Legittimi i parcheggi riservati al costruttore quando eccedono gli standards

Le nostre città soffrono per la cronica carenza di posti auto costringendoci a giri snervanti alla ricerca di un parcheggio. La situazione si complica quando, tornati a casa dopo una estenuante giornata di lavoro, facciamo fatica a trovare un buco” per la nostra auto. Questo stato di cose si ripercuote pesantemente nella vita condominiale causando una serie infinita di controversie che contrappongono le necessità dei condòmini a quelle economiche delle imprese. Ma perché esiste questa cronica carenza di parcheggi?

Secondo una legge economica ben nota, un eccesso di domanda dovrebbe provocare una impennata dei prezzi spingendo le imprese a produrre il bene della vita richiesto dal mercato. A quanto pare questa norma economica non si applica al nostro caso. Ma per quale motivo? Il problema è semplice il costo di realizzazione dei posti auto è estremamente alto e ritenuto non remunerativo per le imprese che le studiano tutte per limitare la realizzazione dei posti auto. Il problema non è certamente nuovo ed il Legislatore ha cercato di trovare una soluzione imponendo art. 41 sexies della gloriosa legge urbanistica numero 1150/1942 un rapporto percentuale tra i volumi costruiti di nuova realizzazione e la dotazione di posti auto -o meglio, per la precisione di aree a parcheggio. La normativa urbanistica nazionale impone che, per ogni 100 mc costruiti, vengano realizzati 10 mq adibiti a parcheggio. I Comuni, dal loro canto, possono prevedere anche percentuali aggiuntive. Le aree a parcheggio, costituendo uno standard urbanistico, sono gravate da un vincolo pubblicistico a cui il costruttore non può sottrarsi. Un annoso problema posti auto liberi o a pagamento? Chiusa una porta, si apre un portone. E' vero che la normativa urbanistica impone al costruttore di dotare le nuove costruzioni di una certa superficie adibita a parcheggio ma essa deve essere messa necessariamente e gratuitamente a disposizione dei condòmini, o può essere messa liberamente in commercio? In proposito, nel corso del tempo, sono sorti diversi filoni giurisprudenziali che, di tempo in tempo, hanno considerato il posto auto come una pertinenza necessaria dell'appartamento, come un diritto d'uso a favore del condòmino, per poi cambiare rotta ed abbracciare la tesi diametralmente opposta che prevede la libera circolabilità delle aree a parcheggio fermo restando, ben inteso, che i parcheggi debbano comunque essere realizzati . Il caso in esame. Le cause relative al diritto d'uso delle aree a parcheggio che affollano le aule dei Tribunali, di norma, sono intentate da condòmini esasperati contro il malaugurato costruttore di turno. Questa volta la situazione si ribalta, è l'impresa che, persa la pazienza, si arma di carta bollata e si rivolge al Giudice chiedendo che voglia accertare il proprio diritto di proprietà esclusivo su alcuni posti auto siti nel cortile condominiale vietando al condòmino recalcitrante di utilizzarli a proprio piacimento. Esaminiamo il condominio. Nel caso in esame ci troviamo di fronte ad un fabbricato di circa 7.453 mc che, secondo gli standard urbanistici, dovrebbe essere dotato di una superficie vincolata a parcheggio pari a 745,30 mq ovvero pari al 10% del volume costruito . Il costruttore, però, almeno questa volta, è stato previdente e ha spalmato” box e posti auto all'interno dei due piani interrati e nel cortile condominiale. Risultato? Il fabbricato è dotato di oltre 1.562 mq adibiti a parcheggio, ovvero abbiamo ben 816 mq oltre lo standard. In altre parole, il fabbricato è stato dotato di una superficie a parcheggio eccedente rispetto agli standard minimi per cui il progetto, almeno sotto questo punto di vista, è perfetto. Il giudice di merito. Tribunale e Corte territoriale seguono un orientamento comune, accolgono la domanda dell'impresa e condannano il condòmino. Il giudice di merito rileva che l'impresa aveva provato di essere proprietaria esclusiva dei posti auto in contestazione posti all'interno del cortile condominiale. Il condòmino, di contro, non aveva fornito alcuna prova a proprio favore non aveva provato l'esistenza di un vincolo sul cortile su cui ricadevano i posti auto di proprietà della società, non aveva dimostrato che questa si era impegnata in alcun modo a garantire l'utilizzo del cortile