Vendita di beni di consumo: al consumatore la prova della mancata conformità

Nei contratti di vendita di beni di consumo, l’onere della prova relativa alla mancanza dei requisiti di conformità del bene grava sul consumatore.

Con la sentenza in esame, il Giudice di Pace di Brindisi si sofferma compiutamente sulla disciplina della garanzia legale di conformità nel contratto di vendita di beni di consumo, prevista e disciplinata dal Titolo III, Capo I, del d.lgs. 6 settembre 2005 n. 206, codice del consumo nel prosieguo indicato cod. cons. . Più in particolare, con la pronunzia de qua sono analizzati due profili della materia di particolare interesse gli obblighi gravanti sul venditore e l’onere della prova che deve essere fornito in merito alla conformità dei beni. Bene di consumo. Preliminarmente, appare opportuno soffermarsi sul concetto di bene di consumo. Quest’ultimo è definito dall’art. 128 cod. cons. come qualsiasi bene mobile, anche da assemblare, ad esclusione a dei beni oggetto di vendita forzata o comunque venduti secondo altre modalità dalle autorità giudiziarie, anche mediante delega ai notai b dell’acqua e del gas, quando non confezionati per la vendita in un volume delimitato o in quantità determinata c dell’energia elettrica. La porta finestra, oggetto del contratto per il quale era stato promosso il giudizio dinnanzi al Giudice di Pace di Brindisi, rientra, quindi, a pieno titolo nel novero dei beni di consumo. Ambito soggettivo di applicazione della normativa. Sotto il profilo soggettivo la disciplina in esame si applica ai soli contratti stipulati tra venditore e consumatore. Quest’ultimo, ai sensi dell’art. 3, lett. a , cod. cons. è la persona fisica che agisce per scopi estranei alla propria attività professionale, imprenditoriale, artigianale e/o commerciale, eventualmente svolta. Il venditore, invece, status rivestito dalla ditta convenuta nel giudizio conclusosi con la sentenza in esame, è definito dall’art. 128, comma 2, lett. b , cod. cons. come qualsiasi persona fisica o giuridica pubblica o privata che, nell’esercizio della propria attività imprenditoriale o professionale, utilizza i contratti di cui al comma 1 , e cioè vendita, permuta, somministrazione, appalto, appalto di opera e tutti gli altri contratti comunque finalizzati alla fornitura di beni di consumo da fabbricare o produrre. Per una maggior completezza espositiva, è opportuno in questa sede precisare che lo status giuridico di venditore rientra nell’ambito della più ampia categoria di professionista, definito, dall’art. 3, comma 1, lett. c , cod. cons., come la persona fisica o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale, artigianale, o professionale, ovvero un suo intermediario . Difetto di conformità. Delimitato l’ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione della disciplina concernente la garanzia nella vendita di beni di consumo, è possibile esaminare il fulcro della stessa costituito dal difetto di conformità. Al riguardo, è opportuno precisare che il legislatore non prevede una definizione di bene conforme, bensì contempla, nell’art. 129 cod. cons., i c.d. parametri di conformità, distinti in due tipologie quelli previsti nelle lettere a e c riguardano le caratteristiche oggettive del bene e rapportano l’aspetto qualitativo e funzionale del medesimo a livelli standard quelli previsti nelle lettere b e d si riferiscono, invece, direttamente alle modalità della singola contrattazione e, dunque, al contenuto delle dichiarazioni delle parti e alle peculiari circostanze che hanno caratterizzato la conclusione dell’accordo. Più in particolare, l’articolo in esame, stabilisce che si presume che i beni di consumo sono conformi al contratto se coesistono le seguenti circostanze a sono idonei all’uso al quale servono abitualmente beni dello stesso tipo b sono conformi alla descrizione fatta dal venditore e possiedono le qualità del bene che il venditore ha presentato al consumatore