Galeotta fu la dicitura «porzione di scantinato» e chi non ne contestò l’interpretazione

Contratto di compravendita di un immobile, con menzione anche del trasferimento della porzione di scantinato include solo il ripostiglio o si estende al locale deposito? La Corte di Appello interpreta il contratto, il ricorrente però si dimentica di contestare l’opera ermeneutica in sede di Cassazione.

Questa la vicenda esaminata dalla Suprema Corte, Sesta sezione, nella pronuncia n. 15609/12 del 17 settembre. Cosa è stata venduto esattamente? La Corte di Appello di Brescia – in conferma della pronuncia di primo grado – rigettava la domanda di un uomo diretta ad accertare che il contratto con cui aveva venduto a due coniugi uno stabile non aveva anche trasferito un locale a uso deposito sito nel seminterrato. L’atto, nel descrivere i beni oggetto di compravendita, menzionava anche una porzione di scantinato impossibile accogliere la tesi dell’attore per cui la dicitura si sarebbe riferita solo al ripostiglio e all’area del sottoscala non invece al locale deposito . Seguiva allora il ricorso per cassazione. Interpretazione del contratto. Il nucleo centrale della disamina sta nell’espressione porzione di scantinato. Il richiamo agli altri elementi di fatto appare soltanto dedotto a supporto o conferma della conclusione in ogni caso, essendo il risultato di un’operazione di ermeneutica, avrebbe potuto essere efficacemente contestata unicamente sotto il profilo della violazione delle regole legali sovraintendenti l’interpretazione contestazione invero non sollevata. Ricorso non autosufficiente. L’omessa chiara indicazione del fatto controverso non riproduce dovutamente le istanze di prova di cui si domanda il rigetto, per questo la S.C. non può formulare giudizio alcuno circa la loro decisività. Infatti è principio vivente della giurisprudenza che il ricorrente è tenuto a trascrivere il contenuto degli atti e delle istanze istruttorie da lui ritenuti erroneamente valutati o respinti dal giudice a quo . Concludendo. La conclusione del giudice del merito, obiettivamente, costituisce il risultato di un’operazione di interpretazione del contratto intercoso tra le parti , la quale non è stata contestata in relazione all’osservanza dei criteri ermeneutici dettati dalla legge. Inevitabile, quindi, il rigetto della doglianza sollevata.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 19 luglio – 17 settembre 2012, numero 15609 Presidente Goldoni – Relatore Bertuzzi Fatto e diritto La Corte letto il ricorso proposto, con atto notificato il 4 aprile 2011, da B.M. per la cassazione della sentenza numero 1118 della Corte di appello di Brescia, depositata il 22 dicembre 2010, notificata l'8 febbraio 2011, che aveva confermato la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la sua domanda diretta ad accertare che il contratto con cui aveva venduto, in data 1 luglio 1992, ai coniugi M.B. e R.F. un appartamento ed accessori di uno stabile in non aveva anche trasferito un locale ad uso deposito sito nel seminterrato, di cui era rimasto pertanto proprietario che, in particolare, la Corte di appello motivava la propria conclusione osservando che il contratto, nel descrivere i beni oggetto di trasferimento, indicava una porzione di scantinato e che essa non poteva identificarsi, come sostenuto dall'attore, con il solo ripostiglio e l'area del sottoscala, ma comprendeva altresì il locale deposito, atteso che esso si trovava, al pari del sottoscala e del ripostiglio, nel piano seminterrato, tenuto anche conto della diversa espressione usata dal venditore in un precedente contratto con cui aveva venduto altro appartamento dello stabile e si era riservato la proprietà dello scantinato, e della prova testimoniale, che aveva riferito la presenza delle parti nello scantinato durante la fase delle trattative e che, al momento della consegna dell'immobile, era stato liberato e sgomberato anche il locale contestato, nonché della circostanza che esso era stato occupato per diversi anni dai compratori senza contestazione alcuna aggiungeva che nessun rilievo poteva invece essere attribuito alla mancata indicazione catastale del predetto bene nel rogito, risultando la relativa scheda inserita in atti soltanto nel 2001, cioè in epoca successiva alla vendita letto il controricorso di M.B. e R.F. vista la relazione redatta ai sensi dell'art. 380 bis cod. proc. civ. dal consigliere delegato Dott. Ma Be. , che ha concluso per l'infondatezza del ricorso, osservando che - il primo motivo di ricorso, che denunzia violazione o falsa applicazione degli artt. 1325, 1346 e seguenti, 1350, 1418 e seguenti e 948 cod. civ., censura la decisione impugnata per avere disapplicato i criteri legali di determinazione dell'oggetto del contratto, i quali richiedono che esso sia determinato o determinabile in forza delle indicazioni contenute nello stesso contratto, trascurando il dato fondamentale che la planimetria relativa all'unità immobiliare venduta dal ricorrente alle controparti non comprendeva il locale deposito oggetto di vertenza e reputando di supplire