al condomìnio l'atto di vendita non conteneva alcuna clausola che potesse sostenere le ragioni dell'acquirente. La Cassazione detta la regola al giudice del rinvio. Il condòmino non si arrende e presenta ricorso in Cassazione. La seconda Sezione civile, con sentenza numero 19613 del 12 novembre 2012, sembra ribaltare l'esito del giudizio. Bacchetta” la Corte territoriale per non aver centrato il problema in quanto si sarebbe concentrata sul diritto di proprietà del costruttore mentre avrebbe tralasciato di verificare se il progetto fosse rispettoso degli standards urbanistici. Il ragionamento è semplice l'impresa ha l'obbligo di realizzare e mettere a disposizione degli acquirenti gli spazi da adibire a parcheggio. Se il cortile è di proprietà esclusiva dell'impresa, il singolo condominio dove potrà parcheggiare la propria auto? A questo punto effettua una sorta di inversione dell'onere della prova ponendo a carico dell'impresa l'onere di indicare le aree asservite a parcheggio. Di conseguenza, rinvia la causa alla Corte d'appello invitandola a chiarire gli aspetti oscuri della vicenda. Il giudice del rinvio. La Corte d'Appello, investita del problema, svolge le proprie indagini e chiarisce i punti oscuri della vicenda. Il costruttore non solo avrebbe realizzato le prescritte aree a parcheggio, ma avrebbe dotato il fabbricato di superfici eccedenti rispetto agli standard. La società, inoltre, si sarebbe espressamente riservata la proprietà degli spazi eccedenti siti nel cortile ed oggetto della contestazione. Il vincolo a parcheggio sarebbe regolarmente trascritto. La situazione sarebbe stata riportata anche nel regolamento di condominio. Si scopre che l'acquirente avrebbe acquistato, congiuntamente all'unità immobiliare, anche un box auto, sito nei locali interrati, su cui poter esercitare il proprio diritto di parcheggio”. La Cassazione ritorna ad affrontare il problema. La questione viene nuovamente sottoposta al vaglio della Cassazione che, con l'ordinanza numero 21859 del 9 ottobre 2020 riconosce definitivamente le ragioni della società. La Cassazione precisa che spetta all'amministrazione comunale, in occasione del rilascio del titolo edilizio concessione edilizia o permesso di costruire che dir si voglia il compito ed il dovere si verificare il rispetto della normativa edilizia ed urbanistica. Fermo restando che il costruttore è obbligato a rispettare gli standard, rientra nel suo potere discrezionale la scelta di individuare le aree a parcheggio nel piano interrato o nel cortile. Ove il costruttore abbia realizzato delle aree a parcheggio eccedenti rispetto allo standards, la clausola di riserva della proprietà a favore dell'impreca risulta del tutto legittima.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 2 luglio – 9 ottobre 2020, n. 21859 Presidente Manna – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione I. Z.M. ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza n. 353/2015 della Corte d’appello di Torino, depositata il 25 febbraio 2015. La Immobiliare Pianel s.p.a. resiste con controricorso. I.1. La Corte d’appello di Torino, quale giudice di rinvio a seguito della sentenza della Corte di cassazione n. 19613 del 12 novembre 2012, ha rigettato l’appello formulato da Z.M. contro la pronuncia resa in primo grado dal Tribunale di Torino, sezione distaccata di Ciriè, in data 20 maggio 2003. Con citazione del 14 settembre 2001, la Immobiliare Pianel s.p.a. convenne dinanzi al Tribunale di Torino, sezione distaccata di Ciriè, Z.M. , assumendo di aver costruito l’immobile sito in corso omissis , che il condominio costituitosi si era poi dotato di un regolamento allegato ad ogni atto di compravendita degli appartamenti, che essa stessa, quale venditrice, si era riservata la proprietà esclusiva dei posti auto siti nel cortile del complesso immobiliare, contrassegnati con i numeri da 1 a 23 incluso, rimanendo proprietaria, in un secondo momento, a seguito della alienazione dei posti numeri 20- 23, dei restanti posti auto dal numero 1 al numero 19. La Immobiliare Pianel s.p.a. domandò che venisse accertato che il condomino Z.M. posteggiava la sua automobile sul fondo di proprietà dell’attrice e che gli venisse perciò inibita tale condotta. Z.M. oppose che le clausole del regolamento condominiale in tema di uso del cortile e posti auto fossero contrarie della