Dichiarazione unilaterale di intestazione fittizia dei contratti: il fiduciario non può disporre, per testamento, dei beni

In tema di compravendita il negozio fiduciario configura un rapporto obbligatorio dove il fiduciante è creditore ed il fiduciario è il debitore, limitando l’efficacia reale dei contratti stipulati nei confronti dei terzi.

Il caso in esame verte in tema di convivenza more uxorio , diritto di proprietà, eredità e successione testamentaria. Nella fattispecie, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23728 del 14 novembre, è chiamata a individuare, sotto il profilo strutturale, la natura giuridica del rapporto intercorso tra due conviventi e, segnatamente, la ratio e la finalità del medesimo, stabilendo sul piano soggettivo il valore giuridico della dichiarazione unilaterale sottoscritta dalla convivente de cuius ai fini di possibili ulteriori effetti reali dei contratti stipulati, idonei a determinare attribuzioni patrimoniali e quindi a modificare la condizione giuridica della proprietà dei beni. Il caso. Una signora acquistava, nel 1963 e nel 1972, due unità immobiliari che venivano alla medesima intestati, così come le quote della s.p.a. del convivente, imprenditore aziendale in difficoltà. Dopo quattordici anni dal secondo atto di compravendita, la medesima sottoscriveva un atto con cui dichiarava la natura fittizia dei contratti, stipulati all’epoca, sui due immobili e la titolarità esclusiva della proprietà degli immobili del convivente. Dopo cinque anni la signora decedeva lasciando, a mezzo testamento olografo, gli immobili alle di lei due nipoti. A quattro anni dal decesso della convivente, l’uomo, con cui lei aveva vissuto per oltre quarant’anni, rinveniva la dichiarazione sottoscritta dalla convivente e, quindi, promuoveva un’azione giudiziaria ma il processo, nel corso del quale il C.T.U. riconosceva contestuale ed autentica la sottoscrizione della dichiarazione della convivente, si era estinto poiché, interrotto a causa della dichiarazione del suo fallimento, non veniva riassunto. Il medesimo avviava, così, un altro processo sul medesimo oggetto e dinanzi al medesimo Tribunale, chiedendo, senza successo, l’accertamento della simulazione soggettiva dei contratti stipulati dalla convivente e dell’inadempimento della medesima nel ri-trasferire a lui le unità immobiliari, la titolarità del relativo personale diritto di proprietà sulle medesime e l’inefficacia/nullità della disposizione testamentaria della convivente o, in subordine, il risarcimento dei danni. Qualificazione del rapporto giuridico è un negozio fiduciario, non simulazione, né interposizione fittizia. Dinanzi a due comportamenti concludenti ed accertatane l’identità di significato ed efficacia, qualificata la dichiarazione unilaterale come di scienza e di volontà e valutati ermeneuticamente in concreto gli interessi dei soggetti contraenti, la medesima dichiarazione può costituire un negozio fiduciario, non una simulazione o un’interposizione fittizia di persona. L'interposizione fittizia di persona postula, infatti, l’imprescindibile partecipazione all'accordo simulatorio non soltanto del soggetto interponente e di quello interposto ma anche del terzo contraente, chiamato ad esprimere la propria adesione all'intesa raggiunta dai primi due Cass. n. 4911/1998 . Il negozio fiduciario, invece, è configurabile quando un soggetto trasferisce un bene ad un altro soggetto, imponendogli nel contempo il vincolo obbligatorio di ritrasferirgli in futuro il diritto o di trasferirlo ad un terzo Cass. n. 6246/1998 . Il negozio fiduciario, poi, non può confondersi con il negozio assolutamente o relativamente simulato, giacché in quest'ultimo le parti non vogliono, concordemente, il verificarsi di alcun effetto giuridico o vogliono, sempre di comune accordo, il verificarsi di effetti in tutto o in parte diversi anche sotto il profilo soggettivo nel negozio fiduciario, invece, gli effetti sono voluti, anche se, accanto a questi, se ne perseguono anche altri. Struttura e funzione del negozio fiduciario. In sostanza, mediante il negozio fiduciario un soggetto il fiduciante trasferisce ad un altro soggetto il fiduciario la titolarità di un diritto il cui esercizio viene limitato da un accordo tra le parti per uno scopo che il fiduciario si impegna a realizzare, ritrasferendo poi il diritto allo stesso fiduciante o ad un terzo beneficiario. Al fiduciario viene, così, attribuita una posizione che eccede l'intento delle parti per la cui