Senza il patto di ritrasferimento si tratta di donazione indiretta

Perché ricorra l’intestazione fiduciaria è necessario che il trasferimento in favore del fiduciario sia limitato dall’obbligo inter partes del ritrasferimento al fiduciario o al beneficiario da lui indicato.

La vicenda. La controversia parte dal rigetto, da parte del Tribunale di Civitavecchia, della domanda di un soggetto interdetto legale, il quale aveva chiesto l’accertamento del carattere fiduciario dell’intestazione di un’azienda in capo alla figlia, e dunque l’obbligo in capo a questa di trasferire la proprietà al padre. Il giudice di secondo grado confermava la decisione evidenziando come mancasse la prova sulla sussistenza di un patto di trasferimento, sussistendo al più solo la consapevolezza che l’azienda fosse stata acquistata con il denaro del padre tramite una donazione indiretta. Per mezzo della persona della tutrice, l’interdetto legale ricorreva per cassazione, lamentando la violazione delle disposizioni sulla donazione di beni futuro e sulla forma della donazione. Infatti, sosteneva di aver acquistato con scrittura privata autenticata l’azienda e di aver poi nominato la figlia fiduciario, trattenendo però la gestione dell’attività, senza configurare un contratto di donazione. Infatti, mancava, a detta della parte ricorrente, sia l’ animus donandi , ovvero l’intento di realizzare la liberalità, sia l’impoverimento del presunto donante in quanto non aveva pagato il prezzo. Peraltro, il ricorrente aggiungeva che anche qualora la dichiarazione di nomina e di accettazione dell’intestazione dell’azienda alla figlia fosse qualificabile come donazione indiretta, esso sarebbe nullo perche avrebbe ad oggetto un bene ancora di proprietà di un terzo, giacché non erano ancora state integralmente pagate le rate del corrispettivo. Quali sono i presupposti del negozio fiduciario? La Cassazione respinge il ricorso precisando i presupposti necessari al fine di qualificare una intestazione fiduciaria. A tal proposito, risulta utile ricordare che la fiducia rappresenta una delle applicazioni più rilevanti del negozio indiretto. Infatti attraverso il negozio fiduciario un soggetto detto fiduciante investe un altro soggetto c.d. fiduciario della proprietà di un bene, di altro diritto reale, ovvero di una ulteriore situazione giuridica soggettiva di vantaggio. Questa titolarità è però vincolata, nell’ambito dei rapporti tra le parti, da accordi di carattere obbligatorio che assumono il nome di pactum fiduciae . La figura può essere configurata anche quale collegamento negoziale tra un negozio dispositivo, che attribuisce al fiduciario una situazione reale ed un mandato senza rappresentanza, che realizza effetti di natura obbligatoria tra le parti. Come sostiene autorevole dottrina, nella fiducia v’è un’eccedenza del mezzo rispetto allo scopo, nel senso che il risultato giuridico raggiunto mediante la conclusione del contratto eccede l’effettivo intento delle parti, che viene realizzato appunto tramite pattuizioni di natura obbligatoria che normalmente circoscrivono gli effetti dell’atto posto in essere. L’efficacia del patto fiduciario è piena e comporta sia l’eventuale responsabilità del fiduciario per inadempimento delle obbligazioni che ne derivano, sia la facoltà in capo al fiduciante di ricorrere, nel caso in cui ne sussistano i presupposti, al giudice al fine di procurarsi una pronunzia costitutiva volta a sostituire l’inerzia del fiduciario ai sensi dell’art. 2932 del codice. Senza ritrasferimento La Suprema Corte evidenzia come l’intestazione fiduciaria esiga che il trasferimento effettivo in favore del fiduciario sia limitato dall’obbligo di ritrasferire il bene al fiduciario o beneficiario, senza che vi sia alcun intento liberale del fiduciante nei confronti del fiduciario. Infatti, la posizione di titolarità che si realizza in capo a questo risulta meramente provvisoria e strumentale al ritrasferimento a vantaggio del fiduciante Cass., 8024/2009 . Nella fattispecie, l’acquisto dell’azienda da parte della figlia non è stato affiancato da un patto che obbliga quest’ultima a ritrasferire la proprietà. Tanto meno la prova del c.d. pactum fiduciae possa dedursi automaticamente dalla