L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 sexies, chiedendo perciò di dichiarare la nullità di tali previsioni regolamentari. Il Tribunale accolse la domanda della Immobiliare Pianel s.p.a., rilevando che l’eccezione di nullità della L. 17 agosto 1942, n. 1150, ex art. 41 sexies, fosse rimasta sprovvista di prova, non avendo Z.M. dimostrato la violazione del rapporto legale tra superficie destinata a parcheggio e cubatura della costruzione. La Corte d’appello di Torino respinse poi il gravame di Z.M. . La Corte di cassazione, tuttavia, cassò la pronuncia d’appello, in relazione alle censura di Z.M. per violazione e falsa applicazione degli artt. 1418, 1419 cpv. c.c., artt. 1421, 2697 c.c., L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 sexies, L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 18, L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 26, artt. 112 e 115 c.p.c., nonché per vizio di motivazione. La sentenza della Corte di cassazione n. 19613 del 12 novembre 2012, in particolare, affermò La Corte territoriale ha premesso che lo Z. , costituendosi in giudizio, non aveva contestato la deduzione dell’attrice secondo cui il convenuto da tempo posteggiava la propria autovettura sul terreno di esclusiva proprietà dell’attrice, limitandosi alla disamina del contenuto del regolamento condominiale ed eccependo la nullità della clausola 24 per violazione di legge ha poi aggiunto che neppure era contestato che, in rapporto alla volumetria del fabbricato pari a mcomma 7453,37, l’Immobiliare Pianel aveva realizzato aree a parcheggio per mq. 1562,44, in misura quindi ben superiore alla riserva di legge che nella fattispecie era di mq. 745,33 neppure d’altra parte risultava che sulla base della licenza edilizia l’area di cortile in questione fosse destinata per legge a parcheggio dei singoli condomini del pari l’appellante non aveva provato che tutti gli spazi esistenti nel complesso immobiliare e destinati a parcheggio fossero stati riservati dalla suddetta società in sua esclusiva proprietà, e neppure che gli incaricati della Pianel Immobiliare avessero garantito ai futuri acquirenti che, unitamente all’alloggio, sarebbe stato ceduto loro anche un posto macchina, mentre era indiscusso che nel rogito d’acquisto dello Z. non vi fosse menzione di tale cessione in definitiva quest’ultimo avrebbe dovuto rivolgere le proprie doglianze non nei confronti del regolamento di condominio ma, ricorrendone i presupposti, contro l’atto di acquisto dell’unità immobiliare. Tale convincimento non può essere condiviso in quanto frutto di una non esatta individuazione e delimitazione della natura e dell’oggetto della controversia. Invero, in presenza della pretesa della Immobiliare Pianel di inibire allo Z. di posteggiare la propria autovettura nel cortile dello stabile invocando la riserva di proprietà di tutti i posti auto siti nel suddetto cortile e della contestazione di tale domanda da parte del convenuto per fa ritenuta nullità di detta riserva di proprietà contenuta nel regolamento di condominio in quanto posta in violazione della L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 8, nel testo introdotto dalla L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 18, la sentenza impugnata avrebbe dovuto prendere le mosse dal principio di diritto che la norma ora richiamata si limita a prescrivere, per i fabbricati di nuova costruzione, la destinazione obbligatoria di appositi spazi a parcheggi in misura proporzionale alla cubatura totale dell’edificio, determinando, mediante tale vincolo di carattere pubblicistico, un diritto reale d’uso sugli spazi predetti a favore di tutti i condomini dell’edificio, senza imporre all’originario costruttore alcun obbligo di cessione in proprietà degli spazi in questione pertanto la decisione della presente controversia comportava un accertamento non sulla proprietà dei suddetti posti auto e dunque sulla legittimità o meno della riserva di proprietà di essi contenuta nel regolamento di condominio, come invece erroneamente dedotto da entrambe le parti , ma sulla presenza o meno nell’edificio condominiale di aree destinate a soddisfare l’esercizio di tale diritto d’uso da parte del condomino Z. , posto che, se questi non avesse potuto parcheggiare la propria auto in uno dei posti auto di cui la società Immobiliare Pianel si era riservata