Il termine di decadenza può essere derogato dalla volontà delle parti

La decadenza del creditore dal diritto di pretendere dal fideiussore l’adempimento dell’obbligazione principale per mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale nel termine di legge può essere convenzionalmente esclusa per effetto di rinuncia preventiva da parte del fideiussore.

In particolare la decadenza non opera ove le parti abbiano previsto che la fideiussione si estingua solo all’estinguersi del debito garantito. Lo ha affermato, riprendendo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, il Tribunale di Reggio Emilia con la sentenza dell’11 ottobre 2012, chiarendo alcuni aspetti in tema di estinzione della garanzia fideiussoria. Il caso. La controversia decisa dalla sentenza in commento trae origine dall’opposizione promossa avverso un decreto ingiuntivo emesso in favore di una banca, per un saldo negativo di conto corrente, nei confronti sia del debitore principale che dei suoi fideiussori in particolare, i due fideiussori hanno sostenuto, nel loro atto di opposizione, che la banca non poteva escutere la fideiussione, in quanto aveva agito oltre il termine di decadenza di sei mesi previsto dall’art. 1957 c.c. e che, comunque, la fideiussione non era più operativa in quanto il debito originario era aumentato, trovando quindi applicazione l’art. 1956 c.c. per il quale il fideiussore non risponde del debito garantito nel caso in cui il creditore, senza autorizzazione del fideiussore, abbia concesso ulteriore credito al debitore. Entrambi i motivi di opposizioni vengono rigettati dal Tribunale di Reggio Emilia, che conferma quindi il decreto ingiuntivo emesso. La fideiussione profili generali. La fideiussione, disciplinata dagli artt. 1936 -1957 c.c., è un contratto con il quale un soggetto, detto fideiussore, garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui impegnandosi personalmente nei confronti del creditore. In altri termini, qualora il debitore principale risultasse inadempiente, il creditore potrà agire nei confronti del fideiussore che risponderà dell’obbligazione assunta dal debitore principale con tutti i suoi beni. La caratteristica principale della fideiussione è la accessorietà rispetto all’obbligazione principale, nel senso che la fideiussione non sarà valida se è invalida l’obbligazione principale art. 1939 c.c. e che non può eccedere quanto è dovuto dal debitore art. 1941 c.c. . La volontà di prestare fideiussione deve essere manifestata in modo chiaro ed inequivocabile qualora la dichiarazione sia inserita in un atto posto in essere allo scopo della conclusione di un diverso negozio, per stabilire se la dichiarazione integri anche l’assunzione delle obbligazioni conseguenti alla fideiussione, è necessario valutare se essa possa essere interpretata solo in questo modo, o se essa piuttosto non abbia un contenuto congruente con il negozio per cui l’atto è stato formato ed esaurisca in esso il suo significato. L’obbligazione principale e quella fideiussoria, benché fra loro collegate, mantengono una propria individualità non soltanto soggettiva - data l’estraneità del fideiussore al rapporto richiamato dalla garanzia - ma anche oggettiva, in quanto la causa fideiussoria è fissa ed uniforme, mentre l’obbligazione garantita può basarsi su qualsiasi altra causa idonea allo scopo, con la conseguenza che la disciplina dell’obbligazione garantita non influisce su quella della fideiussione, per la quale continuano a valere le normali regole. Fideiussione e contratto autonomo di garanzia affinità e differenze. La fideiussione ed il contratto autonomo di garanzia presentano notevoli affinità, pur avendo una struttura funzionale ben distinta. Il contratto autonomo di garanzia, infatti, è quello in base al quale una parte si obbliga, a titolo di garanzia, ad eseguire a prima richiesta la prestazione del debitore indipendentemente dall’esistenza, dalla validità ed efficacia del rapporto di base, e senza sollevare eccezioni salvo l’ exceptio doli , per quanto concerne l’esistenza dell’obbligazione principale per la sua indipendenza dall’obbligazione principale si distingue pertanto dalla fideiussione, posto che, mentre il fideiussore è debitore allo stesso modo del debitore principale e si obbliga direttamente ad adempiere, il garante si obbliga piuttosto a tenere indenne il beneficiario dal nocumento per la mancata prestazione del