circostanza che il bene sia stato acquistato con denaro dello stipulante, ovvero del padre. Infatti, l’acquisto da parte della figlia con denaro del padre configura una donazione indiretta. si tratta di donazione indiretta. Giova ricordare che le donazioni indirette sono quei negozi che, sebbene non integrano il tipo della donazione, ne producono gli effetti tipici, vale a dire l’arricchimento, per spirito di liberalità, dell’avente causa. Ovviamente, sotto un profilo formale, le donazioni indirette sono assoggettate al regime del tipo di negozio scelto e non quello vincolato della donazione con le limitazioni consequenziali in termini di forma e prova . Di conseguenza, la donazione indiretta sul piano sostanziale, seguirà il regime del negozio fine la donazione , mentre sotto il profilo formale quello del negozio mezzo. Del resto, numerose pronunce di legittimità hanno oramai reso pacifico l’orientamento per cui la donazione indiretta è contraddistinta dallo scopo di realizzare una liberalità, e non dal mezzo utilizzato a tal fine, costituito anche da un collegamento tra più negozi Cass. n. 5333/2004 . Nella fattispecie dunque, l’accettazione da parte della figlia della dichiarazione di nomina effettuata dal padre, ha fatto sì che si potesse individuare quale parte in senso sostanziale la figlia medesima, a nulla rilevando il fatto che la compravendita del bene sia stata stipulata dal padre con riserva della proprietà. Risulta infatti sufficiente che lo stipulante abbia pagato il corrispettivo, in un’unica soluzione o a rate, o messo a disposizione del beneficiario i mezzi per il pagamento.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 22 - 29 febbraio 2012, n. 3134 Presidente Rovelli – Relatore Giusti Ritenuto in fatto 1. - Il Tribunale di Civitavecchia, con sentenza in data 13 ottobre 2006, ha rigettato la domanda di G C. - poi rappresentato in corso di causa, in quanto colpito da interdizione legale per effetto di condanna penale, dalla tutrice P.R. - volta ad ottenere l'accertamento del carattere fiduciario dell'intestazione dell'azienda ristorante OMISSIS in capo alla convenuta Gi Ca. , figlia dell'attore. 2. - La Corte d'appello di Roma, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 14 luglio 2009, ha respinto il gravame della P. , nella indicata qualità. 2.1. - La Corte territoriale - rigettata l'istanza di sospensione del processo in attesa della definizione di altra controversia, pendente tra le stesse parti, avente ad oggetto l'accertamento della simulazione della dichiarazione di nomina e della sua accettazione ex art. 1402 cod. civ. - ha rilevato che l'assunto di parte attrice è rimasto del tutto sfornito di prova, non essendo stato offerto, in particolare, alcun effettivo e certo elemento di riscontro in ordine all'esistenza del dedotto patto di trasferimento . Secondo la Corte territoriale, dal tenore della corrispondenza intercorsa tra le parti, e cosi dalle proposte conciliative formulate a suo tempo dalla Ca. , emerge, al più, solo la consapevolezza che l'azienda era stata acquistata con il denaro del padre, cosi realizzandosi una donazione indiretta dell'azienda medesima, ma certamente non l'ammissione dell'esistenza di un obbligo, assunto dalla stessa Ca. , di trasferire la proprietà dell'azienda a favore del padre . Quanto alle prove, la Corte d'appello ha giudicato inammissibili le richieste istruttorie formulate per la prima volta con l'atto di gravame, sottolineando che la statuizione di irrilevanza di quelle formulate in primo grado non è stata sottoposta a specifiche censure. 3. - Per la cassazione della sentenza della Corte d'appello la tutrice di G C. ha proposto ricorso, con atto notificato l'11 febbraio 2010, sulla base di tre motivi. L'intimata ha resistito con controricorso. La parte ricorrente ha depositato una memoria illustrativa. Cessato nella pendenza del giudizio di cassazione lo stato di interdizione legale, G C. ha depositato una memoria in proprio, conferendo procura speciale notarile all'Avv. Maurilio D'Angelo. Considerato in diritto 1. - Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 769, 771 e 782 cod. civ. , in relazione all'art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., ed agli