Un unico documento scritto per la stipula del contratto della P.A., altrimenti si incappa nella nullità

Qualsiasi contratto degli enti locali, anche se a trattativa privata, deve essere consacrato, a pena di nullità, in un unico documento, recante la sottoscrizione della parte privata e dell’organo investito del potere di rappresentare l’ente nei confronti dei terzi, e contenente

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione – Seconda Sezione Civile, con la sentenza n. 19934, depositata il 14 novembre 2012. I contratti conclusi dalla pubblica amministrazione richiedono la forma scritta ad substantiam . È, questo un principio più volte ribadito sia dalla Corte di Cassazione che dal Consiglio di Stato la forma scritta, infatti, è strumento di garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa, nell’interesse sia del cittadino dissuadendo da possibili arbitrii , sia della collettività rendendo possibile l`espletamento della funzione di controllo , ed è, quindi, espressione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento della p.a. posti dall’art. 97 Cost. Cass. n. 7297/2009 . Deve categoricamente escludersi, pertanto, la possibilità di una conclusione tacita, per fatti concludenti, di un contratto con la pubblica amministrazione, anche nei casi in cui la legge non richieda una forma tipica Cass. n. 1970/2002, e n. 15862/2000 . Peraltro, il contratto della p.a. nullo, in quanto privo della forma scritta richiesta ad substantiam , è insuscettibile di qualsivoglia sanatoria, dovendosi escludere l’attribuzione di rilevanza ad eventuali convalide o ratifiche successive Cass. n. 59/2001 . Non basta la forma scritta, ma occorre la contestualità. Secondo il prevalente indirizzo giurisprudenziale in tema di contratti stipulati dalla p.a., recentemente confermato dalle Sezioni Unite sent. n. 6827/2010 , la forma scritta ad substantiam deve essere accompagnata dall’unicità del testo documentale, salvo che la legge non autorizzi espressamente la conclusione a distanza, come nel caso dei contratti stipulati per corrispondenza con imprese commerciali, nei quali la volontà contrattuale può risultare anche da distinti atti scritti cfr., ex plurimis , Cass. n. 7297/2009, n. 13508/2007, n. 8950/2006, e n. 5581/2004. Cfr., altresì, Cons. Stato, n. 7147/2005, n. 5444/2003, e n. 59/2001 . Di conseguenza, si deve escludere la formazione del consenso delle parti sulla base di due documenti separati, qualificabili come proposta ed accettazione. Non sono mancate, tuttavia, sporadiche pronunce di segno contrario, che hanno ritenuto possibile la conclusione dei contratti degli enti pubblici mediante lo scambio di un insieme di dichiarazioni poste in essere dalle parti contraenti, così come avviene nella negoziazione comune cfr. Cass. n. 9977/2008 e n. 15293/2005 . Tuttavia, tale orientamento minoritario deve oggi ritenersi definitivamente superato, a seguito del summenzionato intervento delle Sezioni Unite sent. n. 6827/2010 . Il contratto è valido solo se la volontà negoziale è stata manifestata dall’organo rappresentativo . Al di fuori delle eccezioni sopra richiamate contratti conclusi con ditte commerciali , laddove manchi una stipulazione per iscritto, che si sia tradotta in un unico atto, rimane del tutto irrilevante, ai fini di una valida conclusione del contratto, l’esistenza di una deliberazione con la quale l’organo collegiale dell’ente abbia deliberato in ordine alla stipulazione del contratto, in quanto detta deliberazione non costituisce una proposta contrattuale, ma ha natura di atto ad efficacia soltanto interna, con funzione meramente autorizzatoria del contratto nei confronti dell’organo legittimato a esprimere all’esterno la volontà dell’ente cfr. Cass. n. 7297/2009, e n. 13508/2007 . Ed infatti, secondo il consolidato orientamento della Corte di Cassazione, per il perfezionamento dei contratti stipulati dagli enti pubblici, è necessaria una manifestazione documentale della volontà negoziale da parte dell’organo rappresentativo abilitato a concludere, in nome e per conto dell’ente territoriale, negozi giuridici nella fattispecie, il Sindaco , mentre devono ritenersi inidonee, all’uopo, le deliberazioni adottate da organi diversi, privi della rappresentanza legale Giunta o Consiglio comunale , attesa la