come campione o modello c presentano la qualità e le prestazioni abituali di un bene dello steso tipo, che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi, tenuto conto della natura del bene e, se del caso, delle dichiarazioni pubbliche sulle caratteristiche specifiche dei beni fatte al riguardo dal venditore, dal produttore o dal suo agente o rappresentante, in particolare nella pubblicità o sull’etichettatura d sono altresì idonei all’uso particolare voluto dal consumatore e che sia stato da questi portato a conoscenza del venditore al momento della conclusione del contratto e che il venditore abbia accettato anche per fatti concludenti . Onere della prova. Con la sentenza in esame il Giudice di Pace di Brindisi stabilisce, correttamente, che, in materia di garanzia nella vendita di beni di consumo, l’onere della prova della mancanza di ciascuno dei requisiti richiesti, spetta al consumatore, ai sensi dell’art. 129 co. 2 . Non si ha, quindi, nella disciplina de qua , l’inversione dell’onere della prova proprio delle presunzioni, in quanto grava sul compratore l’onere di dimostrare il difetto di conformità ex art. 2697 c.c Rimedi. Ai sensi dell’art. 130, comma 2, cod. cons., nell’ipotesi di difetto di conformità del bene di consumo, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione, a norma dei commi 3, 4, 5 e 6, ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto, conformemente ai commi 7, 8 e 9 . Tutti e quattro i rimedi previsti dalla norma presentano un fondamento esclusivamente oggettivo, essendo esperibili dal consumatore in base alla semplice presenza del difetto di conformità. Si prescinde, quindi, dalla presenza di dolo e/o della colpa del venditore. Si prescinde, inoltre, dalla circostanza che dal vizio sia derivato un danno nel patrimonio del consumatore. La facoltà di scelta circa il rimedio esperibile spetta al consumatore, il quale però, non gode di una discrezionalità piena ed illimitata al riguardo. Ed infatti, la possibilità di chiedere la riparazione o la sostituzione del bene è preclusa, qualora l’esperimento dell’uno o dell’altro rimedio risulti oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro, ai sensi dell’art. 130, comma 10, cod. cons. l’onere della prova circa l’impossibilità o l’eccessiva onerosità del rimedio della riparazione e/o della sostituzione grava sul venditore . Sempre in virtù di detta norma, invece, la risoluzione del contratto non può essere ottenuta qualora il difetto di conformità sia di lieve entità. Inoltre, tra le due coppie di rimedi, riparazione e sostituzione da un lato e risoluzione del contratto e riduzione del prezzo dall’altro, sussiste una sorta di graduazione gerarchica, in virtù della quale la riparazione e la sostituzione si configurano come rimedi primari, che il consumatore può e deve attivare in via principale, mentre la riduzione del prezzo e/o la risoluzione del contratto si atteggiano alla stregua di rimedi secondari, poiché subordinati al ricorrere delle seguenti condizioni a la riparazione e la sostituzione siano impossibili o eccessivamente onerose b il venditore non ha provveduto alla riparazione o sostituzione del bene entro un termine congruo c la riparazione o la sostituzione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore. Tornando alla coppia di rimedi primaria, vale a dire riparazione/sostituzione del bene, l’art. 130 cod. cons. nulla dice in merito alle modalità con le quali può essere operata dal consumatore la scelta tra l’uno e l’altro rimedio. Al riguardo, a parere di chi scrive, alla luce del disposto del comma 5 ella norma in esame, ai sensi della quale le riparazioni o le sostituzioni devono essere effettuate entro un congruo termine dalla richiesta, il termine richiesta” utilizzato dal legislatore appare sufficientemente generico da farvi rientrare anche una semplice richiesta stragiudiziale, con la quale il consumatore manifesti la propria volontà di richiedere l’uno o l’altro rimedio.

