I lavori di ristrutturazione si dilungano eccessivamente? Sì alla risoluzione del contratto

Ai fini della pronuncia di risoluzione di un contratto, il Giudice deve procedere ad una valutazione complessiva ed unitaria del comportamento di entrambe le parti, dovendo l'importanza dell'inadempimento essere valutata tenuto conto dell'economia generale del contratto e degli interessi sostanziali cui le parti aspiravano con l'esatto adempimento delle obbligazioni contrattuali assunte, con criterio idoneo a realizzare la coordinazione tra la condotta e le finalità concretamente conseguite, nel cui ambito l'inadempimento assume rilevanza. La Corte di Cassazione, con la pronuncia del 6 ottobre 2011, n. 20481, nel solco del proprio consolidato orientamento in materia, intende ribadire che, ai fini della valutazione della rilevanza e dell'importanza dell'inadempimento - quale presupposto ai sensi dell'art. 1455 c.c. per addivenire ad una risoluzione del contratto - è necessaria una complessiva valutazione della situazione di fatto verificatosi, in quanto solo con una visione d'insieme e non frammentaria dei fatti occorsi è possibile valutare, con riferimento agli interessi delle parti, la rilevanza o meno dell'inadempimento di una delle parti nei confronti delle obbligazioni contrattualmente assunte. L'origine della vicenda una ristrutturazione mai completata. La vicenda oggetto della sentenza in commento ha origine dal contratto di appalto relativo al rifacimento di un appartamento protrattisi eccessivamente per una serie di ritardi i lavori a carico dell'appaltatore, i committenti hanno deciso di risolvere il contratto. Al riguardo, l'appaltatore ha ritenuto di avviare nei confronti dei committenti un giudizio al fine di vedersi riconosciuti, comunque, le somme relative ai lavori svolti, nonché l'accertamento del fatto che, nella sua prospettiva, il mancato completamento delle opere di rifacimento era da ricondursi ad una indisponibilità dei committenti a riceverli e che, peraltro, era da addebitarsi ai committenti un importante ritardo nell'effettuazione di uno dei pagamenti pattuiti. Tale domanda viene respinta sia in primo che in secondo grado ed inoltre, in entrambi i gradi di giudizio, viene riconosciuta in favore dei committenti una penale a carico dall'appaltatore, per aver ritardato, senza giustificato motivo, i lavori comunque pattuiti. Da qui il ricorso per Cassazione promosso dalla società appaltatrice. La risoluzione la gravità dell'inadempimento. Ai fini della risoluzione di un contratto ritualmente concluso, secondo il Codice civile, non è sufficiente che una delle parti sia inadempiente, posto che non ogni ritardo, inadempimento o imprecisione consente, alla parte che lo subisce, di risolvere il contratto. Secondo l'art. 1455 c.c., infatti, ai fini della risoluzione, l'inadempimento deve essere di non scarsa importanza, con riferimento, in particolare, all'interesse della parte creditrice in particolare, non può automaticamente considerarsi il ritardo come evento che giustifica, di per sé, la risoluzione del contratto, potendo trattarsi, infatti, di un ritardo minimo o del tutto insignificante, in relazione agli interessi delle parti e concretizzati nella regolamentazione negoziale sottoscritta ad esempio un ritardo di un'ora nella consegna di un vestito, da parte della sartoria, può essere un inadempimento lieve, a meno, in ipotesi, se il vestito doveva essere indossato per partecipare ad un matrimonio . Un ritardo anche lieve può, invece, condurre alla risoluzione del contratto se le parti avevano stabilito l'essenzialità del termine l'esempio classico è la consegna della torta nuziale, da parte della pasticceria, ben oltre la conclusione del pranzo di nozze Cass. 3669/95 Cass. 5644/95 . E se entrambi sono inadempienti? Talvolta - come peraltro anche nel caso di specie - può verificarsi che entrambe le parti siano inadempimenti agli obblighi loro imposti dal contratto. Da un lato, infatti, l'appaltatore si è reso inadempiente alla realizzazione dei lavori pattuiti e concordati dall'altro, i committenti avrebbero effettuato in ritardo il pagamento di una delle tranches pattuite per i lavori in questione. In tal caso, secondo l'orientamento della Cassazione, bisogna valutare comparativamente la condotta di ciascuna delle parti ed infatti, sul punto, la Corte rileva che, mentre i lavori, dopo oltre quattro mesi dalla data pattuita non erano stati conclusi, il pagamento contestato dall'appaltatore era stato disposto dai committenti con un ritardo di pochi giorni. La buona fede quale di criterio di valutazione della condotta delle parti. Nella vicenda per cui è causa, quindi, la Corte, preso atto della sussistenza dei denunciati - da una parte e dall'altra - inadempimenti, ritiene che soltanto l'inadempimento relativo al ritardo nella esecuzione dei lavori possa condurre, come è stato, alla risoluzione del contratto, trattandosi di ritardo di significativa rilevanza nell'economia del contratto e soprattutto avendo riferimento all'interesse delle parti negoziali ed infatti, come anche evidenziato dalla Cassazione, trascorsi ben quattro mesi dal pagamento, l'appaltatore non aveva ancora provveduto al completamento dei lavori cui si era impegnato. In tale prospettiva, ossia ai fini dell'individuazione della parte effettivamente inadempimenti, si può senz'altro ritenere fondamentale il richiamo alla regola generale sancita dall'art. 1375 c.c., in base alla quale le parti si devo comportare secondo correttezza e buona fede. * Avvocato