realizzazione sorge l'obbligazione del fiduciario verso il fiduciante. Con il negozio fiduciario, la titolarità del diritto viene effettivamente attribuita al fiduciario il quale agisce in nome proprio ma per conto del fiduciante. Nei confronti del fiduciario, alla tutela obbligatoria si affianca un'azione reale di rivendicazione della titolarità nei confronti dei terzi acquirenti e ciò anche in tema di intestazione di quote societarie. Peraltro, non è ostativa, alla qualificazione del rapporto come fiduciario, l’unilateralità della dichiarazione, considerato che la medesima convivente-sottoscrittrice non aveva revocato il proprio consenso. Il proprietario dei beni, mediante negozio fiduciario, non può trasferirli mortis causa c’è un rapporto obbligatorio con il fiduciante. La convivente, in quanto fiduciaria, è stata la reale acquirente, e quindi proprietaria, degli immobili, assumendo, mediante il pactum fiduciae , l’impegno di trasferirne la proprietà al convivente. In tema di compravendita, il negozio fiduciario configura, infatti, un rapporto obbligatorio dove il fiduciante è creditore ed il fiduciario è il debitore, limitando l’efficacia reale dei contratti stipulati nei confronti dei terzi. L’obbligo di ri-trasferimento degli immobili, da parte del fiduciario-acquirente, sussiste a prescindere dalla richiesta del fiduciante-venditore e l’inosservanza di tale obbligo costituisce, di per sé ovvero quando il debitore si è posto tra l’altro nelle condizioni di non adempiere, inadempimento art. 1218 c.c. , a prescindere dalla messa in mora, con conseguente risarcimento del danno. Il fiduciario inadempiente è, dunque, privo di legittimazione sostanziale e non può disporre dei beni inter vivos e mortis causa . Infine, non è possibile affermare l’infondatezza della domanda attorea sulla base della non conoscenza, da parte delle nipoti-convenute, dell’accordo intervenuto tra i conviventi all’epoca dei rogiti.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 20 settembre – 14 novembre 2011, n. 23728 Presidente Massera – Relatore Musso Svolgimento del processo Con citazione notificata il 18 e il 25 ottobre 1999 F.G. conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Como L.A., B.E., perché fosse accertato che i contratti di compravendita di due unità immobiliari, situate in Como, rispettivamente in via omissis , conclusi, come parte acquirente, dalla sua convivente T.A. erano simulati soggettivamente e fosse accertato e dichiarato che lui era il proprietario degli stessi, e perché fosse dichiarata nulla o inefficace la disposizione testamentaria con la quale la Tettamanzi aveva lasciato i detti appartamenti alle convenute, sue nipoti. In subordine, chiedeva la condanna di costoro a risarcirgli i danni quantificati nel valore degli immobili, da accertare in corso di causa. A fondamento della domanda, premesso che nel 1995 aveva promosso identica azione e che il relativo processo si era estinto perché essendo stato interrotto a causa della dichiarazione del suo fallimento, non era stato poi riassunto, esponeva che per oltre quarant'anni aveva convissuto more uxorio con A T. nel 1963 aveva acquistato un immobile situato in OMISSIS , immobile che aveva però fatto intestare alla sua convivente perché era un imprenditore e si trovava in difficoltà aziendali successivamente, nel 1972, aveva acquistato e fatto intestare a nome della sua convivente anche l'unità immobiliare situata in via OMISSIS inoltre le aveva intestato le quote della società Argan spa nel luglio del 1986, insospettitosi della presenza troppo assidua di alcuni parenti della T. , aveva fatto sottoscrivere a costei una dichiarazione con la quale riconosceva la natura fittizia di detti contratti e la di lui esclusiva titolarità della proprietà degli immobili la T. , deceduta il OMISSIS , aveva lasciato, con testamento olografo, i due immobili, alle nipoti solo in data 12 luglio 1995 era riuscito a ritrovare la scrittura contenente la controdichiarazione di T.A. , del luglio 1986 detta scrittura, sottoposta a consulenza tecnografica d'ufficio, nel corso del processo iniziato nel 1995, era stata riconosciuta dal Ctu autentica nella sottoscrizione e redatta contestualmente alla sottoscrizione della stessa. Costituitesi nel giudizio, le convenute eccepivano preliminarmente l'infondatezza della domanda di simulazione in quanto i terzi contraenti non erano al corrente dell'asserito accordo simulatorio inoltre ponevano in dubbio l'autenticità della controdichiarazione