il diritto di proprietà circostanza comunque di per sé non sufficiente ad escludere il diritto d’uso su di essi da parte dei condomini alla luce del richiamato orientamento giurisprudenziale , egli avrebbe avuto comunque il diritto di parcheggiare la sua auto nell’ambito di altri spazi all’interno dello stabile condominiale in virtù dell’evidenziato vincolo pubblicistico di destinazione. Da tale impostazione discende la conseguenza che la Immobiliare Pianel, onde ottenere l’accoglimento della propria domanda, avrebbe dovuto provare la sussistenza di altre aree nell’ambito dell’edificio condominiale dove lo Z. avrebbe potuto esercitare il suddetto diritto d’uso sotto tale profilo è dunque erronea la diversa affermazione del giudice di appello che, ponendo a carico dell’attuale ricorrente tale onere probatorio, ha trascurato il rilievo che la prova della suddetta circostanza rientrava nel fatto costitutivo della domanda attrice, solo così risultando legittima la pretesa di inibire allo Z. l’uso dei posti auto oggetto della riserva di proprietà nè a tal riguardo è evidentemente sufficiente il generico richiamo al fatto che l’Immobiliare Pianel aveva realizzato aree a parcheggio in misura superiore alla riserva di legge, non essendo state richiamate le fonti probatorie di tale convincimento, e non essendo stata comunque specificata concretamente la ubicazione delle suddette aree, non senza comunque osservare che il riconoscimento della sussistenza di tali spazi può avere come oggetto soltanto le aree che siano state destinate allo scopo di cui si tratta nei provvedimenti abilitativi all’edificazione, senza possibilità di ubicazioni alternative . La Corte d’appello di Torino, nel giudizio di rinvio, ha allora considerato come la sentenza di cassazione avesse unicamente individuato su quale soggetto incombeva l’onere della prova dell’esistenza di altre aree su cui lo Z. avrebbe potuto esercitare il diritto di uso per parcheggio. In tale prospettiva, la Corte di Torino ha evidenziato come la Immobiliare Pianel s.p.a. avesse allegato, mediante produzione del Regolamento di condominio, che l’edificio comprendeva due piani interrati di autorimesse, nonché box e posti auto al piano terreno, per una cifra pari a mq. 1.562,44 di aree destinate a parcheggio, superiore alla misura imposta dalla L. n. 122 del 1989, art. 9 pari, nella specie, a mq. 745,33 . Per questo, ad avviso della Corte d’appello, doveva dirsi altresì provato che gli spazi auto esistenti nel cortile ed occupati incontestatamente dallo Z. con la propria autovettura, costituissero spazi ulteriori rispetto alla riserva ex lege, sui quali dunque non può insistere il diritto d’uso dei condomini sussistente solo sugli spazi riservati ex lege , spazi, dunque, realizzati in eccedenza rispetto agli spazi minimi inderogabilmente richiesti dalla normativa pubblicistica, in quanto tali ad utilizzazione e circolazione libere. La sentenza n. 353/2015 della Corte d’appello di Torino ha peraltro specificato che gli spazi adibiti ad autorimesse ai due piani interrati erano stati indicati espressamente sia nel regolamento di condominio che nella concessione edilizia del 13 giugno 1995 si è altresì aggiunto dai giudici di rinvio che lo Z. , producendo la nota di trascrizione dell’acquisto del suo immobile, aveva attestato di aver acquistato anche una autorimessa al secondo piano interrato, potendo così fruire del diritto di parcheggiare proprio nell’area a ciò destinata urbanisticamente. In tal senso, seppur con diversa motivazione, i giudici di rinvio hanno confermato la decisione di primo grado. La trattazione del ricorso è stata fissata in Camera di consiglio, a norma dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e art. 380 bis.1 c.p.c Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c II. Il primo motivo di ricorso di Z.M. deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1418 c.c., art. 1419 c.c., comma 2, artt. 1421, 2697 c.c., L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 sexies, come modificato dalla L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 18 e L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 26, nonché degli artt. 112, 115 c.p.c., art. 345 c.p.c., comma 3, art. 384 c.p.c., comma 2 e dell’art. 143 disp. att. c.p.c., ed ancora omessa, insufficiente motivazione, vizio logico di ragionamento