loro caratteristica di atti interni, di natura meramente preparatoria della successiva manifestazione esterna di volontà negoziale cfr. Cass. n. 18561/2004, e n. 17891/2003 . Un contratto della p.a., pertanto, non potrà dirsi legittimamente perfezionato ove la volontà di addivenire alla stipula non sia, nei confronti della controparte, esternata, in nome e per conto dell’ente pubblico, da quell’unico organo autorizzato a rappresentarlo cfr., ex plurimis , Cass. n. 19070/2006, e n. 5642/1997 le deliberazioni degli organi collegiali degli enti territoriali, pur potendo risultano prive di valenza negoziale, potendo svolgere, al più, una funzione prodromica alla successiva stipulazione da parte dell’organo legittimato.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 3 ottobre - 14 novembre 2012, n. 19934 Presidente Rovelli – Relatore Matera Svolgimento del processo Con atto di citazione del 1-10-1999 il Comune di Casalborgone conveniva in giudizio P.R. , chiedendo che venisse pronunciata sentenza ex art. 2932 c.c., produttiva degli effetti del contratto definitivo di compravendita del capannone di proprietà del convenuto, che quest'ultimo si rifiutava indebitamente di stipulare. A sostegno della domanda, l'attore assumeva che, a seguito della proposta del P. di vendere l'immobile al prezzo di lire 140.000.000, il Consiglio Comunale aveva deliberato di acquistarlo al prezzo di lire 135.000.000 che il P. aveva aderito all'offerta e comunicato ciò con lettera del 15-3-1999 che successivamente il convenuto, in data 21-5-1999, aveva comunicato di non essere più intenzionato a proseguire nella trattativa della vendita. Nel costituirsi, il convenuto contestava la fondatezza della domanda, deducendo che tra le parti non era mai stato concluso un contratto preliminare. Con sentenza del 17-12-2001 il Tribunale di Torino, Sezione Distaccata di Chiasso, rigettava la domanda. Il giudice rilevava che dalla documentazione acquisita risultava che il Comune non aveva accettato la proposta di vendita per lire 140.000.000, avendo invece deliberato di acquistare l'immobile per lire 135.000.000 che tale volontà di acquisto per lire 135.000.000 non era stata comunicata al P. nelle forme idonee per provocare l'accettazione della controparte che, pertanto, non vi era stato scambio di proposta e accettazione per atto scritto che il P. aveva effettuato una nuova proposta per lire 135.000.000 in data 15-3-1999, ma tale proposta era stata revocata il 21-5-1999, cosa legittima perché non vi era stata ancora accettazione della controparte. Il Comune di Casalborgone proponeva appello avverso la predetta decisione, sostenendo che il P. , con la lettera del 15-3-1999, aveva accettato la proposta del Comune per l'acquisto al prezzo di lire 135.000.000 e che, quindi, un contratto preliminare era stato concluso. In particolare, l'appellante deduceva che la delibera del Consiglio Comunale non si limitava ad autorizzare l'acquisto, ma conteneva la manifestazione della volontà dell'Ente Pubblico di stipulare un contratto con immediata rilevanza esterna, in quanto vi erano tutti gli elementi essenziali del futuro contratto di acquisto e la disponibilità di spesa in relazione ai capitoli di bilancio che la successiva lettera del 15-3-1999 del P. costituiva idonea accettazione della proposta contrattuale del Comune, della quale con tale missiva il convenuto mostrava di avere avuto sufficiente conoscenza. Con sentenza depositata il 19-7-2005 la Corte di Appello di Torino rigettava il gravame. Per la cassazione di tale sentenza ricorre il Comune di Casalborgone, sulla base di due motivi. Il P. resiste con controricorso. In prossimità dell'udienza il ricorrente ha depositato una memoria. Motivi della decisione 1 Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1328, 1335, 1351 e 1350 comma 1 c.c., nonché la carenza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione. Sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di Appello, l'art. 1335 c.c. non richiede necessariamente la prova della formale consegna della proposta o dell'accettazione, ma pone unicamente una presunzione iuris tantum della conoscenza della proposta o dell'accettazione sin dalla data della sua ricezione o notificazione. Nella specie, pertanto, la mancata prova della consegna al P. della