prodotta dall'attore. Con citazione del 1 agosto e del 15 settembre 2000, F.G. conveniva di nuovo in giudizio, davanti allo stesso Tribunale, le medesime convenute, in qualità eredi di A T. esponendo gli stessi fatti e chiedendo, che accertata la natura simulata del contratto di compravendita, fosse accertato l'inadempimento della sua ex convenuta dell'obbligazione di trasferire in favore di esso attore le unità immobiliare e, di conseguenza, dichiarata la sua titolarità del diritto di proprietà, che le convenute fossero condannate a trasferire in suo favore i titoli e in documenti relativi alle dette unità immobiliari. In subordine chiedeva la condanna della convenute risarcirgli i danni. A fondamento della nuova azione, il F. esponeva che tra lui e la convivente era stato concluso un negozio fiduciario, del quale era prova la dichiarazione del luglio 1986. Aggiungeva che la T. , avendo lasciato in eredità alle nipoti gli immobili oggetto del negozio, si era resa inadempiente all'obbligazione assunta. Si costituiva nel giudizio iscritto al n. di R.G. 2446/2000 la sola A L. la quale resisteva alla nuova domanda ritenendola contraddittoria con quella proposta in precedenza. Il Tribunale di Como, disposta la riunione di due processi ed espletata l'istruzione probatoria nel caso, con l'assunzione di prove testimoniali, con sentenza n. 9.6/4.8.2005 respingeva le domande e compensava le spese di lite. Il Tribunale, inquadrata la domanda di simulazione nella fattispecie dell'interposizione fittizia della persona, la respingeva considerando che la dichiarazione datata luglio 1986 non costituisse una controdichiarazione di un contratto simulato soggettivamente, ma attenesse piuttosto ad un negozio fiduciario in forza del quale la Tettamanzi, in qualità di fiduciaria, con le compravendite era divenuta l'effettiva proprietaria degli immobili, obbligandosi, tuttavia, all'ulteriore trasferimento degli immobili in favore del fiduciante G F. . Riteneva, pertanto, che la domanda di interposizione fittizia di persona fosse intrinsecamente contraddittoria e infondata. A seguito dell'appello del F. , la Corte d'Appello di Milano, con la decisione in esame n. 2569/2008, confermava quanto statuito in primo grado e rigettava il gravame. Ricorrono per cassazione, in via principale, il F. , con tre motivi, e relativi quesiti e una richiesta subordinata , e, in via incidentale, le aventi causa dalla Tettamanzi, con due motivi. Motivi della decisione RICORSO PRINCIPALE Con il primo e secondo motivo si deduce violazione degli artt. 1218, 1219 e 1222 c.c., e relativo difetto di motivazione, in quanto la Corte di Milano, pur riconoscendo la sussistenza del patto fiduciario in questione, ha inopinatamente negato il dedotto inadempimento, risultante chiaramente dalle disposizioni contenute nel testamento olografo della T. . In particolare si afferma che la motivazione della sentenza impugnata in questa sede è palesemente contraddittoria laddove la Corte da pacificamente atto della sussistenza di una disposizione dei beni di cui è causa a favore di soggetti diversi dal sfiduciante ci si riferisce alla disposizione testamentaria con la quale, come pacifico in atti, ha designato proprie eredi le nipoti, odierne parti in causa e, nonostante ciò, nega la sussistenza di un adempimento da parte della fiduciaria e che la Corte d'Appello ha erroneamente applicato il combinato disposto di cui all'art. 1218 e 1219 c.c. secondo il quale, come pacificamente riconosciuto in dottrina e giurisprudenza, l'inequivoca manifestazione della volontà di non adempiere equivale ad inadempimento ed il debitore non può essere qualificato inadempiente anche se non sia stato fissato o non sia scaduto il termine per adempiere qualora il suo comportamento lasci sicuramente desumere, e comunque fondatamente presagire che non sarà in grado, alla richiesta, di eseguire la prestazione . Con il terzo motivo si deduce ancora violazione dell'art. 1218 c.c. per avere erroneamente ritenuto la Corte che era onere dell'odierno ricorrente provare anche l'avvenuta richiesta di restituzione dei beni. Si afferma che consequenziale è l'errore in cui è incorsa la Corte di Appello nell'affermare che era onere dell'odierno ricorrente provare che l'avvenuta richiesta di restituzione dei beni come già ampiamente illustrato, infatti, tale richiesta non costituisce il presupposto dell'inadempimento, il quale prescinde dalla messa in mora, e rileva di per sé allorquando il debitore ha manifestato la volontà