Giudice di Pace di Brindisi, sentenza 28 maggio – 4 giugno 2012, n. 407 Dott. Vincenzo Somma Svolgimento del processo L’avv. , in nome e per conto dell’attrice, conviene in giudizio la convenuta Ditta . per inadempimento all'accordo stipulato il 22-10-2008, in virtù del quale alla Ditta convenuta, veniva commissionata la realizzazione di una porta-finestra blindata che sostituisse quella esistente presso la propria abitazione, convenendo per la consegna e la posa in opera, il pagamento del prezzo complessivo di euro 5000,00. di cui euro 1500,00 versati in acconto. L’avv. . motivando l'atto di citazione, espone che la Ditta ., nonostante le assicurazioni, si rendeva inadempiente agli accordi, sotto diversi profili. In primis, non rilasciava ricevuta fiscale per la somma di euro 1500.00 ricevuti in acconto, né assolveva all'impegno di consegnare il fatturato entro dicembre 2008. Solo nel marzo 2009 la Ditta comunicava che l'infisso era pronto e poteva essere messo in opera. La sig.ra andava a visionarlo e chiedeva di esaminare la certificazione energetica e la garanzia e, avendo rilevato, in proposito, un atteggiamento reticente della convenuta, soprassedeva alla conclusione del contratto. Il 23-04-2009, l'avv. . per conto della Ditta . inviava lettera con cui diffidava l'attrice ad indicare la data per la consegna e posa in opera della porta. L'avv. dopo essersi recata personalmente presso la sede della Ditta ., in compagnia della sig.ra . Il 25-06-2009 proponeva i termini e le condizioni per il perfezionamento del contratto, della documentazione e della garanzia relativa al manufatto, prima di procedere alla consegna. Tali condizioni, secondo l'avv. ., non venivano soddisfatte, poiché la documentazione esibita da controparte risultava essere generica ed approssimativa. Il 31-08-200, parte attrice diffidava la convenuta a restituire l’acconto, ritenendo risolta la proposta commissione del 22-10-2008, a causa dell'inadempimento della Ditta . che aveva contravvenuto alle norme poste a difesa dei consumatore, contenente nel d.lgs. n. 281/98 e nel D.Lgs. n. 24/02. L'avv. . conclude chiedendo la risoluzione della proposta-commissione, la restituzione dell'acconto, oltre agli interessi e il risarcimento del danno conseguente all'inadempimento. Ai fini istruttori fa istanza di interrogatorio formale di . e prove con i testi , nonché esibizione del catalogo da cui fu scelto l’infisso. L'avv. in nome e per conto della convenuta Ditta nella comparsa di risposta e costituzione in giudizio con domanda riconvenzionale, nel confermare l'accordo intervenuto con la sig.ra . per la fornitura e la posa in opera della porta-finestra scelta, per la somma complessiva di euro 3000.00, e il versamento dell'acconto di euro 1500,00, in data 22-10-2008, assume che la Ditta aveva comunicato più volte che l'infisso era pronto, che l'attrice poteva visionarlo e che era in attesa di conoscere la data per la posa in opera. Non avendo ricevuto alcun riscontro, l’11-3-2009, dopo un inutile sollecito telegrafico, l’avv. diffidava formalmente la sig.ra . a comunicare la data per la posa in opera. A seguito di tanto, l'attrice, in data 16-4-2009, si recava alla sede della Ditta per visionare la porta-finestra ed esaminare la documentazione necessaria per l'esenzione fiscale. Successivamente, il 5-7-2009 la sig.ra ., adducendo argomenti che l'avv. riteneva pretestuosi, contestava il manufatto mettendone in discussione l'acquisto. La Ditta tentava, senza alcun esito, di addivenire ad una composizione della controversia. Parte convenuta giudica pretestuose le eccezioni formulate dall’attrice. Per altro verso, l’avv. . Evidenzia che il versamento dell'acconto, attesta il perfezionamento di un vero e proprio accordo contrattuale, per cui l'inadempimento sarebbe stato posto in essere dall'attrice. Contesta il richiamo che l'avv. . fa alle norme contenute nel codice del consumo essendo privo di fondamento e ne deduce i motivi. In ordine alla