deliberazione n. 55 del 17-12-1998 non vale ad escludere la conoscenza, da parte di quest'ultimo, della proposta formulata dall'attore. E, in concreto, la prova dell'effettiva conoscenza, da parte del convenuto, della proposta del Comune di Casalborgone, si desume dalla lettera del 15-3-1999, nella quale il P. , nel manifestare una precisa volontà di vendita del capannone al prezzo di lire 135.000.000, ha richiamato espressamente i dati di identificazione della menzionata delibera consiliare, il suo contenuto e i suoi allegati. Di conseguenza, essendosi il contratto preliminare perfezionato nel momento in cui la lettera-accettazione del P. è giunta a conoscenza del Comune il 15-3-1999, come da relativo timbro di protocollo , la successiva dichiarazione di revoca del 21-9-1999 del convenuto era tardiva ed inefficace. Con il secondo motivo il ricorrente si duole dell'omessa motivazione in ordine alla natura giuridica della deliberazione n. 55 del 17-12-1998 del Consiglio Comunale di Casalborgone, nonostante lo specifico motivo di gravame prospettato dall'appellante, con il quale si faceva presente che tale provvedimento, adottato nell'ambito di una procedura a trattativa privata e contenente l'esatta identificazione dell'oggetto del contratto, non aveva un'efficacia meramente interna, ma esprimeva una volontà deliberativa con immediata rilevanza esterna, subito impegnativa nei confronti del destinatario della proposta o controproposta del Comune. 2 Il ricorso non appare meritevole di accoglimento, anche se occorre procedere, ai sensi dell'art. 384 ultimo comma c.p.c, alla correzione della motivazione della sentenza impugnata. La Corte di Appello ha disatteso la tesi dell'attore dell'avvenuto perfezionamento di un contratto preliminare di compravendita in forza dello scambio tra proposta e accettazione, sul rilievo che la deliberazione di acquisto del Consiglio Comunale del 17-12-1998 non era stata formalmente comunicata alla controparte, ai sensi dell'art. 1335 c.c., e che, in mancanza di prova dell'avvenuta consegna di tale atto, nessuna rilevanza poteva attribuirsi all'eventuale conoscenza del suo contenuto da parte del P. . Al riguardo, il giudice del gravame ha ritenuto corrette e fatto proprie le argomentazioni svolte nella sentenza di primo grado, secondo cui la circostanza che il P. sapesse della delibera consiliare non è stata oggetto di prova e comunque la notizia causale non significa certo manifestazione di volontà contrattuale, la quale deve essere emanata dalla parte che intende concludere l'accordo ed indirizzata alla controparte prescelta . Prima ancora di valutare, alla luce delle deduzioni svolte dall'appellante, se la delibera consiliare in questione dovesse essere o meno portata formalmente a conoscenza del convenuto, peraltro, i giudici di merito avrebbero dovuto dare atto della impossibilità di ravvisare in tale delibera una valida proposta contrattuale ed escludere, sulla base di tale rilievo, che tra le parti potesse ritenersi concluso un contratto preliminare per effetto dell'accettazione, da parte del P. , dell'offerta di acquisto contenuta nel citato atto consiliare. E invero, secondo il prevalente indirizzo della giurisprudenza, che di recente ha ricevuto anche l'avallo delle Sezioni Unite di questa Corte, i contratti della Pubblica Amministrazione richiedono la forma scritta ad substantiam , accompagnata dalla unicità del testo documentale salvo che si tratti di contratti stipulati per corrispondenza con imprese commerciali, nei quali la volontà contrattuale può risultare anche da distinti atti scritti tra le tante v. Cass. Sez. Un. 22-3-2010 n. 6827 Cass. 26-3-2009 n. 7297 Cass. 8-6-2007 n. 13508 Cass. 18-4-2006 n. 8950 Cass. 15-3-2005 n. 5581 Cass. 3-8-2004 n. 14808 Cass. 3-1-2001 n. 59 . Al di fuori delle ipotesi di contratti conclusi con ditte commerciali, pertanto, qualsiasi contratto degli enti locali, anche se a trattativa privata, deve essere consacrato, a pena di nullità, in un unico documento, recante la sottoscrizione della parte privata e dell'organo investito del potere di rappresentare l'ente interessato nei confronti dei terzi, e contenente la specifica indicazione dell'oggetto del contratto e delle clausole che regolano il rapporto. In mancanza di detto documento contrattuale, ai