artt. 101, secondo comma, e 111, sesto comma, Cost. . Premesso che l'azienda ristorante era stata acquistata, con scrittura privata autenticata del 1 dicembre 2000, da C.G. , il quale poi, esercitando la facoltà prevista in contratto, aveva sciolto la riserva e nominato fiduciariamente la figlia C.G. , continuando tuttavia a condurre personalmente la gestione dell'attività e curando i rapporti con il venditore, cui corrispondeva alle scadenze pattuite il prezzo, la ricorrente, nella indicata qualità, ritiene che nella specie non sussistano l'animus donandi, la spontaneità e la liberalità, tenuto conto del fatto che, per stessa ammissione di Gi Ca. , il padre G. si risolvette di intestare l'azienda alla figlia a causa di disavventure giudiziarie che non gli consentivano di svolgere alcuna attività. D'altra parte, non ricorrerebbe l'elemento dell'impoverimento, giacché G C. non aveva pagato, alla data della presunta donazione, né in tutto né in parte, il prezzo, e difetterebbe l'elemento dell'arricchimento, in quanto Ca.Gi. aveva assunto tutti gli obblighi, compreso quello dell'intero prezzo in sedici rate mensili di lire 10.000.000 ciascuna e dell'azienda il cedente si era riservata la proprietà fino al pagamento di tutte le rate. G C. - si sostiene - non avrebbe assunto verso la figlia l'obbligo di pagare il prezzo di acquisto dell'azienda a rate con scadenze successive all'acquisto operato ed alla dichiarazione di nomina e di accettazione, né avrebbe confermato la pur remota promessa di donazione con un atto successivo al pagamento dell'intero prezzo. L'azienda sarebbe di pertinenza esclusiva di C.G. e ove l'atto la dichiarazione di nomina e di accettazione del 4 dicembre 2000 fosse qualificabile donazione indiretta, esso sarebbe nullo, avendo ad oggetto un bene ancora - fino al totale pagamento delle rate del corrispettivo - di proprietà del terzo. 2. - La censura è infondata. Affinché ricorra l'intestazione fiduciaria di un bene - frutto della combinazione di effetti reali in capo al fiduciario e di effetti obbligatori a vantaggio del fiduciante - occorre che il trasferimento vero e proprio in favore del fiduciario sia limitato dall'obbligo, inter partes, del ritrasferimento al fiduciante o al beneficiario da lui indicato, in ciò esplicandosi il contenuto del pactum fiduciae. In detta figura manca qualsiasi intento liberale del fiduciante verso il fiduciario e la posizione di titolarità creata in capo a quest'ultimo è soltanto provvisoria e strumentale al ritrasferimento a vantaggio del fiduciante Cass., Sez. III, 2 aprile 2009, n. 8024 . La sentenza impugnata è pervenuta alla conclusione che l'effetto reale - l'acquisto dell'azienda in capo a Gi Ca. a seguito della dichiarazione di nomina da parte di C.G. e dell'accettazione della convenuta - non è stato accompagnato da alcun patto contenente l'obbligo della persona nominata di modificare la posizione ad essa facente capo a favore dello stipulante o di altro soggetto da costui designato. L'assunto della parte che ha promosso l'azione - ha rilevato la Corte d'appello, con congruo e logico apprezzamento delle risultanze di causa - è rimasto del tutto sfornito di prova, non essendo stato offerto, in particolare, alcun effettivo e certo riscontro in ordine all'esistenza del dedotto patto di ritrasferimento . E poiché la prova del pactum fiduciae non discende, automaticamente, dal fatto che il bene sia stato acquistato con denaro dello stipulante, la decisione della Corte d'appello resiste alle censure del ricorrente. La Corte d'appello, esclusa l'esistenza del pactum fiduciae, ha poi qualificato la fattispecie dell'acquisto dell'azienda da parte della nominata con denaro del padre stipulante in termini di donazione indiretta. Le doglianze articolate con il motivo, tutte dirette a contestare proprio tale ricostruzione o ad ottenere una declaratoria di invalidità della donazione tra l'altro neppure proposta con la domanda di primo grado , non colgono nel segno. La Corte d'appello ha rilevato che G C. ha stipulato il contratto di compravendita dell'azienda per sé o per persona da nominare che la parte acquirente, sciogliendo la riserva, ha provveduto alla dichiarazione di nomina della figlia e quest'ultima