Diritto di proprietà: l’azione per ottenere il rispetto delle distanze legali è imprescrittibile

I poteri inerenti al diritto di proprietà, tra i quali rientra quello di esigere il rispetto delle distanze, non si estinguono per il decorso del tempo, salvi gli effetti dell’usucapione del diritto a mantenere la costruzione a distanza inferiore a quella legale. L’azione per ottenere il rispetto delle distanze legali è quindi imprescrittibile, trattandosi di azione reale modellata sullo schema dell’”actio negatoria servitutis”, rivolta non ad accertare il diritto di proprietà dell’attore, bensì a respingere l’imposizione di limitazioni a carico della proprietà suscettibili di dar luogo a servitù.

Sul tema la Suprema Corte con l’ordinanza n. 15142/21, depositata il 31 maggio. Un Condominio chiedeva l’ accertamento della violazione delle distanze inerenti tre finestre situate al piano terra e altre quattro al primo piano di un edificio confinante. Sottolineava inoltre la sporgenza di 50 cm del cornicione, del canale di gronda e dei pluviali. Il Condominio esponeva, inoltre, che il precedente proprietario del suddetto fabbricato aveva autorizzato l’attuale proprietario a mantenere in quella posizione tali finestre, cornicione e gronda fino alla vendita dell’immobile stesso, deducendo quindi che la concessione non fosse più operante essendo avvenuta la suddetta vendita. Il Tribunale accoglieva la domanda di usucapione. La Corte d’Appello di Brescia, invece, non condivideva tale pronuncia sottolineando l’avvenuta prescrizione del diritto del Condominio a pretendere il rispetto delle distanze legali . Il Condominio ricorre in Cassazione deducendo, tra i vari motivi, la violazione e falsa applicazione degli artt. 948, 949 e 2946 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., poiché la Corte di merito avrebbe dichiarato erroneamente la prescrizione del diritto del Condominio di pretendere l’eliminazione delle opere realizzate in violazione delle distanze legali, pur trattandosi di azione imprescrittibile connessa all’esercizio delle facoltà e dei poteri inerenti al diritto di proprietà, salvo l’acquisto per usucapione . Il motivo di doglianza è fondato in quanto i poteri inerenti al diritto di proprietà , tra i quali rientra quello di esigere il rispetto delle distanze, non si estinguono per il decorso del tempo, salvi gli effetti dell’usucapione del diritto a mantenere la costruzione a distanza inferiore a quella legale. L’azione per ottenere il rispetto delle distanze legali è quindi imprescrittibile, trattandosi di azione reale modellata sullo schema dell’”actio negatoria servitutis”, rivolta non ad accertare il diritto di proprietà dell’attore, bensì a respingere l’imposizione di limitazioni a carico della proprietà suscettibili di dar luogo a servitù Cass. n. 871/2021, n. 19289/2009, n. 867/2000 . Nel caso di specie la Corte di merito non ha rispettato i suddetti principi, sostenendo che l’azione volta al rispetto delle distanze legali fosse prescritta per decorrenza del termine decennale previsto per l’esercizio del diritto di credito del Condominio. Per questi motivi il Collegio accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Brescia in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 18 febbraio – 31 maggio 2021, n. 15142 Presidente Lombardo – Relatore Giannaccari Fatti di causa 1.Il giudizio trae origine dalla domanda, proposta dal Condominio Cooperativa Lamarmora nei confronti di B.G. , proprietario dell’edificio confinante, costruito in aderenza, per chiedere accertarsi la violazione delle distanze in relazione a tre finestre situate al piano terra e quattro finestre site al primo piano lamentò, inoltre, che il cornicione sporgeva per cm 50 ed il canale di gronda ed i pluviali sconfinavano nella proprietà del condominio sporgendo oltre il confine. 1.2. Il condominio espose che il precedente proprietario del fabbricato, nel 1966, aveva autorizzato A.A. , dante causa del B. , a mantenere in quella posizione finestre, cornicione e gronda fino a quando l’A. non avesse venduto. L’attore, sul presupposto che si trattava di un atto di concessione precaria ad personam, con previsione di revoca in caso di alienazione a terzi, dedusse che la concessione non era più operante poiché nel 1994 A.A. aveva venduto l’immobile al B. . 1.3. A.A. si costituì per resistere alla domanda e, in via riconvenzionale, chiese che fosse accertato il suo diritto di mantenere le finestre e le luci a distanza non legale agì per l’evizione parziale nei confronti dei suoi danti causa A.L. ed A. e di C.A. , chiedendo la riduzione del prezzo ed il risarcimento dei danni. 