domanda di risarcimento, la convenuta osserva che nessun danno fu arrecato all’attrice, la quale ingiustificatamente si è rifiutata di ricevere il bene ordinato L’avv. . formula, a sua volta, domanda riconvenzionale motivandola col comportamento scorretto e inadempiente dell'attrice. Fa istanza di prova, testimoniale con la sig.ra e chiede l'accoglimento delle proprie richieste. All'udienza di trattazione del 24-09-2010, il Giudice ordina la comparizione personale delle parti per il tentativo di conciliazione e, preso atto del fallimento dello stesso, dispone CTU, affidando l'incarico al geom. . ritenendo necessario far valutare la conformità del manufatto a quello concordato tra le parti e l'esistenza della documentazione prescritta, sia con riferimento alla conformità del bene alle norme vigenti, sia a quelle necessarie per la esenzione fiscale. L'avv. ritiene superflua la perizia, rilevando l'allegazione della documentazione e la mancanza di prove che la porta non fosse conforme a quella concordata. Tra non pochi contrasti tra le parti, vengono formulati i quesiti al CTU, il quale deposita la relazione il 22-2-2011. A seguito delle contestazioni delle conclusioni del suo ausiliario, il Giudice lo convoca per fornire chiarimenti. Il geom. . deposita una perizia suppletiva in data 14-9-2011 con le risposte fornite alla Ditta . rappresentando la mancata risposta della Ditta . e, quindi contesta a sua volta l’operato del CTU. Al fine di dirimere i contrasti insanabili tra le parti, il Giudice ordina al geom. . di recarsi personalmente presso la . indicata come quella che aveva provveduto ad assemblare ì componenti dell'infisso e che non aveva inteso rispondere alla lettera inviata dal geom. . onde acquisire a verbale le notizie necessarie da parte del legale rappresentante della Ditta. Il 3-11 -2011. il geom. riferisce sulle indagini svolte presso la . e sulle informazioni rese dal legale rappresentante della stessa, . la quale riconosce di aver assemblato la porta-finestra su incarico della Ditta . E consegna la documentazione relativa. Viene, quindi, fissata l'udienza di precisazione delle conclusioni con autorizzazione al deposito di note, e, dopo la discussione, la causa viene trattenuta per la decisione. Motivi della decisione Parte attrice chiede con fatto di citazione che venga dichiarata la risoluzione del contratto stipulato con la Ditta . e la condanna di quest'ultima al risarcimento dei danni per inadempimento. Premesso che l'oggetto della controversia è la realizzazione di una porta finestra blindata, da installare all'ingresso dell'abitazione della sig.ra . premesso altresì che la Ditta . non produce direttamente gli infissi, ma appalta l’assemblaggio dei componenti con materiali e caratteristiche concordati con la parte richiedente, a sostegno della domanda vengono dedotti numerosi argomenti. Nella proposta, commissione depositata in atti, risulta che il 22-10-2008, tra la sig.ra . e la Ditta . si convenne la fornitura e posa in opera di una porta-finestra con determinate caratteristiche dal costo complessivo di euro 3000,00. La . versava racconto di euro 1500.00 e successivamente si recava a più riprese presso il laboratorio del . pretendendo un contratto scritto con i termini di consegna, la merce, la provenienza, le caratteristiche dell'infisso acquistato su catalogo, le indicazioni di conformità energetica, ricevendo assicurazioni, senza però ottenere concretamente quanto richiesto. L'attrice afferma che solo l’11-03-2009, la Ditta . comunicò che il manufatto era pronto per la consegna e la messa in opera e, in conseguenza, si recò a visionarlo e anche in tale occasione insistette per prendere visione della documentazione di conformità e della garanzia decennale come, a suo dire, promessa da controparte. Il comportamento reticente dell'interlocutore la indusse a sospendere la conclusione del contratto, sicché la Ditta . tramite l'avv. . la diffidava in data 23-04-2009 a comunicare la data