Il venditore tollera i pagamenti ritardati? Poi non può chiedere la risoluzione del contratto

Nel caso in cui gran parte della somma dovuta risulti pagata e il creditore tenga un comportamento lungamente tollerante nel ricevere i pagamenti, non si ravvisa una notevole alterazione dell’equilibrio e della complessiva economia contrattuale, tale da fondare i presupposti per la risoluzione.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 1851/13, depositata il 28 gennaio. Il caso. Il venditore di un immobile cita in giudizio il compratore per far dichiarare la risoluzione del contratto preliminare di vendita e condannare il convenuto al rilascio dell’immobile nonché al risarcimento dei danni. Parte del prezzo pattuito, infatti, avrebbe dovuto essere corrisposto entro la data di stipulazione del contratto definitivo, ma il promittente acquirente, a decurtazione di parte della cifra residua, aveva fatto eseguire alcuni lavori. Valutato il costo di questi, egli aveva versato una parte della somma ancora da pagare, mentre per la rimanente aveva fatto versare dalla moglie sei effetti cambiari rimasti insoluti. Il Tribunale accoglie le pretese dell’attore, ma la decisione viene riformata in Appello la Corte osserva che il convenuto era rimasto debitore di parte della somma e che il termine convenuto per il pagamento del residuo corrispettivo e per la stipulazione dell’atto definitivo non era da ritenersi essenziale. L’inadempimento è da considerarsi grave? Con due motivi di ricorso, il promittente venditore censura essenzialmente la valutazione sulla gravità dell’inadempimento contrattuale ascritto alla controparte infatti, a giudizio del ricorrente, l’entità della cifra dovuta sarebbe pari al 40% del valore complessivo della prestazione e comporterebbe pertanto la risoluzione del contratto. Inoltre, a fronte della pronta immissione nel possesso, il debitore avrebbe protratto a lungo l’inadempimento. No l’equilibrio contrattuale non è stato notevolmente alterato. Secondo gli Ermellini, però, l’operato dei giudici di merito è corretto pur tenendo conto della mancata osservanza del termine, il parziale inadempimento del contratto non può ritenersi grave. Gran parte della somma, infatti, risultava pagata e il creditore aveva tenuto un comportamento lungamente tollerante nel ricevere i pagamenti effettuati anche successivamente alla scadenza del termine convenuto con accordi intervenuti dopo la conclusione del preliminare in questione non si ravvisa, insomma, una notevole alterazione dell’equilibrio e della complessiva economia contrattuale, che fondi i presupposti per la risoluzione. Per questi motivi la S.C. rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 20 novembre 2012 – 28 gennaio 2013, n. 1851 Presidente Felicetti – Relatore Nuzzo Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 7.6.1997 G.F. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Cosenza, P.O. per sentire dichiarare la risoluzione del contratto preliminare di vendita, con lui stipulato il 2.2.87 e per sentire condannare il convenuto stesso al rilascio dell'immobile oggetto del contratto nonché al risarcimento dei danni nella misura di L. 25.000.000, oltre interessi e rivalutazione monetaria. Esponeva l'attore di aver promesso in vendita al P. un appartamento nel Comune di Paola, per il prezzo di L. 40.000.000 di cui L. 5.000.000 erano state versate alla sottoscrizione del contratto, mentre la restante somma avrebbe dovuto essere corrisposta, a mezzo di effetti cambiari, entro il 31.12.87, data fissata per la stipulazione del contratto definitivo successivamente il P. , a decurtazione di parte del residuo prezzo pattuito, si era obbligato a far eseguire dal figlio, P.D. , per il corrispettivo di L. 10.000.000, i lavori relativi all'impianto di riscaldamento di quattro appartamenti di esso attore valutato in circa L. 9.000.000 il costo di tali lavori, P.O. aveva versato l'ulteriore somma di £ 10.000.000 e, per il residuo debito di L. 16.000.000, aveva fatto rilasciare alla moglie, I.I. , sei effetti cambiari, rimasti insoluti. Costituitosi in giudizio il convenuto eccepiva di aver versato al G. la somma complessiva di L. 30.000.000 e di aver eseguito lavori di riparazione e ristrutturazione per rendere abitabile l'appartamento promessogli in vendita per una spesa complessiva di L. 24.000.000 di cui una parte andava