ed omesso esame circa un fatto decisivo. La censura, che si sviluppa da pagina 16 a pagina 26 di ricorso, assume il mancato rispetto della decisione della Corte di cassazione da parte del giudice di rinvio, non avendo la sentenza impugnata richiamato le fonti di convincimento in ordine alla ubicazione delle aree destinate a parcheggi nei titoli abilitativi all’edificazione. Viene anche denunciata l’inammissibilità dei documenti prodotti dalla Immobiliare Pianel s.p.a. con la comparsa di costituzione del 26 marzo 2013. Il ricorrente afferma come sia rimasta comunque indimostrata l’esistenza nell’edificio condominiale di altre aree destinate a parcheggio, che potessero essere utilizzate senza alcuna necessità di posteggiare le autovetture nel cortile. Il secondo motivo di ricorso di Z.M. pagine 26-35 deduce la violazione e falsa applicazione della L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 sexies, come modificato dalla L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 18 e L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 26, artt. 1419 e 2697 c.c., nonché degli artt. 112, 115, 116 e 167 c.p.c., nonché omessa, insufficiente motivazione, vizio logico di ragionamento ed omesso esame circa un fatto decisivo. Si ribadisce che la Immobiliare Pianel s.p.a. non avrebbe indicato dove sarebbero ubicati gli spazi destinati a parcheggio in conformità ai vincoli di legge. II.1 I due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, per la loro connessione, e si rivelano infondati. Va premesso che, nel vigore del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 , introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche nella L. 7 agosto 2012, n. 134, non è più configurabile il vizio di omessa, insufficiente motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti. Sono altrettanto inammissibili le doglianze del ricorrente che censurano la ricostruzione della fattispecie concreta operata dalla Corte d’Appello sulla base dell’apprezzamento delle emergenze istruttorie, ricostruzione che è sindacabile soltanto nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Lo stesso parametro dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, contemplando il vizio di omesso esame di un fatto storico avente carattere decisivo, suppone un dato materiale che, se esaminato dal giudice, avrebbe ex se portato ad una diversa soluzione della controversia per converso, l’omesso esame di elementi istruttori non si risolve mai nella corretta prospettazione di un vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ove i fatti storici siano stati comunque presi in considerazione nella sentenza impugnata. Quanto alla ipotizzata violazione dell’art. 115 c.p.c., essa può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre mentre la violazione dell’art. 116 c.p.comma norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale è idonea ad integrare il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4 quando il giudice di merito abbia disatteso tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, abbia valutato secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime Cass. Sez. 3, 10/06/2016, n. 11892 . A sua volta, la doglianza relativa alla violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne risulta gravata secondo le regole dettate da quella norma. In realtà, i due motivi di ricorso, strutturati con richiamo in rubrica di una pluralità di norme di diritto asseritamente violate o inosservate, nei loro contenuti non lamentano una erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dalle indicate previsioni normative, nè un’impropria sussunzione della fattispecie concreta in una qualificazione giuridica che non le si addice, e richiedono, piuttosto, alla Corte di cassazione di sostituirsi ai giudici del merito per procedere ad un nuovo esame degli apprezzamenti di fatto a quelli spettanti. La statuizione finale della sentenza della Corte d’appello di rigetto del gravame proposto da Z.M. contro la decisione di primo grado, che aveva accolto la domanda della Immobiliare Pianel s.p.a., inibendo al convenuto di posteggiare la sua autovettura nel cortile del fabbricato condominiale, è comunque rispettosa dei limiti posti al giudice di rinvio, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, dalla sentenza rescindente di questa Corte n. 19613 del 12 novembre 2012. La