di consegna e messa in opera e a provvedere al saldo di quanto pattuito. Temendo di essere incorsa in un incauto acquisto, la sig.ra si fa assistere dall'avv. con la quale ritorna a visionare il manufatto e subito dopo, propone i termini e le condizioni per il perfezionamento dell'accordo, ritenendo essenziale e preliminare prendere visione della documentazione di accompagnamento del bene. Non essendo state soddisfatte tali richieste, l'avv. agisce per la risoluzione del contratto, la restituzione della somma anticipata e il risarcimento del danno. L'attrice, sostanzialmente, chiede la risoluzione del contratto, perché teme che il manufatto, da lei scelto sui catalogo, non abbia i requisiti richiesti e non sia conforme alle norme di legge in vigore. Ritiene, soprattutto, che la ditta . sia tenuta ad esibire la documentazione prima della conclusione del contratto. E' necessario quindi esaminare le pretese dell'attrice, per verificare la fondatezza. La vendita dei beni di consumo è disciplinata dall'apposito codice che all'articolo 129 co. 1 fa obbligo al venditore di consegnare al consumatore beni conformi al contratto di vendita. Se ne deduce che la garanzia di conformità va accertata al momento della consegna del bene, non prima e, quindi parte attrice non avendo consentito alla convenuta di consegnare l'infisso, non può invocare la violazione della norma citata. Inoltre il co. 2 dell'articolo 129 detta i parametri in base ai quali deve essere valutata la conformità del bene venduto a quello oggetto della contrattazione. La verifica di tali parametri, non poteva essere effettuata, proprio perché non vi fu consegna. L'avv. , nella comparsa dì risposta, rileva correttamente che l'onere della prova della mancanza di ciascuno dei requisiti richiesti, spetta al consumatore, ai sensi dell'articolo 129 co. 2. Nella fattispecie l'attrice - è bene sottolinearlo ancora una volta - eccepisce l'inadempimento del contratto, senza aver consentito la consegna e posa in opera del manufatto e, quindi, senza aver verificato se lo stesso fosse affetto da vizi di costruzione o non fosse della qualità garantita al momento della contrattazione. La Ditta viene altresì accusata di non aver esibito i certificati di garanzia, sia quella legale, sia quella convenzionale che la ditta avrebbe assicurato in sede di proposta-commissione. Sul punto va precisato che la garanzia definita legale, opera ex lege in caso dì vizi accertati sul bene e di tanto risponde il venditore ai sensi dell'articolo 130 cod. cons. Quanto alla garanzia convenzionale, essa non è obbligatoria e, quindi l’eccezione formulata dall'attrice per giustificare la domanda dì risoluzione del contratto, sono palesemente pretestuose. Da ultimo, parte attrice, ha molto insistito sul presunto rifiuto della ditta convenuta di esibire la certificazione di conformità, indispensabile per accedere alle agevolazioni fiscali previste per legge, di qui la convinzione della sig.ra . di un comportamento scorretto di controparte. Allo scopo di chiarire tale specifico punto della controversia, tenuto conto che la documentazione di conformità fa riferimento ai materiali usati per l'assemblaggio e che in corso di causa, uno degli aspetti di maggiore contrasto tra le parti, era consistito nella individuazione dell'impresa di cui si sarebbe servita la Ditta per realizzare l'infisso, questo Giudice affidava l’incarico di accertare la circostanza al geom. . già incaricato di periziare il manufatto. Il CTU, dopo aver relazionato sulle caratteristiche della porta finestra e sulla sua idoneità per caratteristiche e qualità all'uso richiesto dal committente, pur tra numerose difficoltà frapposte dall'esagerata conflittualità tra le parti, al fine conseguiva le prove che il manufatto fu assemblato dalla Ditta di . per averlo dichiarato il legale rappresentante dalla stessa Nella relazione peritale sono riportate letteralmente le sue dichiarazioni Il portoncino oggetto di causa è stato da noi