ha accettato detta dichiarazione che il denaro occorrente per l'acquisto dell'azienda è stato fornito dal padre. Tali essendo i presupposti di fatto, correttamente la Corte d'appello ha ravvisato nell'acquisto del complesso aziendale con denaro proprio del disponente e nell'intestazione della relativa titolarità in favore della persona designata e cosi beneficiata - la quale, con l'accettazione della dichiarazione di nomina, è divenuta parte in senso sostanziale del negozio stesso, cancellando ogni situazione giuridica riconducibile al soggetto che aveva svolto per lei l'attività materiale di autore del contratto - una donazione indiretta di quella universitas. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, la donazione indiretta è caratterizzata dal fine perseguito, che è quello di realizzare una liberalità, e non già dal mezzo, che può essere il più vario, nei limiti consentiti dall'ordinamento, e può essere costituito anche da più negozi tra loro collegati, come nel caso in cui un soggetto, stipulato un contratto di compravendita, paghi o si impegni a pagare il relativo prezzo ed, essendosene riservata la facoltà nel momento della conclusione del contratto, provveda ad effettuare la dichiarazione di nomina, sostituendo a sé, come destinatario degli effetti negoziali, il beneficiario della liberalità, cosi consentendo a quest'ultimo di rendersi acquirente del bene ed intestatario dello stesso Cass., Sez. II, 16 marzo 2004, n. 5333 . La configurabilità della donazione indiretta e la validità della stessa non sono impedite dalla circostanza che la compravendita del complesso aziendale sia stata stipulata, nella specie, con riserva della proprietà in favore del venditore fino al pagamento dell'ultima rata di prezzo, giacché quel che rileva è che lo stipulante abbia pagato il corrispettivo non importa se in unica soluzione o a rate o messo a disposizione del beneficiario i mezzi per il relativo pagamento. L'ulteriore deduzione della parte ricorrente, secondo cui difetterebbero lo spirito di liberalità, il depauperamento e l'arricchimento, perché Gi Ca. si sarebbe obbligata in realtà a pagare tutte le rate del prezzo, contrasta con gli accertamenti compiuti dalla Corte di merito, la quale è giunta alla conclusione dell'avvenuto acquisto dell'azienda con denaro del disponente in base al tenore della corrispondenza intercorsa tra le parti e delle proposte conciliative formulate a suo tempo dalla Ca. , da cui emerge la consapevolezza che l'azienda era stata acquistata con il denaro del padre . Del resto, come si ricava dalla parte della sentenza impugnata dedicata allo svolgimento del processo pag. 2 , è stato lo stesso attore a dichiarare di avere provveduto con mezzi propri in data 1 dicembre 2000 all'acquisto dell'azienda OMISSIS ”. 2. - Con il secondo mezzo violazione e falsa applicazione degli artt. 183, 184, 240 e 345 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, dello stesso codice e all'art. 111, sesto comma, della Costituzione si deduce che l'art. 345 cod. proc. civ. non impedisce alla Corte d'appello, che è giudice del merito, di ammettere i mezzi di prova già articolati davanti al Tribunale e di integrarli, qualora si dimostri che ciò non è stato possibile nel giudizio di primo grado instaurato prima del primo giugno 2006, specialmente se è stata omessa l'udienza di cui agli artt. 183 e 184 cod. proc. civ. secondo la formulazione a quella data vigente e che consentiva nell'udienza ex art. 183 anche di modificare le domande e rendeva obbligatoria la fissazione dell'udienza di cui al successivo art. 184. Addirittura non è impedito al giudice di appello di accedere sia alla modifica delle domande che alla ammissione di nuovi mezzi di prova. E non costituisce nuovo mezzo di prova neppure il giuramento suppletorio de scientia, richiamato nell'atto di appello e che può essere disposto in sede di gravame, qualora si ritenga, a compiuta istruttoria, che possa giovare ai fini della corretta decisione, che deve essere aderente al principio di legalità . Con il motivo si chiede anche conclusivamente di dichiarare che anche per quanto espresso in ordine all'irregolare andamento del giudizio di primo grado, poteva essere proposta la modifica delle domande in appello, modifica che rientra pur sempre in fattispecie similare al patto fiduciario e che consiste nella simulazione della dichiarazione ex artt. 1401 e 1402 cod. civ. , malamente ritenuta donazione indiretta, per la quale, in considerazione del rapporto familiare padre e figlia era ammissibile la prova orale . 