di non adempiere o si è posto nelle condizioni di non adempiere al momento della richiesta . Si aggiunge che, ove si ritenga di non accogliere la domanda costitutiva , deve ritenersi formulata la domanda subordinata di risarcimento danni. Ricorso incidentale. Con il primo motivo si deduce difetto di motivazione sul punto della rilevanza probatoria della scrittura del luglio 1986. In particolare si afferma che sulla prima motivazione, la Corte d'Appello di Milano ha ritenuto che non sia ostativa alla individuazione del negozio fiduciario per la cui esistenza è necessaria la bilaterità delle manifestazioni di volontà , l'unilateralità della dichiarazione, perché la T. non aveva revocato il proprio consenso prima manifestato . sulla seconda motivazione non si è invece espressa. Pertanto, la motivazione della sentenza della Corte di Appello di Milano appare insufficiente nel suo complesso, poiché si è espressa solo sulla prima delle motivazioni della sentenza di primo grado, mentre ha ignorato la seconda, riguardante la prova dell'efficacia della scrittura del luglio '86, in ordine alla quale la motivazione è omessa . Con il secondo motivo si deduce ancora difetto di motivazione in ordine al comportamento concludente del F. . Si afferma in particolare che la motivazione della sentenza della Corte di Appello di Milano appare su questo punto contraddittoria poiché ha valutato in modo diverso due comportamenti concludenti di identico significato ed efficacia . Si dispone la riunione dei ricorsi ai sensi dell'art. 335 c.p.c Preliminarmente si rileva la inammissibilità del ricorso incidentale per omessa formulazione dei quesiti ex art. 366 bis c.p.c Meritevole di accoglimento è invece il ricorso principale con riferimento alle tre censure in esso espresse, avendo tutte ad oggetto il medesimo profilo argomentativo della inidonea valutazione del negozio fiduciario in questione da parte della Corte di merito. Illogica ed errata è, infatti, la decisione impugnata, laddove afferma che ciò posto e ribadito che la T. , in quanto fiduciaria, è stata la reale acquirente dei due immobili, pur assumendosi, con il pactum fiduciae , l'impegno di trasferirne, a sua richiesta, la proprietà al sfiduciante A F. , la Corte osserva che, non avendo questi fatto tale richiesta e comunque non avendone fornito la prova , la predetta non si è resa inadempiente all'impegno assunto. Di conseguenza, costei, alla sua morte, era l'effettiva proprietaria degli immobili lasciati in eredità alle odierne appellate. Ulteriore conseguenza è che la disposizione testamentaria è pienamente valida, in quanto relativa a beni di proprietà della disponente . Premesso che nel contratto fiduciario di compravendita il pactum fiduciae configura un rapporto obbligatorio in cui creditore è il fiduciante e debitore il fiduciario che, per la sua sola sussistenza ovviamente da provare limita l'efficacia reale del contratto stesso nei confronti dei terzi, e che la configurazione del contratto fiduciario in genere passa attraverso la valutazione ermeneutica in concreto degli interessi dei soggetti contraenti ai fini della individuazione della causa di detta fattispecie negozionale , censurabile è la decisione della Corte di merito in proposito in quanto a l'obbligo di ritrasferimento deve essere effettuato dal fiduciario - acquirente prescindendo dalla relativa eventuale richiesta del sfiduciante - venditore come erroneamente ritenuto dalla Corte di merito b il mancato adempimento di tale onere comporta ai sensi dell'art. 1218 c.c. in mancanza di clausola risolutiva espressa, per la quale l'inadempimento in questione determina la risoluzione dello stesso contratto di trasferimento del bene il risarcimento del danno c comunque, il fiduciario inadempiente come nel caso in esame risulta privo di legittimazione sostanziale a disporre del bene sia inter vivo s che mortis causa con la conseguenza che non poteva la Tettamanzi in questione disporre in via testamentaria dei beni acquisiti a titolo fiduciario . Ne deriva che la Corte di Milano, in sede di rinvio, accertata la sussistenza in concreto di un contratto fiduciario, dovrà decidere la controversia in esame correttamente applicando i principi sopraesposti al caso di specie. P.Q.M. La Corte, riuniti i ricorsi, dichiara inammissibile l'incidentale e accoglie il principale. Cassa l'impugnata decisione in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese della presente fase, alla Corte d'Appello di Milano, in diversa composizione.