Esclusa la riferibilità alla condotta del condominio dei danni subiti dal proprietario della pizzeria costretto a chiudere

Pronunciandosi sul ricorso proposto dal proprietario della pizzeria che chiedeva il risarcimento dei danni subiti in seguito alla chiusura del locale commerciale, la Cassazione ha chiarito che la presentazione di una denuncia, come di un esposto, all’autorità giudiziaria o amministrativa, seppur rivelatasi infondata, non può essere fonte di responsabilità per danni a carico del denunciante o dell’esponente, ai sensi dell’art. 2043 c.c., se non quando possano considerarsi calunniosi.

Così con ordinanza n. 25679/20 depositata il 13 novembre. Il condominio citava in giudizio la società e i proprietari, nonché usufruttuari, dell’ unità immobiliare adibita all’esercizio dell’attività di pizzeria e rosticceria , chiedendone la cessazione in virtù del divieto previsto dall’art. 28 del regolamento condominiale. I convenuti, con domanda riconvenzionale, chiedevano il risarcimento dei danni da lucro cessante conseguenti alla condotta imprudente e negligente del condominio, che aveva portato alla chiusura del locale commerciale. In seguito all’accoglimento della domanda attorea da parte del Tribunale, il rappresentate della società proponeva appello. La Corte adita accoglieva l’appello limitatamente al profilo relativo al regolamento condominiale, in quanto l’articolo sopra citato non imponeva secondo i Giudici alcuna autorizzazione dell’assemblea per l’esercizio di attività commerciali nei negozi siti al piano terra del fabbricato, e rigettava la parte relativa al risarcimento dei danni. Secondo la Corte territoriale, infatti, la mancata impugnazione dei provvedimenti amministrativi come l’imposizione di una installazione della canna fumaria a servizio della friggitrice e il diniego della domanda di provvedimenti d’urgenza rivolta al Tribunale si inserivano nella sequenza causale impeditiva della prosecuzione dell’attività commerciale, che non poteva ricondursi alla condotta colpevole del condominio. Avverso tale ultima pronuncia, i convenuti hanno proposto ricorso per cassazione. La Suprema Corte rileva che, in base a quanto affermato dalla Corte d’Appello, la chiusura del locale commerciale dove la società svolgeva l’attività di pizzeria e rosticceria, e le correlate perdite patrimoniali occorse, non potevano essere causalmente riferibili ad un comportamento imputabile ex art. 2043 c.c. al condominio. Infatti, l’attività degli organi di gestione condominiale si era sostanziata nella presentazione di esposti amministrativi all’amministrazione comunale ed ai NAS e nel contenzioso giudiziario davanti al Tribunale, sul presupposto dell’esercizio del potere di curare l’osservanza del regolamento di condominio, nonché di tutelare l’edificio dalle immissioni di calore, odori e rumori. Pertanto, l’impossibilità della prosecuzione dell’attività commerciale andava riferita secondo i Giudici territoriali al provvedimento sindacale che aveva inibito l’utilizzo della friggitrice fino all’installazione di un’apposita canna fumaria. A tal proposito, la Cassazione ribadisce che la presentazione di una denuncia, come di un esposto, all’autorità giudiziaria o amministrativa, seppur rivelatasi infondata, non può essere fonte di responsabilità per danni a carico del denunciante o dell’esponente , ai sensi dell’art. 2043 c.c., se non quando possano considerarsi calunniosi. Al di fuori, infatti di tale ipotesi, l’attività pubblicistica dell’organo titolare della funzione giurisdizionale o della potestà provvedimentale si sovrappone in ogni caso all’iniziativa del denunciante, togliendole ogni efficacia causale e così interrompendo ogni nesso tra tale iniziativa ed il danno eventualmente subito dal denunciato . D’altro canto, prosegue la S.C., in tema di illecito civile , la ricostruzione del nesso di derivazione eziologica esistente tra la condotta del danneggiante e l’oggetto dell’obbligazione risarcitoria implica la scomposizione del giudizio causale in due autonomi e consecutivi segmenti il primo è volto ad identificare il nesso di causalità materiale o di fatto che lega la condotta all’evento di danno il secondo è, invece, diretto ad accertare, secondo la regola dell’art. 1223 c.c. richiamato dall’art. 2056 c.c. , il nesso di causalità giuridica che lega tale evento alle conseguenze dannose risarcibili . Tanto