imputata al prezzo dell'immobile ancora dovuto per la restante parte, pari a L. 14.000,000, chiedeva, in via riconvenzionale, la condanna del G. al relativo pagamento, oltre interessi e rivalutazione monetaria. Con sentenza depositata il 4.7.2001 il Tribunale adito dichiarava la risoluzione del contratto preliminare di vendita con condanna del P. al rilascio dell'immobile rigettava la domanda riconvenzionale e condannava il convenuto al pagamento delle spese di lite. Avverso tale sentenza il P. proponeva gravame cui resisteva il G. che spiegava appello incidentale in ordine alla statuizione di rigetto della domanda riconvenzionale di risarcimento del danno. La Corte di Appello di Catanzaro, con sentenza depositata il 29.9.2005, in parziale riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda di risoluzione del contratto preliminare di vendita 2.2.1987 e la conseguente domanda di rilascio dell'immobile promesso in vendita compensava interamente fra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio, ponendo a carico del P. quelle relative alla espletata C.T.U Osservava la Corte di merito che il P. era rimasto debitore della restante somma di L. 9.100.000 e che il termine contrattualmente convenuto per il pagamento del residuo corrispettivo e per la stipulazione dell'atto definitivo, non era da ritenersi essenziale, avuto riguardo ai pagamenti ricevuti dal G. anche successivamente alla scadenza di detto termine, comportamento dimostrativo della scarsa importanza attribuita dal promettente venditore all'inadempimento della controparte nell'economia complessiva del contratto. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso G.F. formulando due motivi. Resiste con controricorso P.O. . Motivi della decisione Il ricorrente deduce I violazione,falsa applicazione degli artt. 1 453 - 1455 c.c. 2 omessa,insufficiente e contraddittoria motivazione circa la non gravità dell'inadempimento ai fini della risoluzione del contratto ex art. 1453 c.c. Il giudice di appello aveva calcolato la somma ancora dovuta dal P. , quale residuo prezzo convenuto con il preliminare di vendita, in L. 9.100.000 anziché in L. 16.000.000, come risultante dalle cambiali protestate in atti detta rilevante entità dell'inadempimento, pari al 40% del valore complessivo della prestazione, comportava la risoluzione del contratto peraltro il giudice di appello non aveva tenuto conto, ai fini della pronuncia della risoluzione del contratto, del protrarsi - dell'inadempimento del debitore, a fronte dell'esatta prestazione da parte del G. che aveva immesso immediatamente il P. nel possesso dell'immobile promesso in vendita. Il ricorso è infondato. I motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione logica, si risolvono, essenzialmente, in valutazioni sulla gravità dell'inadempimento contrattuale ascritto al P. , di natura alternativa rispetto a quelle poste a fondamento della decisione impugnata. Sulla base di un accertamento in fatto sull'importo della somma versata dal P. e su quello ancora dovuto a saldo del prezzo convenuto con il contratto preliminare di vendita, importi genericamente contestati dal ricorrente, la Corte di merito, pur tenendo conto della mancata osservanza del termine di pagamento, ha ritenuto non grave il parziale inadempimento del contratto, evidenziando, con motivazione adeguata ed aderente alla giurisprudenza citata in sentenza, che gran parte della somma pattuita era stata pagata dal P. e che il comportamento lungamente tollerante del creditore, nel riceversi i pagamenti effettuati dal debitore anche successivamente alla scadenza del termine convenuto con accordi intervenuti dopo la conclusione del contratto preliminare in questione, escludevano i presupposti per la declaratoria di risoluzione del contratto, non ravviandosi una notevole alterazione dell'equilibrio e della complessiva economia di esso. Il ricorso va, pertanto, rigettato, considerato che la valutazione della gravità dell'inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive, ex art. 1455 c.c., costituisce questione di fatto rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità ove sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici Cass. n. 74/2010 . Consegue la condanna del ricorrente al pagamento, in favore del resistente, delle spese processuali liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.