debitore, spesso con una prestazione solo equivalente e non necessariamente corrispondente a quella dovuta si distingue altresì dalla garanzia a prima richiesta , nella quale il fideiussore si impegna a rinunziare ad opporre - prima del pagamento - le eccezioni che gli competono, in deroga all’art. 1945 c.c Nell’ambito dei contratti di fideiussione ed autonomo di garanzia bisogna distinguere il termine di scadenza della garanzia da quello decadenziale per la sua escussione quest’ultimo deve essere tale da non rendere eccessivamente difficile l’esercizio del diritto del creditore nei confronti del garante conseguentemente esso non può coincidere con la scadenza dell’obbligazione, potendosi, anzi, in questo caso, configurare la sua nullità ai sensi dell’art. 2965 c.c La decadenza dalla garanzia secondo l’art. 1957. La decadenza del creditore dal diritto di escutere la fideiussione, prevista dall’art. 1957 c.c. quale conseguenza del mancato inizio dell’azione giudiziaria nei confronti del debitore principale entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione, non è posta a presidio di alcun interesse di ordine pubblico, e può di conseguenza essere derogata dalle parti sia esplicitamente, sia implicitamente attraverso un comportamento concludente. Con riferimento, in particolare, all’efficacia della fideiussione, una volta scaduta l’obbligazione principale, ai fini della determinazione della tempestività della escussione della relativa garanzia, le norme dell’art. 1957 c.c. possiedono carattere generale e derogabile, atteso che le parti possono derogare a tali previsioni fissando, come nella specie, un termine convenzionale esplicito per tale escussione decorso il quale la garanzia perderà la sua efficacia. Ed infatti, nel caso di specie, le parti avevano convenzionalmente stabilito che la fideiussione non si sarebbe estinta dopo sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, ma sarebbe rimasta in piedi fino a quando, invece, non si sarebbe estinta l’obbligazione principale. L’estinzione della fideiussione per aumento del credito l’art. 1956 c.c L’art. 1956 c.c. prevede che, qualora il creditore conceda ulteriore credito al debitore, pur conoscendo le sue difficoltà economiche, il fideiussore, non informato dalle questione, non ne risponde. In altri termini, se nell’ambito di un rapporto di apertura di credito in conto corrente, si manifesta un significativo peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore rispetto a quelle conosciute al momento dell’apertura del rapporto, tali da mettere a repentaglio la solvibilità del debitore medesimo, la banca creditrice, la quale disponga di strumenti di autotutela che le consentano di porre termine al rapporto impedendo ulteriori atti di utilizzazione del credito che aggraverebbero l’esposizione debitoria, è tenuta ad avvalersi di quegli strumenti anche a tutela dell’interesse del fideiussore inconsapevole - alla stregua del principio cui si ispira l’art. 1956 c.c. - se non vuole perdere il beneficio della garanzia, in conformità ai doveri di correttezza e buona fede ed in attuazione del dovere di salvaguardia dell’altro contraente, a meno che il fideiussore manifesti la propria volontà di mantenere ugualmente ferma la propria obbligazione di garanzia. Nella vicenda per cui è causa, il Tribunale ha ritenuto di rigettare l’opposizione promossa dal fideiussore, affermando che non vi era stato alcun nuovo credito concesso al debitore ma che l’incremento del saldo negativo di conto corrente era da addebitarsi, esclusivamente, al calcolo degli interessi. L’ulteriore ipotesi di estinzione della fideiussione per fatto del creditore. L’ulteriore ipotesi di estinzione della fideiussione è quella prevista dall’art. 1955 c.c. Secondo l’interpretazione offerta dalla prevalente giurisprudenza, il fatto del creditore, rilevante ai sensi dell’art. 1955 c.c. ai fini della liberazione del fideiussore, non può consistere nella mera inazione, ma deve costituire violazione di un dovere giuridico imposto dalla legge o nascente dal contratto e integrante un fatto quanto meno colposo, o comunque illecito, dal quale sia derivato un pregiudizio giuridico, non solo economico, che deve concretizzarsi nella perdita del diritto di surrogazione ex art. 1949 c.c., o di regresso ex art. 1950 c.c. , e non già nella mera maggiore difficoltà di attuarlo per le diminuite capacità satisfattive del patrimonio del debitore.