premesso, per quanto riguarda il giudizio circa la sussistenza del nesso causale fra condotta antigiuridica ed evento dannoso, richiedendo esso un apprezzamento di fatto, la Corte non lo ritiene sindacabile nel giudizio di cassazione. Pertanto, dichiara il ricorso inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 22 ottobre – 13 novembre 2020, n. 25679 Presidente Lombardo – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione G.G. , in proprio e quale rappresentante della s.a.s. Lo sfizio di G.G. , C.G. e M.V. , hanno proposto ricorso articolato in quattro motivi contro la sentenza n. 34/2019 della Corte d’appello di Salerno, pubblicata il 14 gennaio 2019. Resistono con controricorso M.U. , M.M. , M.A. e M.G. , i quali chiedono di dichiarare inammissibile o di rigettare il ricorso. Rimangono intimati, senza svolgere attività difensive, il Condominio omissis , e la s.r.l. Italtirreno. Il Condominio omissis , convenne davanti al Tribunale di Nocera Inferiore la s.a.s. Lo sfizio di G.G. , G.G. , G.C. e V.M. , quali proprietari ed usufruttuari dell’unità immobiliare adibita all’esercizio dell’attività di pizzeria e rosticceria, chiedendo la cessazione di tale attività, perché contrastante col divieto posto dall’art. 28 del regolamento condominiale e comunque produttiva di immissioni pregiudizievoli. I convenuti domandarono in riconvenzionale il risarcimento dei danni da lucro cessante e chiamarono in garanzia la s.r.l. Italtirreno, loro dante causa. Per far valere l’infondatezza della pretesa del Condominio intervennero in giudizio altresì M.U. e S.S. , proprietari di altre unità immobiliari comprese nell’edificio condominiale. Il Tribunale di Nocera Inferiore accolse la domanda del Condominio attore. La Corte d’appello di Salerno ha poi accolto in parte l’appello principale di G.G. , in proprio e quale rappresentante della s.a.s. Lo sfizio di G.G. oltre che l’appello incidentale di M.U. e degli eredi di S.S. , M.M. , M.A. e M.G. , negando che l’art. 28 del regolamento condominiale imponesse l’autorizzazione dell’assemblea per l’esercizio di attività commerciali nei locali-negozio siti al piano terra del febbricato. Per converso, i giudici di secondo grado hanno respinto l’appello principale sul punto del risarcimento dei danni lamentati da G.G. e dalla s.a.s. Lo sfizio in conseguenza delle interdizioni opposte dal Condominio all’uso degli immobili. A dire della Corte di Salerno, come sarebbe emerso dalle stesse difese dei convenuti, a seguito delle denunce del Condominio ai NAS ed alla ASL SA 1, era stata imposta alla s.a.s. Lo sfizio l’installazione di una canna fumaria a servizio della friggitrice, e quindi, con ordinanza sindacale 1 luglio 2003, n. 9, la sospensione dell’utilizzo della medesima friggitrice fino alla realizzazione di tale canna fumaria. Tali provvedimenti amministrativi, non impugnati, insieme al diniego della domanda di provvedimenti d’urgenza rivolta al medesimo Tribunale di Nocera Inferiore, si inserivano, perciò, secondo la Corte d’appello, nella sequenza causale impeditiva della prosecuzione dell’attività commerciale, che non poteva perciò ricondursi alla condotta colpevole del Condominio. Il primo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., sulla ingiustizia del danno, evidenziandosi la condotta imprudente e negligente del Condominio, la quale aveva portato alla chiusura del locale commerciale. Anche il secondo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., sulla ingiustizia del danno, pur scaturito da provvedimenti giudiziari o amministrativi non impugnati. I ricorrenti evidenziano come essi non avrebbero avuto motivo di opporsi alla ordinanza sindacale intimante l’installazione della canna fumaria, mentre doveva attribuirsi proprio alla condotta persecutoria del Condominio il diniego della domanda ex art. 700 c.p.c., rivolta al Tribunale. Il terzo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1123 c.c., sulla sussistenza del nesso di causalità tra la condotta del Condominio ed i danni lamentati dai ricorrenti. Il quarto motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1126 c.c., sulla errata valutazione delle allegazioni e della prova raccolta in merito ai danni subiti. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente infondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5 , il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. I ricorrenti hanno presentato memoria pervenuta in data 20 ottobre 2020, e dunque senza osservare il termine di cui all’art. 380 bis c.p.c., comma 2. I quattro motivi di ricorso, che possono esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, risultano, ad avviso del collegio, inammissibili ex art. 360 bis c.p.c., n. 1. La Corte d’appello di Salerno ha affermato che la chiusura del locale commerciale dove la s.a.s. Lo sfizio svolgeva l’attività di pizzeria e rosticceria, e le correlate perdite patrimoniali occorse, non fossero causalmente riferibili ad un comportamento non iure e contra ius, e perciò contrario al principio del neminem laedere, di cui all’art. 2043 c.c., imputabile al Condominio omissis . Nella sostanza, l’attività degli organi di gestione condominiale si era sostanziata nella presentazione di esposti amministrativi all’amministrazione comunale ed ai NAS e nel contenzioso giudiziario davanti al Tribunale di Nocera Inferiore, sul presupposto dell’esercizio del potere di curare l’osservanza del regolamento di condominio e, in particolare, del divieto posto dall’art. 28, nella lettura che ne dava il Condominio, condivisa anche dal giudice di primo grado , nonché di tutelare l’edificio dalle immissioni di calore, odori e rumori. Secondo la sentenza impugnata, l’impossibilità della prosecuzione dell’attività commerciale era piuttosto da riferire al provvedimento sindacale che aveva inibito l’utilizzo della friggitrice fino all’installazione di un’apposita canna fumaria. È conforme all’orientamento di questa Corte la conclusione secondo cui la presentazione di una denuncia, come di un esposto, all’autorità giudiziaria o amministrativa, seppur rivelatasi infondata, non può essere fonte di responsabilità per danni a carico del denunciante o dell’esponente, ai sensi dell’art. 2043 c.c., se non quando possano considerarsi calunniosi. Al di fuori, infatti di tale ipotesi, l’attività pubblicistica dell’organo titolare della funzione giurisdizionale o della potestà provvedimentale si sovrappone in ogni caso all’iniziativa del denunciante, togliendole ogni efficacia causale e così interrompendo ogni nesso tra tale iniziativa ed il danno eventualmente subito dal denunciato arg. da Cass. Sez. 3, 13/01/2005, n. 560 Cass. Sez. 3, 30/11/2018, n. 30988 Cass. Sez. 3, 10/06/2016, n. 11898 . D’altro canto, più in generale, in tema di illecito civile, la ricostruzione del nesso di derivazione eziologica esistente tra la condotta del danneggiante e l’oggetto dell’obbligazione risarcitoria implica la scomposizione del giudizio causale in due autonomi e consecutivi segmenti il primo è volto ad identificare il nesso di causalità materiale o di fatto che lega la condotta all’evento di danno il secondo è, invece, diretto ad accertare, secondo la regola dell’art. 1223 c.c. richiamato dall’art. 2056 c.c. , il nesso di causalità giuridica che lega tale evento alle conseguenze dannose risarcibili. Tale giudizio circa la sussistenza del nesso causale fra condotta antigiuridica ed evento dannoso involge un apprezzamento di fatto che, se, come nel caso in esame, compiutamente motivato, non è sindacabile nel giudizio di cassazione. Il ricorso va perciò rigettato e le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, vengono regolate secondo soccombenza in favore dei controricorrenti M.U. , M.M. , M.A. e M.G. , mentre non occorre provvedere al riguardo per gli altri intimati il Condominio OMISSIS , e la s.r.l. Italtirreno, che non hanno svolto attività difensive. Va negata la domanda ex art. 96 c.p.c., comma 3 proposta dai controricorrenti. In via preliminare, trova applicazione in questo giudizio di legittimità, piuttosto, l’art. 385 c.p.c., comma 4, giacché esso ha ad oggetto un ricorso avverso sentenza pubblicata dopo il 4 luglio 2009, data di entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 20, che ne ha disposto l’abrogazione, ed essendo stato il primo grado instaurato anteriormente alla medesima data. È agevole comunque escludere che il ricorso sia stato proposto con colpa grave, ovvero senza aver adoperato la normale diligenza per acquisire coscienza della sua integrale infondatezza. Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater -, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge, con distrazione ex art. 93 c.p.c., in favore dell’avvocato Lucia Mancusi. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.