1.4. Instauratosi il contraddittorio con i terzi chiamati, il Tribunale di Brescia rigettò la domanda proposta dal Condominio ed accolse la domanda di usucapione proposta da B.G. affermò la carenza di legittimazione passiva di C.A. perché il predetto era intervenuto nell’atto di compravendita in rappresentanza dei venditori A. e L. ritenne, infine, insussistente la violazione dell’art. 840 c.c 1.5. La Corte d’appello di Brescia, con sentenza del 29.3.2016, decidendo sull’appello principale del Condominio e sull’appello incidentale condizionale proposto da S.B.P. , erede di B.G. , nonché sull’appello di C.A. , non ha condiviso la decisione del Tribunale di accoglimento della domanda di usucapione. La corte di merito ha rilevato che la concessione precaria del 1966, regolarmente trascritta, era operante fino al 1994, sicché nel 2006, data di introduzione del giudizio, non era decorso il termine per usucapire. Rigettò, tuttavia, la domanda sulla base di altra motivazione perché ritenne che si fosse prescritto il diritto del condominio di pretendere il rispetto delle distanze legali. Secondo la corte di merito, mentre la convenzione aveva efficacia fino al trasferimento del bene da parte dell’A. , dal lato della concedente - la compagnia OMISSIS che aveva venduto il terreno alla Famiglia L. soc. coop. S.r.l., la quale aveva edificato il condominio - non era previsto alcun termine, sicché il vincolo si era trasferito al condominio con l’atto di vendita del 1978. Poiché dalla data del trasferimento della proprietà al B. , avvenuta nel 1994, non era mai stato esercitato il diritto nei confronti di quest’ultimo in relazione al canone annuo ed all’eliminazione delle opere a distanza non legale fino all’invio della raccomandata avvenuta nel 2005, il diritto si era prescritto per il decorso del termine decennale. Quanto al cornicione ed alla gronda, ritenne, in ogni caso, operante l’art. 840 c.c. perché l’edificio B. era molto distante dal fabbricato condominiale. 1.6. Decidendo sulla domanda di evizione proposta dal B. , la corte di merito accertò inoltre che C.A. non era legittimato perché era intervenuto come procuratore delle venditrici considerato che la sua chiamata in causa proveniva da B.G. , condannò quest’ultimo alle spese di lite nei suoi confronti. 2. Per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso il Condominio L. sulla base di quattro motivi. 2.1. Hanno resistito con controricorso S.B.P. , B.R. e B.R. , in qualità di eredi di B.G. , i quali hanno proposto ricorso incidentale sulla base di un unico motivo e ricorso incidentale condizionato sulla base di due motivi. 2.2. Hanno resistito con controricorso A.A. e L. mentre C.A. ha depositato controricorso al ricorso incidentale di S.B.P. , B.R. e B.R. . 2.3. Il condominio ha depositato controricorso al ricorso incidentale e memorie illustrative in prossimità dell’udienza. Ragioni della decisione 1.Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 948, 949 e 2946 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la corte di merito dichiarato prescritto il diritto del condominio di pretendere l’eliminazione delle opere realizzate in violazione delle distanze legali pur trattandosi di azione imprescrittibile connessa all’esercizio delle facoltà e dei poteri inerenti al diritto di proprietà, salvo l’acquisto per usucapione. Secondo il ricorrente, il diritto a chiedere il rispetto delle distanze legali non deriverebbe dall’atto di concessione precaria del 1966, con il quale il ricorrente avrebbe consentito al D. di mantenere le vedute a distanza non legale dietro versamento di un corrispettivo in quanto l’accordo avrebbe efficacia tra le parti, sarebbe limitato nel tempo e soggetto a revoca in caso di trasferimento del bene da parte del concessionario. Sarebbe, pertanto, errata la decisione della corte distrettuale, che ha ritenuto prescritto il diritto di chiedere l’eliminazione delle opere per non avere il condominio esercitato il diritto di credito come contropartita della convenzione conclusa tra i danti causa delle parti, in quanto il diritto non deriverebbe dall’obbligazione contrattuale. 1.2. Il motivo è fondato. 1.3. I poteri inerenti al diritto di proprietà, tra i quali rientra quello di esigere il rispetto delle distanze, non si estinguono per il decorso del tempo, salvi gli effetti dell’usucapione del diritto a mantenere la costruzione a distanza inferiore a quella legale. Discende da tale principio che anche l’azione per ottenere il rispetto delle distanze legali è imprescrittibile, trattandosi di azione reale modellata sullo schema dell’ actio negatoria servitutis , rivolta non ad accertare il diritto di proprietà dell’attore, bensì a respingere l’imposizione di limitazioni a carico della proprietà suscettibili di dar luogo a servitù Cass. Civ., Sez. II, 23.1.2012, n. 871, Cass.Civ., Sez.II, 7.9.2009, n. 19289 Cass. Civ., Sez.II, Cass. Civ., Sez. II, 26.1.2000, n. 867 . 