sentenza della Corte di cassazione n. 19613 del 12 novembre 2012, accogliendo il ricorso sia per vizi di motivazione, sia per violazione di legge, aveva affermato, come visto, che la domanda della Immobiliare Pianel poteva essere accolta ove la medesima attrice avesse provato la sussistenza di altre specifiche aree, nell’ambito del complesso condominiale, dove lo Z. avrebbe potuto esercitare il diritto d’uso a parcheggio. Quando, del resto, come nel caso in esame, la sentenza di cassazione abbia accolto il ricorso sia per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, che per vizi di motivazione, la potestas iudicandi del giudice di rinvio, oltre a tener conto, a norma dell’art. 384 c.p.c., comma 1, del principio enunciato dalla cassazione non in via meramente astratta, ma agli effetti della concreta decisione della lite , può certamente comportare altresì la valutazione ex novo dei fatti già acquisiti, nonché estrinsecarsi nella valutazione di altri fatti, la cui acquisizione sia consentita in base alle direttive impartite dalla Corte di Cassazione, sia pur sempre nel rispetto delle decadenze e preclusioni pregresse Cass. 6 aprile 2004, n. 6707 Cass. 7 agosto 2014, n. 17790 . In tal senso, il giudice di rinvio ha proceduto ad un apprezzamento complessivo delle risultanze istruttorie, rilevando dal regolamento condominiale che l’edificio comprendesse due piani interrati di autorimesse, oltre a box e posti auto al piano terreno, per una superficie complessiva di mq. 1.562,44 destinati a parcheggio, superiore alla misura imposta dalla legge, pari a mq. 745,33, essendo il volume totale del fabbricato di mcomma 7.453,37. Al riguardo, la Corte di Torino espone che lo Z. aveva soltanto replicato che nel cortile angusto non vi fossero altri spazi destinati al parcheggio dei condomini. La sentenza impugnata, avendo poi accertato, in base ad apprezzamento delle emergenze probatorie, sindacabile in sede di legittimità soltanto nei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che gli spazi adibiti ad autorimesse ai due piani interrati erano stati indicati espressamente sia nel regolamento di condominio che nella concessione edilizia del 13 giugno 1995 quale area da destinare a parcheggio ex lege , perciò gravata dal vincolo pubblicistico di servizio con il fabbricato, ha concluso che il cortile ove la Immobiliare Pianel s.p.a. era rimasta proprietaria dei posti auto dal numero 1 al numero 19, e dove Z.M. posteggiava abitualmente la propria autovettura costituiva una superficie eccedente a quella vincolata. La decisione dei giudici di rinvio si conforma, pertanto, al consolidato orientamento di questa Corte, secondo il quale il vincolo di destinazione impresso agli spazi per parcheggio dalla L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41 sexies, in base al testo introdotto dalla L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 18, norma di per sé imperativa, non può subire deroghe mediante atti privati di disposizione degli stessi spazi, le cui clausole difformi sono perciò sostituite di diritto dalla medesima norma imperativa. Tale vincolo si traduce in una limitazione legale della proprietà, che può essere fatta valere, con l’assolutezza tipica dei diritti reali, nei confronti dei terzi che ne contestino l’esistenza e l’efficacia. La normativa urbanistica, dettata dalla L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, si limita, tuttavia, a prescrivere, per i fabbricati di nuova costruzione, una misura proporzionale alla cubatura totale dell’edificio da destinare obbligatoriamente a parcheggi, pari ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruito, secondo i parametri applicabili per l’epoca dell’edificazione parametri nella specie modificati dalla L. n. 122 del 1989, art. 2 . Ai fini del rispetto del vincolo di destinazione impresso agli spazi per parcheggio dall’art. 41 sexies citato, il rapporto tra la superficie delle aree destinate a parcheggio e la volumetria del fabbricato, così come richiesto dalla legge, va dunque effettivamente verificato a monte dalla P.A. nel rilascio della concessione edilizia Cass. 11 febbraio 2009, n. 3393 . L’art. 41 sexies della Legge urbanistica opera, pertanto, come norma di relazione nei rapporti privatistici e come norma di azione nel rapporto pubblicistico con la P.A., la quale non può autorizzare nuove