2.1. - Il motivo è infondato. La Corte territoriale - nel ritenere precluse le istanze istruttorie formulate soltanto con il motivo di gravame e non articolate in primo grado in sede di precisazione di conclusioni, in mancanza di assegnazione del termine per le deduzioni istruttorie, ai sensi dell'art. 184 cod. proc. civ., nel testo ratione temporis applicabile - si è attenuta alla giurisprudenza di questa Corte Sez. III, 21 febbraio 2002, n. 2504 Sez. II, 29 luglio 2005, n. 16092 Sez. III, 24 agosto 2007, n. 17965 Sez. III, 3 ottobre 2007, n. 20745 . Secondo il costante indirizzo, l'udienza per le deduzioni istruttorie indicata dall'art. 184 cod. proc. civ. non costituisce un momento indefettibile che debba necessariamente precedere la rimessione della causa al collegio, giacché, a norma dell'art. 187 del codice di rito, il giudice, ove ritenga che la causa sia matura per la decisione senza necessità di assunzione di mezzi di prova, rimette le parti davanti al collegio per la decisione, e la rimessione al collegio non comporta la perdita del diritto ad integrare le deduzioni istruttorie, ove si consideri che l'art. 187, comma quarto, cod. proc. civ. prevede che, qualora risulti necessario procedere all'istruzione della causa, i termini di cui all'art. 184, se richiesti e non concessi prima della rimessione al collegio o del trattenimento della causa per la decisione , devono essere assegnati dal giudice istruttore su istanza di parte nella prima udienza dinanzi a lui. L'altra doglianza veicolata con il motivo - relativa alla mancata osservanza, nel giudizio di primo grado, delle sequenze procedimentali rivolte alla definitiva determinazione del thema decidendum - muove da un inesatto presupposto interpretativo. È infatti erroneo l'assunto secondo cui, proposta con l'atto di citazione domanda rivolta a vedersi attribuito il trasferimento del bene in attuazione del pactum fiduciae, sarebbe consentito all'attore, in virtù della facoltà che l'art. 183 cod. proc. civ. concede alle parti di precisare e modificare la domanda, di introdurre il tema della interposizione fittizia di persona, derivante dalla simulazione della dichiarazione di nomina ex artt. 1401 e 1402 cod. civ Invero, costituisce domanda nuova - e non semplice precisazione o modificazione della domanda già proposta - avanzare in corso di causa una richiesta volta al riconoscimento della proprietà di un determinato bene o di un complesso di beni sul presupposto del carattere fittizio dell'intestazione discendente dalla simulazione tanto della dichiarazione di nomina da parte dello stipulante quanto dell'accettazione della persona nominata, laddove l'atto di citazione sia diretto ad ottenere il trasferimento di quei medesimi beni in favore dell'istante in forza dell'obbligo assunto dall'intestatario fiduciario, e ciò data la diversità tra le due anzidette situazioni, deducendosi con la prima un'ipotesi di divergenza tra volontà e manifestazione e con la seconda l'esistenza di un contratto valido ed efficace, sia pure con la costituzione a carico del fiduciario dell'obbligo di ritrasferire il bene a vantaggio del fiduciante Cass., Sez. II, 27 marzo 1999, n. 2944 . 3. - Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 91 cod. proc. civ Il motivo non reca in realtà una autonoma censura, ma è proposto in via riflessa rispetto ai primi due motivi. La cassazione della statuizione sulle spese e la condanna della controparte al rimborso delle spese di legittimità sono richieste come conseguenza dell'accoglimento dei primi due motivi del ricorso. Il loro rigetto comporta, pertanto, l'assorbimento del terzo motivo. 4. - Il ricorso è rigettato. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente, nella qualità, al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, liquidate in complessivi Euro 2.700, di cui Euro 2.500 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.