Il condomino che si è distaccato dall’impianto di riscaldamento centralizzato può opporsi al pagamento delle spese di erogazione del gas

Il condomino che si sia regolarmente distaccato dall’impianto centralizzato di riscaldamento ha interesse ad agire per l’impugnazione della delibera assembleare che gli abbia accollato le spese di erogazione del servizio di riscaldamento tramite il suddetto impianto.

Sul tema la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 19991/20, depositata il 23 settembre. La Corte d’Appello di Salerno, in riforma della pronuncia di primo grado, annullava la delibera assembleare con cui un Condominio aveva accollato ad un condomino le spese di erogazione del gas inerenti al servizio di riscaldamento centralizzato, nonostante egli si fosse regolarmente distaccato dall’impianto condominiale. Il Condominio ha proposto ricorso in Cassazione. Il ricorso risulta inammissibile in quanto tende a proporre una diversa lettura del contenuto della delibera annullata, affermando che la stessa sarebbe riferita alle sole spese di manutenzione dell’impianto e non obbligasse il condomino a concorrere alle spese di riscaldamento. Come sottolinea la pronuncia in commento, la censura è carente in quanto non specifica i canoni di interpretazione che sarebbero stati in concreto violati dalla Corte territoriale. Il Condominio ricorrente si limita infatti a contrapporre una propria interpretazione della delibera impugnata ma non ne trascrive il testo o i punti salienti. I Giudici del Palazzaccio” evidenziano comunque la sussistenza di interesse per il condomino ad impugnare la delibera assembleare per l’assoluta erroneità della ripartizione delle spese. Egli infatti si è visto imporre l’obbligo di contribuzione alle spese per l’uso dell’impianto di riscaldamento centralizzato, dal quale si era distaccato, in aggiunta a quelle dovute per la sua conservazione e in assenza di valida convenzione derogatoria. Confermando in conclusione la sussistenza di una lesione della posizione patrimoniale del condomino, la Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 16 – 23 settembre 2020, n. 19991 Presidente Lombardo – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione Il Condominio omissis , ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza 1 aprile 2019, n. 466/2019, resa dalla Corte d’appello di Salerno. Resiste con controricorso F.R. . La Corte d’appello, in riforma della pronuncia di primo grado del Tribunale di Salerno pubblicata il 24 ottobre 2014, ha annullato la deliberazione assembleare 1 dicembre 2000 del Condominio omissis , impugnata da F.R. , in quanto la stessa avrebbe accollato a detto condomino le spese di erogazione del gas inerenti al servizio di riscaldamento centralizzato spesa per l’uso del servizio centralizzato di riscaldamento , vien detto in dispositivo , pur essendosi il F. distaccato dall’impianto condominiale in forza di autorizzazione ricevuta dall’assemblea con delibera del 12 novembre 1999. Il primo motivo di ricorso del Condominio omissis denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. in relazione all’art. 2908 c.c. per carenza di interesse ad agire di F.R. , in quanto la delibera impugnata non aveva carattere decisorio sul concorso di quest’ultimo alla spesa per il servizio di riscaldamento in misura superiore alle sole spese di manutenzione straordinaria. Il secondo motivo di ricorso denuncia l’insufficiente o contraddittoria motivazione in relazione all’art. 1362 c.c. ed invoca la previsione dell’obbligo del pagamento sancito nel regolamento condominiale , che prevede il distacco dall’impianto di riscaldamento con l’onere da parte del condomino richiedente del pagamento del 50% delle spese di esercizio . Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso proposto potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità del ricorso nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 1 , il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. Le parti hanno presentato memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2. I due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e rivelano diffusi profili di inammissibilità. Certamente le delibere assembleari del condominio devono essere interpretate secondo i canoni ermeneutici stabiliti dagli artt. 1362 c.c. e seguenti, privilegiando, innanzitutto, l’elemento letterale, e quindi, nel caso in cui esso si appalesi insufficiente, gli altri criteri interpretativi sussidiari indicati dalla legge, tra cui quelli della valutazione del comportamento delle parti e della conservazione degli effetti dell’atto, che impone all’interprete di attribuire alle espressioni letterali usate un qualche effetto giuridicamente rilevante anziché nessun effetto o un significato meramente programmatico cfr. Cass. Sez. 2, 28/02/2006, n. 4501 . Il Condominio omissis intende, però, con le sue doglianze, affermare che la delibera 1 dicembre 2000 non obbligasse il condomino F. a concorrere alle spese di riscaldamento, a differenza di quanto affermato dalla Corte d’appello di Salerno, limitandosi a richiamare genericamente le regole di cui agli artt. 1362 c.c. e ss., senza specificare i canoni che in concreto assuma violati ed il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato. Il ricorrente contrappone una propria interpretazione della delibera impugnata a quella accolta nella sentenza impugnata, ma non osserva l’onere, imposto dall’art. 36 c.p.c., comma 1, n. 6, di trascrivere il testo della deliberazione assembleare, ovvero i passi salienti di essa, al fine di consentire a questa Corte l’erronea applicazione dei criteri ermeneutici. Si fa poi riferimento all’art. 12 del Regolamento di condominio ed a quanto lo stesso prevedrebbe in via convenzionale sulle spese di riscaldamento, questione di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, ed il cui esame postulerebbe una diretta delibazione della fonte di prova non compiuta dai giudici di merito e non eseguibile nel procedimento di cassazione. Il ricorrente per cassazione, che, come nella specie, proponga questioni che implicano accertamenti di fatto e delle quali non si faccia menzione alcuna nella sentenza impugnata -, ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, agli effetti dell’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 6, non solo di allegare l’avvenuta tempestiva deduzione delle questioni dinanzi al giudice di merito, nel rispetto dei termini di operatività delle preclusioni relative al thema decidendum previsti nell’art. 183 c.p.c., ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto e cioè di specificare il dato , testuale o extratestuale, da cui essa risulti devoluta, nonché il come e il quando tali questioni siano stata oggetto di discussione processuale tra le parti , onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito le questioni stesse. Il ricorrente trascura anche che, nel vigore del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche nella L. 7 agosto 2012, n. 134, non è più configurabile il vizio di insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti. È comunque evidente l’interesse del condomino ad impugnare una delibera dell’assemblea, deducendo l’assunta erroneità della disposta ripartizione delle spese, per aver posto a carico del condomino distaccatosi dall’impianto di riscaldamento centralizzato l’obbligo di contribuzione alle spese per il relativo uso in aggiunta a quelle dovute per la sua conservazione, in assenza di valida convenzione derogatoria cfr. Cass. Sez. 6 2, 18/05/2017, n. 12580 Cass. Sez. 2, 02/11/2018, n. 28051 , derivando dalla detta deliberazione un apprezzabile pregiudizio personale, in termini di mutamento della sua posizione patrimoniale cfr. Cass. Sez. 6 - 2, 09/03/2017, n. 6128 . Il ricorso va, perciò, dichiarato inammissibile e le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, vengono regolate secondo soccombenza in favore del controricorrente. Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater - da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.