costruzioni che non siano corredate di dette aree, costituendo l’osservanza della norma condizione di legittimità della licenza o concessione di costruzione, e alla quale esclusivamente spetta l’accertamento della conformità degli spazi alla misura proporzionale stabilita dalla legge e della loro idoneità ad assicurare concretamente la prevista destinazione. Sempre questa Corte ha affermato come gli spazi che debbono essere riservati a parcheggio ex art. 41 sexies, possono essere ubicati indifferentemente nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle stesse, trattandosi di modalità entrambe idonee a soddisfare l’esigenza, costituente la rado della norma, di deflazione della domanda di spazi per parcheggio nelle aree destinate alla pubblica circolazione, non essendo, peraltro, consentito al giudice di sindacare le scelte compiute in proposito dalla P.A. Cass. 22 febbraio 2006, n. 3961 . In ogni caso, il vincolo di destinazione impresso alle aree destinate a parcheggio, interne o circostanti ai fabbricati di nuova costruzione, di cui alla L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, non impedisce che il proprietario dell’area possa riservare a sé, o trasferire a terzi, il diritto di proprietà sull’intera area, o su parti di essa, fermo restando il succitato diritto d’uso da parte dei proprietari delle unità immobiliari site nel fabbricato nei limiti delle indicate proporzioni di cubatura, mentre le aree eccedenti detta misura rimangono nella libera disponibilità del costruttore - venditore Cass. 9 novembre 2001, n. 13857 Cass. 24 novembre 2003, n. 17882 Cass. 23 gennaio 2006, n. 1221 Cass. 27 dicembre 2011, n. 28950 Cass. 3 febbraio 2012, n. 1664 Cass. 8 marzo 2016, n. 8220 Cass. 8 marzo 2017, n. 5831 Cass. 25 settembre 2018, n. 22709 . Avendo, dunque, la Immobiliare Pianel s.p.a. proposto azione negatoria per far dichiarare l’inesistenza del diritto di Z.M. di posteggiare la sua autovettura nel cortile del fabbricato di OMISSIS , i giudici di rinvio, nel riesaminare la causa in conformità ai limiti dettati da Cass. n. 19613/2012, hanno accertato che l’attrice avesse dato prova della insussistenza su tale area del diritto reale di uso a parcheggio della L. n. 1150 del 1942, ex art. 41-sexies, in capo a Z.M. , atteso che i posti auto ricavati nel cortile erano stati realizzati in eccedenza rispetto allo spazio minimo richiesto dalla L. 24 marzo 1989, n. 122, art. 2, ed erano perciò del tutto sottratti alla richiamata disciplina, diversa essendo, in base alla concessione edilizia, l’area destinata a parcheggio secondo la prescrizione della concessione edilizia, e perciò soggetta alla speciale normativa urbanistica. Circa la dedotta violazione dell’art. 345 c.p.c., comma 3, per la produzione di nuovi documenti da parte della Immobiliare Pianel nel giudizio di rinvio con la comparsa di costituzione in data 26/3/2013 così pagina 21 di ricorso , la censura è carente di specificità, agli effetti dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6, in quanto non vengono indicati nel motivo quali documenti erano stati allegati tardivamente, quale fosse il relativo contenuto e quale rilevanza decisiva essi abbiano svolto nella sentenza impugnata. L’unico riferimento vien fatto dal ricorrente alla concessione edilizia del 12 giugno 1995, ma la Corte di Torino a pagina 13 di sentenza ha affermato che sin dalla sua costituzione in giudizio l’attrice aveva prodotto la conformità dell’edificio alla concessione edilizia nella quale si dava atto che la costruzione comprende due piani di autorimessa interrati . La censura è viepiù inammissibile in quanto invoca quale norma di diritto violata l’art. 345 c.p.c., comma 3, il quale, in realtà non opera nel giudizio di rinvio, stante la speciale disposizione contenuta dell’art. 394 c.p.c., comma 3, che non consente, in tale sede, la modificazione delle conclusioni, unitamente alla produzione di nuovi documenti ed alla richiesta di nuovi mezzi di prova, salvo che ne sorga la necessità dalla sentenza di cassazione Cass. 28 aprile 1988, n. 3214 . III. Consegue il rigetto del ricorso, regolandosi le spese del giudizio di cassazione secondo soccombenza in favore della controricorrente nell’importo liquidato in dispositivo. Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater - da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.