Tribunale di Reggio Emilia, sentenza 11 – 18 ottobre 2012, n. 1743 Giudice Morlini Fatto La presente controversia trae origine dal decreto ingiuntivo meglio indicato in dispositivo, ottenuto da Asset Banca s.p.a. nei confronti del debitore principale e dei due aventi causa del fideiussore, nel frattempo deceduto, per il ripianamento di un rapporto di apertura di credito in conto corrente per il quale è stato esercitato il recesso. Avverso l’ingiunzione propone la presente opposizione uno dei due aventi causa del fideiussore, e cioè L. E., madre del fidejussore stesso, eccependo l’estinzione della fideiussione ex art. 1957 c.c., od in subordine ex art. 1956 c.c. Resiste Asset Banca. Diritto a Con il primo motivo di opposizione, la L. espone che la lettera di revoca del rapporto di conto corrente è datata 5 agosto 2005 che da tale data deve quindi ritenersi scaduta l’obbligazione principale che l’azione giurisdizionale in sede monitoria è stata promossa solo il 20/10/2006, cioè 14 mesi dopo la scadenza dell’obbligazione principale che pertanto, il mancato rispetto del termine semestrale previsto all’articolo 1957 comma 1 c.c. determina l’estinzione della fideiussione prestata a suo tempo dal proprio dante causa. Così riassunti i termini della questione, l’eccezione non può essere accolta. Sul punto, deve infatti evidenziarsi che oggetto di causa è una fideiussione omnibus con garanzia a prima richiesta, la quale al punto 6 prevede come i diritti derivanti alla Banca della fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore” cfr. all. 3 fascicolo monitorio . Trattasi, in tutta evidenza, di clausola comportante la rinuncia preventiva del fideiussore al regime decadenziale di cui all’art. 1957 c.c., atteso che, nell’ipotesi in cui la durata di una fideiussione sia correlata non alla scadenza dell’obbligazione principale, ma al suo integrale adempimento, così come nel caso di specie risultante dalla clausola sopra indicata, l’azione del creditore nei confronti del fideiussore non è soggetta al termine di decadenza previsto dall’articolo 1957 c.c. per la pacifica giurisprudenza della Suprema di Corte, dalla quale non vi è motivo di discostarsi, cfr. ex pluribus Cass. n. 8839/2007, Cass. n. 16233/2005, Cass. n. 16758/2002 . Deriva l’infondatezza dell’argomentazione dell’opponente. b Parimenti infondato è il secondo motivo di opposizione, relativo alla pretesa estinzione dell’obbligazione fideiussoria ex art. 1956 c.c., sul presupposto che nel periodo di tempo trascorso tra la revoca degli affidamenti e l’escussione della garanzia, la posizione patrimoniale del debitore si è certamente deteriorata e l’entità del debito è andata crescendo” pag. 3 citazione . In proposito, si osserva che l’articolo 1956 c.c. prevede come il fideiussore non risponda laddove il creditore, senza speciale autorizzazione del fideiussore stesso, abbia fatto credito al terzo, pur conoscendo che le condizioni patrimoniali di questo erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito”. Ciò premesso, è dirimente osservare che nessun ulteriore credito è stato concesso al debitore principale, ed il lamentato incremento del debito fideiussorio ha unicamente origine dalla semplice maturazione di interessi moratori, non già da si ripete inesistenti nuove concessioni di credito. Tanto basta per rigettare l’eccezione, rimanendo assorbite le ulteriori argomentazioni della difesa di parte opposta relative alla conoscenza della situazione di insolvenza da parte della L., madre del fideiussore nonché alla coincidenza tra le figure di fideiussore e di legale rappresentante del debitore principale, ciò che esclude comunque l’applicazione dell’articolo 1956 c.c. secondo l’insegnamento della Corte di Cassazione. c In ragione di quanto sopra, l’opposizione va rigettata, con consequenziale conferma del decreto ingiuntivo opposto. Non vi sono motivi per derogare ai principi generali codificati dall’art. 91 c.p.c. in tema di spese di lite, che, liquidate come da dispositivo con riferimento al D.M. n. 140/2012 in ragione della previsione di retroattività posta dal suo articolo 41 cfr. Cass. Sez. Un. nn. 17405-6/2012 , sono quindi poste a carico della soccombente parte opponente ed a favore della vittoriosa parte opposta. Si dà atto che il presente fascicolo è per la prima volta pervenuto a questo Giudice, trasferito al Tribunale di Reggio Emilia il 11/4/2012, all’udienza del 4/10/2012, ed alla successiva udienza del 11/10/2012, è stato deciso con sentenza contestuale ex art. 281 sexies c.p.c. P.Q.M. Il Tribunale di Reggio Emilia in composizione monocratica definitivamente pronunciando, nel contraddittorio tra le parti, ogni diversa istanza disattesa rigetta l’opposizione, e per l’effetto conferma il decreto ingiuntivo n. 1066/2007 emesso dal Tribunale di Reggio Emilia il 29/3/2007-2/4/2007 condanna L. E. a rifondere a Asset Banca s.p.a. le spese di lite del presente giudizio, che liquida in € 4.000 per compensi, oltre Iva e cpa.