Al giudice di merito la valutazione sulla violazione del decoro architettonico

La valutazione sulla violazione del decoro architettonico dell'immobile spetta esclusivamente al giudice di merito.

Questa la conclusione a cui è giunta la Cassazione con l'ordinanza n. 19858/20, depositata il 22 settembre. La lite scoppia a causa di una canna fumaria installata da uno dei condòmini che, a quanto pare, sarebbe stata realizzata anche in violazione del regolamento condominiale che impedisce l'installazione di canne fumarie che deturpano il decoro del fabbricato”. Tribunale e Corte d'appello viaggiano a senso unico ed impongono la rimozione del manufatto. Secondo la Corte territoriale la canna fumaria in acciaio, priva di rivestimento, provocava una considerevole stonatura del prospetto per cui non è possibile consentirne l'istallazione. Le doglianze del ricorrente. Il ricorrente si duole della condanna in quanto la Corte territoriale non solo si sarebbe discostata dal parere espresso dal C.T.U., ma non avrebbe chiarito per quale motivo le considerazioni del Consulente Tecnico d'Ufficio non sarebbero condivisibili. A parere del perito, infatti, l'edificio non aveva subito alcun pregiudizio estetico a causa della canna fumaria in contestazione anche perché alcune opere risalenti nel tempo avevano già pregiudicato le linee architettoniche del fabbricato. Il parere della Cassazione. La sesta Sezione civile della Corte di Cassazione, con l'ordinanza del 22 settembre 2020 n. 19858, ritiene che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile in quanto diretto a richiedere il riesame della situazione di fatto accertata dal giudice di merito. Con l'ordinanza in commento gli Ermellini sottolineano un principio di fondo la valutazione sulla violazione del decoro architettonico dell'edificio , traducendosi su una valutazione di fatto”, rientra esclusivamente nella competenza del giudice di merito e non può essere sindacata in sede di legittimità . Mediante il ricorso in cassazione la parte non può dolersi del fatto che il giudice d'appello non abbia seguito le indicazioni ed i pareri espressi dal C.T.U. o dal C.T.P., specie quando, come nel caso in esame, la Corte territoriale abbia spiegato le ragioni del proprio convincimento e perché non ritiene condivisibili le tesi dei periti. Quando la canna fumaria è vietata. Il condomino può usare la cosa comune a condizione che non ne alteri la destinazione d'uso, che non venga impedito il pari uso agli altri condòmini art. 1102, primo comma cod. civ. , che l'opera non arrechi pregiudizio alla statica ed alla sicurezza dell'edificio e che non venga alterato il decoro architettonico articolo 1122 Cod. civ. . Non abbiamo norme sul decoro architettonico. Spesso si parla di decoro architettonico ma, in effetti, non è agevole stabilire in cosa consista e quando possa ritenersi violato. Spesso è un concetto astratto che viene tirato in ballo in assemblea per contrastare il vicino di casa. La difficoltà sta nel fatto che non abbiamo una norma precisa che contenga la definizione di decoro architettonico” né un elenco delle opere che, con certezza, possono compromettere la bellezza dell'edificio”. Parallelamente, si parla di decoro architettonico in una serie di norme in materia di innovazioni art. 1120, secondo comma, c.c. di opere sulla proprietà individuale art. 1122 c.c. , di modificazioni dei beni comuni art. 1117-ter c.c. . Spesso ritroviamo questo concetto anche all'interno del regolamento condominiale, ma, anche in questo caso, il più delle volte, non viene chiarito quando e come il decoro architettonico possa subire una violazione. Il parere della giurisprudenza. Secondo la giurisprudenza, il decoro architettonico qualifica l’estetica complessiva data dall’insieme delle linee e strutture ornamentali che conferisce una armoniosa fisionomia ed un’unica impronta all’aspetto dell’edificio” Cass., sez. II, 25 gennaio 2010, n. 1286 ovvero deve intendersi l'estetica del fabbricato data dall'insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile stesso e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia ed una specifica identità” Cass. Sez. II civ., 16 gennaio 2007, n. 851 . È stato precisato che l'estetica non è prerogativa dei palazzi di pregio Cass., Sez. II civ., 24 aprile 2013, n. 10048 e può trovarsi in ogni edificio nel quale possa individuarsi una linea armonica, sia pure estremamente semplice, che ne caratterizzi la fisionomia” Cass., Sez. II civ., 4 aprile 2008, n. 8830 . Proprio perché non è facile stabilire quali siano gli elementi che determinano una violazione del decoro architettonico , la giurisprudenza ritiene che la valutazione dell'eventuale