a tali mancanze sulla base di dichiarazioni extracontratto, quale quella, non vera, di cui all'atto di cessione intervenuto tra i convenuti nel 2002, in cui si precisava che nell'atto di provenienza non era stato indicato catastalmente il locale deposito in quanto la sua registrazione catastale era all'epoca ancora in corso - il motivo non appare fondato la lettura della sentenza convince che il giudice di merito è pervenuto alla conclusione accolta in ragione di quanto previsto nel contratto e non in forza della valutazione di elementi estranei ad esso il nucleo centrale del ragionamento della Corte sta infatti nell'affermazione che l'espressione porzione di scantinato utilizzata dai contraenti per indicare i beni compravenduti stava ad identificare anche il locale deposito, attesa la sua ubicazione, mentre la tesi del ricorrente che essa indicasse solo il ripostiglio ed il vano scala era rimasta priva di riscontri obiettivi il richiamo fatto dalla Corte agli altri elementi di fatto di cui alla sentenza, del cui esame era stato investito dai motivi di appello, appare dedotto soltanto a supporto o conferma di tale conclusione in ogni caso, poiché essa rappresenta il risultato di un'operazione di interpretazione del contratto, avrebbe potuto essere efficacemente contestata unicamente sotto il profilo della violazione delle regole legali che sovrintendono l'interpretazione del contratto art. 1362 e seguenti cod. civ. Cass., numero 24539 del 2009 22. 5. 2006, numero 10131 Cass., 17. 7. 2003, numero 11193 , contestazione che invece non è stata sollevata - il secondo motivo di ricorso denunzia vizio di omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione, lamentando che la Corte abbia esposto ragioni insufficienti a sostegno della soluzione accolta, laddove ha ritenuto determinabile l'oggetto del contratto, mentre il testo negoziale era chiaro nell'escludere dalla vendita il locale oggetto di controversia, dando rilievo a prove del tutto inidonee a chiarire se vi fosse un accordo delle parti circa la vendita dello stesso e disattendendo per contro le prove richieste dall'appellante - il motivo in parte è da ritenersi assorbito dalle considerazioni esposte in sede di esame del mezzo precedente ed in parte è inammissibile, sia per l'omessa chiara indicazione del fatto controverso nei cui confronti viene sollevato il vizio di motivazione, sia perché non riproduce, in osservanza del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, le istanze di prova di cui lamenta il rigetto, mancanza che impedisce a questa Corte di formulare qualsiasi giudizio in ordine alla loro decisività costituisce principio di diritto vivente della giurisprudenza di questa Corte, infatti, che il ricorrente per cassazione è tenuto a trascrivere il contenuto degli atti e delle istanze istruttorie su cui ritiene di poter fondare le proprie ragioni e che assume erroneamente valutati o respinte dal giudice a quo Cass. numero 17915 del 2010 Cass. numero 18506 del 2006 Cass. numero 3004 del 2004 - rilevato che la relazione è stata regolarmente comunicata al Procuratore Generale, che non ha svolto controsservazioni, e notificata alle parti, che hanno depositato memoria - rilevato che nella propria memoria il ricorrente eccepisce l'inammissibilità del controricorso in quanto privo, nella copia notificata, delle sottoscrizioni delle parti relative al conferimento della procura speciale alle liti - che l'eccezione va respinta, in quanto, contrariamente a quanto dedotto, la procura speciale apposta a margine dell'originale del controricorso depositato in atti porta le firme dei controricorrenti e, di seguito, quella per autentica del loro difensore - ritenuto, nel merito, che le argomentazioni e la conclusione della relazione meritano di essere interamente condivise, apparendo rispondenti sia a quanto risulta dall'esame degli atti di causa, che all'orientamento della giurisprudenza di questa Corte sopra indicato, cui questo Collegio ritiene di dover dare piena adesione, meritando solo precisare, in risposta alle osservazioni svolte dalla parte in memoria, che, con riguardo al primo motivo, la conclusione accolta dal giudice di merito costituisce, obiettivamente, il risultato di un'operazione di interpretazione del contratto intercorso tra le parti che non risulta contestata in relazione all'osservanza dei criteri ermeneutici dettati dalla legge e, con riferimento al secondo motivo, che esso, oltre che generico per la mancata specifica indicazione delle risultanze di prova asseritamene non considerate, appare altresì infondato con riguardo al dedotto vizio di motivazione, avendo la Corte distrettuale motivato il proprio convincimento in modo esauriente mediante il richiamo ad elementi obiettivi logicamente pertinenti e coerenti con la soluzione accolta - che, pertanto, il ricorso va respinto, con condanna della parte ricorrente, per il principio di soccombenza, al pagamento delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in complessivi Euro 1.700, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali e contributi di legge.