assemblato e consegnato alla ditta . come da richiesta a mezzo fax . In questa fase vengono consegnati al CTU i seguenti documenti e osservazioni delle prestazioni tecniche e analisi termica documento attestante la trasmittenza dei vetri documento fiscale fattura n. 22 del 21-03-2009 . I profilati provengono dalla ditta di . mentre i vetri della ditta . di . La rappresentante della ., precisa, infine, che i pannelli inferiori dell'infisso sono stati assemblati con materiale resinoso, mentre per la parte restante non è previsto l'uso della resina. L'intera documentazione viene depositata dal CTU e copie delle stesse vengono consegnate alle parti. Con tale ultimo adempimento, il geom. . ha consentito di fugare ogni dubbio circa detto che la Ditta . è solo un punto-vendita presso . può scegliere il manufatto che gli interessa, ma i materiali e il loro assemblaggio vengono predisposti da ditta specializzata che, nella fattispecie si individuano, per i profilati, nella . e per i vetri, nella ., mentre all'assemblaggio provvide la , la quale ha provveduto a fornire anche la certificazione di legge. L'attrice non ignorava che la Ditta . non doveva realizzare direttamente l'infisso, ma solo consentirle la scelta su catalogo e il calcolo delle misure lineari, ciò nonostante, ha preteso che la stessa prima ancora che la porta-finestra fosse realizzata, fornisse la documentazione di conformità che solo la ditta costruttrice era in grado di esibire. Non vi è stato quindi inadempimento della convenuta la documentazione acquisita dal CTU attesta che il bene, di cui l'attrice ha ingiustamente rifiutato la consegna e la posa in opera, è conforme alle caratteristiche e qualità richieste ed è conforme alla prescrizione di legge anche ai fini delle agevolazioni fiscali. Se ne deduce che sia la domanda di risoluzione del contratto, che quella di risarcimento del danno sono infondate. Parte convenuta, a sua volta, con domanda riconvenzionale, chiede la condanna di controparte al risarcimento del danno che quantifica in euro 1500.00 pari alla somma versata in acconto dalla sig.ra . in sede di stipula del contratto. Non v'è dubbio che il comportamento ostruzionistico da un lato e il rifiuto a ricevere il manufatto senza alcuna prova che esso non avesse i requisiti di conformità, dall’altro poi, l'insistenza in tale comportamento, anche dopo l'esibizione e il deposito della documentazione da pane della Ditta con tutte le garanzie di legge, ha provocato un evidente danno alla convenuta, la quale ha diritto ad ottenere la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno nella misura di euro 1500.00, cosi come richiesto in sede di precisazione delle conclusioni. In applicazione dell’articolo 91 cpc le spese e competenze di giudizio, vengono poste a carico dell'attrice soccombente, la quale è altresì tenuta al pagamento, in via definitiva, dell'onorario liquidato in favore del CTU geom. . P.Q.M. Rigetta la domanda di risoluzione del contratto e risarcimento del danno, introdotta da . e accoglie, invece, perché fondata, la domanda riconvenzionale formulata dal convenuto legale rappresentante dell'omonima ditta e, per l'effetto, dichiara in suo favore la risoluzione del contratto stipulato con la sig.ra . condannando quest'ultima al risarcimento del danno in favore della . che si quantifica in euro 1500,00. Condanna, infine, l'attrice al pagamento delle spese e competenze di giudizio con distrazione in favore del procuratore della Ditta convenuta, dichiaratosi anticipatario e che si liquidano in euro 3185,31 complessivi, di cui euro 97,31 per spese, euro 1500,00 per onorario, euro 1588,00 per diritti, oltre maggiorazione del 12,50%, IVA e CAP, così come da nota specifica ritenuta congrua. Pone definitivamente a carico dell'attrice . il pagamento dell'onorario dovuto al CTU geom. ., per le relazioni peritali liquidate, la prima con euro 1017,00, la seconda con euro 559,20, come da decreti di liquidazione. La sentenza è esecutiva.