1.4. La corte di merito non ha fatto corretta affermazione dei citati principi di diritto poiché ha ritenuto che l’azione volta al rispetto delle distanze legali fosse prescritta per decorrenza del termine decennale previsto per l’esercizio del diritto di credito del condominio ad ottenere la prestazione di cui alla convenzione conclusa nel 1966, con la quale i precedenti proprietari si erano accordati perché A.A. , dante causa del convenuto, potesse mantenere le finestre, il cornicione e la gronda ad una distanza inferiore a quella legale, corrispondendo la somma di L.5000,00 annui fino alla vendita dell’immobile a terzi. Detta pattuizione non era costitutiva di servitù a carico del fondo concedente in quanto vincolava unicamente le parti che avevano sottoscritto l’accordo ed era soggetta a revoca se il concessionario avesse trasferito a terzi la proprietà. La convenzione del 1966, sottoscritta dalla Compagnia OMISSIS , dante causa del Condominio, e A.A. , dante causa del convenuto B. , è stata correttamente qualificata dalla corte di merito come concessione precaria , vincolante inter partes e, pertanto, inidonea ad imporre servitù prediali. Il diritto di credito nascente dalla convenzione, soggetto all’ordinario termine di prescrizione, non va confuso con il diritto del proprietario a non subire pesi che non siano imposti per legge o per contratto. Conseguentemente, il diritto all’accertamento della violazione delle distanze e della demolizione delle opere illegittimamente realizzate non nasce dalla concessione, ma è connessa alle facoltà relative al diritto di proprietà, che, quale diritto reale, è imprescrittibile, salvo gli effetti dell’usucapione. È, quindi, errata l’affermazione contenuta a pag.14 della sentenza impugnata secondo cui il diritto di credito del concedente, soggetto a prescrizione, estinguerebbe anche il diritto di chiedere il rispetto delle distanze legali come se il diritto di proprietà traesse origine dalla convenzione. 1.5. Del resto, le convenzioni costitutive di servitù personali o irregolari , aventi come contenuto limitazioni della proprietà del fondo altrui a beneficio di un determinato soggetto e non di un diverso fondo, sono disconosciute dal codice - vigente, in quanto si concretizzano in una utilità del tutto personale e non in un’utilità oggettiva del fondo dominante Cass. Civ., Sez.II, 26.2.2019, n. 5603 . 1.6. A nulla rileva la trascrizione dell’atto di concessione precaria, ontologicamente incompatibile con la natura dei diritti reali di servitù, in quanto la trascrizione, salvo nei casi in cui abbia funzione costitutiva, è una formalità esterna all’atto o al negozio cui vale a dare pubblicità. Tale formalità serve a rendere conoscibile la condizione giuridica dei beni - nel caso in esame il diritto del concedente a percepire dall’A. la somma di L. 5000 annui quale corrispettivo del mantenimento delle aperture gronda e pluviali a distanza non regolare fino alla vendita del bene a terzi - presentando un quadro, il più possibile completo, della loro circolazione giuridica . 1.7. Il ricorso va, pertanto, accolto. 2. I restanti motivi sono assorbiti e resta assorbito il ricorso incidentale, anche condizionato, proposto da S.B.P. , B.R. e B.R. , in qualità di eredi di B.G. . 2.1. La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e rinviata, anche per le spese del giudizio di legittimità, innanzi alla Corte d’appello di Brescia in diversa composizione, che applicherà il seguente principio di diritto I poteri inerenti al diritto di proprietà, tra i quali rientra quello di esigere il rispetto delle distanze, non si estinguono per il decorso del tempo, salvi gli effetti dell’usucapione del diritto a mantenere la costruzione a distanza inferiore a quella legale. Discende da tale principio che anche l’azione per ottenere il rispetto delle distanze legali è imprescrittibile, trattandosi di azione reale modellata sullo schema dell’ actio negatoria servitutis , rivolta non ad accertare il diritto di proprietà dell’attore, bensì a respingere l’imposizione di limitazioni a carico della proprietà suscettibili di dar luogo a servitù. La convenzione che, benché trascritta, conceda al proprietario del fondo confinante il diritto di mantenere l’opera a distanza non legale ricevendo dal predetto un corrispettivo, fatta salva la revoca in caso di vendita, ha natura personale sicché il concedente può agire - per il rispetto delle distanze legali nei confronti del terzo acquirente e l’azione è imprescrittibile . P.Q.M. accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, innanzi alla Corte d’appello di Brescia in diversa composizione.