisce per la risoluzione contrattuale deve solo provare la fonte del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi ad allegare l’inadempimento della controparte, mentre è onere del debitore convenuto provare il fatto estintivo dell’altrui pretesa, cioè l’avvenuto adempimento.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2080/13, depositata il 29 gennaio. Il caso un veicolo mai consegnato. Il titolare di un’impresa individuale cita in giudizio una società per chiedere la risoluzione per inadempimento del contratto di compravendita di un veicolo e il pagamento del doppio della caparra versata. Resiste la società venditrice, sostenendo che la ditta non aveva provveduto a ritirare il mezzo nel termine stabilito. Il Tribunale adito accoglie la domanda dell’attore e la pronuncia è confermata dai giudici di Appello, in quanto non è provato che la venditrice abbia messo a disposizione il bene invitando l’acquirente al ritiro. La soccombente propone allora ricorso per cassazione. Il venditore doveva avvisare che il veicolo era disponibile Con un primo motivo di ricorso, la parte venditrice deduce che essa non avrebbe avuto alcun obbligo di informare che il bene fosse pronto per la consegna o in suo possesso, mentre spettava all’acquirente presentarsi per ricevere il bene e pagarlo. A giudizio degli Ermellini la doglianza non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata una volta riscontrata la mancata consegna del bene entro la scadenza pattuita, era onere della venditrice provare le circostanze atte a dimostrare che l’inadempimento non era ad essa imputabile. Nella fattispecie, la società avrebbe dovuto avvisare l’acquirente, che aveva già versato la caparra, che il veicolo era disponibile per la consegna entro il termine previsto. e dimostrare l’avvenuto avviso. Infatti, costituisce principio consolidato il fatto che, in tema di prova dell’inadempimento di un’obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, il risarcimento del danno o l’adempimento deve solo provare la fonte del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi ad allegare l’inadempimento della controparte, mentre è onere del debitore convenuto provare il fatto estintivo dell’altrui pretesa, cioè l’avvenuto adempimento. La prova testimoniale non ha rilievo. Con una seconda censura, la ricorrente lamenta che in realtà essa avrebbe fornito la prova che il veicolo era rimasto a disposizione dell’acquirente per almeno tre mesi, senza tuttavia che quest’ultimo si presentasse per il ritiro. Secondo la S.C., però, il motivo è inammissibile in quanto si risolve nella deduzione di un vizio di motivazione priva della necessaria specificità. L’accertamento della Corte territoriale sul punto, che nega il rilievo della prova testimoniale in questione, è peraltro sorretto da motivazione adeguata e priva di vizi logico – giuridici. Per questi motivi la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 11 dicembre 2012 – 29 gennaio 2013, n. 2080 Presidente Petti – Relatore Vincenti Ritenuto in fatto 1. - K B. , titolare dell'impresa individuale Automobile di K B. , conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Pordenone, la società L'Automobile s.r.l. per sentirla condannare, previa declaratoria di risoluzione per inadempimento del contratto di compravendita di un autoveicolo intercorso tra le medesime parti, al pagamento del doppio della caparra versata per l'acquisto del bene. Ciò sul presupposto della mancata consegna dell'automezzo, che era prevista entro il mese di dicembre, come stabilito nella proposta contrattuale della venditrice del 4 dicembre 1995, accettata con fax del venditore datato 5 dicembre 1995. La convenuta società contestava la domanda attorea e, adducendo che la ditta B. non aveva provveduto a ritirare il mezzo nel termine stabilito del 31 dicembre 1995, né a corrispondere il residuo prezzo, instava in via riconvenzionale per la sua condanna al pagamento della somma di lire 54.000.000. L'adito Tribunale, istruita la causa anche con la raccolta di prova testimoniale, accoglieva la domanda della ditta B. , dichiarando risolto il contratto di compravendita e condannando la società convenuta al pagamento della somma della somma di Euro 6.197,48. 2. - A seguito del gravame interposto da L'Automobile s.r.l., la Corte di appello di Trieste, con sentenza depositata il 10 aprile 2006, confermava la sentenza impugnata e condannava l'appellante al pagamento delle spese del grado. La Corte territoriale rilevava che, secondo quanto ritenuto dal primo giudice, la società venditrice non aveva provato di aver consegnato l'autoveicolo, oggetto del contratto, entro il dicembre 1995, né di aver comunicato alla controparte, entro detto mese, di avere a disposizione il bene e così invitato l'acquirente al ritiro . A tal riguardo non avevano influenza le deposizioni testimoniali, che riferivano solo dell'episodio del 12 dicembre, allorquando il veicolo, nonostante l'acquirente si fosse presentato per il ritiro, non era ancora a disposizione. Invero, solo provando che entro il mese di dicembre l'autoveicolo era a sua disposizione e che di ciò aveva avvisato l'acquirente, la venditrice, che aveva ricevuto la caparra, avrebbe dimostrato di non essere inadempiente. In difetto di ciò, soggiungeva il giudice del gravame, l'unico dato certo era quello della mancata consegna del bene all'acquirente, che mai palesò mancata volontà d'adempiere alla sua obbligazione . 3. - Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso L'Automobile s.r.l. sulla base di due motivi, illustrati da memoria. Resiste con controricorso K B. , titolare dell'impresa individuale Automobile di K B. . Considerato in diritto 1. - Con il primo mezzo è denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 1385, 1476, 1510, 1498, 1182, 1183, 1184, 1460 e 2967 cod. civ. Il motivo è assistito da quesito ex art. 366-bis cod. proc. civ La ricorrente deduce che, nei contratti di compravendita mobiliare, obbligo del venditore è quello di consegnare la cosa al compratore e che tale consegna doveva, nella specie, avvenire presso la sede della società L'Automobile s.r.l. alla fine di dicembre 1995, quale data contrattualmente stabilita, che la ditta B. non poteva pretendere che fosse anticipata. Non vi era dunque nessun obbligo a carico della venditrice di informare che il bene era pronto per la consegna o che fosse in suo possesso, mentre era l'acquirente che, alla scadenza pattuita, avrebbe dovuto presentarsi per ricevere il bene ed offrire contestualmente il pagamento del prezzo. 1.1. - Il motivo è infondato. Esso non coglie appieno la ratio decidendi della sentenza impugnata, la quale, diversamente da quanto dedotto con la doglianza e senza che essa si fondi sull'esplicitazione del contenuto puntuale dell'accordo intercorso tra le parti, trascrivendone le clausole di immediata rilevanza , ha considerato che la consegna del bene doveva avvenire entro il mese di dicembre 1995 e che tale consegna non avvenne mai, ciò nonostante, peraltro, che l'acquirente si fosse anche presentato presso la sede della società venditrice in ossequio a quanto disposto dall'art. 1510 cod. civ. per il ritiro dell'autoveicolo il 12 dicembre 1995. Sicché, una volta riscontrata la mancata consegna del bene entro la pattuita scadenza, quale inadempimento dell'obbligo a carico del venditore art. 1476 cod. civ. , risulta corretta l'affermazione del giudice di merito per cui era onere della venditrice provare le circostanze atte a dimostrare che l'inadempimento non era ad essa imputabile art. 1218 cod. civ. , nella specie dando prova di un comportamento improntato alla buona fede e correttezza nell'avvisare l'acquirente - che aveva provveduto al versamento di caparra e che aveva dimostrato la sua intenzione di adempiere presentandosi per il ritiro del veicolo - che quest'ultimo era a disponibile per la consegna non oltre il mese di dicembre 1995. In definitiva, la sentenza impugnata ha correttamente applicato il principio - enunciato autorevolmente da Cass., sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533 e che costituisce diritto vivente — secondo cui, in tema di prova dell'inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento deve soltanto provare la fonte negoziale o legale del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento. 2. - Con il secondo mezzo è prospettata omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonché violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Il motivo è assistito da quesito ex art. 366-bis cod. proc. civ La ricorrente assume di aver fornito la prova, tramite la testimonianza resa dal proprio dipendente che aveva trattato la vendita del veicolo per cui è causa, che il bene compravenduto rimase a disposizione dell'acquirente dalla data prevista per la consegna per almeno tre mesi ma che, ciò nonostante, la B.K. non andò mai a ritirarla . Tale circostanza decisiva, emergente dal verbale d'udienza del giudizio di primo grado in data 5 febbraio 2002, sarebbe stata del tutto ignorata dal giudice di appello. 2.1. - Il motivo è inammissibile. Lo è, anzitutto, là dove è prospettata la violazione, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., giacché trattasi di norme attinenti alla materia della valutazione delle prove, per cui la relativa lesione è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. Cass., 12 febbraio 2004, n. 2707 Cass., 20 giugno 2006, n. 14267 . È, altresì, inammissibile in riferimento al dedotto vizio di motivazione nel quale, in definitiva, la doglianza complessivamente si risolve . Anzitutto, esso difetta della necessaria specificità, contravvenendo al principio secondo cui la parte che denunci in sede di legittimità la mancata valutazione, da parte del giudice di merito, di prove documentali o testimoniali ha l'onere di riprodurre nel ricorso il tenore esatto della risultanza processuale il cui omesso o inadeguato esame è censurato, e ciò al fine di rendere possibile alla Corte di cassazione, sulla base del solo ricorso e senza necessità di indagini integrative non consentite, di valutare la pertinenza e la decisività di quelle risultanze tra le tante, Cass., 21 ottobre 2003, n. 15751 . In ogni caso va osservato che la Corte territoriale ha preso in considerazione la censura mossa dalla società appellante alla sentenza di primo grado in ordine alla mancata piena considerazione delle dichiarazioni rese dal teste da essa indicato, assumendo però che tutta l'espletata prova testimoniale era incentrata unicamente sull'episodio del 12 dicembre 1995, quando effettivamente la vettura non era a disposizione e, pertanto, non assumeva rilievo dirimente rispetto ad una consegna da effettuarsi entro il mese di dicembre. Sicché, a fronte dell'anzidetto accertamento compiuto dalla Corte territoriale, sorretto da motivazione adeguata e priva di vizi logici e giuridici, il ricorrente, lungi dall'evidenziarne deficienze intrinseche, ha inteso addivenire ad una non consentita rivalutazione delle emergenze processuali al fine di conseguirne una lettura ad esso favorevole, ma diversa da quella fornita dal giudice di merito, al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova stessa tra le altre, Cass., 26 marzo 2010, n. 7394 Cass., 6 marzo 2008, n. 6064 . 3. - Il ricorso va, quindi, rigettato e la società ricorrente condannata, in quanto soccombente, al pagamento delle spese del grado, liquidate come in dispositivo, in favore del controricorrente. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna la società L'Automobile s.r.l. al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore di B.K. , titolare dell'impresa individuale Automobile di K B. , che liquida in complessivi Euro 2.100,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.