fini di una valida conclusione del contratto rimane del tutto irrilevante l'esistenza di una deliberazione con la quale l'organo collegiale dell'ente abbia deliberato in ordine alla stipulazione del contratto, in quanto detta deliberazione non costituisce una proposta contrattuale, ma ha natura di atto ad efficacia soltanto interna, con funzione meramente autorizzatoria del contratto nei confronti dell'organo legittimato a esprimere all'esterno la volontà del Comune v. Cass. 26-3-2009 n. 7297 Cass. 8-6-2007 n. 13508 . Di conseguenza, dovendosi escludere la possibilità della formazione del consenso delle parti sulla base di due documenti separati, qualificabili come proposta e accettazione, nella specie si palesa priva di rilevanza la questione inerente alla necessità o meno di una formale comunicazione al P. della deliberazione di acquisto del 17-12-1998 del Consiglio Comunale di Casalborgone tale atto, infatti, anche se portato a conoscenza del privato, non potrebbe assumere il valore di una proposta contrattuale, ma avrebbe un'efficacia meramente interna, autorizzatoria della futura stipula del contratto da parte dell'organo a tanto abilitato. 3 Ma, anche a voler accedere alla tesi di quella parte minoritaria della giurisprudenza che ritiene possibile la conclusione dei contratti degli enti pubblici mediante lo scambio di un insieme di dichiarazioni poste in essere dalle parti contraenti, così come avviene nella negoziazione comune cfr. Cass. 16-4-2008 n. 9977 Cass. 21-7-2005 n. 15293 , non potrebbe pervenirsi a conclusioni più favorevoli per il ricorrente. Infatti, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, per il perfezionamento dei contratti stipulati dalle amministrazioni comunali è necessaria una manifestazione documentale della volontà negoziale da parte del Sindaco, organo rappresentativo abilitato a concludere, in nome e per conto dell'ente territoriale, negozi giuridici, mentre devono ritenersi, all'uopo, inidonee le deliberazioni adottate dalla Giunta o dal Consiglio municipale, attesa la loro caratteristica di atti interni, di natura meramente preparatoria della successiva manifestazione esterna di volontà negoziale. Ne consegue che un contratto non potrà dirsi legittimamente perfezionato ove la volontà di addivenire alla sua stipula non sia, nei confronti della controparte, esternata, in nome e per conto dell'ente pubblico, da quell'unico organo autorizzato a rappresentarlo tra le tante v. Cass. 5-9-2006 n. 19070 Cass. 24-6-1997 n. 5642 e che, pertanto, la delibera dell'ente pubblico, quale atto avente efficacia meramente interna, di carattere autorizzatorio nei confronti del diverso organo destinato ad esprimere all'esterno la volontà dell'ente stesso, non è configurabile come proposta negoziale Cass. 15-9-2004 n. 18561 Cass. 25-11-2003 n. 17891 . Poiché, dunque, il consenso espresso in forma scritta deve necessariamente promanare dall'organo abilitato a manifestare all'esterno la volontà del Comune, nella specie, anche a voler ritenere applicabili i principi in materia di formazione del contratto a distanza, resterebbe esclusa la possibilità di qualificare la delibera del Consiglio Comunale del 17-12-1998 come valida proposta negoziale. 4 Le esposte considerazioni portano ad escludere, sia pure per ragioni diverse da quelle poste a base della decisione impugnata, che tra le parti sia stato concluso un contratto preliminare di compravendita. Poiché i giudici di merito sono comunque approdati ad una soluzione corretta sul piano giuridico, negando l'esistenza di un contratto preliminare e rigettando, conseguentemente, la domanda di esecuzione specifica ex art. 2932 c.c. proposta dall'attore, il ricorso deve essere rigettato, dovendosi solo procedere alla correzione della motivazione della sentenza impugnata nel senso innanzi indicato. A norma del secondo comma dell'art. 384 c.p.c, infatti, non è soggetta a cassazione la sentenza che, benché erroneamente motivata in diritto, presenti un dispositivo conforme a diritto, dovendo in tal caso il giudice di legittimità limitarsi ad emendare la motivazione. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese sostenute dal resistente nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente grado, che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.