alterazione debba essere svolta caso per caso in base alle caratteristiche specifiche dell'edificio Cass., 10 dicembre 1979, n. 6397 in tale contesto potremmo trovare dei parametri nel regolamento di condominio si pensi al caso in cui il regolamento vieti di modificare l'euritmia del fabbricato o le tende da sole . La canna fumaria è una costruzione? Realizzare una canna fumaria non è facile come potrebbe apparire a prima vista non è neanche chiaro se debba essere considerata come una costruzione e, come tale, debba rispettare le distanze ex art. 907 c.c Ancora una volta non abbiamo regole precise salvo il caso esse non siano contenute nei regolamenti comunali né una giurisprudenza univoca. La giurisprudenza civile a volte considera la canna fumaria come una costruzione Cass., 28 giugno 2018, n. 17102 23 febbraio 2012, n. 2741 ed alte volte come un'opera potenzialmente pericolosa Cass. 26 maggio 2015 n. 10814 che rende necessario osservare le distanze stabilite dai regolamenti e, in mancanza, quelle necessarie a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza” articolo 890 cod. civ. . Secondo il giudice amministrativo contano le dimensioni e l'impatto del manufatto sull'immobile principale . In tale prospettiva, la canna fumaria di modeste dimensioni viene considerata come un volume tecnico privo di autonoma rilevanza urbanistico-funzionale, per la cui realizzazione non è necessario il permesso di costruire T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 15 dicembre 2010, n. 27380 . Tuttavia, quando si tratta di opere di palese evidenza rispetto alla costruzione ed alla sagoma dell’immobile, il manufatto si trasforma in una costruzione che richiede il preventivo ottenimento del permesso di costruire T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 7 aprile 2016, n. 209 TAR Lazio, Roma, Sez. II quater, 2 ottobre 2014 n. 10134 TAR Campania Napoli 1 ottobre 2012 n. 4005 .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 16 – 22 settembre 2020, n. 19858 Presidente Lombardo – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione R.E. e I.R. hanno presentato ricorso, articolato in unico motivo, avverso la sentenza n. 181/2019 della Corte d’appello di Messina, depositata in data 13 marzo 2019. Resistono con controricorso R.T. , R.V. , R.C. , R.M. e Ri.Vi.Ca. La Corte di Messina ha confermato la sentenza n. 252/2012 resa in primo grado dal Tribunale di Patti, con cui era stato ordinato a R.E. e I.R. di rimuovere la canna fumaria da loro appoggiata sul lato est dell’edificio condominiale di omissis . I giudici di secondo grado hanno fatto riferimento agli artt. 1102 e 1107 ed all’art. 7 del regolamento condominiale, il quale impedisce l’installazione di canne fumarie che deturpano il decoro del fabbricato. Dissentendo dalle valutazioni del CTU, ad avvisao del quale l’edificio in questione non avrebbe alcun pregio estetico, e perciò la canna fumaria non sembrava lesiva del decoro architettonico, la Corte d’appello ha affermato che, nonostante i precedenti interventi praticati sul fabbricato, già pregiudizievoli delle linee e delle simmetrie dello stesso, non poteva consentirsi la installazione della nuova canna fumaria da parte di R.E. e I.R. , trattandosi di un grosso tubo di acciaio, non mascherato da rivestimento con un evidente gomito di raccordo , che corre per la metà superiore della facciata principale, fuoriuscendo dalla pensilina del vano scale. Tale canna fumaria creerebbe, secondo i giudici del merito una considerevole stonatura del prospetto , come più dettagliatamente argomentato a pagine 9 della sentenza impugnata. L’unico motivo di ricorso di R.E. e I.R. denuncia la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e dell’art. 1120 c.c., nonché il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa la sussistenza dell’alterazione del decoro architettonico dell’edificio imputabile alla canna fumaria, non avendo la Corte d’appello esplicitato le ragioni per cui aveva ritenuto non attendibile la CTU espletata in primo grado. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso proposto potesse essere dichiarato manifestamente infondato, con la conseguente definibilità del ricorso nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5 , il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. I ricorrenti hanno presentato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2. Il Collegio ritiene che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile. La censura si connota come una sollecitazione al complessivo riesame della situazione di fatto accertata dai giudici del merito. Sono inammissibili le censure di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in quanto l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia . I ricorrenti, quindi, nel rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, avrebbero dovuto indicare il fatto storico , il cui esame sia stato omesso, il dato , da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività . Non integrano, pertanto, il vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 le considerazioni svolte nel motivo del ricorso, che si limitano a contrapporre una diversa ricostruzione dei fatti, ovvero una diversa valenza delle risultanze istruttorie, invitando la Corte di legittimità a svolgere un nuovo giudizio sul merito della causa. La sentenza della Corte d’appello di Messina contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione, sicché neppure sussiste la ipotizzata nullità ex art. 132, comma 2 c.p.c., n. 4. L’appoggio di una canna fumaria al muro comune perimetrale di un edificio condominiale, come accertato nel caso in esame, individua una modifica della cosa comune conforme alla destinazione della stessa, che ciascun condomino - pertanto può apportare a sue cure e spese, sempre che non impedisca l’altrui paritario uso, non rechi pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza dell’edificio, e non ne alteri il decoro architettonico fenomeno - quest’ultimo - che si verifica non già quando si mutano le originali linee architettoniche, ma quando la nuova opera si rifletta negativamente sull’insieme dell’armonico aspetto dello stabile, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l’edificio. La relativa valutazione spetta al giudice di merito e risulta congruamente compiuta alle pagine 8 e 9 della sentenza impugnata, avendo riguardo a dimensioni, consistenza e tipologia del manufatto , rimanendo insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 Cass. Sez. 2, 31/07/2013, n. 18350 Cass. Sez. 2, 11/05/2011, n. 10350 Cass. Sez. 2, 10/05/2004, n. 8852 Cass. Sez. 2, 16/05/2000, n. 6341 . Neppure può attribuirsi alcuna influenza, ai fini della tutela prevista dall’art. 1102 c.c., al grado di visibilità delle innovazioni contestate, in relazione ai diversi punti di osservazione dell’edificio, ovvero alla presenza di altre pregresse modifiche non autorizzate Cass. Sez. 2, 16/01/2007, n. 851 . È comunque inammissibile l’invocazione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 per sostenere la preferibilità delle conclusioni del CTU in punto di non alterazione del decoro architettonico ad opera della canna fumaria installata. Il motivo di ricorso è volto a devolvere alla Corte di cassazione le critiche mosse alla mancata adesione da parte dei giudici del merito alle risultanze della consulenza d’ufficio ed alle prospettazioni della consulenza di parte critiche che comunque si sostanziano in semplici allegazioni difensive a contenuto tecnico , pur non essendosi la Corte d’appello di Messina limitata a dissentire immotivatamente dalle conclusioni della relazione peritale, visto che nella sentenza impugnata sono spiegate le ragioni del convincimento raggiunto dai giudici e della mancata adesione alle conclusioni prospettate dall’ausiliare. Spetta, peraltro, al giudice di merito esaminare e valutare le nozioni tecniche o scientifiche introdotte nel processo mediante la CTU, e dare conto dei motivi di consenso, come di quelli di eventuale dissenso, in ordine alla congruità dei risultati della consulenza e delle ragioni che li sorreggono. Tale valutazione è compiutamente esplicitata nella sentenza della Corte d’appello e non può essere sindacata in sede di legittimità invocando dalla Corte di cassazione, come auspicano i ricorrenti, un accesso diretto agli atti e una loro delibazione, in maniera da pervenire ad una nuova validazione e legittimazione inferenziale dell’adesione prestata dal giudice di merito ai risultati dell’espletata consulenza tecnica d’ufficio. Si consideri, inoltre, come il giudice è maggiormente vincolato nella motivazione dell’eventuale dissenso dalle conclusioni peritali nel caso in cui le stesse abbiano esposto frequenze statistiche direttamente rilevanti per l’accertamento del fatto litigioso mentre certamente minore è l’assolutezza dell’inferenza induttiva generalizzante con riguardo alle scienze idiografiche, qual è appunto l’architettura, la quale non poggia su leggi generalizzabili, ma studia oggetti singoli. Consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso, regolandosi le spese del giudizio di cassazione secondo soccombenza in favore dei controricorrenti nell’importo liquidato in dispositivo. Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater - da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.